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Io ho visto dal vivo HEATHER GRAHAM, Harrison Ford, Johnny Depp & MICHELLE PFEIFFER: voi no, eh eh


24 Aug

harrison fordjohnny deppheather graham michelle pfeiffer

TITANIC è un capolavoro, voi no!


15 Jun

Titanic Winslet DiCapro


Bisogna abbattere la Critica cinematografica assai vetusta, dunque parziale, superata e logora, bisogna scardinare i luoghi comuni, non solo sulla Settima Arte più raffinata, anche di noi stessi…

Ancorati a una visione vecchia, dobbiamo svecchiarci e ringiovanire tutti assieme appassionatamente.

Evviva la retorica? No, la veritas.

Ebbene, con lo spopolare del web, tutti si stanno dilettando a far i tuttologi, anzi i dietrologi.

No, gli psicologi, i cardiologi, pure i virologi. E questo morbo è più virale del fantomatico Covid-19.

Su cui avrei da dirvene, anzi, già ne sparai parecchie nel mio libro Bologna HARD BOILED… in vendita sulle maggiori catene librarie online (questa dicasi, ah ah, pubblicità occultissima).

Sì, i potenti stanno occultando la verità, seppellendola in un mare d’inganni. Noi, circuiti, traviati, adesso tutti vaccinati.

Ci allarmarono e terrorizzarono, incatenandoci in quarantene figlie dell’oscurantismo più medioevalistico.

Così è, non voglio sentire ragioni. Da un po’ ci si può spostare, fra l’altro, tra regioni. Anche erogene? Oh, finalmente si può fare all’amore senza la profilassi delle precauzioni?

Ciak, azione. Cos’è un film con Siffredi Rocco? Macché. Oramai, Rocco è andato… e non solo con quelle… da tempo immemorabile. Rocco è fottuto, moscissimo. Bisogna pensare al nuovo. Ci siamo induriti e rotti le palle a causa dei lockdown esagerati.

Uomini e donne, eh eh, siate accalorati. Negazionisti, non negateci però il piacere dell’amoroso contagio più letizioso, oserei dire sfizioso, per la donna cremoso e per il maschio voglioso.

Basta, adesso. Non facciamo all’amore, facciamo i seri. Sì, le persone troppo serie non sanno amare neppure il Cinema con gusto e quella sana impudicizia che fa rima con godibilità malata soltanto di fottuta, superba malizia.

Che voglio dire con questo? Sono affetto da anti-moralismo, da ermetismo, oppure da poetico decadentismo? Non lo so.

Voglio dire che i veri amanti del Cinema e non solo di questo, eh sì, non hanno alcun pregiudizio.

Sono capaci di amare un film abbastanza mieloso e sdolcinato come Paura d’amare con Al Pacino e Michelle Pfeiffer, in quanto romantici come quel frustrato di Giacomo Leopardi, e allo stesso tempo sanno adorare anche Julia Roberts di Pretty Woman.

Ecco, se sei Richard Gere del succitato film di Garry Marshall (anche quello con Al, eh eh, lo è), vieni reputato figo. Se sei un cassaintegrato, vieni considerato un miserabile che deve pagarla, sennò non arriva/i a niente! Ah ah.

Di mio, sono Al Pacino di Serpico. Non mi vendo. Amo le donne ma posso giurarvi che non ne pagai mai una alla pari del grande Charles Bukowski. Allora, non capisco perché i perbenisti vogliano farmela pagare. Che ho fatto di male? Ah, ma allora sono dei moralisti falsi. Sono dei maniaci. Ah ah.

Comunque, io non sono un monaco. Detto questo, Capodanno a New York, sempre del Marshall, non è affatto male. A parte il fatto che abbiamo un Jon Bon Jovi nelle sue ultime, musicali performance decenti. Poi, abbiamo un parterre di donne capaci di risvegliare un morto qual è De Niro alla fine del film (spoiler!) Dunque, il film è vedibile, eccome. Ah no? Halle Berry, Lea Michele, ancora Pfeiffer Michelle, Sofia Vergara (cioè la controfigura e la “brutta” copia dell’ex pornoattrice Esperanza Gomez), Jessica Biel, Katherine Heigl e Sarah Jessica Parker? No, quest’ultima è racchia. Ex del Cage? Mah, contento lui…

È sempre assomigliata, molto vagamente, a Barbra Streisand. Con l’unica differenza che Barbra è una cantante che, pur esteticamente impresentabile, grazie alla sua voce melodiosa, riusciva a essere la Maga Circe. Insomma, non certo fisicamente una sirena. Ah ah.

Ah, mi son dimenticato di Hilary Swank. Ora, ha delle gambe magnifiche ma ci sarà un motivo se interpretò Boys Don’t Cry? E ho detto tutto.

Arriviamo a noi. Tanto, con queste qua, pezzi da novanta…, non potremo arrivare a una beneamata minchia. Ah ah. Sono inarrivabili. Vi arriverete soltanto se siete ricchi come Richard Gere. Ah ah.

Oppure se le vedrete nelle loro scene di sesso. No, non sex tape, cavolo! Pensate sempre a quello? Mi riferivo ad Halle Berry di Monster’s Ball unrated. Ah ah.

Sì, siamo uomini e donne angariati da una vita ladra e puttana. Al che, per compensare le mancanze e il vuoto interiore, non riuscendo a riempire e tappare i buchi…, ci diamo al Cinema, dando ancora più soldi a Richard Gere. Ah ah.

Be’, col tempo, compresi di essere demenziale come Mel Brooks. Cioè, in una società di matti e dementi, sono stato l’unica persona al mondo capace di distruggere un intero ordine psichiatrico, emulando, contro ogni strizzacervelli, il Mel di Alta tensione.

È vero, non sto mentendo. Mi credete? Miscredenti, atei, creduloni? Sì, un plurilaureato in Freud, ah ah, pensò che fossi da manicomio. Al che gli chiesi con estrema nonchalance:

– Mi tolga una curiosità, primario e luminare. Qual è la percentuale di guarigione dei pazienti in quest’istituto ove sono internati i suoi curati…?

– Una ogni morte di papa.

Uhm… sarebbe la morte cerebrale di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo?

 

Dopo questa risposta, fui dimesso e tutti gli psichiatri furono radiati dall’albo.

Ora, prendiamo un regista che è sempre stato fissato coi manicomi. Ovvero John Carpenter.

Io sono l’unica persona al mondo capace di guarire Amber Heard di The Ward e Sutter Cane de Il seme della follia (eh già, il matto è lui, non Sam Neill), in virtù del fatto che sono il bambino sano di Village of the Damned. Comunque, non sono albino, non sono neanche un alpino. Però sono una cima. Ah ah.

E dire che fui scambiato per Fantozzi/Paolo Villaggio. Be’, in effetti, se mi fossi attenuto ai metodi psichiatrici, sarei divenuto Christopher Reeve dopo la sua caduta da cavallo.

Sono rimasto lo stesso… Superman. Ovviamente.

Comunque, complimenti di nuovo ai medici. Mi scambiarono per Fracchia la belva umana e invece non riuscirono a capire che fui e sono Clark Kent. Ah ah.

Voi credete nell’imponderabile? Non tutto ha una spiegazione scientifica nella vita.

