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Poesia falotica: Amo gli sfregiati e i selvaggi, Tarzan-SEXY BEAST, amo il futurismo, il romanticismo e la velocità!


13 Aug

stefano faloticoAlla faccia di ogni noioso, superato e patetico boomer schizzinoso che ti blocca nella spontaneità e nella vitale, ribalda, più autentica emozionalità vorace, verace e gioviale, anche giovanile, rimarco fermamente le mie purissime scelte esistenziali, vantandomi della mia spettrale candidezza ancestrale, diabolica e al contempo angelica, emetto il mio grido potente in mezzo al silenzio pauroso della gente imborghesitasi precocemente, giocando col tempo e cantando serenamente nel vento.

 

di Stefano Falotico

Chloé Zhao, è nata una grande regista – NOMADLAND: un film che mi ha scioccato, immensamente doloroso e al contempo soave, il grande Cinema distruggerà ogni tempesta pandemica, ogni turbinio traumatico


20 Jan
Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Frances McDormand in the film NOMADLAND. Photo Courtesy of Searchlight Pictures. © 2020 20th Century Studios All Rights Reserved

Prefazione acrimoniosa verso i lockdown morbosi

Ho assegnato quattro stellette su 5 a Nomadland. Ma mi sono mantenuto cauto. In attesa di dargliene sei. Ah ah.

Film magnifico, uno dei pochi, veri capolavori da me visti recentemente. Anche perché il 2020 è stato funestato da qualcosa di terribile che c’ha schienato, schiantato, lasciandoci tumefatti e disossati, spellati nell’animo e infreddoliti.

Giunse infatti dal cielo, forse dal laboratorio di qualche cinese scienziato pazzo, un virus influenzale assai sottovalutato. Dicesi, fantozzianamente, no, dicasi Covid-19.

Morbo virale che contagia anche di depressione abissale, svuotandoci dentro e imprigionandoci in quarantene uguali agli arresti domiciliari. Opprimendoci in casa ad allietare la melanconia, si fa per dire, più che altro ad allentare la noia esistenziale, imbrigliandoci nell’oramai fievole speranza che qualcosa cambi. Quando si suol dire, ah, c’auguriamo che a ciel sereno un fulmine ci miracoli e folgori… chi sbagliò a non chiudere la Lombardia e tutti i fronti. Poche frottole. A frotte siamo segregati. Sudiamo freddo di fronte rugosa, sdrammatizzando a mo’ di Non ci resta che piangere, ambientato nell’immaginaria Frittole.

Nel frattempo, rannicchiati e ibernati nelle nostre case, patendo un freddo polare da eschimesi negli iglù, altri bocconi amari mandiamo giù e la vita non va up. Però, lecchiamo un dolce tiramisù.

Molte donne, sull’orlo dell’assideramento, azionano il riscaldamento… del marito e “aspirano” calorosamente qualcosa di più duro d’un ghiacciolo fortemente “resiliente” d’un mondo intirizzito, oserei dire stizzito, insomma incazzato.

I ristoratori stanno morendo di fame poiché non hanno più i soldi per comprare il cibo da dare ai figli, non quello dai loro cuochi cucinato alla gente oramai ridotta come una pera cotta. Sì, scioperano al contrario. Cioè fanno i cremini, no, i crumiri e si ribellano non al padrone, bensì allo Stato che ha tolto il lavoro anche ai mega-direttori galattici coi super attici.

Al che, mentre io sono impossibilitato a incontrare la mia lei poiché abita fuori regione e non siamo ufficialmente conviventi, canto l’intramontabile Clandestino di Manu Chao ma ugualmente patisco dei momenti di frustrazione incredibile. E, con enorme “decoro” da John Travolta di Pulp Fiction, vado di là e… avete capito.

Anche perché la mia lei è più bella di Uma Thurman e dunque, uomini, come potete biasimarmi? Quando ho terminato di darmi da fare, leggo un fumetto nell’attesa che Bruce Willis mi ammazzi. Forse, Bruce Venture, pornoattore che non vale un cavolo…

Comunque sia, sono Die Hard. Anzi, Willis di 58 minuti per morire. Fuori si gela, c’è il Coronavirus e, qui a Bologna, sembra inoltre di stare in Fog di Carpenter. Raggomitolati nelle nostre trappole di cristallo…

Accoccolati e accovacciati nel tepore delle nostre nostalgie mai sopite.

La nebbia agli irti colli (bolognesi da Cesare Cremonini?) piovigginando sale…

Ah, vita mia salita, ancora salata. Addolcita, rabbonita, riassestata dopo tanti tormenti e spiacevoli, burrascose tormente. Dopo mille afflizioni, è ora giunta per me la definitiva resurrezione, la beltà dell’infinita, immacolata illuminazione.

Cosicché, fra un’amarezza zuccherata con della Nutella in mancanza del cioccolato della mia bella, fra un gelato all’amarena e un’emotiva, glaciale marea, mangio pure un cornetto, sperando che lei, lontana, non mi renda cornuto. Spingo quindi di streaming e mi pappo Nomadland.

Mica un polpettone. Comunque, i polpettoni di mia madre, fidatevi, sono più buoni de Il paziente inglese.

Kristin Scott Thomas di questo film perse contro Frances McDormand di Fargo.

E fu premiata da Nicolas Cage di Arizona Junior. Grande Frances! Da non confondere con Coppola Francis… Ford, zio di Nicholas Kim Coppola…nomadland poster

NOMADLAND, a proposito di Quarto potere e Mank, è questo il film che vincerà tutti gli Oscar possibili e immaginabili!

Questo film mi ha distrutto, sì, Nomadland.

Da tempo, forse dai tempi di Cuore selvaggio, no, di Una storia vera di David Lynch, non piangevo alla fine d’un film.

Durante la giornata, invece, piango sempre come Bob Wells di tale capolavoro inaudito di Chloé Zhao.

Sì, il mio dolore è immane. Sognai di essere Nicolas Cage ma, mi spiace per lui, la mia bella è più bella della sua ex Patricia Arquette. Eh eh.

