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Come Grosso e Del Piero nella semifinale Germania-Italia dei mondiali del 2006, il Joker Marino ribaltò tutti i pronostici


17 Dec

stallone fuga per la vittoria

Quando tutti pensavano che fossi distrutto, abbattuto, completamente macellato, ecco che il Pinturicchio, qui sottoscritto, inventò una magia impressionante.

Un colpo devastante simile anche al gancio di Muhammad Ali contro George Foreman.

Se mi ricordo la semifinale dei mondiali del 2006?

Certo. Perché in quel periodo successe questo, video mio docet.

Fu onestamente una bella scopata. Io e lei scommettemmo quanto segue.

Se l’Italia avesse vinto, gliel’avrei infilato sotto l’incrocio dei “peli”, se avessimo perso, quella notte avrei rincasato e nel culo l’avrei incassato.

Poi successe l’irreparabile. Ce la possiamo dire? Una tragedia.

Vili attentatori alla mia felicità, nascosti nel buio, mi perseguitarono con missive agghiaccianti.

Esplose la mia furia e fu tutto un manicomio.

Ma il Genius-Pop, sebbene scioccamente alla provocazioni infingarde e codarde cedette, non è deceduto.

Anzi, non è mai stato così in forma.

Libri, recensioni, il giubbotto di Drive, un’anima imprendibile come la parabola di Grosso, un futurista incarnatosi nella forza poetica di uno troppo veloce per stare dietro ancora ai nani e alle mezze calzette.

Nella notte di San Silvestro, sarò a Monaco di Baviera.

Mi ubriacherò? Può darsi.

Insomma, tutti i villain andassero a prenderselo in quel posto.

 

di Stefano Falotico

JOKER è un film socialmente pericoloso? No, è purtroppo socialmente giusto


01 Oct

Premiere+Warner+Bros+Pictures+Joker+Red+Carpet+cbFUbTDhofLl

Sì, le polemiche riguardo il fatto che Joker di Todd Phillips possa scatenare, presso i giovani “disadattati”, delle manie emulative, aumentano a dismisura a poche or(g)e dal debutto mondiale nelle sale cinematografiche del film giustamente Leone d’oro alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia.

Un film devastante, titanico, cattivissimo, un pugno allo stomaco scagliato con potenza smisurata, riversata addosso alle panze piene di tutte quelle persone fintamente altolocate che occupano posizioni di estremo potere al vertice della scala gerarchica. Appunto, più abbiente.

Dunque, suprematiste, impongono la loro visione del mondo insensibile, fredda, plastificata, disarmante, aberrante e sinceramente terrificante. Praticando psicologico terrorismo verso coloro che non se n’attennero, attengono e atterranno. Diffondendo scemenze precettive attraverso i mass media demagogicamente più capitalistici che, come in Essi vivono di Carpenter, fieramente e svergognatamente, insistentemente e a tamburo battente propugnano e ancora sbandiereranno ottusamente uno stile di vita umanamente inapplicabile e non confacente alla splendida varietà delle singole nostre alterità colorate e stupefacenti.

Poiché l’umanità non può omologarsi a questi rigidi, edonistici, consumistici dettami nazi-fascisti.

Perlomeno, le menti deboli e poco nietzschiane ne abdicheranno perfino piacevolmente, facendo sì che il condizionamento mentale loro indotto dai mezzi d’informazione talmente le distorca, eticamente e dunque immoralmente le svii e travi nelle loro pure integrità individuali da disinformarle, credendo di venirne istruite e istituzionalizzate. In verità, (de)strutturandole, uniformandole al classismo palestrato, cazzuto e forzuto oramai imperante d’un sistema avviatosi, in maniera irredimibile, alla spersonalizzazione individuale, irreggimentato irreversibilmente nel canale di pensiero del network dai dati Auditel col maggiore share.

Cosicché, mentre la cantante Cher, più rifatta della madre di Jonathan Pryce in Brazil, ostinatamente perseveri a cantare malgrado perda in diretta pezzi della sua faccia di culo, i ricchi nullafacenti continuano a guardare Vacanze di Natale, andando a sciare.

Ordinando ai disoccupati di non scialare poiché debbono lavorare!

Andassero a cagare!

Sì, in quest’Italietta, in tale stivalone di mezze calzette e di cazzoni, di partenopei calzoni e di sessiste canzoni, esiste un uomo cavernicolo dalla voce roca e cavernosa come quella di Arthur Fleck che non s’arrende e le ingiustizie non lascia stare. Infuocandosi (e)retto di cor(po) cavernoso!

Si auto-eleva in gloria come lo Yeti, l’uomo delle nevi, provocando i piccolo-borghesi soltanto col movimento fugacemente impercettibile delle sue sopracciglia giammai pittate eppur intonate a uno sguardo simpaticamente arrogante, stimolante… una valanga detonante come l’urlo di Tarzan in tale giungla di deficienti che parlano solo di cos(c)e piccanti. Quando, in verità, sono an(n)i che le loro anime sono andate a puttane.

Sono quelli che considerano Her di Spike Jonze un film sdolcinato, sono i commendatori-impiegati statali-stalloni comunali che, durante questa prima settimana di Ottobre, nonostante la loro moglie sia chiusa in clinica psichiatrica e il loro figlio minorenne sia internato in una comunità per disintossicarsi, considerano A Beautiful Boy un film penoso e patetico.

Cazzeggiando dal lunedì sino al venerdì in discorsi davvero elevati. Sì, dopo l’infinito, interminabile tormentone della farfallina non di Jessica Rabbit, bensì della coniglietta Belén Rodríguez e del suo porno semi-freddo con un nababbo più schifoso di James Deen (James Deen, uomo nano che brucia tutte le gioventù delle vergini cor-rotte, non James Dean, ex uomo-Gigante solo da Gioventù bruciata), adesso la questione, oserei dire di rilevanza omerica, più che altro da cavalli dei pantaloni di Troia, verte su Diletta Leotta e sul coro da stadio, in sen(s)o propriamente letterale, dei tifosi accalorati del San Paolo.

San Paolo fu illuminato sulla via di Damasco mentre in Italia ascoltano ancora quell’ipocrita del Blasco. Dopo che l’hanno ascoltato, anzi nei loro cuori auscultato, si sentono illuminati. Il mattino dopo, però, son sempre più impoveriti. Non nell’animo ma nel portafogli.

Infatti, poi cantano a squarciagola tutte le hit del malinconico per eccellenza, ovvero l’intramontabile Riccardo Fogli.

Diletta, tutto sommato, nonostante le battute un po’ troppo spinte e vi(ri)li sulle sue tette, fa spallucce mentre le casca la spallina e un altro uomo, dalla Curva Sud, commenta in maniera leggermente furbina le sue pericolose curve che vanno dagli appennini alle Ande fin all’ex arbitro Collina.

È una valle di lacrime mascherata dietro le più triviali, scontate battutine finto-brillanti.

Joaquin Phoenix vincerà l’Oscar? Anche il Golden Globe? Perché Diletta Leotta, con le sue bocce dorate, no?

Ah ah, che ridere.

Ieri ha fatto goal Inglese. Ma Inglese andrà a vedere il film L’irlandese? Ah ah, che scompisciarsene. Capirai…

Stefano Falotico invece è fallito, “fallotico”, di mestiere fa l’ottico anche se molti pensano che sia schizofrenico e non veda bene questo mondo?

No, infatti non lo vede di buon occhio, malocchio, prezzemolo e basta coi doppi sen(s)i sui finocchi, basta con gli oscurantismi sugli “antrocchi”, basta con Calimero e il brutto anatroccolo, con l’anatra all’Arancia meccanica.

Col Gelato al cioccolato di Pupo, con le barzellette del Pupone, basta col cocco bello, con prese pel cul’ a Cicciobello.

La vita non è un negozio di Giochi Preziosi.

La prossima volta, se fossi in voi, starei molto attento a infierire da fiere sul prossimo (s)conosciuto.

Siamo sinceramente stufi di questo mondo retorico, buonista e fake.