Sì, credo in tutta sincerità di possedere poteri paranormali.  A mo’ di Chris Walken de La zona morta e di Jude Law di The Young Pope. Più che altro, quando sono in vena, riesco a entrare in telepatia, no, in empatia-sintonia col prossimo. A meno che lui non soffra, nei miei riguardi, di preconcetti e consequenziali antipatie. Ah ah. E vi garantisco che non c’è bisogno di essere laureati in psichiatria per capire che, se una persona si vuole suicidare, è perché è caduta in un profondo stato di apatia o melanconia. Oppure, non più gli tira a causa dei farmaci assunti. Oppur ancora vuole andarsene via in mezzo a tanta pazzia.

Io sono cinico? No, realista.

Un mio ex amico mi domandò:

– Stefano, secondo te, se la tua ragazza (la sua, oh, non la mia, suvvia) ti lascia, non bisogna farsene un cruccio? Anzi! Forse non era quella giusta! Sì sì, è così.

– Come no… Forse invece era quella giusta. Ma tu non eri quello per lei, giusto? Sbaglio? Per lei eri per di più sbagliato.

– Quindi, mi devo suicidare?

– No, ti dico la verità. Se vuoi consolarti, leggi le frasi dei baci Perugina.

– Sei troppo pessimista.

– Invece tu sei troppo ottimista.

– No, dico solo che non bisogna farne una tragedia. Me ne troverò una migliore. Sì, la troverò. Però, che (s)figa!

–  Vuoi che ti sia sincero?

– Certo.

– Non la troverai.

– Perché mai?

– Hai la stessa età di Richard Gere ma, a differenza di Richard, non hai i suoi soldi.

– E che significa?

– Significa che, al massimo, troverai una vecchia di settant’anni!

 

Perché sopra scrissi… ex amico? Perché si ammazzò. Lo uccisi io? No.

Ecco, che c’entra tutto questo con la cinefilia e i luoghi comuni attorno al Cinema? C’entra, eccome se c’entra. Se invece non entra, significa che non te l’ha data. Ah ah. Solitamente, tutti quelli che dicono che Nicolas Cage sia/è inespressivo (si fottano i congiuntivi del cazzo, ah ah), non hanno mai recitato neppure nel suo film peggiore come interprete, ovvero Zandalee. Però, vi avrei messo la firma per essere al posto suo. Il suddetto, molto sudaticcio film, eh già, fa schifo per l’appunto al cazzo ma Nicolas Cage, in tale pellicola, ha un paio di scene da Siffredi. Capisc’ a me!

Nel Cinema e nella vita vera, senza falsità o consolazioni, si fa tutto un altro campionato. E io sono stanco di passare il tempo a fare le classifiche. Continuate, pure, a farvi le seghe. A fare le distinzioni. Volete essere uomini distinti. Fidatevi, è meglio Basic Instinct. Non desidero per nulla fottermi nel discutere col prossimo se sia più bello Taxi Driver o Al di là della vita. Film metafisici par excellence. Nel primo vi fu Cybill Shepherd, nel secondo, Patricia Arquette ma, rispettivamente, entrambi i protagonisti non è che se le scopino molto. Diciamocela! In Taxi Driver, De Niro salvò una prostituta minorenne. La gente lo elevò ad eroe. Dopo aver portato la Shepherd a vedere un porno, lei lo scambiò per un pervertito e lo mandò a farsi fottere. Alla fine, gliel’avrebbe data tutta ma lui la mandò a fanculo. Ah, bella roba, ah ah. Nella vita reale, comunque, Cage la sbatté in quel posto a Patricia molte volte. Nel frattempo, girò pure City of Angels.  La verità è una sola (l’accento ficcatelo voi, a piacimento!). Nicolas Cage è un grande, Richard Gere è un grande (guardatelo ne Gli invisibili, eh eh, incapaci).

E, secondo me, chi parla ma non fa mai nulla, se la fa solo sotto. Per esempio, da un punto di vista prettamente cinematografico, Over the Top con Stallone è un film puerile. Cioè, avreste preferito che avesse vinto o vincesse Bull Harley? Ah ah.

Col passare del tempo, ho capito che Titanic di James Cameron è un capolavoro. Sì, lo è. In poche parole, Cameron voleva arrivare allo spettacolare e devastante climax dello scontro con l’iceberg del transatlantico ma, per tre ore abbondanti, non ci raccontò questo.

Cioè, noi sapevamo già come sarebbe andata a finire ma volevamo vedere come sarebbe finita, cosa fu quella storia. Questo si chiama genio.

Cameron ribaltò il concetto secondo cui la trama sarebbe importante. No, la vicenda narrataci può essere anche apparentemente banale e sdolcinata. Niente è banale e dolciastro se chi dirige la storia sa come emozionarci, sa come viverla… sa come tenerci col fiato sospeso.  Soprattutto perché volevamo vedere integralmente le tette di Kate Winslet ma Cameron ci fotté.

Dunque, sapete chi dice roba del tipo… oramai è stato già detto e inventato tutto? I falliti. Quelli che parlano e criticano. E basta. Oppure, peggio, esaltano e magnificano i “maestri” perché loro non lo sono. Ma, idolatrando i maestri, si sentono meno stupidi e meno inetti.

In giro, sento un sacco di cazzate. Sento che il mondo è peggiorato, che la società fa schifo. Che gli uomini e le donne sono imbarbariti. Mi spiace deludere questi tristissimi luoghi comuni.

Sembrano Harvey Keitel sia di Taxi Driver che di Holy Smoke.

Sono peggiorati quelli, coloro che fanno certi discorsi. Perché non sanno fare altro. Solo chi fa, sbaglia. Rimedia figure di merda e non. Altrimenti, siamo soltanto zombi. E molti di voi lo sono ma non lo sanno.

Di mio, posso dire che ho una certa faccia da culo.

Infatti, le donne mi guardano e pensano: quel ragazzo va fottuto a sangue.

Sì, molte donne vogliono, in tempi di pari diritti, farselo come un uomo.

Un tempo, solo gli uomini lavoravano.

Oggi come oggi, il culo se lo fanno anche quelli che non sono omosessuali attivi.

Insomma, come dice Peter Boyle, chi più chi meno, siamo tutti fregati.

Dunque, fottetevi, ah ah.

Su questa cazzata, vi lascio alle vostre porcate.

Domani, devo farmelo ancora.

Invece per voi saranno cazzi amari.

 

di Stefano Falotico

Dopo L’amore ai tempi del colera, scriviamo L’amore ai tempi del COVID, capolavoro horror romance non di Gabriel García Márquez, bensì del Falò a mo’ di Rutger Hauer di Ladyhawke in piena collera


30 Dec

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Su di me incombe, da tempo immemorabile, una maledizione similmente associabile a quella che patiscono i due amanti Hauer/Michelle Pfeiffer in Ladyhawke di Richard Donner.

Dopo essere stato erroneamente scambiato per il “mostro” dei Goonies, diedi di matto come Mel Gibson di Arma letale.