Sì, possiedo una fortissima ironia cinica da fratelli Coen. Uno dei due sta con Frances. L’altro con chi sta? Con nessuna? Però scrive e dirige i film col fratello. Che gli vuole bene.

Sì, Ethan Coen è come il fratello di Christopher Nolan. Uno incassa, cioè quest’ultimo, l’altro si fa il culo ma non si fa nemmeno la McDormand.

Ora, Frances è bruttina. Anche se, ai tempi di Fargo, l’avrei riscaldata dalla sua neve. Ammantandola di delicate carezze, amandola anche in modo turbinoso e nevoso, no, nervoso, focoso. Donna deliziosa, donna che sa rendere un uomo qualcosa di emozionante come Nomadland, film davvero eccezionale. Poche palle… di Natale.

Film intimista, film neo-realista, pubblicato dalla Rizzoli, no, con una locandina da Adelphi e musica di Ludovico Einaudi. Un film meraviglioso.

Che ve lo dico a fare?

Date questo terzo Oscar alla McDormand.

Anche se Vanessa Kirby di Pieces of a Woman non scherza.

Sì, la Kirby è mille volte più bona di Frances. Ma Frances è l’attrice par excellence.

Donna che lavorò con Bob De Niro in City by the Sea, film nel quale interpretò l’amante di Robert. Il quale stava per perdere suo figlio.

In Tre manifesti a Ebbing, Missouri, Frances perde chi? L’avete visto? Me, invece, mi vedeste. Ove di vista mi perdeste?

In Nomadland, è vedova.

Perde anche il lavoro di Amazon ma è grintosa e volitiva come un’amazzone.

Recita una poesia da pelle d’oca a un ragazzo rimasto solo e ascolta, commossa, il racconto di Bob Wells.

Ma che bello. Bob Wells qui interpreta un “guru” che non avendo potuto salvare suo figlio dal suicidio, cerca di resistere, aiutando gli altri. Riunendoli attorno a sé con dei camper frastagliati in mezzo alla nudità di deserti punteggiati da roveti e da selvatiche piante simili ad erbe delle Pampas.

Le riprese non sono da peggior Terrence Malick di To the Wonder, cioè da National Geographic, il film non incede in inquadrature fighe e paesaggistiche su leccata, ruffiana musica cool e finto-grezza dei Pearl Jam come nell’estetizzante Into the Wild, qui viaggiamo veramente su altri livelli molto fini, poco grunge, imbattibili.

Alcuni reputarono Kurt Cobain un genio. Moderiamoci subito. Mozart non lo vide neppure. Per forza, morì prima. Ah ah.

Metafisica celestiale, lacrimosa immensità allo stato “brado” più alto.

Mi sono commosso. Capolavoro!

Signore e signori, dopo Jane Campion, abbiamo trovato finalmente un’altra grande regista donna, cioè Chloé Zhao.

Roba da annientare Shinya Tsukamoto, uomo sopravvalutato, e Banana Yoshimoto, scrittrice stupenda, con atmosfere che non vedono neanche cagate come Tetsuo, c… zi affini e Amrita.

Ah ah.

Ma quale Parasite, parassiti. Film furbissimo più di una volpe imprendibile. Cioè il sottoscritto, ah ah.

Diciamocela, Frances McDormand è la più grande attrice vivente. Mi fanno ridere quelli che osannano Margot Robbie. Quelli che ancora ci tediano con Meryl Streep. Quelli che strepitano per Kate Winslet. Anche se, a proposito della Campion, Holy Smoke docet…

Tornando a Chloé Zhao. Ha soltanto 38 anni. Amatela, custoditela, appoggiatela. Siamo dinanzi forse a tutto ciò che Kurosawa immaginò di essere ma non possedette mai il cuore di questa donna straordinaria. Smettiamola anche con Yasujirō Ozu.

Ma quale Ozu. Ma quale Zizou, cioè Zidane. Ehi, Zhao, mica Zorro.

McDormand di Nomadland, da non confondere con Promised Land. Se non vi piace, amate vostra moglie. È brutta e non è due volte premio Oscar. Quasi tre… quasi record. Credo inoltre che Einaudi sia più bravo al piano di David Strathairn in questo film straordinario.

E che scena è quella in cui Fern va a trovare il personaggio interpretato da Strathairn perché ne è segretamente innamorata? Mamma mia, che classe, che pudore, che candore!

Scende le scale e, di nascosto, lo osserva suonare. Ma non riesce a dimenticare suo marito e, malgrado fuori si geli, nonostante abbia bisogno di essere abbracciata e avvolta dal calore di un uomo, lascia stare…

Poi, prima della fine, piange ancora con estremo decoro e pudicizia. Ma s’incammina nel vuoto così come il grande Bob De Niro del cortometraggio Ellis. Sparendo nel suo furgone.

Mentre lentamente, cullati da Einaudi, piangiamo anche noi spettatori. Nomadland, un film gigantesco.

Ripeto, il racconto di Bob Wells è da pelle d’oca. Sa che suo figlio non tornerà più ma sa anche che, un giorno, lo incontrerà per strada.

Perché la vita è un sogno, un incubo, una tragedia, è piacere e sofferenza. Dai, stavolta vinciamo anche noi, italiani. Perché la colonna sonora di Ludovico Einaudi, ribadisco, è immensa!

E Nomadland è uno dei più grandi film della storia del Cinema! Date il terzo Oscar a FRANCES! Grande attrice, grande donna. Come la Zhao!

di Stefano Falotico

 

 

WONDERFUL LIFE – I miracoli esistono? Anche la forza dell’amore, della poesia, dello Sturm und Drang: fate della vostra vita un masterpiece! Evviva i pazzi come Hamlet!


24 Jul

amleto gibson

Vado in giro con fare a volte da tonto, spesso semplicemente sono iracondo. Meditabondo nel mio cogito ergo sum, poche volte invero godo nel/del coito del mio ego soffocato e sofferto che, soffrendo di disistima, non quaglia molto in termini di f… a e, per l’appunto, divengo cogitabondo ma voglio regalare ai comuni mortali un po’ di tenerezza, di godibile lietezza, riempiendo la mia donna di succosa prelibatezza.