Tanto, se sei un intellettuale ascetico e semi-eremitico, ti diranno sarcasticamente che sei mitico, se stai tutto l’anno a Ibiza, ti urleranno invece di avere una vita più tranquilla e di leggere più libri perché sei una vivente, demente fece.

Siamo stufi degli psichiatri conformisti che, anziché dare slancio ai loro pazienti impazienti, li castigano, sedano, comprimono, ancor più deprimono, impasticcandoli poiché non s’adattano e piangono.

Siamo stufi un po’ di tutto.

Finalmente, Todd Phillips, senza se e senza ma, è arrivato al sodo.

E ha fatto il culo a tutti.

di Stefano Falotico

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Reaction: A HIDDEN LIFE di Terrence Malick – Official Trailer: siamo sicuri che Terence Hill di Don Camillo non sia meglio?


18 Aug

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Capitolo 1: analisi del trailer nel mix della mia anima umorale e cangevole, goliardica, ancestrale, pindarico-cazzeggiante, vulnerabile e amabile…

Questa sarà una lunga riflessione molto ponderosa e assai ponderata. Sì, basta cambiare qualche consonante e sistemare i vocali su Messenger per ottenere sfumature tonali che possano combaciare con la nostra anima gemella.

Partiamo dal titolo di questa nuova pellicola di Malick. Malick fu un combattente, un portavoce dell’Easy Riderlife style, un ribelle, un sognatore, un propulsivo cuore insanguinato nella sua anima profondamente arrabbiata, schierata a favore della gagliardia delle giovinezze immacolate e pure che, dopo aver danzato nel limbo magnifico della spensieratezza, forse utopistica, si schiantarono dinanzi alle atroci verità di un mondo ottuso, fascista, forse pure peggio… nazista.

Sì, A HIDDEN LIFE è la storia di un pastore (protestante?) disertore. Anzi, obiettore di coscienza. Come me. Nei giorni di leva, mi chiesero se volessi arruolarmi nell’esercito e mi posero un quiz con delle crocette da riempire.

Si tratta di questionari che vorrebbero molto superficialmente inquadrare, in poche tue risposte, la tua tendenza o no a essere e divenire un uomo violento e facinoroso. Per appurare addirittura se hai delle strane tendenze… Dunque, dei miserissimi, agghiaccianti, anzi raccapriccianti test attitudinali, figli appunto d’un vetusto, insopprimibile, retrivo e pericoloso codice fascista secondo cui l’uomo è tale soltanto se in sé cova un’indole guerrafondaia per ficcarlo in culo al prossimo suo e (s)fotterlo. Per misurare… se è disposto cioè a sacrificare lo splendore gioioso e giocondo, allegro e parsimonioso del sacro dono vitale infusoci imperscrutabilmente chissà da chi per rinunciare alla bellezza del creato, anche di sé stesso e della sua morale integrità naturale, nel suo mutare multiforme della sua creaturale essenza atta a maturarsi, a esperire gioie e dolori, al solo scopo minatorio d’inibire la sua sana e robusta costituzione fisica, deviandone i sinceri moti del cuore nell’indirizzarli forzatamente a un preposto, costituito ordine precostituito, attraverso il drastico strumento del ricatto emotivo più tosto. Piuttosto, di conseguenza anche anti-vitalistico a fartelo a strisce in maniera imposta.

Cioè, dettando la propria legge di vivere a conformità dell’uniforme socio-economica, costituzionale-istituzionale di ciò che il pensiero nazistico ha prescritto.

Altrimenti, chi si rifiuterà di aderire a quest’uniformità aggressivamente brutale e anti-democratica, non più vivrà e bruciato sarà. Tagliato fuori e messo perfino dentro. Incarcerato, stigmatizzato nel crematorio forno delle radicali scremature stronze.

Essere uomo, invece, non significa abdicare alle religioni che non appartengono ai nostri credo interiori.

Da cui Silence di Scorsese, chiarissima metafora di come l’uomo, dinanzi ai ricatti impostigli, appunto, coattamente dagli impostori con le proibizioni, i castighi, le terrificanti torture, non solo fisiche, giocoforza è stato sempre obbligato, pur di sopravvivere, a soccombere al pensiero comune, perlomeno a quello che va e andava per la maggiore-caporale, ah ah, nel luogo in cui abita, vive e vegeta(va).

Sennò, se si fosse ribellato, se avesse strenuamente opposto resistenza implacabilmente, non piegandosi a niente, per quanto lodevole sarebbe stata questa sua nobile, fiera, ferrea idea libertaria di vita assoluta, irrinunciabilmente legata connaturatamente al proprio senziente battito cardiaco umanamente sincero e spontaneamente battente, dunque meravigliosamente, intattamente legato al suo vedere la vita coi suoi occhi fervidi e con le sue vivaci emozioni scalpitanti, secondo il suo percepirla, filtrarla, viverla e, perché no, anche respingerla, intristendosi poiché semmai non la sentiva e respirava affine nell’abito e all’habitat psicofisico in lui albergante, ecco, se avesse combattuto energicamente per mantenere salda e incorrotta la sua anima squillante e appassionatamente tonitruante, sarebbe stato lentamente distrutto fisicamente e anche interiormente, progressivamente lacerato ininterrottamente. Prima interrotto, poi sfibrato e corrotto, avrebbe prima o poi abiurato squallidamente a questa visione del mondo così brutta. Arrendendosi, vinto e da troppe violenze nell’animo e nel coraggio, seppur intraprendente, mortificato e trafitto, inchinandosi di fronte all’ideologia predominante che, in quel preciso momento storico, etico, perfino etnico, stava arbitrariamente monopolizzando le coscienze di massa a indottrinamento capzioso e squadrista.

No, non è previsto nessun tentennamento, non è permesso fare dietrofront se ti vogliono al fronte e invece tu, fronteggiando questa richiesta assurda col tuo pacifismo fuori moda, sfrontatamente avessi addotto che alla guerra non saresti mai stato pronto. Poiché tu la aborri!

Un tempo, i ribelli più immarcescibili divennero loro stessi dei criminali, affiliandosi al brigantaggio, al banditismo, addirittura al terrorismo pur di lottare per dei valori che la società di quel periodo stava sopprimendo col massiccio uso della violenza a dosi pesantissime, utilizzando dapprima l’arma ricattatoria dell’omertà e del silenzio, dunque attuando “trattamenti sanitari obbligatori” sulla pelle dei più inarrendevoli, frenando ogni lor istinto ribelle, arrestandoli semplicemente bellamente con la filosofia, appunto, nazistica più punitiva. Diciamo così, eufemisticamente, più comoda…

Ah ah.

Ora, non so come sarà questo A HIDDEN LIFE.

Da tempo, ho un cattivo rapporto col signor Malick. Penso che sia diventato un troll, cazzeggia a tutto spiano di grandangoli e inquadrature paesaggistiche che realizzerei meglio io con un Android, sì, sono un androide io stesso come Rutger Hauer di Blade Runner, un cellulare umanizzatosi per 500 Euro, superdotato di una fotocamera digitale più figa di questa qui.

Ora, ve la mostro.

Vanessa

Che gran donna. Mi sono innamorato di lei all’istante. Che gnocca della madonna. Che classe raffinata davvero inarrivabile. Che sguardo finemente intagliato a basamento della vertiginosa sua armonica, eccitante, svenevole minigonna provocante. Che caviglie intarsiate nella morbidezza elevata di gambe sue dolcemente calde. Probabilmente inarrivabili, inattingibili per quanto io la brami in modo inestinguibile. E ne sogni il suo inguine per invitarla a mangiare, allo scoglio, le linguine.

Al che, segretamente, cominciai a corteggiarla. Scrivendole poesie leopardiane, inviandole commenti talmente romantici che avrebbero sciolto anche una donna eschimese dell’Alaska.

Del tipo, ah, che topa: al solo tuo apparirmi in foto, capisco che molti adulti della vita non capirono un cazzo. Dissero ai figli di diventare dei poeti e dei cantori della venustà universale, obbligandoli però ad amare il Cinema catto-borghese, invero solo coatto, di Gabriele Muccino ma, al contempo, ammonendoli dall’essere come suo fratello minore, Silvio, da costoro reputato uno scemino e un mezzo ratto.