Dopo un passato mio catacombale, oserei dire cimiteriale, cicatriziale da Rene Russo di Lethal Weapon 3, un passato veramente penoso e illacrimato nella nera cupezza più fantasmatica per cui divenni tutte le attrici più depresse dei film “solari” di Bergman, incarnandomi in Solaris senz’amare neppure una racchia come Mia Farrow, soprattutto di Settembre, omaggio di Woody Allen al grande Cinema del maestro svedese succitato, finalmente il mio uc… lo dischiuse le ali.

E dire che, venendo… ottenebrato in spettrali, poco spettabili e stimabili Cent’anni di solitudine, molti pensarono che fossi un traviato come Rutger Hauer. Sì, però de I falchi della notte.

Mal ne sortì al mio Stallone e mi consigliarono di leggere Memoria delle puttane tristi, altro capolavoro del premio Nobel scrittore sopra menzionatovi.

Invero, non mi prostituii mai a una vita normale, traducibile con piccolo borghese e, a causa di questo mio atteggiamento purissimo e assai nobile, oltremodo pulito, molte persone vollero punirmi e castigarmi in maniera immonda. Vissi invero da principe, anzi, da lord. E tutti desiderarono lordarmi poiché parve che non desiderassi fare all’amore con una vita moralmente abietta e corrotta. Ma da parecchio mi sono rotto e forte il mio membro, non più asociale, s’è eretto. Spiccando il volo, la mia lei s’innamorò del mio volto e fu per me la svolta. Ma il governo Conte, più bastardo del Vescovo John Wood del film di Donner, mi sta adesso proibendo di migrare nella regione ove alloggia la mia lei, la mia damigella, affinché io e lei, appassionatamente, possiamo rapirci in notti da rapaci per deliziarci di piaceri voraci da animali selvaggi vigorosamente pronti, come assatanati, a spolparci fin a insanguinarci in ardenti mezzanotti amorose, ardimentose, oserei dire assai calienti e piacevolmente irruente.

Quasi tutta l’Italia intera oramai s’è rotta le palle di questa situazione del ca… o. Gli spiriti arrabbiati si stanno infoiando in maniera bollente. La folla, distrutta da segregazioni non consensuali, svilita nella sua intimità… sensuale, è ora pronta a darvi dentro con inusitato calore smodato.

La gente, incazzata di brutto, è vicina oramai alla follia. Le persone sembrano dei maniaci sessuali.

Cosicché, se la ragazza di Robert Pattinson, per esempio, può fare quel c… o che vuole, noi invece, comuni mortali, stiamo diventando Batman. Ovvero pipistrelli come Michael Keaton, però di Birdman, costretti a riguardare Il cavaliere oscuro – Il ritorno di Christopher Nolan, al fine di non impazzire come Heath Ledger di Joker. Stiamo ansimando… come Tom Hardy.

In questo momento più delicato d’un soavissimo detergente femminile, occorre un genio come Matt Damon di Rounders. Di mio, assomiglio più a Ed Norton. Ora, se la vostra lei fosse più bella di Gretchen Mol, anche di Forever Mine, e non poteste incontrarla, non è che mi farete la fine di John Travolta di Pulp Fiction?

Sì, va detta la verità, caro Conte. Lei ci sta obbligando a vivere come Dracula e, per rompere questa Trappola di cristallo, più che altro di ghiaccio, ci vuole un duro… come Bruce Willis.

Ora, se l’Emilia-Romagna rimarrà arancione anche dopo il 6 Gennaio, per me onestamente la vedo durissima. A meno che non mi spacci per Tom Cruise del nuovo Mission: Impossible.

Sì, in fondo non è difficile. Sono uguale a lui. C’è solo un problema, sono visibilmente più giovane.

 

di Stefano Falotico

 

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Brian De Palma è il mio regista preferito assieme ad altri cento, la mia Femme Fatale invece è più sexy di Michelle Pfeiffer di Scarface e di Rebecca Romijn


17 Jun

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Un tempo, Rebecca portò il cognome Stamos. Ma mise le corna al marito. Non so, forse tradendolo con Greg Kinnear di Godsend.

Di mio, da bambino fui considerato un “mostro” come Cameron Bright/Adam Duncan.

Sebbene tutti gli adulti cattivi provarono a incendiarmi, no, a far sì che, distrutto dal loro essermi incidentali, morissi morto ammazzato giammai resuscitato, io guardai precocemente il film Frankenstein di Mary Shelley del Branagh e compresi che la creatura mostruosa generata dallo scienziato pazzo De Niro… scusate, sto facendo confusione.

Guardate, optiamo per Gary Oldman del Dracula di Bram Stoker. Eh sì, grazie al mio incantesimo da Uomo Lupo risorto inaspettatamente, più che old man, cioè uomo vecchio, divenni magicamente più affascinante e stronzo di Steven Bauer.

Steven, nomen omen. Sì, per molto tempo fui accusato di non possedere una granitica sessualità marcata. Fui dunque guardato a vista, sì, malvisto. Siamo stracolmi di gente sospettosa che, (in)consapevole di non essere Al Pacino, pensa (in)credibilmente di essere più figa di Michelle Pfeiffer.

Sono persone più malsane e maniache di Michael Caine di Vestito per uccidere. Sono forse solo dei manigoldi.

Sì, la gente pensò che io fossi più ritardato di Sissy Spacek di Una storia vera, invece scoprì che, malgrado i loro scherzetti assai crudeli perpetratimi impunemente, non mi trasformai nella Sissy di Carrie – Lo sguardo di Satana, bensì in Eliot Ness/Kevin Costner de Gli intoccabili.

Queste persone malfidate sono più corrotte di Al Capone. Sono proprio dei testoni.

Mi urlarono: ridi, pagliaccio… sei sempre solo soletto, alone.

Di mio, adoro Jimmy Malone. Comunque, credo che Andy Garcia/George Stone/Giuseppe Petri, cioè io stesso in questo momento della mia vita, sia molto più ammaliante di Sean Connery dei tempi d’oro.

Prendiamo poi, per esempio, sempre lui, vale a dire Fabrizio Corona. Per anni dichiarò di sentirsi come Tony Montana. Tant’è che annunciò di aver firmato un contratto (mai visto, da lui solo immaginato), anzitempo in calce francobollato, per cui avrebbe dovuto essere il protagonista del remake di Scarface che sarà diretto da Luca Guadagnino.

Mah, secondo me, Dakota Johnson di Suspiria è meno strega delle bagasce d’avanspettacolo ed è molto più sexy di María Belén Rodríguez Cozzani. Detta semplicemente Belen. Alla sua celeberrima farfallina, preferisco quella di Jessica Rabbit.

Impara a conoscere il tuo coniglio…

Belen! Una che, a mio avviso, per essere arrivata a un cazzo, cioè a un successo effimero, deve essere comunque arrivata… più di Melanie Griffith di Omicidio a luci rosse.

Basta inoltre coi gossip da Novella 2000. Non frega niente a nessuno se Belen stia ancora con Stefano De Martino o se, segretamente, voglia girare un sex tape con un miliardario che non ha mai visto neppure una volta in vita sua Carlito’s Way, oppure se desideri nuovamente, accaloratamente amoreggiare volgarmente con Corona Fabrizio con tanto di berselo tutto in un bicchiere d’acqua o con un po’ di gin e vermouth su aggiunta di “olive” e lemon twist. Cioè limonarlo a Ibiza ove vanno forte i balli latinoamericani fra donne assai meno pure di Nancy Allen/Nancy di Blow Out.