Sono un uomo caldo che ama le freddure e qui ve le elargirò con saporita squisitezza del mio prendere la vita con filosofia, con stimabile savoirfaire encomiabile, folle e, al contempo, savio di fenomenale destrezza funambolica.

Il giusto abbigliamento crea nell’occhio altrui un attraente abbagliamento. Cioè, sì, ciò è innegabile e l’abito fa il monaco se uno appare come un monco. Molta gente comunque è bigotta e miope, non usa neanche il monocolo. Insomma, è mongola.

Dopo tanti miei auto-abbattimenti e inutili lamenti, giunse il tempo del fottuto godimento. E, dopo tanti miei patetici, esistenziali tormenti, dopo che più che altro fui dai bulli tormentato, risplendetti come il Sole a mezzogiorno anche se oggi, a Bologna, impazza una fortissima tormenta. E la gente, per proteggersi dalla pioggia scrosciante, è segregata in casa, vivendo da sola la loro (non) vivente sola e forse mangiando una sogliola.

Quando voglio sono un portento ma sinceramente, ecco, debbo esservi onesto, sono soventemente solo… parecchio scontento.

Di che rallegrarsi, difatti, v’è poco e quindi non merito la patente di porco. La vita mi fu parca e, in quegli anni miei di durissima depressione da Cinema bergmaniano, non mi svagai neppure nel parco.

Non mi concessi nessuna vacanza ma la mia anima non fu mai però davvero vacante. La coltivai e di sogni arricchii, volando sulle ali della fantasia per non ammettere a me stesso di soffrire soltanto di gravissima, pressoché incurabile melanconia.

Ma la vita mia non volò del tutto via, la riafferrai al volo malgrado avessi ricevuto molti pugni in faccia, sì, in volto. Ho scritto in volto, non in volo! Hai capito? Altrimenti, a te voleranno! Ti perdono. Sarà per la prossima volta.

Dopo tantissime batoste, dopo essere stato inviso, schiaffeggiato in viso solo perché proposi generosamente il mio “bel”, pulito faccino, dopo aver ricevuto millefoglie, no, mille torte in faccia, so ancora ammirare un roseo tramonto. In quanto sono romantico e non mi arrendo al primo colpo. Al millesimo, però, sì. Grazie al c… o, ti hanno spaccato pure il setto nasale e non riesci/o più a respirare.

Strozzato dagli aguzzini, non mi darò al pugilato per guadagnare du’ lire. Non m’indebiterò con gli strozzini e non mi lascerò mai più asfissiare nel cuore dagli uomini poveri d’animo. Ché fanno tanto, per l’appunto, gli estetisti e i moralizzatori etici delle vite altrui ma andrebbero, in modo poco amorevole, bensì amorale, sol che ripuliti e puniti come dei “bravi” bambini.

Combatterò come un dannato al fine di non mollare. Anche se, come tutti, a causa del fegato amaro, qualche volta verrò afflitto da flatulenza e, reagendo male dinanzi agli attacchi più volgari della gente pusillanime e sfrontata, sarò nuovamente aggressivo e a tutti ne mollerò tante. In quanto sono un lottatore anche se in passato mi diedero solamente la patente di sfigato. Non solo addirittura di iellato, eh già, bensì pure di iettatore. Che disdetta. Che disfida di Barletta! Mangiamoci una barretta!

Ma io gusto il mio caffè bollente e macchiato caldo in un tranquillo baretto, standomene isolato. Macché! Sono adesso ben accompagnato. Giammai barai ma la mia lei è più bella di ogni sexy barista. Lei adora la schiuma del cappuccino. Amò un uomo di Bari?

Sì, meglio i cappuccini ai finti monaci e alle foche mon(a)che.

Come una saetta fui dalla beltà più suprema ancora folgorato. E, innatamente illuminato e innamorato, ora ho ancora acciuffato la venustà dolce del tempo mio perduto che, nei baci cremosi e zuccherati dati con parsimonia alla mia lei stupenda e per voi inarrivabile, rende ogni mia giornata veramente deliziosa, sfarzosa e profumata.

Lei è adorabile ed adora che io non usi nessun profumo. Affinché, nudo e crudo, le emani il mio naturale odore anche se non sempre gradisce i miei disgustosi, repentini cambiamenti d’umore. Ma è il mio intoccabile, inviolabile amore!

Come fui io da iddio creato e da madre natura partorito, in verità da mia madre e basta, rimango un uomo puro che, nonostante tempo addietro fu(i) fanatico dell’onanismo ché credetti sarebbe stato per me imperituro, cioè fui un idolatra quasi “laringoiatra” degli atti impuri, penso/ai pure al mio sopravvenente, difficile futuro anche se non sempre cammino/i con aria sicura.

Sì, il cammino sarà ancora lungo ma intanto buttiamo della legna nel camino poiché stanotte desidero che io e la mia lei verremo… scaldati alla faccia di cazzo di tutte le fighe di legno. Il mio è di marmo.

Proteggerò il mio amore con la scure e non più cadrò nell’antro, oh sì, miei bei tenebrosi, della tristezza più oscura.

Sì, spesso la vita si rivela una fregatura. Cosicché non risulta sempre gustosa come un’ottima confettura.

La vince chi la dura anche se Umberto Bossi pensò che a vincere sarebbero stati i leghisti… ché ce l’hanno duro! Salvini invece perderà le prossime erezioni, no, elezioni. Allora, per lui bisognerà comprare solo molte salviette.

Silvia ama i tortelloni con burro e salvia mentre Marlon Brando di Ultimo tango a Parigi amò soltanto il burro con la Schneider Maria. Giacomo Leopardi amò Silvia ma Silvia forse andò con uno co’ più soldi, cioè il Berlusconi Silvio di turno, sì, di quell’epoca tanto decantata quanto, come voi tutti, andata/i a puttane.