Dei falsi, insomma.

Gente che predica bene e razzola male, colpevolizza i figli migliori e più fighi solamente perché sono invidiosi delle loro assolute libertà cavalleresche. Urlando loro che sono figli di un dio minore, cioè trattandoli da minorati. Si capisce, loro sono a capo delle gerarchie e qui si va avanti di nepotismi, bullismi e nonnismi, puttane e nonnetti.

Oh, Vanessa, sii la mia leonessa, ci sbraneremo di baci come in To the Wonderrotolando nelle lenzuola al ritmo dei Negrita. Io sarò per te un negro e il tuo schiavo, tu sarai la mia aurora, sì, sei mora, offro a te la mia faccia da salame a ogni ora. Poi, al mattino, ancora che sarai cremosa e fragrante, ti porterò a letto nuovamente la mia brioche ripiena di marmellata e tu, a pranzo, non mangiare/erai solo insalata. Poiché ti amo così come sei, soda e tosta. Diciamocela, ammazza quanto sei bona.

No, non sono comunista ma non sono neppure un santo. Tanto sano neanche.

A voi pare normale uno come me? Sono uguale a Terence Hill di Don Camillo.

Sì, quando sarò morto, i posteri scriveranno del sottoscritto: Lo chiamavano Trinità.

Di me, non ci avete capito niente, vero?

Se volete ve lo rifaccio…

Tanto, qui in Italia, siete talmente lenti che il mio Salmo non servirà a mettervi a posto…

Post Scriptum:

io vi faccio divertire, ho i miei valori ma non sono un moralista.

Non sono un nazista.

Sono una faccia da culo.

Volete mettermi in croce?

Bene.

 

Capitolo 2: dalle reminiscenze della mia vita da peccatore, umano come tutti, dal patibolo delle sofferenze disumane, riamai la vita in modo inaudito… ieri poiché oggi lei ama un altro

Ebbene, so di avere molti detrattori semplicemente perché sono un uomo contemplativo come Richard Farnsworth di Una storia vera. Lui era parecchio anziano e si suicidò, non resistendo agli esiziali, super afflittivi dolori della sua fisica malattia impietosa.

Consegnando però alla memoria un personaggio straordinario, Alvin Straight.

Un uomo che, senza sprezzo del pericolo, alla sua veneranda, egregia età coi capelli già tutti bianchi, non ancora ingrigito nell’animo suo portentoso, fregandosene appunto d’ogni detrattore, viaggiò per mezza America con uno scassato trattore.

In nessuna trattoria si fermò, bensì molte serate in compagnia passò, recitando le sue pillole di saggezza ai più giovani per avviarli alla retta via. Spingendoli cioè all’azione.

Poiché l’esistenza di noi tutti è appesa a un filo, Vasco Rossi cantava… è tutto un equilibrio sopra la follia. Infatti, lungo la sua traiettoria, Alvin incrociò, non so se dopo una rotonda o un incrocio, una donna che perse la brocca, delirando soltanto perché investì un cervo.

Sì, forse questa donna era un’educatrice di comunità, una donna pia e pedagogica come la Montessori. E trascorreva le sue giornate con tutti quegl’innocenti bambini, i suoi tesori.

Ecco, dopo aver ammazzato un cervo, con che faccia poteva presentarsi al loro cospetto?

Un bambino, che ne so, le avesse chiesto di recitare alla classe la favola di Bambi e lei, risentitasene, avrebbe portato invece l’intera scolaresca a vedere il film Il cacciatore. Facendo crescere troppo in fretta queste povere creature ancora in fiore.

Ammonendo i pargoletti dai pericoli della guerra, mettendoli appunto in guardia, dicendo loro di camminare a petto in fuori, istruendoli cioè precocemente a quello che Marlon Brando, in Apocalypse Now, definisce l’orrore…

Sì, la vita è fatta solamente per i più forti. E v’è solo per i deboli la patetica costernazione.

Guarda invece come va il pensiero sull’ali dorate, evviva i(l) Pascoli! A Nabucco, miei crucchi e ciuchi, ho sempre comunque preferito Lorella Cuccarini al fine, non certamente finissimo, d’assaggiare con lei un piatto di patate nella Scavolini, la cucina più amata dalle italiane, cioè la mia.

Servo pietanze fredde agli uomini di panza e a ogni ammiraglio ignorante gli ricordo che raglia.

Sì, con me la sua donna invece vuole la quaglia e se ne sbatte delle sue stelle di latta. Mi fa bere anche il latte.

Ah sì, dalle stelle alle stalle, dall’aver avuto le mie prime esperienze masturbatorie con Ilona Staller a essere il Sylvester Stallone italiano, basta l’attimo devastante d’un altro pugno rifilato allo stomaco a quel bambagione che continua a chiamarmi fallito e coglione. Sembra Tommy Morrison di Rocky V.

Pace all’anima sua e di quell’altro ebete. Non aveva rispetto di nessuno. Pigliava a sberle chiunque. Anche chi non c’entrava niente con le sue puerili rivalità da bimbo che ancora giocava nel cortile.

Sì, offendeva le persone più anziane di lui, camminava tutto tronfio, credendosi Antonio Banderas quando in verità vi dico che era più brutto della canzone Brutta di Alessandro Canino. Suo cavallo di battaglia dell’infanzia, visto che lo prendevano tutti per quello che effettivamente era, vale a dire un ritardato esteticamente assai schifosino.

Sì, da quando la prima sciocchina gli disse che era carino, cominciò a tirarsela di brutto. Durante l’adolescenza, portò i capelli lunghi e, per via del suo strabismo di Venere, ci fu un tempo in cui persino s’identificò con Bono degli U2.

D’altronde, dalla prima volta in cui si sverginò in poi, cominciò a fare lo stronzo con tutti.

Sì, pensò che tutti gli altri fossero tonti, lenti e deficienti. E si pose loro alla stessa maniera di quelli che, ne I Simpson, facevano gli scherzetti telefonici a Boe Szyslak.

Se poi, foste state fra quelli che compirono scelte diverse dalla rigida, classica e classistica visione del mondo impartitagli da sua madre, v’avrebbe dato dello schizofrenico.

Ah, quella donna sua genitrice, povera donna, mi spiace, perennemente infelice.

Leccò il culo ai preti per farsi assumere di ruolo. Poi, anziché trascorrere un bel pomeriggio allegro con gli amici, con gli stessi si vantò di avere un figlio superiore. Sì, piuttosto che lodare i monumenti figli della cultura greco-romana da lei insegnata a scuola, chiamò a sé, guarda un po’, suo figlio, affinché davanti a tutti leggesse le iscrizioni latine affisse sui medesimi, a dimostrazione che era la Persefone d’un Dioniso di cotanta risma.

E non dico altro… potrei dire che è una strega e, come Persefone, la regina della morte?

No, non lo dico, l’ho già detto. Ah ah.

Vincono sempre i potenti che irreggimentano le coscienze, annichilendo ogni agguerrita Resistenza, opacizzando le anime più pure e splendenti, annerendo ogni loro sentita poesia del cuore, insomma, distruggendo ogni speranza con le loro lotte (ig)nobili e le loro rivalse stupide di puzza sotto il naso, detta altresì fetore.

Ho visto molti film sulla guerra. La natura bellicosa non si addice, però, alla mia anima bella di tutto cor.

No, non sono nessuno, non mi professo genio, malgrado molti che mi conoscono davvero sostengano che lo sia realmente.

Per me, essere investito d’una carica così importante e onerosa è quasi un oltraggio al mio pudore. No, vi prego in ginocchio, vi supplico, non ho alcuna intenzione di caricarmi di questa responsabilità così vanagloriosa.

È capace che domani realizzerò un film metafisico senza dialoghi e, la sera stessa, mi vedrete in compagnia di una che non è propriamente una dottoressa, forse è solo Vanessa.