Peraltro, dubito che Fabrizio sappia ballare come John Travolta de La febbre del sabato sera.

Non sa neppure chi sia Pino Donaggio. Questo Fabrizio pensa solo al “montaggio”.

Be’, devo esservi sincero. Reputo Sliver di Philip Noyce, eh già, un film alla De Palma.

Ma io non fui mai William Baldwin del suddetto film ove Sharon Stone fu molto sudata…

De Niro di Hi, Mom, sì, eccome. Ah ah.

Il Cinema di Brian è hitchcockiano, una reinvenzione ad libitum de La finestra sul cortile a ca… o duro da videoclip di Springsteen di Dancing in the Dark.

Ecco, penso fermamente di non essere mai stato di mente instabile. Sebbene, come appena sopra dettovi, spiai molte persone del mio antistante stabile. In verità, furono i guardoni a farsi i cazzi miei.

Dovevo pure mostrarmi qualche volta. Sì, per abbassare le tapparelle.

Costoro dovrebbero revisionarmi meglio come in Redacted.

Non mi piacciono le lesbiche da Passion e non possiedo una Doppia personalità, cari miei Cadaveri e compari.

Ah, voi pensate solo a campare per raggranellare du’ spiccioli e poter offrire alla vostra lei almeno un Campari. Ma che campate a fare?

Nella mia vita ne vidi tante. Insomma, qualcuna. A dire il vero, non tantissime. Non fui e non sono un puttaniere come Nic Cage di Omicidio in diretta. È un poliziotto? Sì, con più anelli al dito di Fabrizio Corona…

Fui indubbiamente fottuto a sangue e stuprato nell’animo, insomma, bullizzato a morte.

Alla vietnamita di Vittime di guerra andò peggio.

Non fu però affatto facile per il sottoscritto diventare più bello di Tom Cruise di Mission: Impossible.

Sparii e poi riapparvi come Il fantasma del palcoscenico. Che spettacolo!

Non usai poteri paranormali da Fury, non credo peraltro agli psichici, tantomeno agli psichiatri della minchia. Credo invece che Brian de Palma sia un genio.

Uno dei geni più grandi e spaventosi di sempre.

Scandalosamente, non è mai stato candidato all’Oscar.

D’altronde, uno così che se ne fa delle belle statuine, a differenza di Fabrizio?

In effetti, devo darvi ragione. Sono un uomo triste, addormentato, “pazzo” come Brian in tale foto.

Sì, se una persona incontrasse Brian De Palma a un bar, penserebbe:

– Povero tapino, quant’è scemino… dobbiamo aiutarlo.

 

Eh certo, da quando in qua s’è visto un genio che deve essere aiutato dai ritardati?

Ah ah ah. Diverrebbe più tonto di loro. A proposito infine di De Niro, scoperto da De Palma. Vi piace in Ti presento i miei, cari “sfigat(t)i?”. Siete su Candid Camera. Vi sentite Fotter? Mi spiace, perdonatemi. Avrei dovuto dirvi subito che ho i capezzoli. Volevate allattarmi?

Immortalo la vita e sono un fotografo delle emozioni. Scusate, non avevo citato Black Dahlia. Per forza, non esiste più. Io sì, invece. Ah ah.

briandepalma

 

di Stefano Falotico

Ho dei dubbi che The Irishman, riguardando Scarface di De Palma, sia un capolavoro così come credo che DiCaprio non meriti di avere più nomination di Al Pacino


26 Dec

scarface poster

Parte goliardica da Porky’s. Non ho detto da porci, da Porky’s, il famoso film di Bob Clark che all’epoca fece scandalo ed è invece solo una sorta di Scuola di polizia senza pulizia, ah ah

Sì, The Irishman è un capolavoro? Secondo una falange di critici, irrimediabilmente perdenti o solo pendenti dalle labbra di Scorsese, lo è, indiscutibilmente.

Una panoramica e parabola malinconica, di natura proustiana, sulla caducità del tempo, filtrata attraverso la coriacea ottica, senza retorica, di un uomo apparentemente fallito.

Un Frank Sheeran incarnato da e in De Niro statuario, apoteotico simbolo gangsteristico di altri “loser” celeberrimi da lui stesso resi celebri.

La segmentazione, l’ideale prosecuzione, la rigenerazione ad libitum nella deaging granitica, robotica della sua leggendarietà attoriale, trasfusasi in una CGI opinabile, forse non del tutto perfezionata, aspramente criticata dai maniacali certosini snob da prendere onestamente a testate, non giornalistiche.

Le classiche personcine perennemente scontente, eternamente insoddisfatte alla ricerca d’una idealizzata perfezione, d’una intoccabile purezza e completezza che invece è quanto di più brutto possa esserci, non solo nel Cinema, bensì nel concetto stesso di bellezza in senso alato e anche lato b.

Una perfezione dunque illusoria, irrealizzabile, fantomatica e oscena. Inculante.

Per esempio, a mio avviso, non è bellissima una donna esteticamente, a prima vista, perfetta. È semmai un manichino palestrato adatto a facili gioie ormonali di natura prettamente eiaculatoria, masturbatoria, dunque untoria e poco romantica, sebbene abbia sortito l’eccitazione con tanto di spermatico spumante fantastico. Ah ah.

Poiché, si sa, la donna vestita in abiti attillati, dunque attizzante, scatena il capriccio schizzante d’ogni macho membro di tal mondo oramai alle strette e alle tette, cioè succhiante solamente l’istinto genetico e primigenio di tale imbuto da poppanti ingenui. Esternatosi nello sfogo estemporaneo della frustrazione quotidiana da riversare in un fazzoletto ove espellere e depositare ogni ira e ogni stress pressante dopo averlo avuto tutto in tiro per un finale che sembra brillante, invece è solo maleodorante. Ah ah.

Impazzano le donne perfette su Instagram, sfilando in una vetrina da macelleria di corpi monumentali fotografati e scanditi, distillati in regolare reiterazione anti-emotiva, anti-empatica. Sinceramente antipatica.

Sì, vedi un bel culo e sodamente qualcosa s’ingrossa indubbiamente tangibile e presto incandescente per la lavica colata da lì fuoriuscente. Ma è un tirarsela momentaneo che svanisce presto come la non durevole erezione d’un mondo oramai fottuto nella perdizione, asfissiato e spremuto, unto e bisunto nello sbraco collettivo e nei gemiti edonistici d’una società arrivista e impunita. Diciamocela, sputtanata.

Insomma, una donna è bella a cazzo mio. Non sopporto più questi corpi che non emanano vero calore dell’anima, detesto queste donne di poco cuore che vorrebbero sprigionare ardore quando invero sono soltanto poco signore. Ma per favore!

Sul sito Gli spietati, leggo recensioni, in merito a The Irishman, da farmi accapponare la pelle e incazzare, scritte alla buon’ora da parte di uomini senza palle che non meritano manco una suora. Una suola, sì, cioè una pedata per sbatterli nella topaia del loro solaio.