Scusate, ho scritto male. Volevo dire… come quasi tutte. Eh sì, ci sono anche le lesbiche e sono la maggioranza. Ah ah. Fidatevi, uomini di spirito. Ah ah.

Qui è tutta una ruffianata, tutta una leccata di culo per arrivare… non solo in quelle zone basse. Su questo statene sicuri. Avete sfondato! Siete dei mafiosi siculi! Andate con le lupe, usate anche la lupara!

Sì, perché tutti vogliono arrivare in alto e allora si prostituiscono, delinquono, non conoscono neppure l’italiana Lingua ma se ne sbattono… delle più sporche bassezze. Che schifezza! Insomma, diciamocela! Zucchero è un grande.

E io invece? Io sono quel che sono. Spesso non sono. In quanto Amleto e, se non la finisci di rompere i co… i, te meno! Carmelo Bene girò, non so se benissimo, Un Amleto di meno, io invece girerò la nuova versione dell’Amleto di Franco Zeffirelli. La mia lei mi ama in maniera disinteressata e gratuita. Vorrei darglielo, no, darle di più. Ma non ho i soldi per comprarle uno zaffiro. A voi ne darò quante ne vorrete. Botte a tutt’andare.

Ohibò, borbotto e do di matto! In quanto sono Mad Max come Mel Gibson, vera Arma letale di testa dura.

Morale: è uscito in Blu-ray il bellissimo Dragged Across Concrete. Acquistatelo e non rompete le palle!

Infine, ricordate: in questa vita siamo tutti impazziti. Nella prossima, non succederà. Anche perché di vita ce n’è una sola. Chi crede a dio è un povero idiota!

Dunque, godetevela fin in gola!

 

di Stefano Falotico

La malattia mentale esiste davvero non soltanto nel Cinema e in True Detective? Oppure è una fandonia creata appositamente dalla psichiatria a mo’ di spauracchio per chi odia i geni che non credono all’eugenetica della mi… a?


28 Jun

van gogh schnabel dafoe

Inizio spiritoso per poi arrivare al finale malato… di metafisica.

Ora, che c’entra True Detective? C’entra eccome.

Nella prima stagione, così come le altre due, scritte da Nic Pizzolatto, Rust Cohle/Matthew McConaughey è malato di mente. La sua non è però una malattia mentale socialmente pericolosa, anzi, tutt’altro. È lui che, grazie al suo fiuto da tartufo, in virtù del suo pessimismo cosmico da Giacomo leopardi ante litteram e, forse, rispetto a lui meno letterato ma probabilmente più lettore dei libri di criminologia non scritti da egregi, noiosissimi dottori, bensì da provetti, privati investigatori alla pari di lui espertissimi di assassini seriali, perfino rispetto a lui più intuitivi e migliori, in maniera prodigiosa riesce a catturare lo psicopatico pedofilo e a smascherare non soltanto il maniaco sessuale, bensì anche le false congreghe di ciarlatani affetti da manie religiose.

Rust non è un fanatico, non è neanche un esaltato. È proprio un gran figlio di puttana nella sua accezione più figa di Michelle Monaghan e di Alexandra Daddario.

Invece, il suo “partner” esclusivamente lavorativo, Marty/Woody Harrelson, non soffre di nessuna patologia mentale, non è uno psichico, tantomeno uno da internare in un centro psichiatrico.

Però, a vederci chiaro, è in effetti malato del seno della Daddario. Mentre Rust sodomizza sua moglie e poi scatta la rissa fra i due amici/nemici che si danno più colpi di quelli rifilati a Rachel McAdams da Ray Velcoro/Colin Farrell nella seconda stagione.

Anche Ray è malato.

Difatti, è tanto certosino e impeccabile nel suo lavoro quanto borderline e facile alle botte da dare non solo a Rachel, bensì a ogni ragazzino bullo, indubbiamente disturbato, che fa lo sbruffone con suo figlio “ritardato”.

Vince Vaughn, invece, è manesco, è un puttaniere conclamato ed è un fesso mai visto.

Sì, sua moglie è una fessa incredibile, nel senso meridionale del termine (fessa infatti, al sud, significa gran pezzo di patonza che, a sua volta, si dice in Toscana, maremma maiala!), eh già, Kelly Reilly.

Oramai specializzata in ruoli da mangiatrice di uomini, “rinomata” nella parte della bagascia di bell’aspetto che può cavalcare sia Kevin Costner, ovvero MrBalla coi lupi, di Yellowstone che un nerone come Denzel Washington di Flight.

Nonostante ciò, Vaughn la tradisce con delle meretrici di bassa sega, no, lega.

In ciò, va detto, assomiglia a Stephen Dorff. Uno che, alla pari di Bret Michaels, riuscì a fottere Pamela Anderson.

Mentre, in Somewhere, Stephen inchiappettò Laura Chiatti. Secondo me, non solo nella finzione.

Con buona pace del cornuto di Marco Bocci.

In True Detective 3, Stephen interpreta la parte, per l’appunto, del tipo piacione un po’ coglione e, nel finale, molto panzone ubriacone.

Stephen, in questa serie, non è malato di mente. Di bionde, nel senso stavolta di birre, sì.

Ha pure la parrucca biondissima!

Mentre Mahershala Ali diviene progressivamente demente e non ricorda più quasi niente.

Vi garantisco, comunque, che Carmen Ejogo è una passerona che non si dimentica facilmente.

Ora, perdonatemi. Non ho più voglia di scherzare e sdrammatizzare.

Avverto un blackout dietro di me, qualcosa di enormemente bergmaniano.

Negli ultimi anni, quasi tutte le persone a me care, purtroppo, sono morte.

E anch’io non mi sento bene.

Più che malinconico, sono nostalgico.

Ma forse qualcosa è rimasto, qualcosa echeggerà eternamente.

La mia anima vivrà per sempre.

Non è un testamento funebre ma una presa di coscienza lapidaria.

Ecco, detto questo, elenchiamo dei film ove i protagonisti sono, in un modo o nell’altro, dei pazzi.

Blown Away – Spazzato via:

Ecco che si riforma la coppia formata da Corey Feldman (identico nell’aspetto a un mio ex amico delle elementari e delle medie, Marco Trasatto) e dal compianto (da chi?) Corey Haim.