Mi fareste un culo spesso. Soltanto per colpa di questo mio peccatuccio ven(i)ale e per un po’ di sano sesso.

Poiché, una volta che sarò dagli altri visto come un genio, farò la fine di Alessandro Magno. Il quale, come sapete, constatando che non aveva più regni da conquistare, inconsolabilmente pianse.

E si dedicò solo alla cura delle piante.

No, non la pianto. Giammai m’arrenderò alla falsità dette alla mia persona. Accusata da tempo immemorabile di vigliaccheria e mancanza di palle.

Orsù, miei orsi, state attenti al genere di leader che state creando con le vostre folli istituzioni, come ben arguì Al Pacino in Scent of a Woman, argomentando con una forza sovrumana ogni tragico errore, dunque orrore, dovuto alla fretta, alla subdola intimidazione, dettato dalla più manichea, fascistica presunzione.

Non è coi colpi bassi, le bocciature e le espulsioni che alleverete alla sanità mentale le future generazioni. Alleviandole dietro la retorica del corretto politicamente più bieco e mentitore.

Voi non siete dei mentori!

Non è con le semi-castrazioni, le demoralizzazioni e le stolte punizioni che fermerete la rabbia giovane.

Castigandola nel comune porcile volgare di voi, uomini oramai stanchi ché, non credendo più a nulla, vi siete dati solo al sesso più ruffiano e all’alcol come quell’altro panzone che, per anni, si spacciò per giornalista, in quanto questa fu questa la sua giovanile ambizione ma non ebbe mai il coraggio di dire nemmeno ai figli che, in verità, svolse semplicemente l’onesto lavoretto di portalettere.

Pigliava tutti a balli e canti.

No, non più m’incantate. Potete urlarmi di essere un cane e solo come un lupo, state mentendo e voi lo sapete.

Avrei tante da raccontarvene. Di gendarmi come nella fiaba di Pinocchio che mi trascinarono nei nuovi nazistici lager, ovvero degli abominevoli centri psichiatrici, solo perché ebbi la temeraria, coscienziosa virtù di ribellarmi a degli abusi scriteriati e a delle oscene provocazioni immeritate, soltanto perché gridai il mio urlo munchiano dinanzi alla condizione vostra umana così avvilente e deprimente.

Ove impazza l’indifferenza e, se ti arrabbi e t’infervori, ti danno altre botte, ti etichettano come “pericoloso” paziente, additandoti da malato di mente e, una volta che sarà finita la tragedia, cristo signore, insabbieranno ogni mostruosità nell’ardere la verità per difendere l’onore della patria e la loro intoccabile rispettabilità puttana.

Sì, non voglio far ammenda delle mie distrazioni, dei miei ingenui sensi, più che addormentai, precipitati nel limbo d’un adolescenziale, inesperto dormiveglia.

Sì, ci fu un tempo in cui, senza vergogna alcuna, ve lo confesso, sì, m’ammalai di depressione.

La depressione, in Italia, viene malvista. Se soffri di cancro, tutti ti compatiscono e ti stanno accanto sin alla fine, se sei depresso, ti dicono solamente che non vali un cazzo e ti vogliono far credere che sei finito.

Evitai il contatto anche fisico, preservandomi candidamente da ogni esperienza per il timore tremendo di provare troppi sentimenti.

Come un figlio partorito dai film di Bergman o da quelli ancora più religiosamente deliranti come in una pellicola di Carl Theodor Dreyer.

Scivolai nelle voragini della sensibile incoscienza, giocando con gli arcobaleni della mia anima nottambula.

Mi dissero che la psicologica scienza avrebbe potuto aiutarmi a uscire da quella che tali malfattori credettero che fosse addirittura demenza.

Poi, come il capitano Benjamin L. Willard/Martin Sheen del capolavoro coppoliano succitato, sì, mi arrivò la lettera di San Paolo, no, di Stato. Per cui avrei dovuto svolgere servizievolmente il civile servizio e i normali, comuni apprendistati.

Fui ubicato, come già vi scrissi, in Cineteca. Lì vissi inizialmente momenti molto tristi. Dopo tanto vuoto, entrai infatti nuovamente a contatto, appunto, duramente con gente viva ma soprattutto assai più di me adulta, quindi anche parecchio cinica e stronza.

Eravamo quattro obiettori coetanei, su per giù.

Ci fu una sera, inoltre, nella quale c’affidarono la mansione di guardiani, a Piazza Maggiore, durante la manifestazione estiva del Cinema Ritrovato. Che, allora, era alla prima sua edizione restaurata.

Scusatemi se, a distanza di così tanti anni da allora, non ricordo il titolo di quel magnifico film in b/n che quella sera proiettarono.

Era la storia di un’umile donna i cui figli da lei partoriti, dannazione, per la guerra partirono. Non se ne salvò nessuno. In un modo o nell’altro tutti morirono. Forse uno, soltanto uno sopravvisse. Aiutatemi. Ne conoscete il titolo? So solo che quella donna non ebbe più un solo minuto di consolazione.

La mia memoria, in tal caso, non ricorda il nome di tale commovente, realistica pellicola storica. È un film, come dettovi, comunque del passato.

Sì, fu dopo il servizio civile che mi ripresi del tutto. Per anni, fui costipato in una zona ermetica fatta di rituali e puntigliose ossessioni, specie di natura igienica e ritualistica.

Ma accadde davvero qualcosa di veramente allucinante, distorsivo e, oserei dire, persecutorio.

Non v’ho mai mentito. Né ravviso ragione alcuna per cui dovrei mentirvi proprio ora.

Avete mai visto il film Verso il sole? Sì, torniamo di nuovo al mitico Michael Cimino.

Jon Seda/Brandon Monroe, in questo film, è convinto che esista un’oasi battesimale fra i monti del Colorado che possa miracolarlo dalla sua malattia incurabile.

Prende così in ostaggio un medico, Woody Harrelson, assolutamente incredulo, ovviamente, eh sì, gli uomini di scienza con tanto di testa sono sempre scettici, e lo conduce verso la sua meta radiosa e rinascente.

Nel 2003, già ve lo dissi, durante la prima romana di Gangs of New York, qualcosa di psichiatricamente impossibile da spiegare, dev’essermi successo. Non pretendo che possiate prestarmi fede. Apparirei davvero pazzo se volessi persuadervi che questa sorta di “miracolo” accadutomi, cazzo, avvenne purtroppo, sì, purtroppo, davvero.

Non dico per fortuna. No, ribadisco purtroppo. Invero, a essere sinceri, si trattò di un mezzo miracolo. I miracoli infatti non esistono. Esistono però tutta una serie di dinamiche che, così come gli eventi fortuitamente negativi provocano l’alienazione e l’estraniamento, eh già, allo stesso modo, come appena scrittovi, molti processi di ricognizione mnemonica e rimozione, quella che viene definita elaborazione del lutto e poi catartica sublimazione, erano in me già involontariamente scattati, generando eventi estremamente positivi.

Sì, la fatalità, da me stesso imprevista di quella visita a Roma, scatenò nella mia anima dei ricordi profondissimi.

Sì, fu allora che cominciai, proprio a Roma, ad avvertire i miei primi sintomi…

Credo che da allora non m’innamorai più, se non virtualmente o in maniera fantasticante, di qualcuno e qualcuna.

Quindi, dopo il miracolo accaddero cose ai confini della realtà. Ah ah.

Vi dico solamente questo.

Sono forse l’unica persona al mondo ad essere stata dimessa, per ben due volte consecutive, da un c.s.m.

Allora, le possibilità sono due: o sono Sharon Stone di Basic Instinct, cioè un uomo/donna dalla psiche maliziosa talmente geniale e fredda che coglionò, in modo furbissimo, ogni macchina della verità, ma non vedo perché sarei dovuto esserlo, visto che non ho il conto in banca né di Sharon che del suo personaggio, ovvero Catherine Tramell, oppure sono molto simile a Billy Crudup di Sleepers.

Avete letto quello che ho appena scritto con molta attenzione?