I quali ebbero l’ardire di scrivere certa roba:

Scorsese vira troppo all’Affresco Americano tipo Oliver Stone, rischia di sovraccaricare lo spettatore di informazioni e perde un po’ il controllo della situazione. Il film si sfilaccia, sbanda, annoia, per poi riprendersi nella parte finale (tutta l’escalation di suspense umana ed emotiva che culmina nell’uccisione di Hoffa da parte di Sheeran) che si chiude definitivamente, però, con un rischio di pietismo senile evitato per un soffio (ma comunque evitato).

Certo, si tratta di un bel film, ci sono momenti alti, indubbiamente bellissimi (la telefonata di Frank Sheeran alla moglie di Jimmy Hoffa) e De Niro trova il personaggio perfetto per dare un senso compiuto alla sua recitazione sempre più statica e rarefatta. Ma l’ultimo di Scorsese rimane un film smisurato, diseguale e forse incapace di giustificare a pieno i 210 minuti richiesti per poterne godere.

Lasciando stare le escalation e ogni “eiaculation”, aveva ragione Adriano Celentano. Questi critici della minchia sono in piena zona svalutation. Ah ah.

Sì, si fanno i pompini a vicenda in questa Pulp Fiction di troiate. Angelo Bruno/Harvey Keitel lo sa, lui è Mr. Wolf, cari volponi. Poveri cazzoni!

Suvvia, guarda quello. Crede di essere Joe Pesci, in realtà è quello che è, ovvero un pescivendolo.

Molti di questi critici s’infervorano come Al Pacino/Tony Montana di Scarface.

Sì, Al è bestiale. S’incazza di brutto quando sua sorella, la Mastrantonio, va nel bagno con l’amante semi-siculo tutto impomatato e di sé sicuro che prima le tastò il culo per poi darle il gel alla Tutti pazzi per Mary.

Sì, ah ah. MARY Elizabeth Mastrantonio, donna che piace a ogni uomo di nome Anto’, in americano Anthony. Come il Provenzano/Stephen Graham e tutta la compagnia di omonimi. Ah ah.

Sì, in questa vita da falli, no, falliti, fate i trenini come nelle catene di Sant’Antonio e pensare che, in Italia, avemmo pure Lietta Tornabuoni. Che come donna era più brutta della Mastrantonio di The Punisher, come critica abbastanza buona ma non buonissima. Cioè severa nei giudizi. Ah ah.

In entrambi i film di Brian De Palma con Al Pacino, dunque il succitato Scarface e Carlito’s Way, vi sono sequenze al cardiopalma, appunto, nei bagni sporchi e fetidi delle discoteche e stanze con dipinti di rosse palme. Ambienti per donne strafighe come Michelle Pfeiffer ma anche per uomini e donne da De Filippi. Da gente che non possiede il vivo nitore delle sessualità (im)pure del Cinema di Pedro Almodóvar.

Grande uomo, Pedro. Uomo che non è un uomo ma ama le donne e pure gli uomini. Ah ah.

Evviva Rossy de Palma con la d minuscola e la sua faccia da Picasso. Cazzo!

Bagni merdosi ove il corrotto avvocato Sean Penn tastò la mulatta, lei l’allettò, anche allattò nella latrina e non in un comodo letto. Sean spalmò quello che sapete e poi fece il botto, sudando freddo in ospedale come se fosse macchiato d’olio. Ma, dopo tutto quest’accaloramento riguardo The Irishman, sto qui a riflettere come De Niro. Nella solitudine delle mie malinconie decadenti.

Purtroppo, mi spiace per Scorsese. Scarface è un film superiore a The Irishman. Poi, con tutto il bene che posso volere a Bob De Niro e ad Al Pacino, C’era una volta in America e Scarface sono più belli. E loro erano davvero più giovani, più cazzuti, più fighi e forse anche più bravi. In Scarface si respira una forza immane. Una passione quasi cristologica di livelli abissali. Con questi colori incendiari e la stupenda fotografia cremisi di John A. Alonzo, con queste impressionanti scenografie kitsch. Quasi trash!

Pacino, rosso di rabbia e super permaloso. Pacino, sì, fuori di testa, megalomane e senza freni, ringhiante, animalesco, manesco, puttanesco, con queste scene di gelosia indimenticabili e strazianti, con questo ritmo isterico, con una colonna sonora da brividi. Ce la vogliamo dire?

Senza nulla togliere all’originale, lo Scarface con Al e Michelle Pfeiffer è una genialata derivativa, certo, ma partorita dalla fervida mente d’uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, Brian Russell De Palma.

Allora ha ragione Mereghetti. Prima diede a Scarface due stellette e mezzo. Quindi tre. Ora è passato a quattro. Cioè capolavoro assoluto. Il Cinema di Brian De Palma è un delirio totale così come la discesa nella scalinata di Joker, così come John Rambo. Cioè, quando parte in quinta, non ce n’è più per nessuno.

Un Cinema energico e furioso, voyeuristico, anche nichilistico, senza psicologie olistiche né stronzate utopistiche. Senza riflessioni didattiche, senza panegirici e spiegazioni da inutili teorie quantistiche e scientifiche, un Cinema che spinge in maniera costruttivista. A volte è fancazzista, a volte hitcockiano, a volte ti spupazza, ti strapazza e di emozioni sanguigne t’ammazza.

Spinge nel “push”.

Ricordate: d’altronde, Brian è il regista de Il falò delle vanità. E ho detto tutto… Ah ah.

Parte seconda: Brian De Palma appartiene alla New Hollywood ma, a differenza di Scorsese, Coppola e Spielberg, mai vinse un Oscar

Una doverosa precisazione scabrosa più di Omicidio a luci rosse e Vestito per uccidere, più agghiacciante di Blow Out.

Fu colpa di Al Capone e dell’era del Proibizionismo? Sì, pure altri geni come David Lynch e Cronenberg non possono fregiarsi di un Oscar. Ma almeno furono candidati.

De Palma manco questo.

Sì, al giuria degli Academy Awards dev’essere come John Lithgow di Doppia personalità. Prima disse e dice che quasi tutti i film di De Palma sono capolavori, poi non li candida per la statuetta.

Ultimamente, Brian deluse non poco anche i suoi più accaniti ammiratori. Al suo Domino è preferibile, pensa te, il Domino di Tony Scott.

Brian De Palma può non piacere.

E ora la sparerò grossa. Non essendo mai stato premiato né nominato, a parte Mission: Impossible, a Brian non diedero molto credito, di conseguenza neanche tanti danari.

Ma è più grande di Scorsese e Coppola.

Purtroppo, sì.

 

di Stefano Falotico

Dovevo lasciar perdere il mio ex amico la prima volta che mi disse che Marisa Tomei è brutta coi denti da castoro


23 Dec

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Mah, per molto tempo fui scambiato per Castor Troy, cioè Nicolas Cage di Face/Off.

Davvero, la mia vita fu un equivoco mai visto. Cage, in questo film di John Woo, interpreta la parte, detta come va detta, del troione.

La prima volta che sentii la sua celeberrima battuta lercissima quando sale in aereo e fa un’avance volgarissima alla hostess, ovvero… mi dà gusto mangiare la patata, ero come suo fratello nel film, Alessandro Nivola. Uno che in quella zona non prendeva molto il volo.