La loro patologia consiste in questo: perdono la testa per la stessa donna, cioè Nicole Eggert. In tale thriller erotico girato col culo. Un film, diciamocelo, del cazzo.

Non guardatelo, scaricatevi solo le clip in cui Nicole si mostra più e più volte generosamente ignuda.

Comunque, a Nicole Eggert e a Pamela Anderson, ho sempre preferito Marliece Andrada. Anche lei bagnina bagnatissima di Baywatch e sicuramente una che, come Alexandra Paul, soprattutto di Christine, può trasformare un nerd come Keith Gordon in Flash Gordon.

Proof:

qui, Anthony Hopkins, dopo essere stato il celeberrimo cannibale de Il silenzio degli innocenti, interpreta la parte di un genio matematico impazzito. Il quale non riesce neppure a capire che sua figlia, incarnata da Gwyneth Paltrow, la diede a Brad Pitt.

Dire, cazzo, che Anthony e Brad girarono assieme Vento di passioni. Anche Vi presento Joe Black.

Pare che Pitt e Claire Forlani non abbiano mai avuto alcun tipo di relazione sessuale e/o sentimentale.

Sì, questo lo andranno a dire a quella zoccola di Angelina Jolie.

Andiamo avanti…

Qualcosa è cambiato:

qui, Jack Nicholson interpreta la parte di un misantropo che scrive romanzi d’amore. Ma che significa?

Allora, odia l’umanità o non gliela fa? Lo sa Helen Hunt.

Per riuscire a farcela…, Jack prende le pastiglie, cioè gli psicofarmaci.

Molti di voi, invece, non abbisognano di pasticche come il Viagra.

Non gliela fate manco con questo/e. Ah ah.

Joker:

non so se ne siete stati informati. Questo film è la storia della mia vita.

La mia esistenza è stata plagiata da Todd Phillips e da Scott Silver.

Ho chiesto il risarcimento danni all’Infortunistica Tossani. Ma come? Ho pure vinto l’Oscar come miglior attore protagonista? No, l’ha vinto Phoenix.

Insomma, ‘na tragedia. Ah ah.

Rambo:

qui, Stallone, dopo essere impazzito a causa degli orrori del Vietnam, dà di matto.

Sicuramente meno, comunque, rispetto allo sceriffo e ai suoi scagnozzi fottuti. Non solo nel cervello.

Risvegli:

una malattia chiamata encefalite letargica. Un miracolo inaspettato. Peccato che duri pochissimo. Quasi quanto la corta durata di Stand by Me di Reiner. Una magia e un magnifico ricordo che finiranno solamente nel brevissimo, impercettibile tempo di un’estate bellissima.

A Beautiful Mind:

discreto film, assai retorico. Nemmeno una donna bella come Jennifer Connelly riesce a salvare un genio dalla follia.

Neppure il suo amore riesce a curarlo dai suoi demoni…

E che se ne fa John Nash del Nobel?

Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità:

forse l’arte, la fantasia, l’immaginazione salveranno il mondo da ogni aberrazione e da ogni ipocrisia.

Forse, la forza della grandezza artistica permetterà a Vincent di essere un grande uomo come il Pasolini descritto da Abel Ferrara. Ancora una volta, strepitosamente aderente al viso cristologico del leggendario Willem Dafoe.

di Stefano Falotico

Non basta la bellezza, l’eleganza e la personalità per essere dei geni, cari Greta Gerwig e Noah Baumbach


11 Feb

Greta+Gerwig+2020+Vanity+Fair+Oscar+Party+OW3BNO-HXWol

matteo venturi

Ora, Greta Gerwig è indubbiamente una donna molto bella. Da alcuni, anzi da molti, eh sì, considerata un genio.

Chiariamoci molto bene. Geni, a tutt’oggi, ne esistono pochi. Può esistere al massimo il Genius-Pop, ovvero il sottoscritto. Poiché sa ironizzare con ardita sfacciataggine in merito alla sua imbattibile imbranataggine.

Personaggi invece come Greta Gerwig e suo marito, ovvero Noah Baumbach, si lasciano indifferenti, no, mi lasciano indifferente.

No, non le considero persone fetenti, tantomeno deficienti. Tutto si può dire di Greta e di Noah tranne che non siano molto colti e, con disinibita nonchalance, sfilino sui tappeti rossi, mano nella mano da perfetti innamorati d’una vita altoborghese da Woody Allen e Diane Keaton ante litteram. Per forza, Greta e Noah sono anche letterati, scrivono da sé le sceneggiature, i loro impianti drammaturgici nell’augurio, condiviso a quattro mani, per l’appunto, di allontanare le loro reciproche tristezze quotidiane. Svegliandosi il più tardi possibile prima che sopraggiunga la via del tramonto dei più irreversibili rimpianti.

Qui, invece non si ride né si piange, amici della notte. Qua oramai vivo troppo da voi distante. Oggi chiudendomi in una stanza, domani fantasticando e favoleggiando per schivare questa frivola joie de vivre che a voi dà la spinta per fingere di vivere.

Qui, nemmeno si sopravvive. Vi fu un tempo, infatti, nel quale vissi, poi non più vissi, combattei per vivere ancora, innamorandomi nuovamente della vita stessa mia perduta. Invero, non deperii, già fui perito. Chissà dove smarrito. Defunto e vivamente seppellito. Quindi, da un pezzo morto dentro e già altrove infinitamente sepolto, forse solo spellato. E fu solamente una folle resilienza, un’inutile guerra in trincea per recitare la parte di chi, felice e apparentemente contento, parve rinato e appagato. Baldanzoso, euforico e persino fastidioso per come, inscenando io un’allegrezza di facciata, fui superficialmente scambiato per un bugiardo conclamato, per uno sfacciato pagliaccio indignitoso e addirittura ignominioso. O forse solo per un farneticante gnomo ridicolo e troppo permaloso. Per un farabutto vergognoso dei più decerebrati e pericolosi. Nessuno mi chiamò per nome. Il mio nome è nessuno, ah ah.