Che cosa fa Billy Crudup al suo torturatore Kevin Bacon?

Esatto.

Io non ammazzai nessuno però, dopo il gravissimo danno ricevuto ingiustamente, minacciai telematicamente qualcuno…

Sì, sono davvero diventato un prete assai ambiguo.

Come Don Camillo di Terence Hill, come De Niro di Sleepers, appunto.

D’ora in poi, se qualche adulto panzone e bastardo attenterà alle vostre verginità, dunque vi provocherà un po’ più del dovuto, mi presenterò a lui come Bob:

– La prossima volta ti batti con me. Io non sono della tua categoria ma peso un po’ di più di quaranta chili…

 

Visto? È sempre Bob De Niro il mio attore preferito.

E degli ultimi miei quindici anni di vita, eh sì, credo che questa gente assai auto-ingannevole sappia poco, pochissimo.

La vostra prossima bugia a mio danno quale sarà?

Oh, mi raccomando, non c’è fretta. Anche se ammetto che ne avete inventate così tante che, se fossi in voi, avrei un’oggettiva difficoltà a spararne un’altra dello stesso livello.

Mi sa che adesso avete poche frecce al vostro arco.

Mi diceste che vissi di riflesso. Be’, che c’è di male a essere Plutarco? Sempre meglio che passare per Pluto.

Mi rattrista avervi deluso, sì, l’avete pigliato in culo.

Foste e siete dei criminali nazi-fascisti, cioè delle merde.

E per canalizzare la diarrea di tanto vostro crimine non basterà un imbuto.

Questa è la verità.

Non è auto-inganno, poveri idioti.

So che fa molto male.

Ma questo è quanto.

Avete altro d’aggiungere?

No, meglio di no.

Sporchereste pure questo mio testo.

Sì, voi siete testardi.

Ma non avete più incisivi dardi da scagliarmi e, contro un fuoriclasse come me e il grande Boninsegna di Don Camillo, poveri diavoli, vi restano solo la falce e il martello.

Un altro sgambetto?

Good night and good luck.

 

di Stefano Falotico

JOKER sarà presentato al Festival di Toronto, a Venezia, no? Immaginiamo il confronto fra De Niro/Franklin e Arthur Fleck/Phoenix, la causa della pazzia!


23 Jul

joker

Sì, Joker di Todd Phillips è stato confermato tra i film selezionati del prossimo Toronto Fest. Avremo una pioggia di stelle, come si suol dire, una parata di star.

Tale Festival, ultimamente gemellato a quello ben più internazionale e altolocato di Venezia, sta però acquisendo sempre più maggiore rinomanza. Addirittura, soprattutto nell’ultima decade, molti attori di Hollywood lo preferiscono, appunto, alla più prestigiosa, storicamente parlando, kermesse veneziana.

Soventemente, molti dei film presentati a Toronto sono pressoché gli stessi di quelli visti in anteprima mondiale, qualche giorno prima, alla Mostra d’Arte Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido. La quale, nonostante tutto, si riserba le world premiere, ovvero le esclusive.

Però, gli attori che ne sono protagonisti, eh già, anziché involarsi per Venezia, piuttosto che scomodarsi nel prendere l’aereo, soggiornare all’Hotel Excelsior o al Baglioni, amano di più starsene in terra natia, patria statunitense o casa, appunto, in Canada che sia… La casetta in Canadà!

Fottendosene della prima.

Joker è uno che, sinceramente, se ne fotte pure delle seconde possibilità. Anzi, fa di tutto per continuare a rimanere confinato nella sua zona folle da emarginato non plus ultra. Unico spazio nel quale si sente libero e felice, lontano da ogni porcile e condizionamento. Sopravvaluta però sé stesso, inconsapevole dei suoi evidenti limiti caratteriali, sovrastima per così dire il suo inesistente, forse soltanto inestimabile talento alla stessa maniera di De Niro di Re per una notte.

O forse, invece, la sua abissale solitudine annale, oserei dire ancestrale e spettrale, l’ha davvero reso un personaggio dalla bravura tragicomica impressionante. In verità, la massima personificata di Joyce: un uomo di genio non commette errori, i suoi sbagli sono l’anticamera della scoperta.

Soltanto che la realtà sociale, soprattutto quella dello spettacolo destinato a un pubblico di spettatori impassibili e ammaestrati, telecomandati e appartenenti alla falsa, alta borghesia, diciamo, schifosamente amabile, forse animale, un uomo come il Joker non può applaudire.

Poiché, se così facesse, cioè se s’inchinasse dinanzi alla sfavillante verve brillante di un uomo considerato di mente malato, adesso miracolosamente, sfolgorantemente rinascente, rinnegherebbe ogni principio e valore della sua casta privilegiata ed emozionalmente deficiente. Ché, sin dalla notte dei tempi, fin dai temp(l)i dei faraoni egizi, ha strutturato il mondo in una gerarchia piramidale assai tribale e vomitevole. Ove non è permesso scalare, genialmente, tale totem, sconfiggere questo moloch e arrivare al vertice se, fino a quel momento, non ci si è attenuti a un percorso corretto, politicamente.

Joker è la simbolizzazione, terribilmente mostruosa, d’ogni ipocrisia dell’uomo fintamente principesco, forsanche regale, che non accetterà mai e poi mai che una persona forse affetta da assistenzialismo possa essere a essa pedagogicamente educatrice del significato della più cordiale, solidale, umana esistenza.

Al che, gli psichiatri pagati a peso d’oro schiferanno la morale onestà del Joker perché lui, semplicemente, incarna la nemesi, da lui vivificata nella genuina purezza e nella schiettezza più nobilmente lodevole, del loro pensiero coercitivamente proteso al conformismo più materialistico e becero. Sì, lo psichiatra medio è un conformista. Non è invero molto preoccupato della salute psichica del suo paziente. A lui interessa soltanto che i suoi pazienti non diano di matto, cioè che non siano di danno, per colpa delle loro innominabili patologie, eh sì, vige il segreto professionale, dei loro disagi indomiti, per sé stessi o per gli altri. Dunque, se il loro grado di sofferenza psicologica supera un certo livello di criticità, rincarano le dosi…, fregandosene altamente. Che poi un paziente pesi trecento chili e sia totalmente (ar)reso a uno stato simile al coma vegetativo, non è che gliene freghi molto. Anzi, un cazzo. Gli psichiatri sono tutori dell’ordine prefabbricato delle cose, dei preservatori della dinastiche case delle libertà, appunto, più farisee.

Intervengono spesso coattamente a livello prima farmacologico e poi intensamente subliminale. Facendo credere al loro paziente di essere malato, in una parola semplice, ingannandolo con l’ipnosi o attraverso la forza intellettiva a mo’ di Scanner Michael Ironside. Ovvero, circuendo cattivamente e plagiando capziosamente i canali del pensiero del paziente in questione affinché il paziente stesso si convinca di essere affetto da qualche mentale distorsione patologica sempre latente. Da cui il termine strizzacervelli e anche qualcos’altro. Si prodigano di parcelle da porcelli al solo scopo che i loro pazienti vengano inebetiti da psicofarmaci contenitivi che in verità li castigano nel forno crematorio delle loro fornaci disperatamente impotenti. Ora, mettiamo invece che un tipo alla Joaquin Phoenix, anziché andare in cura da uno di questi imbonitori, venga affidato alle terapie rivoluzionarie del cosiddetto ciarlatano, simile a Dario Fo, di The Master. Sì, un tipo innovativo come Philip Seymour Hoffman.

Che cosa potrebbe accadere?

Ecco la situazione…

Fleck si presenta al talk show condotto da Franklin/De Niro:

– Buonasera, signor Fleck. Si accomodi.

– Grazie. Prego, anche se io sono ateo.

– Bene, io sono invece un arrivista-aziendalista-nazista.

– Va bene, allora io perseverò nell’esserle antifascista. Orgogliosamente fancazzista.

– Be’, onestamente, caro Fleck, lei assomiglia più che altro a Fantozzi.