Nivola è il re degli sfigati per antonomasia. In Wizard of Lies, per tutta la vita credette che suo padre fosse un eroe ma alla fine scoprì che fu soltanto uno dei più grandi truffatori di tutti i tempi.

Un mostro che rovinò un sacco di persone.

Sì, prima che suo padre, Bernie Madoff, fosse scoperto dall’FBI, il personaggio di Nivola pensò:

cazzo, mio padre è uno cazzuto, è più ricco di Donald Trump e sono il sangue del sangue di una delle donne più belle del mondo, Michelle Pfeiffer.

Poi, si accorse che De Niro odiò e odia a morte Trump e fu, in pratica, un mafioso peggiore di quello da lui interpretato in Malavita.

Prima di suicidarsi, Nivola guardò Capodanno a New York e Stardust. Per sognare un po’ e al contempo riflettere amaramente:

nel primo film, Michelle scopa Zac Efron e non ha nessuna scena con De Niro, nel secondo, De Niro interpreta un gay.

Purtroppo, mi sa che sono suo figlio e sono cazzi amari.

 

Tornando invece al Nivola di Face/Off, il suo personaggio in tale film si chiama Pollux.

Gemello di Castor, secondo la mitologia greco-romana.

Scusate, la mitologia greca non è quella delle cinquanta fighe di Ercole? No, scusate, le cinquanta fatiche.

Che poi è la stessa cosa, ah ah. Di mio, se fossi stato in Ercole, avrei preferito infatti cinquanta fatiche. Fidatevi, è più facile sostenere cinquanta fatiche che sostenerlo, per tutta la notte, a cinquanta fighe.

È vero, non c’è nulla da ridere. Conosco un sacco di uomini che lavorano duro tutto il santo giorno. Cioè, come si dice in meridione, hanno la fatica. Però sono anni che non scopano la moglie.

Sì, sono dei brav’uomini. Preferiscono mettere su mattoni piuttosto che ammattire nella fatica di riuscire a dare il calcestruzzo alla consorte. Con quella racchia, non gliela fa neanche Nic Cage di Cuore selvaggio. Sì, solo un pazzo poteva sposarsi una così, ah ah. Voi ora direte… Cage scopa Laura Dern. Infatti, Laura è brutta. Ah ah. Voi pensavate che fosse e sia bella?

Non è che mi farete la fine del Nivola? Ah ah.

Voi invece lo conoscete Le 12 fatiche di Asterix? Il magnifico mediometraggio, spesso programmato per Natale, tratto dalla famosissima serie a fumetti di René Goscinny e Albert Uderzo?

Ecco, io fui Asterix in carne e ossa.

La burocrazia del mondo volle fottermi, obbligandomi a sostenere delle prove, appunto, disumane.

Sì, tutti pensarono… ma guarda questo qui. Vuol fare il Gallo. Adesso lo sistemiamo per le feste. Diamo, noi da baccanali, botte a questo baccalà.

Rimediarono tutti una figura di merda incredibile.

Adesso, questi Giulio Cesare da Congiura di Catilina, finalmente, hanno capito la battuta di Castor Troy. Ah ah.

Tornando a Marisa Laurito, no, la Tomei.

È vero, ha dei denti da castoro. Il resto no, però.

Insomma, è una bella coniglietta.

Stasera, le offrirò un po’ di linguetta e quel che, nella patata bollita, forse cinguetta.

Ah ah.
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di Stefano Falotico

Ai cinecomic preferisco Joe Pesci di The Irishman, comunque Birdman non è male, ovviamente il non plus ultra è JOKER


03 Dec

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Sì, notai una foto su Facebook. Di una donna indubbiamente esuberante, la quale vuol passare per ochetta, inserendosi sempre mezza discinta per (at)tirare le virili oche, facendo delle smorfie da orca per non sembrare solamente una porca, bensì una aggressiva ma con le palle, insomma, mica una poco di buono. Una che, sì, si denuda facilmente ma non è una facile, ha gusto anche nello spogliarsi. Sa cosa vuole e va dritta al sodo, senza retorica ma soprattutto senza camicia da notte.

Al che, codesta, ancora una volta mezza nuda, ficca… tale frase sotto un’altra immagine di lei praticamente ignuda:

ho visto The Irishman, è un film sulla vecchiaia che mette tristezza. Però è bello, molto bello. Adesso però, scusate, devo farmi bella.

Nella sua storia su Instagram, il sottofondo musicale è la hit che va oggi per la maggiore di Emma Marrone. La Marrone ha da poco avuto un figlio. Sì, dopo averla data a tutta Mediaset, intervistata in questi giorni, afferma:

– Sono mamma, è un’esperienza nuova. Sì, mi sento rinata. Ah, sono bella, sono bella, sì, giammai da nessuno sarò trombata.

 

Al che, intervengo io in modo lapidario con una frase sepolcrale:

The Irishman è un capolavoro melanconico, cauto con picchi spasmodici di violenza esplosiva, magniloquenza irruenta di Scorsese diluita in tre ore e mezza di quieta nostalgia.

 

Torno in cucina e mangio la carne saporita come Skinny Razor/Bobby Cannavale. Sì, queste galline vanno sgozzate, sono delle pollastrelle.

Forse ingrasserò come il “becchino” Action Bronson o forse gusterò del vino vicino a un caldo camino, rimembrando, come Frank Sheeran, tutto il mio esistenziale cammino.

Senza rimpianti e con la durezza tipica di un uomo che, durante le sue notti fredde, ascoltò ogni album di Bob Dylan, sapendo che i ragazzi della mia età, il giorno dopo, avrebbero sessualmente consumato la loro giovinezza da incoscienti, fornicando qualche scema che li avrebbe rincoglioniti, portandoli a vedere un film di Muccino con tanto di Cremino…

Meglio il Cremlino, uomini russi. E giammai russatevela. Attento, c’è una Mosca sul lampadario. C’è anche una moschea di troppo nel mio quartiere.

Sono stanco dei bambini, delle maestrine e di quelli che vogliono mettere i punti sulle i. Dato che sono frustrati, desiderano coniugare i ver(b)i delle vite altrui, nel tentativo pedagogicamente demagogico e manipolatorio, educazionale alla pari delle suore all’oratorio, di rendere il prossimo a immagine e somiglianza della loro malata, solipsistica visione del mondo catto-borghese, moralistica e soprattutto falsa. Allora, ecco che spunta la scrittrice di romanzi eroticamente spinti che ora, dopo mille delusioni, da lei per l’appunto sublimate in romance semi-hard, invero assai innocui e meno sensuali di Luciana Littizzetto, come le sfumature di grigio dei suoi capelli semi-tinti da Crudelia De Mon e da Meryl Streep de Il diavolo veste Prada, con tanto d’ingiallita permanente delle sue fisse da donna in carriera che pensa d’averla profumata, s’è riciclata come insegnante di sostegno per giovani ragazzi fuori da recuperare. Cioè, la versione senza cazzo di Michele Placido di Mery per sempre.

Su Facebook, scrive ogni giorno il diario di questa sua nuova esperienza formativa…

– Oggi, dalla mia borsetta, per sbaglio è scopato, no, scappato un profilattico. Quello della prima figa, no, fila… ha riso e io gli ho risposto… sì, è quello del mio amante. Finiscila di guardarmi le gambe e dopo te la do, in bagno, se in tre secondi riuscirai a imparare a memoria un libro di Dostoevskij.