Quante fantasie che si crea la gente, forse più delle mie che oramai, spiace dirlo ma è così, non ci sono più. Giammai vi saranno. Forse, le mie emozioni migliori, vergate su pagine bianche annerite dall’inchiostro di stilografiche digitali, giaceranno intonse e immortalate nei miei libri poco calligrafici ma stampati e redatti in ottima calligrafia e allineate a una fluida, lirica grammatica, ortografia e perfetta sintattica, forse solamente un po’ ridondanti e dunque privi/e di prosa sintetica.

Poiché se morirò davvero, fisicamente e clinicamente, almeno avrò lasciato a chi vorrà vivere, nascere e poi morire, forse soltanto rivivermi o immedesimarsi d’empatia, nella mia (non) vita, qualcosa della mia anima immortale e infinita. Comunque unica e indivisibile. Ché un tempo fu gioviale e giovane, poi si perse nel non essere amabile persino per me stesso già dimenticabile.

Greta è una donna dagli occhi magnetici, dalle forme sinuose, dalle gambe deliziose. Ma se la tira troppo, è tutta una recita, la sua, da donna che fa del finto femminismo un ipocrita, lezioso life style che vorrebbe darci a vedere di essere una femmina cazzuta o soltanto una graziosa donna eburnea, forse anche un po’ burina dietro questa scorza da raffinata principessina di sé molto sicura. Che dura. Ma quanto durerà questa sua messa in scena nella quale interpreta il ruolo della donna intellettualmente marmorea?

Sì, è alquanto insopportabile. Rimarrei incantato, dinanzi a lei, a spizzicare un boccone.

Le offrirei pure da bere, pagandole anche il dessert. Io e lei, se non fosse sposata a Noah, probabilmente faremmo anche all’amore. Lei, memore di The Humbling, avrebbe infatti dirimpetto a sé un teatrante della sua tragedia vivente. Si commuoverebbe, anzi, a compassione si (s)muoverebbe nei miei riguardi.

Porgendomi un dolcissimo sguardo.

Davanti alla sua venustà, no, alla vastità del mio disagio rimarrebbe, sì, impressionata. In poche parole, esterrefatta e allucinata, prendendo presto confidenza, soprattutto coscienza, che non sto fingendo per elemosinare sessuali passioni selvagge, mi bacerebbe con intensità immensa. Tentando lei stessa, pateticamente, di salvarmi dall’abisso del mio eterno scontento immane e la mia anima mangiante. Per avvinghiarmi angelicamente fra le sue gambe al fine, speranzoso, di allietare e sanare quell’insopprimibile male di vivere che, certamente, non guarisce se con una donna a letto guaisci.

Tanti anni fa, incontrai una donna. Lei mi disse che mi avrebbe salvato. Ne fu convinta e di ciò volle seduttivamente persuadermi. E fu felicissima quando io finsi di essere con lei, grandemente, altrettanto felice spropositatamente.

Non so se l’amai, se pensai di amarla o soltanto sposarla. Non ci sposammo ma comunque ci spossammo.

Lei di me non ne poté più e cercò uno davvero da sposare, forse un impotente messo bene economicamente. Ma, al di là di questo, almeno uno che l’avrebbe fatta ridere sterminatamente, mantenendola nel non fare niente. Stuzzicandola con la sua simpatia, stimolandola con le sue brillanti idee da uomo appartenente, per l’appunto, all’alta borghesia pensante. Non come me, penante più di Alighieri Dante.

La vita è riflessiva e diplomatica ma io ripudio invece ogni certezza, quindi anche ogni dubbio ponderante.

Io so che non avrebbe funzionato assolutamente. No, non a letto. Nella vita.

Sono troppo intelligente per non sapere che Scent of a Woman sia un film oratorio e retorico.

E forse, quando siamo di fronte a una tragedia imminente, è giusto dichiararla svergognatamente.

Come il mio amico. Che, esattamente, così scrisse.

Fu inizialmente e all’apparenza illuminante l’avvento dei social.

Perfino le persone più asociali, vomitando nei loro post il loro spogliatoio, potremmo dire, anzi per meglio dire i loro personali sfogatoi, s’illusero di allentare i loro dolori interiori, sperando di vincere e superare le loro cosiddette fragilità nell’effimera, per l’appunto illusoria sicumera e in una solidale socialità irreale.

Proiettarono nel virtuale le loro depressioni abissali, festeggiando addirittura per un Mi Piace in più in maniera plateale, sì, tanto plateale quanto invisibile. Per gli altri e per sé stessi. Stesi.

Ma, come avviene per tutte le illusioni, se in passato si ricevettero troppe delusioni, non v’è né vi sarà verso anche poetico che possa salvarti dall’ammettere che è finita. Non perché tu sia debole o altro. O perché non sai affrontare gli attriti del reale non umanamente allontanabile, semmai smorzandoli nel magnificare culture diverse, a noi occidentali lontane, issando in gloria pure il Cinema coreano.

Semplicemente perché, a differenza di Greta e Noah, non c’è più voglia di stare assieme a chicchessia.

E questa non è mancanza di cultura da piccola borghesia, non è mancanza di pelle e palle o mancanza d’altrui fiducia. Esistono persone che non se ne fanno nulla d’una misera scopata. Nemmeno d’una sonora ripassata. Neppure del loro bellissimo passato.

Ora, questo non basta e non c’è più.

Ci fu la nostalgia, poi fu tutta un’inascoltabile, anche per te stesso, fottuta litania.

Dunque, amen e così sia.

Stanotte, la morte da qui mi porterà via.

Spero che domani un altro giorno sia.

Non so se però in questa vita.

Non può servire a lenire il mare dentro e il male che provi a contatto con l’esterno, eh no, la psichiatria, anzi, è deleteria. E, col tempo, ogni malinconia che credetti fosse sparita, ritornando prepotentemente, ancora mi sta uccidendo lentamente.

La pietra tombale anche della stupenda, inviolabile, non sedabile pazzia è forse il ritratto più bello della stessa intoccabile bellezza.