– Sì, sono in effetti fan di Umberto Tozzi. Sa, prima di entrare in studio, ho ascoltato in cuffia Gloria. Io qui non cerco la fama.

– Ah sì? Allora perché s’è presentato in trasmissione? Coi soldi che le abbiamo dato per la sua ospitata, per un anno non morirà di fame. Guardi, Fleck, mi dia retta. Non chieda, finita la nostra paga, il reddito di dignità. Vada piuttosto a Roma Nord. Se la godrà pure. Continuerà a prenderlo in quel posto ma almeno non passerà per invalido. Anzi, faranno la fila e le belle fighe gli altri, messi a novanta più di lei, per usufruire carnalmente del suo reddito di cittadinanza.

 

Ahahahahaha, il pubblico ride di grana grossa.

– Vero, ha ragione. La valletta, qui al nostro fianco, ha fatto la stessa cosa con lei.

– Che vorrebbe dire, signor Fleck?

– Cioè che le ha dato quello che lei sa per avere nella vita, diciamo, più culo.

 

A questo punto compare la scritta: ci scusiamo per il disagio coi telespettatori, la trasmissione riprenderà il prima possibile.

E il sottotitolo: è una tragedia! Si prega di mantenere la calma, intanto fate zapping. Pensavamo di aver invitato un coglione e invece s’è rivelato l’incarnazione di Pier Paolo Pasolini. Perdonateci.

In futuro, c’informeremo meglio sugli ospiti, evitando figure di merda di queste proporzioni.

 

Sì, Joker sarà presentato a Toronto, miei tonti.

The Show Must Go On!

 

Credo che Joker invidi molto Jim Morrison, James Dean, Kurt Cobain, insomma gente che è morta giovanissima nel momento massimo del loro zenit percettivo della realtà. Uno dei tre succitati comunque suicida.

Che fortunati. Sì, l’età migliore, quella del massimo grado cognitivo del mondo è dai 25 anni fino ai 35, se va fatta bene.

Poi è soltanto una bugiarda accettazione della condizione umana. Una gara a chi resiste di più per non soccombere e sprofondare nell’abisso, nella perdizione irrimediabile di questo mondo angoscioso per cui filosofi, pensatori, poeti ed esseri spirituali ed elevati si sono scervellati per trovare una soluzione all’apoteosi dell’entropico disastro collettivo.

Nessuno di questi ha avuto una vita felice. C’è chi s’è ammalato di nevrosi, chi è impazzito del tutto, chi è andato a vivere sull’Everest, chi ha deciso di farla finita come Mishima, chi ha tentato, vanamente, con tutta la forza psicologica possibile, di contrastare l’orrore di cui parlava a ragion veduta Marlon Brando/Kurtz.

Sono tutti finiti male, purtroppo. Hanno voluto sfidare Dio. Pensiamo a Frankenstein.

C’è un’altra variabile che spesso molti di essi hanno universalmente trascurato.

Dio è figlio delle fantasie dell’uomo. Immaginate che roba possa essere lottare per un mondo ove il padreterno è stato partorito da chi può avere stupidamente creduto che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza del creatore da lui stesso concepito.

Sono amico dei pazzi. Perché il novanta per cento di essi è incosciente di esserlo.

Dunque i pazzi hanno tutta la mia stima possibile e immaginabile.

Sono invece nemico delle certezze, delle frasi fatte, della retorica, del buonismo consolatorio e ricattatorio, del proibizionismo, dell’astensionismo dalla verità rinnegata a favore delle facili spiegazioni sbrigative, sono nemico delle speculazioni analitiche sul prossimo, del quale nessuno di noi, estraneo perciò al suo cuore e alla sua mente, potrà mai conoscere il suo vissuto e il suo vivido sentire, di conseguenza non potrà mai capirlo, semmai solo supporre, fantasticare, allestire un delirio peggiore dei deliri di chi ha preso la sua incontrovertibile, irreversibile scelta estrema.

Alla prossima.

Sperando che non sia già altrove, in un qualche aldilà, in un’altra identità, in un’altra galassia remota, distante anni luce da ogni cosmetico imbellettamento, da ogni (s)truccato balletto.

Da ogni imbecille, turlupinante trucchetto.

Da ogni adulto che si comporta da bimbetto e da ogni bimbetto che si atteggia ad adulto per fare lo stronzetto.

Vado a dormire, ascoltando il grande Daniele Silvestri.

 

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di Stefano Falotico

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Benvenuti a Marwen, che film!


08 May

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Perché questa generazione aspetta in maniera febbricitante il Joker con Joaquin Phoenix?


19 Apr

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La risposta è facilissima.

Ora, sappiamo invero ancora poco, nei dettagli, della trama. Il Joker con Phoenix, diretto da Todd Phillips, è esplicitamente ispirato alla graphic novel The Killing Joke.

Molto vagamente però. In questa storia fumettistica, si narra che il Joker, prima di diventare tale, cioè il Principe del Crimine, era uno standup comedian di bassa categoria, costretto a esibirsi in bettole e locali di quart’ordine.

Ora, lo sceneggiatore Scott Silver è troppo in gamba perché possiamo pensare che abbia copiato alla lettera il fumetto.

Infatti, già dal trailer e, peraltro, come già anticipato da precedenti rivelazioni, siam venuti a sapere che il Joker si chiama Arthur Fleck e vive con la madre. Che lui cura da un brutto male. Almeno questo è ciò che abbiamo inteso.

Non abbiamo però compreso se la madre sia malata di tumore, di depressione grave oppure d’invalidanti turbe psichiche.

La madre è interpretata da Frances Conroy. Attrice notevole dai lineamenti inquietanti.

Già maniaca religiosa in Stone con De Niro.

Ed ecco che Silver inserisce proprio Travis Bickle di Taxi Driver, Rupert Pupkin di Re per una notte. Per omaggiare De Niro stesso e il suo anfitrione Martin Scorsese. Scorsese, che inizialmente veniva accreditato come producer di questo Joker, invece adesso è scomparso dai credits e non sappiamo se verrà annoverato come finanziatore della pellicola. Staremo a vedere.

Todd Phillips… uhm, è un autore? Troppi pochi film per poterne essere sicuri. Sicuramente è un regista abile e comunque di talento. Uno che in questo progetto vi crede molto. Fermamente.

Poi, abbiamo Murray Franklin/De Niro nei panni di un Mike Bongiorno misto al David Letterman più bastardo.

Per inciso, The Comedian di Taylor Hackford, appunto, con Bob De Niro perché nessuno lo distribuisce in Italia?

Guardate che, a dispetto della media recensoria assai bassina della Critica statunitense, è un signor film. Una commedia dolceamara in stile Woody Allen. Anche se meno acuta.

Voi mi chiederete… Dove l’hai visto? Io vedo tutto. Ho anche il Blu-ray acquistato da Amazon.

Ora, De Niro in questo film pare che incarnerà e rappresenterà, involontariamente, la causa scatenante della pazzia del Joker.

Insomma, un personaggio televisivo paragonabile al Jack Lucas/Jeff Bridges de La leggenda del re pescatore. Con una piccola, importantissima variante. Bridges, in preda al gigionismo, nel suddetto film di Terry Gilliam, aveva incitato un radioascoltatore a spararla grossa.

L’uomo, travisando (torniamo a Travis…) le sue parole scherzose, in una distorsione interpretativa assurda, compiva realmente una strage. Uccidendo a sangue freddo la moglie del professore interpretato da Robin Williams. Il quale, in seguito alla tragedia, impazziva.

Insomma, Bridges era stato l’indiretto responsabile della follia di Williams. Cioè aveva reso Williams un interdetto.

Franklin/De Niro, invece, chiama nel suo talk show Arthur Fleck. E, dopo averlo ripetutamente umiliato con battute sprezzanti di dubbio gusto, Arthur crolla.

Uhm, troppo presto per dire se De Niro sarà la sola causa della follia di Arthur. O se, invece, come quasi sempre accade in questi casi, sia stata solamente la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Se cioè, oserei dire invero, Arthur già soffriva di forti fragilità psicologiche e, dinanzi all’ennesima batosta potente, abbia perso il cervello completamente.