Sì, così si fa. Bisogna far capire chi comandi/a e st(i)a sopra. Sono una dura.

 

Sì, peccato che il ragazzo suo allievo avesse tredici anni. Adesso, per colpa dell’educazione del cazzo della Montessori del suo “tesoro”, il ragazzo è rimasto traumatizzato e s’è beccato un ricovero psichiatrico.

In poche parole, la sua vita è finita cinque anni prima di compiere la maggiore età e quindi prima di poter avere, almeno all’anagrafe, la capacità d’intendere e volere.

La signora, insegnante della minchia, invece stasera è a letto con quello che, nella classe a fianco a quella ove lei insegna, insegna Religione…

Sì, un troiaio mai visto.

Uomini che si professano dottori ma altri non sono che dei tromboni… donne che si credono attrici di Hollywood e invece, al massimo, faranno la fine di Claudia Gerini.

La peggiore saltimbanca della storia del Cinema, si fa per dire, italiano. Infatti, come già scrissi, il grande Keanu Reeves, in John Wick 2, dovrebbe ammazzarla per conto di quello ch’è invece il peggiore attore, si fa per dire, di tutti i temp(l)i, Riccardo Scamarcio.

Al che, Keanu guarda questa burina de Roma e lei:

– Oh, bello e dannato, Neo di Matrix, dai, lo famo strano? Sono tua, sono immensamente tua. Poi, farai di me ciò che vuoi.

 

Keanu la osserva e le sussurra:

– Sì, coccolina, telefona al tuo ex, lo Zampaglione. Vedi se, almeno per l’ultimo dell’anno, potrai con lui mangiare lo zampone con un po’ di zabaione. E ricorda: rimanda pure il suicidio, bastano un po’ di lenticchie e, grazie all’auto-suggestione, tipo Oroscopo, che ti sarai donata, avrai un anno di merda ma a te sembrerà di essere Marlene Dietrich.

– Fottiti, Keanu. Ti odio.

– Ciao, in realtà ho finito da tempo John Wick 3. Ora, devo girare il quarto. Buttati nella vasca. Se non muori subito, chiama quell’altra bagascia di Jessica Rabbit e fatelo da lesbiche in salamoia.

– Sei solo un salame! Un coniglio!

– Sì, già che ci sei, chiama anche Alba Parietti de Il macellaio. Poi, nell’aldilà, fai l’amore con Hugh Hefner.

 

Sì, guardate, la dolcezza non è il mio piatto forte. Per anni, la gente pensò che avessi Paura d’amare. Sì, infatti ce l’ho in dvd. Ho anche il filmato personalissimo di Michelle Pfeiffer al Festival di Venezia quando presentò Le verità nascoste. La verità è che a me non hai mai detto un cazzo Michelle dei Beatles. E non amo il film Pensieri pericolosi.

 

di Stefano Falotico

Scarface di De Palma è un capolavoro forse più dell’originale anche se Frusciante non è d’accordo


05 May

In tarda serata di sabato, s’è scatenata una faida cinefila.

Federico Frusciantone ha, come di consueto, inserito nella sua bacheca il trailer del suo film del giorno. In tal caso, Scarface di Brian De Palma.

Non starò qui a farvi tutto il reportage dei vari e svariati commenti che gli sono arrivati di lì a poco.

Fra cui la mia opinione secca, oserei dire abrasiva.

Ecco due screenshot che attestano il mio intervento chirurgico, da meticoloso operatore sanitario delle inesattezze oserei dire slabbrate.

Federico, in buona fede, ha asserito, come potete leggere, che Scarface, appunto, di De Palma sia un ottimo film ma il vero capolavoro rimane, a suo avviso, l’originale di Howard Hawks con Paul Muni.

È la quarta volta che sono totalmente in disaccordo con lui.

Ecco le tre volte precedenti su film per cui abbiamo avuto e abbiamo pareri discordanti.

The Ward di Carpenter, che lui considera un filmone, secondo me è un filmetto. L’ho pure scritto nel mio saggio monografico John Carpenter – Prince of Darkness. E non rinnego una sola parola da me vergata in questo libro che dovreste quanto prima acquistare, collezionare e spolverare un giorno sì e un giorno no, rispolverando soprattutto Il signore del male, appunto, come da (sotto)titolo in originale di tal intarsiata mia opera molto calibrata, ponderata, oggettiva e giammai agiografica.

Sì, Il signore del male è la vetta spropositata, inarrivabile di John.

Autore indubbiamente di opere mastodontiche che conoscerete meglio di me, anche se ne dubito, poiché io conosco il Cinema meglio di voi, ah ah, che qui però ha proprio toccato la perfezione oserei dire più sibillina, certosina, adamantina!

Se lo reputate un horror alquanto noioso, vi prescrivo subito una colazione a base di pancetta affumicata indigesta, simile a quella fatta da quegli obbrobriosi, ingrati critici da quattro soldi degli Stati Uniti, malati di panza e di putrescenze gastrointestinali vomitevoli propagatesi nelle loro tastiere, i quali continuano ostinatamente a non comprenderne la grandezza impari.

Critici americani, se continuate così, vi trasformerete come la donna scarnificata nel finale de Il signore del male e la Bestia vi possederà come ne L’esorcista.

Vi rendete conto? Di questo ne siete coscienti, poveri panzerotti da Malibù delle vostre idiozie sesquipedali sparate insipientemente in merito a quest’intoccabile, venerabile, eccelso e iper-mirabile masterpiece assoluto del maestro nostro travolgente?

Già l’idea secondo cui dio e il diavolo siano la stessa creatura è qualcosa di geniale. Poi che classe, che finitura nelle inquadrature, che atmosfera fuori da ogni spazio-tempo, parliamo della stessa metafisica di cui discetta il grande Victor Wong in tale pellicola al di là di ogni cinematografica scienza esegetica.

Detto ciò, mi spiace per John e per Frusciante, The Ward è un film decisamente minore.

Quindi, Mission e Donnie Brasco sono due film strepitosi. Retorici quanto volete, certo, ma è manierismo di altissima scuola.

A Federico non piacciono molto. A me sì. E anche parecchio.

Dunque, arriviamo alla questione Scarface.

Io sono mereghettiano, nel bene o nel male. Paolo Mereghetti ha detto e scritto molteplici scemenze nel suo biblico Dizionario dei film. E la sua idiosincrasia nei riguardi di Sergio Leone è inesorabilmente oggetto di studio psichiatrico.

Acclarato questo, su Il signore del male la pensa esattamente come me. E nell’ultima edizione del suo tomo ha portato a quattro stellette, cioè al massimo, la sua valutazione critica a riguardo.

Stesso discorso dicasi per Scarface.

Prima gli aveva assegnato tre stellette. Ora è arrivato a dargliene 4 piene. Quasi con lode.

Le stesse che ha dato ovviamente all’originale.

Scarface è un film cresciuto col tempo e non è un remake nel senso più stretto e letterale del termine.

È semmai un rifacimento dell’idea originale a misura e mistura grandiosa della poetica eccessiva di De Palma.