In paradiso o all’inferno, oppure in una purgatoriale vi(t)a di mezzo, celebrerò il diabolico tormento del mio potentissimo avere tutta un’altra mente. Non adatta alle pose, nemmeno alle spose.

E qui ora io, per sempre, riposo.Greta+Gerwig+2020+Vanity+Fair+Oscar+Party+UCaCC_-bvDml

di Stefano Falotico

La società cannibalesca di uomini e donne alla Hannibal e la bellezza di Julianne Moore è impressionante, parimenti proporzionale alla bruttezza del film di Scott e al gigante mio? Mio che? Lo sa lei


03 Feb

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Sì, stroncai Hannibal. Ma vi andai piano poiché, nonostante tutto, alcune atmosfere sono suggestive. Soprattutto del belvedere di Francesca Neri prima che s’intristisse a furia di bazzicare quel camionista di Claudio Amendola. Ah, lo frequenta ancora? Sono sposati? E Claudio le fa lavare tutte le posate? Ma no, dai! Fanno I Cesaroni e Claudio rende Francesca sempre più arida. Sì, la bruciò come Nerone.

E allora quella donna che un tempo scosse ogni maschile Carne trémula, quella florida donna deflorata in Le età di Lulù, ora non c’è più.

Hannibal Lecter/Anthony Hopkins, da vero gentiluomo, mica come quel pazzo allucinato dell’ispettore Rinaldo Pazzi, le regala un sonetto. Dopo aver assistito all’opera Vide Cor Meum.

Mi sopragiunse (con una sola g) un soave sonno

umilmente pascea…

Ora, questi due estratti lapidari vorrebbero riassumere un sentimento nobilissimo da veri uomini iper-romantici come il sottoscritto, il Falotico.

Il Falò che, da quando, millenni or sono, in una sperduta landa dei suoi puberali, pre-adolescenziali ormoni, di una ragazza virginale e bionda s’innamorò al volo, come Mason Verger perse il volto e non più spiccò. No, manco per il cazzo spaccò. Ah, Julianne, che stacco e che spacco.

L’amore, difatti, di quel colpo di femmina, no, di fulmine micidiale, mi sfigurò.

Camminai, stigmatizzato in pene… e in cicatriziali angosce troppo pensose.

Così tanto di lei m’invaghii che delirai, credendomi De Niro nel rivedere tale Beatrice nella bionda Cybill Shepherd di Taxi Driver e in Penelope Ann Miller di Carlito’s Way. E ho detto tutto…

Soffrendo tale letale turbamento come, sempre lui, Al Pacino di Seduzione pericolosa. Smarrendo il mio cuore solitario nella perdizione totale, oscurandomi da perdente negli anfratti crepitanti di notti senza più albe vivamente squillanti.

Oh, che patibolo, mi straziai in urla silenziose da disperato e, disancorandomi dalla realtà, vissi fluttuante nella dolcezza più perturbante. Per colpa di tale mia giammai toccata ma solamente vagheggiata amante che distrusse precocemente ogni mio maturante indurimento da uomo brillante.

Mi opacizzai e nitrii come un cavallo selvaggio. Poi, qualche anno fa, in preda a fremiti rinati, assalito da ferini istinti carnali e scalpitanti, persino andai matto per Lucarelli Selvaggia.

Disdegnando ogni storia da lupi mannari di Lucarelli Carlo.

Ce la vogliamo dire senza, per l’appunto, peli sulla lingua? I libri di Lucarelli e i film tratti dai suoi libri come Almost Blue, cazzo, fanno solo tristezza e, dopo tre pagine, ti viene voglia di mettere su del blues.

Io prenderei Carlo e quell’altro, Samuele Bersani, e userei Chicco e Spillo.

Che cosa dovetti ascoltare da giovanissimo. Oh, Santa Vergine di Cristo! Metti Bolero, slega il movimento, il pensiero di sesso. So già che metterai su i Doors…

Incontrai anche ragazzi che amarono Ava Adore degli Smashing Pumpkins, ah, degli zucconi.

Consiglierei loro tutti i film cyberpunk come Akira, tutti i film con Asa Akira che gioca al plum cake di yogurt con Erik Everhard, il film Tetsuo dello Tsukamoto e pure una palermitana che urla… suca minchia!

Ora, mi sono perso in troiate, dov’ero rimasto, poveri cazzoni?

Ah, all’amore puro.

Che significa umilmente pascea? Significa che non tirava più e, mentre gli altri pasturavano, eri diventato un agnello al pascolo o forse eri regredito al pargoletto del Pascoli.

Ma quali cavalline storne, uomini storpi o (d)ritti, andiamo al galoppo dinanzi alla cavallona Julianne Moore. Donna che non è mora ma rossa. Pallida come la morte in viso per arrossamenti impavidi. Ah ah.

Sì, Hannibal è una maialata con tanto di scena di cinghiali che macellano Ivano Marescotti.

La Neri compare per un minuto, in quel minuto ad Hannibal diventa ossuto, no, ingigantito nel giganteggiare di recitazione amabile. Insomma, che leccaculo.

Ray Liotta fa la parte del porco e alla fine rimedia la figura del coglione.

Fabrizio Gifuni ed Entico Lo verso appaiono come belle statuine scorticate vive.

Insomma, l’unico motivo d’interesse di questa boiata pazzesca, intesa anche in senso letterale, è la bellezza ciclopica di Julianne Moore che fa bestemmiare come Renato Pozzettto: eh, la madonna!

Io vidi Julianne Moore dal vivo. Alla prima veneziana di Lontano dal paradiso. La storia di uno bellissimo come Dennis Quaid. Ma manco lui con questa poté fargliela.

Allora, lei s’innamorò di un tipo alla Lexington Steele.

La prima volta che visionai Hannibal fu quando uscì al cinema. Me ne recai assieme a un tipo che mi trattò da schizofrenico.

Infatti, non capì, per colpa del suo cervelletto, la scena finale.

Di mio, perdonai ogni lurido affronto e, in maniera dantesca, celebro il mio Stil Novo.