Un uomo buono, Arhur. Ma non credo affatto tonto. Premuroso e speranzoso, semmai.

Uno che, parafrasando Loredana Bertè, ci credeva, sì.

Credeva, nella sua utopia sognante da eterno adolescente, che davvero in questo mondo chiunque potesse e avrebbe potuto vivere felice, lontano da una realtà squallida, volgare, violenta e misera.

E poteva accontentarsi della sua forza fantasiosa, della sua poesia malinconicamente dolce e forse finanche romantica. Struggente e un po’ patetica, certamente, ma meravigliosa.

Il mondo invece è crudele. Non lascia scampo. Perseguita chi non sta ai patti sociali fatti di competizione, suprematismo e, diciamocelo, orribile edonismo.

Quelli della mia generazione ne sanno qualcosa.

Ha sempre impazzito, no, impazzato l’osceno termine sfigato.

Per sfigato, genericamente parlando, s’intendeva e ancor s’intende una persona iellata, di scarsa fortuna. A cui non ne va dritta una.

Secondo invece il modus ragionandi degli adolescenti, ahinoi anche di molti adulti deficienti, sfigato è colui che non possiede una vita sessuale e affettiva. O, se ce l’ha, è comunque molto esigua e frustrante.

Dunque, quest’appellativo, spesso tutt’ora lanciato a destra e a manca, soprattutto dai destrorsi, con bacata, arbitraria, scriteriata, microcefalica faciloneria balorda, con stoltezza incommensurabile e vanagloriosamente cretina, oserei dire ripugnante, già la dovrebbe dire molto lunga su che razza di società noi abbiamo vissuto e, purtroppo, continuiamo a vivere. Mi stupisco che anche voi, voi che vi dichiarate colti e intelligenti, ancora abbocchiate a questi idioti luoghi comuni.

Una società filonazista da Benvenuti a Marwen.

Una società senza valori.

Che basa i rapporti interpersonali, appunto, sul primato di grandezze superomistiche assai effimere.

Una società di primati, scimmiesca.

Una società bruciata come un fiammifero.

Porca, lercia, puttanesca.

Per questo le persone migliori di questa generazione aspettano con ansia, forse anche con attacchi di panico, eh eh, il Joker.

Perché, come Arthur Fleck, hanno capito che quasi tutto ciò che ci avevano insegnato, ovvero l’educazione civica, il reciproco e solidale rispetto, i valori come l’amicizia, l’amabile convivenza fraterna, l’amore e il romanticismo sono oramai concetti ridicoli e superati, anacronistici in questo mondo d’imbecilli stronzissimi.

E che la cultura non è niente se non è finalizzata ai soldi e al procacciarsi la carne da mangiare…

Un mondo ove tu puoi essere Dostoevskij ma devi sapere che un pornoattore analfabeta con un fisicone da toro se la gode da matti. Alla faccia tua. Tanto bellina.

Perché è nato ricco. Oppure semplicemente non gliene frega un beneamato c… o di nessuno.

Questa è la base del tradimento del comunismo. Il bacio di Giuda…

Dunque, in una società di farfalloni straviziati e viziosi che dicono agli altri pagliacci, mi pare giusto che, dirimpetto a tali sorrisi falsi, qualcuno non si sia adattato all’andazzo.

Che abbia avuto il coraggio di dire, no, non cresco… poiché sono io quello cresciuto, siete voi invece i nani buffoni. E andreste tutti internati in manicomio.

Sono personaggi come Balboa di Rocky V.

Uno che accetta tutto. Accetta ad esempio che dei bambagioni gli dicano fallito e coglione.

Ma non accetta che si vadano a toccare persone che non c’entrano niente con queste sozze bassezze.

E allora lì diventa una furia.

Sono personaggi come Viggo Mortensen di A History of Violence. Come si suol dire, teneroni, buoni e cari perché portano rispetto. Signorili e gentiluomini.

Ma tu, bifolco, sei entrato in questo bar per fare un macello, hai toccato la mia famiglia, e mio fratello non lo sarai più.

Mai più.

È una lezione di vita pesantissima, atroce.

Sacrosanta.

La lezione di vita che questa disturbata società ha prodotto. Una società schizofrenica, marcia, malata.

Dobbiamo riscoprire i nostalgici nostri sentimenti forse non del tutto perduti.

di Stefano Falotico

Tu chiamale se vuoi emozioni, ho visto Cristiano Ronaldo dal vivo, è quasi più bello di me, ah ah, e riflessione sulla vittoria di Malek all’Oscar


24 Feb

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Sì, cazzo, non sto scherzando. Ero in giro in macchina. Dalle parti di Casalecchio di Reno, amena frazione provinciale di Bologna. Anzi, Casalecchio è una cittadina. Abbastanza rinomata. Popolata da molti cinesini. Sì, io vado d’accordo coi cinesi.

Alcuni dei miei registi preferiti sono cinesi. O comunque orientali.

Vado d’accordo anche con le loro gatte, tutte pechinesi. Adoro però fare sesso a due, quindi a tre, in maniera siamese.

Con tanto di “maionese”.

Sono un lupo comunque addomesticato. Cagnesco, latrante, sbraitante, ululante quando mi trasformo in Wolf Man.

Sì, gli amplessi io li gusto in posizione a garrese. Oggi faccio l’amore con Agnese, domani con una giapponese, poi con una coreana, una rumena, una statunitense e, perché no, anche con una russa.

Sì, continuate a russare, voi.

E non fate i moralisti. Ma che volete moralizzare? State sempre lì a giudicare. Col dito puntato, tutti intirizziti, sofisticati della minchia, eppure mai rizzanti. Vi vedo sull’ammosciato andante. Siete spenti. Sapete?

Io sono un uomo superiore. Va detto, va ammesso. E va messo anche quando lei ti domina e tu vieni inculato metaforicamente fornicando. Sì, lei ti usa da inferiore, ti umilia. Non è male però come umiliazione.

Nella vita, bisogna essere fottuti. Diciamocela.

Solo allora, nel momento topico dello stupro da Demi “topa” Moore di Rivelazioni, quando lei ricatta Michael Douglas e lo usa per i suoi porci comodi, Mike capisce che è un uomo “promosso”.

O no?

Funziona così. A te non funziona? Non ti sei piegato al sistema? Il sistema, se non vuoi farti fottere, è ricattatorio. Tu rilasci un favore, e anche qualcos’altro, che comunque è sempre ben accetto, sì, goduto pienamente, dunque dalla società troia apprezzato, ed ecco che sua signor(i)a borghesia ti spalanca le porte del piacere e anche di un lavoro più soddisfacente. Poi, basta solo prenderla… come viene.

Sarai svuotato ma almeno ti sarai “elevato”.

Goditela, che cazzo stai a pensar troppo? Non penare, impenna di pene. A chi non si adatta. Che avevi capito? Ah, ho visto della malizia in te, curati! Sennò ti diranno che sei, oltre che pensoso, davvero penoso.

Prendete quel Cristiano di Ronaldo. Sì, il Bologna ha giocato con la Juventus. Mi trovavo dalle parti dello stadio. Che palle. Un traffico della madonna.

Al che, avvisto a pochi metri di distanza dalla mia autovettura, il pullman zebrato. Con tanto di polizia a far da guardaspalle ai giocatori scendenti dalle scale eppur, in questa società meritocratica, ascendenti, no, già ascesi al paradiso.

E guarda un po’ chi vedo? Ronaldone. Col tutto il suo gel e la sua faccia da zabaione.

Indubbiamente, un bell’uomo. Come infila lui le palle, nemmeno quel centravanti di sfondamento di Manuel Ferrara.

Nel suo carnet di zoccole di ottimo “livello”, ci sono donne magnifiche. Sì, sembrano Daryl Hannah di Blade Runner. Delle androidi. Fisicamente perfette, con gambe chilometriche, movenze stupende, bacini tonici, culi stratosferici.