Con un Pacino d’antologia.

Un film talmente volgare, nel senso migliore della parola, da divenire colossale.

Fabrizio Corona ha sempre sostenuto che Tony Montana è il suo idolo e che lui stesso avrebbe voluto di Scarface realizzarne un remake. Il signor Corona di questo film credo che abbia capito ben poco. Ha semplicemente, solamente compreso le stesse coroncine e catenine d’oro, gli anelloni al dito di Montana/Pacino che lui orribilmente indossa ma non possiede la cultura introspettiva per potersi nemmeno avvicinare a un film così.

Sì, caro Fabrizio, so che con le donne ti comporti alla stessa maniera di Tony. Vai, a bordo piscina, dalla tua bella fighella ignorantona e, come se lei fosse Michelle Pfeiffer, donna invece molto raffinata, parimenti ad Al Pacino le dici platealmente, senza filtri: voglio scoparti.

Senza se e senza ma.

Lei, come Michelle in questo film, accetta. Perché hai gli stessi soldi di Tony.

Ma adesso, a parte gli scherzi, davvero Fabrizio, bello di mamma, credi di valere soltanto l’unghia del mignolo anellato di Pacino? Stiamo parlando di un padrino vero, di un Corleone molto Carlito. Del futuro Jimmy Hoffa di The Irishman. Di uno che conosce Shakespeare a memoria. Di un puro uomo Scent of a Woman. Mica di un discotecaro imbrillantinato che, oltre a non conoscere la dizione, non sa neanche parlare in italiano accettabile. E recita pure male la parte della vittima.

Detto ciò, Scarface è un capolavoro immane. Come diceva il giudice Sante Licheri di Forum, la seduta è tolta. Se Corona non ci sta, dategli altri tre mesi di lavori socialmente utili. Se Frusciante rimarrà invece della sua idea, ci sta.

Scarface, al di là della magnificenza kitsch, varrebbe anche solo per due frasi mitologiche:

Elvira è sempre in ritardo: passa metà della sua vita a vestirsi e l’altra metà a spogliarsi.

Se avessi preso la strada del prete, di sicuro sarei diventato papa!!!

Ma non c’è mai due senza tre.

Ed ecco la frase a 4 stellette: io dico sempre la verità, anche quando dico le bugie.

Su Scarface però sono sincero, si tratta di una bomba fenomenale quasi quanto quello che ho in mezzo alle gambe.

scarfacescarface 2 di Stefano Falotico

 

 

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Venezia 74, il disastro di Madre!, film osceno, siamo franchi, e io che vado a tagliarmi i capelli da Franco


05 Sep

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 Per la cronaca, pronuncio Javier con la X, è un mio vezzo!

Giornata da annoverare fra le più brutte della Storia dell’umanità, anche se l’umanità tribolerà ancora parecchio per raggiungere la bellezza, ideale a cui vorrebbe ambire Darren, che cascò invece rovinosamente in un film, mi dicono così perché io non l’ho visto, inclassificabile, vero kitsch pretenzioso che vorrebbe perfino emulare Kubrick elevandosi ad Arte con la A più che altro di Ammazza, che schifezza!

Presentato in Concorso, è stato sonoramente fischiato, vilipeso, oserei dire “impiccato”, e i critici nostrani, atterriti dalla comicità involontaria di questo parto indigesto, stanno già “vomitando” litri di sangue, scorati, scoraggiati, come la Lawrence nel poster “santino” che noi tutti vedemmo e, in tempi non sospetti, deprezzammo, aff(l)iggendolo già nelle boiate. Sì, una bufala incredibile, il classico film da starci lontano, “arty”, cioè quei film che vorrebbero essere artistici e invece sono soltanto un’esplosione di volgari banalità, inframmezzati da colpi di scena telecomandati, che squartano la visione, la spaccano in due così come Messi si fa spazio, dribblante, fra le difese anche più arcigne di chi prova a non incassare un altro goal, no, volevo dire flop. Un tonfo che però alcuni critici americani stanno appoggiando a spada tratta, Variety e The Hollywood Reporter lo incensano di lodi, e se ne fregano del “piglio” con cui invece la Critica di mezzo mondo, più che altro italica, lo sta stroncando così come un taglialegna “asfalta” la giungla amazzonica, fregandosene delle conseguenze. Sì, perché Darren, così maltrattato, potrebbe arrabbiarsi in modo parimenti “assassino” e irriguardoso all’ira dei critici che, sdegnati, disgustati, l’hanno già definito un film “mostruoso”. Eh, infatti siamo alla Mostra…

Ci va giù pesante il caro Anton Giulio Onofri nel suo sintetico, lapidario giudizio: VENEZIA 74. MOTHER (!), di Darren Aronofsky. Tremendo. Ma stavolta, devo ammetterlo, meno del solito. Dal fondo del concorso, tra questo, Foxtrot e The Shape of Water, scelgo senz’altro Mother (!), che nel suo svaccamento rétro verso il recupero di un immaginario da caos polanskiano trova, pur fallendo nel suo intento, una ragion d’essere molto più interessante della plastica e della presunzione degli altri due, ai quali il pubblico ha tributato applausi e ovazioni, accogliendo invece Mother con ingiustificate reazioni scomposte.

Cinematographe non risparmia battutine e insiste nel massacrarlo: l’insistito processo di accumulo di misteri e violenza psicologica del regista mina però alla radice la possibilità di un reale coinvolgimento emotivo dello spettatore, producendo una parte conclusiva dal grande impatto visivo, ma più volte vicina al grottesco e al ridicolo involontario, anche a causa di una Jennifer Lawrence sotto tono e di un Javier Bardem davvero irriconoscibile, costantemente ancorato a una maschera poco ispirata e vuotamente indecifrabile.

Mi sono limitato a due pareri esimi, non esimendomi io stesso dal prenderlo già per il culo, aspettando la “versione” di Mereghetti che nel suo Videocorriere, essendo grande detrattore dell’Aronosfky, spingerà nel “ficcarlo”…

Ora, so che non v’importa, e questo mio seguente aneddoto c’entra come i cavoli a merenda, ma oggi pomeriggio, alle tre spaccate, in punto e mia punta di piedi, sono andato a tagliarmi i capelli e a togliermi le doppie punte. Ecco, vuoi per il fatto che abbia la macchina, vuoi perché non prendo più l’autobus da quasi un decennio, forse anche due, ho dovuto, per raggiungere il locale del parrucchiere, “traversare” a passeggio un tratto di strada che ancor m’imbarazza, perché è un crocevia di sguardi maligni, sapete… gente di quartiere che, vedendomi acconciato in quel modo, e non sapendo che stavo recandomi al “reparto” acconciature, udii sparlar… di me. Entrai, come primo cliente, da Franco, barbiere con una pancia clamorosa e sulla settantina abbondante, parimenti proporzionale al suo menefreghismo debordante e oserei dire contagioso.

Mi tagliò di merda i capelli, e a casa me li pareggiai con le “forbici” del mio aplomb su sigaretta che rischiava di ustionare il bulbo appena asciugato(mi).

E Aronofsky è un bel baffon’!

 

di Stefano Falotico

The Wizard of Lies reviews


19 May

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