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Scrivere un libro, che sia anche una monografia su Carpenter, è un’impresa allucinante, la mia recensione di Quei bravi ragazzi docet


29 Aug

Ray Liotta Bracco

Sì, da quando oramai anni fa mi son imbarcato e avventurato nelle mie creazioni letterarie, ho fuso…

Scrivere un libro, secondo me, non è poi così tanto difficile. Qualsiasi persona dotata di una media istruzione ne sarebbe capace. È che i più sono pigri e assorbiti da altri interessi. Così, svogliati, trascurano la parte loro artistica. Chiunque di noi è un artista. O, perlomeno, se anche a ottant’anni estrai dal cilindro della tua anima una creazione, significa che sostanzialmente artista lo sei sempre stato. Ma probabilmente le esigenze della vita te l’avevano impedito, ti eri arenato nel più piatto adattamento, e ti eri castigato, rinunciando ai tuoi innati sogni. Sì, comunque sia, se anche a ottant’anni scrivi un libro o ti dai alla fotografia, significa che prima o poi questa passione, questa tua inclinazione doveva saltar fuori. Era stata semplicemente taciuta dalla tua falsa coscienza che l’aveva tristemente rinnegata per svariate ragioni. O per paure, per il timore di apparire ridicolo agli occhi degli altri, oppure perché non avevi ancora avuto la forza e il coraggio di rivelare il tuo talento. Bello, apprezzato, brutto che sia o fosse. O che venga affossato. È già un atto, secondo me, altamente stimabile fare Arte o cercare di farla. Un’esternazione dell’espressione della tua anima, che può perfino non piacere, disgustare, essere derisa o respinta, ma è nonostante tutto una volontà di potenza tutt’atro che trascurabile, sprigionata delle viscere del nostro personale sentire.

L’Arte, infatti, è sentire e tentare di esprimere il nostro io. Articolandolo a sua volta, appunto, in varie forme espressive. Che possono essere la Letteratura, il Cinema, la Musica, la pittura e la scultura. Addirittura un selfie, se ben ponderato e ottimamente pensato e congegnato, può essere Arte.

Ecco, da tempo ho trovato un fidatissimo correttore di bozze infallibile. Un uomo disumano. Che possiede una velocità di lettura impressionante e al quale non sfugge, come si suol dire, neppure una virgola.

Un mese fa, circa, gli ho consegnato la bozza del mio libro su Carpenter, che trovate già in Kindle ed eBook, e presto sarà in pregiato cartaceo, e lui ha dimostrato una sveltezza da lasciarmi ancora una volta basito.

Ecco, va ammesso, parte del merito di questa sua repentina efficienza, va anche al sottoscritto. Che gli ha dato in mano un testo di quasi 140 pagine con soltanto una ventina di refusi abbastanza microscopici e irrilevanti.

Carente soltanto di qualche termine che, per via della fretta cattiva consigliera, era stato scritto imprecisamente. Un testo avente solo qualche anacoluto cacofonico e qualche inesattezza presto correggibile.

Ma il mio correttore di bozze, ripeto, ha un occhio clinico che fa invidia a una lince. E posso assicurarvi, permettetemi in questo di vantarmi di tal sofisticato pregio importantissimo, che nessun mio libro, anche il più astruso e fantasiosamente bizzarro, ridondante, barocco e dalla prosa complicatissima, non presenta nessun refuso. Se me ne trovate qualcuno, vi faccio santi e mi recherò ogni fine settimana a pregare la Madonna Incoronata di Foggia. Ah ah.

Ciò per dire che quando si fanno le cose bisogna farle bene. E non peccare mai di superficialità ed essere sciatti. Un libro non dev’essere, dunque, tirato via. Ogni singola parola va scrupolosamente passata al setaccio, bisogna rileggere la frase più e più volte, ostinatamente, e non lasciarsi travolgere dalla voglia di pubblicarlo subito. Sì, ciò può spazientire e portare vicino alla follia ma, una volta che tutto sarà meticolosamente a posto, ne andrete fieri, gioirete e probabilmente acquisterete maggiore autostima.

Ora, poche ore fa è stata pubblicata, su un sito di Cinema per cui collaboro, la mia recensione di Quei bravi ragazzi. Che peraltro potete trovare anche su FilmTv.it.

Una recensione che era stata pianificata. No! Io ero stato assai accorto nello scriverla ma andava ancora editata. Per ripulirla da alcune imprecisioni. Invece, il mio caporedattore è andato in vacanza e ha deciso di chiuderla immediatamente. Bisognava aspettare. Andava riletta con più attenzione.

Perché, ahimè, non era certamente impeccabile.

A un certo punto, essendo io uno che usa spesso i superlativi, ho scritto malfattissimo. Ma non volevo dire quartiere malfattissimo, bensì molto malfamato. E inoltre, se proprio avessi voluto usare questo superlativo un po’ campato per aria, avrei dovuto scrivere malfamatissimo.

Anche se, invero, il quartiere ove crebbe Henry Hill non è che fosse fatto benissimo. Ah ah. Un quartiere un po’ alla buona, diciamo, va’. Malavitoso, degradato, con gente che strillava da mattina a sera.

Poi, ho scritto… rinverrà e tre parole dopo verrà. Eh no.

Oppure incastrato sempre nella stessa frase. Fa schifo al cazzo.

E un altro paio, forse di più, di cazzatelle.

 

Sì, sono un uomo raffinato. Anche se talvolta eccedo e mi lascio andare.

Ad esempio, l’altra sera, dopo una lunga conversazione con una donna, una conversazione molto delicata, sensibilissima e introspettiva, all’apoteosi del mio crescente fremito erotico devastante, le ho scritto:

Ok, è stata una chiacchierata magnifica. Adesso mi dici che devi andare a letto. Spero che nei prossimi giorni potrò venire… a letto con te, figona immensa.

 

Bannato.

 

In realtà non venni… bannato per questo motivo. Qualsiasi donna non ipocrita, se un uomo le dice che è una gran figa, sul momento può anche incazzarsi per l’apprezzamento un po’ rude e irruento, ma dentro di lei le fa molto piacere. Una donna vuole essere ammirata. Fidatevi, se una donna vi dice che se l’è presa perché lei hai detto che è una gran figa, è perché non è interessata a voi. Se invece le piacete, ridacchierà, inizialmente farà la sostenuta ma poi ve la darà. Ah ah.

Fui bannato perché, contemporaneamente, lo scrissi ad altre sue amiche più fighe di lei.

E lei se n’accorse.

Al che, come Lorraine Bracco di Goodfellas, m’ingiuriò pesantemente:

– Sei un depravato, un maiale, uno come te non lo voglio vedere neppure in cartolina.

– Ma scusa. Tu sei molto figa ma anche le tue amiche non scherzano. Io amo la sincerità.

 

E giù di altre offese immonde.

 

Sì, l’Arte mi fa impazzire, il Cinema anche te ma le donne mi piacciono ancora di più. Quasi tutte, senz’eccezione alcuna, come si suol dire.

Che poi praticamente finisca sempre in bianco e lo prenda in culo è un altro discorso. Un capitolo a parte.

 

Questa è la vita. Spesso non ha niente a che vedere con l’Arte, ch’è sublimazione poetica ed elevazione metafisica. Se le due cose si sposano, ne viene… un figlio? No, una figata.

È così. Adesso vado a mangiare un hamburger.

 

Amici, non spargete la voce in giro. State bazzicando la mafia, ultimamente.

Vedete di fottervi.

 

 

di Stefano Falotico

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