Sì. Ma dopo aver fatto goal alla domenica, Ronaldo, quando è a casa con la sua Georgina che, per rilassarlo dallo stress, gli rifila un massaggino… d’impuro relax, che cazzo fa oltre alla spremitura del limone?

Insomma, il succo di questo mio discorso qual è?

Sono personaggi miliardari ma vuoti. E voi li avete eletti a eroi.

Avete abdicato. Avete davvero creduto che in questo mondo possa esistere gente che, per tirare… a calci una palla e soprattutto il vostro stipendio, possa spassarsela di più. E ancora e ancora e ancora.

No, non sono populista. E nemmeno un invidioso qualunquista, retorico e nichilista.

Sono un vero realista fottutamente buonista.

Cinico perché nessuno a questo mondo merita di guadagnare più di mille persone normali messe assieme, neppure se fosse realmente Dio, e dunque io non gli dirò mai bravo. Anche se dovesse alzarsi a tre metri sopra l’erba e sforbiciare un pallone scagliatogli, di cross calibrato, a 300Km/h, infilandolo, spiazzando il portiere, nell’angolo alto dei vostri coglioni.

Sì, che viziatone, Ronaldo! Ed è pure vizioso. Ozioso forse no. Oh, si allena come una bestia…

Anche io lo sono, viziatissimo. Ma solo quando ordino il dvd di Fuga per la vittoria e, per colpa di una spedizione mal imballata, mi arriva una confezione tutta spappolata. Ah ah.

Sì, cazzo. Lì divento molto capriccioso e infantile. Cristo, ho speso venti Euro per ricevere un cazzo?

Potevo contattare l’amica di Georgina e aggiungere solo altri dieci Euro. Sì, l’amica di Georgina, per trenta Euro ti mette al tappeto.

Ma io la pago… sempre eppure non pago nessuna. Soprattutto non le plagio.

Non è normalissimo tutto ciò, no? Infatti è scandaloso! Vergogna! Andate a confessarvi, su, da bravi bambini!

Sono talmente moralmente retto da fare schifo veramente a Dio.

Sì, Dio ha peccato varie volte. L’olocausto degli ebrei e anche quello atomico, sì, devono essere stati dovuti a un attimo di pericolosità sociale del nostro creatore dei fessi.

E degli stronzi.

Dio non è stato, in questi casi, accusato d’infermità mentale e sottoposto a una cura riabilitativa? No, per chiedere, eh. Ma chi è stato quel genio del suo avvocato difensore? Buddha?

Sì, il Buddha dev’esser andato dal giudice dell’universo e deve avergli sbolognato una patacca. Pura new age di puttanate del nirvana… e del perdono cosmogonico. Grazie a una corruzione interplanetaria davvero galattica. Roba di un altro mondo.

Ecco, dicevo. Sono cinico e al contempo buonista. Cinico perché se un idiota vuole farmi credere che nel Cinema e nella Letteratura è meglio di me solo perché ha più soldi del sottoscritto nel conto in banca, no, non credo. Anche perché sono ateo. Ancora peggio se mi vuole ricattare psicologicamente, appunto, dicendomi che lui è laureato e le mie conoscenze me le posso ficcare dove dico io.

Buonista perché comunque non spetta a me convincerlo delle sue presuntuose convinzioni. E dunque sono per il motto vivi e lascia vivere. Solo se la merda non lascia vivere me, gli spacco il culo.

 

Se volete dire che avete sbagliato tutto, è così.

Se poi mi volete dire che forse sono bello più di Ronaldo e ho molto più cervello di lui, ovviamente ciò è chiarissimo.

Però allora Dio qui ha sbagliato ancora una volta.

Se volete dirmi che Rami Malek è stato più bravo di Christian Bale, no, non è così.

Se invece mi dite che ha vinto l’Oscar perché ha interpretato in maniera ottima, per carità di Dio, non lo metto in dubbio, Freddie Mercury, un idolo amato da grandi e piccini, e la sua vittoria farà lievitare ancor più alle stelle le pre-ordinazioni del Blu-ray di Bohemian Rhapsody, è così.

Anche perché sono sicuro che il patron degli Academy sia forse amico del direttore della 20th Century Fox.

Potrebbe vagamente essere così?

Sì, cazzo, è così.

Detto ciò, ho già pre-ordinato gli steelbook sia di Bohemian Rhapsody che di Vice.

Perché io sono Dio. E ho tutto…

Ah ah.

Sì, ho detto tutto…

– Oh, vedo che una “sana” curetta ti ha fatto crescere tanto. Oh, però attento a non diventarmi De Niro di Cape Fear. Sono contento. Hai seguito dunque la notte degli Oscar.  Che forza. Non cambi mai tu, eh? Coi tuoi ideali, le tue utopie. Sei un sognatore. Sei un grande. Sai, mi stai convincendo. Anzi, mi hai convinto. Sei un genio.

Complimenti, adesso sei pure un bell’uomo.

– Anche quindici anni fa lo ero, caro Nick Nolte.

Scusami ma, al pari di Nick Nolte davanti a Elia Kazan, nella notte degli Oscar, quando De Niro e Scorsese, ahimè, consegnarono la statuetta onorevole a Elia, no, io non posso salutarti.

Mai, mai più.

– Perché?

– Guarda, al più posso stimarti per il tuo lavoro. Ma come uomo sei un maiale che ha distrutto tante vite. Con me, però, non ci sei riuscito.

Ma fottiti lo stesso.

E se vuoi spaventarmi… ti potrei fare qualcosa che non ti piacerebbe per niente, qui, adesso.

 

di Stefano Falotico

In Italia, “Belpaese” di poeti, santi e navigatori, “vige” ancora, nel 2015, lo scandalo dei centri di salute mentale, finanziati dallo Stato… delle cos(c)e


04 Oct

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Se Ismaele di “Moby Dick”, al “colar” della malinconia “incipiente”, s’imbarcava marino per la caccia del suo padrone, Achab, alla Balena Bianca, che dà il titolo al capolavoro di Melville, in me, quando l’irritazione cresce per colpa dell’ipocrisia latente, “lattante” e omertosa della nostra “Nazione” (s)fottente, la vi(t)a impervia si trasforma in p(r)osa irruente. Terremotante, in pericolo di “crollo” divento e a tutti la verità sbandiero ai quattro venti, di forza travolgente anche se vi(ri)lmente osteggiata dalla borghesia flaccida, pasciuta, delle ingiustizie (in)volontariamente e “voluttuosamente” consenziente, vuota e di nulla amante, ché m’obbligheranno, per ribellione ai falsi pudori di massa(ie), ad (ab)usi farmacologici a base di Risperdal, neurolettico che m’iniett(er)an(n)o, in quanto reputato da tal “putas” un in(f)etto, “rettale” di “famoso” depot, “orgoglio” di quest’Italia ove tutti vanno a messa(line) e son san(t)i dietro le facc(iat)e di mer(da).

Sì, “funziona” così e il cazzo così non ha dunque più “tiramenti” di cu(cu)lo. Che ricatto alla ricotta (im)potente!

Una sedazione per bloccare gli ormoni, di “legge” (im)morale inversamente proporzionale alla natura umana, per farti “crescere”, cosicché non si (sovr)ecciti troppo e non turbi le cosc(ienz)e.

Sì, cari (ri)belli, anch’io, scrittore con numerosi libri all’attivo, vengo così, appunto, “inculato” affinché la mia creatività persino non possa “sfuggirmi di man(ic)o” e possa dar, almeno di parvenza, la “patente” di normalità.

Attenzione, però, se ti calmi troppo, poi i fessi vincono e i tuoi riflessi perdon, oltre alla “botta”, anche i colpi, anzi, farai un frontale di “tamponamento” perché reso cieco e sordo alla vi(s)ta nitida.

Si chiama pugno allo stomaco. Non ci salveranno gli airbag da tal “strizzacervelli” e “ammortizza-gli-uccelli”.

E tutto perché sono un poeta che dice il Ver(b)o.

Così van le cos(c)e.

Vince sempre il nazismo!

 

di Stefano Falotico

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