Ora, porci, proci o solo miei prodi, sparatevi questo video e se, consiglieri miei fraudolenti, voleste fottermi, sparatevi e basta.

Ah ah.

Io, povere teste di cazzo, vi sprono e gli amici non sperono.

E, sperando, la vita si fa illusa dopo che fu delusa. Non disperate, potreste essere salvati e finire in Purgatorio.

Se non vi sta bene questa vi(t)a di mezzo, pigliatevi un calmante e, seduta stante, non rompete il cazzo con le vostre grida agghiaccianti.

 

Il Falò, un uomo devastante, spesso deficiente, un paio di volte fui impotente ma, grazie ai consigli di Billy Crystal di Terapia e pallottole, non sono più un Boss sotto stress.

 

Pezzo che finisce senza rima baciata perché non mi veniva. Ah ah.

di Stefano Falotico


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Prince of Darkness sentenziò: chi si ferma è perduto ma almeno sogna. Chi va avanti è sempre più disilluso. E super audiolibro del Falò! La prigionia della tua levità


15 Jan

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83348946_10215463238076979_177663886294515712_oSì, credo che sia proprio così.

Chi s’arrende, in fondo, non s’è arreso e arrese davvero. Anzi, fu ed è un resiliente che, ben conscio dell’orrore quotidiano, preferisce dormicchiare, aprendo gli occhi a fasi alterne per non spalancare la vita e la vista completamente alla putredine del mondo.

Un mondo ove a imperare è la competizione, ove impazzano le rivalità più meschine e in cui chi non s’attiene a tali precetti di conforme, oscena lotta da uomini e donne nell’animo deformi, eh già, rischia di rimanere fuori dal carrozzone poiché non (in) uniforme.

Meglio, meglio rimanere, orsù, un orsacchiotto e una pagliacciata vivente, un Joker brillante che non sale su nessun carro di pazzi sbraitanti. E che, in mezzo alla strada, ammicca pure ai bambini con fare da clown di Pennywise saltellante.

A differenza però del Pennywise di Tim Curry, non è un pedofilo, mentre l’It di Muschietti piace solo ai non cresciuti maschietti oramai putrefatti.

Il Joker balla col sorriso oggi amaro e domani lieto di offrirvi altri amaretti. Da gustare, bagnando nell’amarezza d’un mondo dolciastro che crede ai buonismi all’amarena e invece è una macedonia acida ove non dovete alzarvi per lavorare di buona lena. Evviva solo l’altalena!

Il Joker conosce la verità e sa che molta gente, i più perlopiù, ah, che pena, vanno a messa di domenica e recitano il mea culpa al calar della sera, (s)confessando le loro colpe settimanali in maniera insincera, quindi al mattino dopo ritornano ridenti peccatori irredenti e aprono bocca coi cariati denti oltre che imputridirsi nel vomito costipato dei loro stomachevoli fegati amari da megere.

Chi va avanti, oh sì, s’illude di amare quando invero vi dico che, forse durante le estive vacanze al mare, trovò una tipa da spiaggia e insabbiò ogni suo calore nel tepore d’un coniugale ombrellone alla penombra dei suoi nuvolosi pensieri e del faro.

Raffreddando il tempo climatico dell’ormone che, in realtà, abbisogna sempre d’un pedalò per prendere il largo e alla(r)garle nel surfare. Scivolando nello stantuffare e in tutte tuffarsi.

Gli uomini innamorati sono quasi tutti naufragati, dunque fregati come una nave fregata oramai affondata. Vivono di retoriche e bacetti, di abbracci e di orizzonti al tramonto del loro Sole sbiadito, scivolato nell’oceano della notte fonda già immalinconita e nella tristezza cupa sdilinquita.

Date loro una scialuppa mentre io andrò al galoppo e un’atra leccherà il mio Calippo.

Notte, vieni a me, nessuna donna più si sfonda ma si sta a galla per non affogare, sì, così è in fondo. Poiché l’uomo libero viene gettato in acqua, mentre l’uomo falso è asciugato nell’essere non più surriscaldato.

Sì, tanto le mogli vivono di fantasie erotiche poco eroiche. Sognano Brad Pitt di Troy mentre il marito va solo a troie.

La vita intera è una troia e allora le persone guardano i porno nelle loro intime biancherie nascoste, dunque nei loro panni sporchi lavati fra le pareti domestiche di disfunzionali famiglie, poi celebrano la candida bontà dopo avere, per l’appunto, magnificato e imbiancato solo una bona con tanto di (can)dito. Non so se bianca o nera ma io sono realista e detesto il manicheismo in quanto sono obiettivo e perciò vi alzo le medie dita.

Imparatelo a menadito, altrimenti sarete squagliati e vi farò divorare dagli squali, oh, miei infingardi bastardi fraudolenti assai inauditi.

Amo anche una cinese con ogni suo difettoso crisma e canto con gli Hare Krishna.

Evviva Mishima.

Sono depresso a morte, al che comunico a un mio amico l’intenzione di suicidarmi.

Lui imperiosamente mi dice:

– Va bene. Prima però passami tutti i tuoi libri non pubblicati. Così, come Cuba Gooding Jr. di Analisi di un delitto, posso scoparmi Ashley Laurence.

Mors tua, vita mea. Non sei Clive Barker ma io sono il demone di Hellraiser!

La vita è un gioco cabalistico, è una (s)montabile cavalla, evviva Cabal!

Sì, i sognatori vivono più felici. Non hanno la preoccupazione che la propria compagna possa mettere loro le corna come quelle del diavolo.

I sognatori non hanno bisogno di affermare che credono a dio per non farsi escludere dagli amici falsamente cristiani. Poiché quest’ultimi, se così non fosse, li considererebbero persone ignominiose non degne d’essere figlie di Gesù.

Scornatevi, mangiatevi vivi in questo atroce jeu de massacre (c)a(r)nale.

Un testo si scrive e si recita così.

Per quanto concerne il resto, divertitevi.

Il vostro mondo non fa per me. Ma chi fa da sé se ne può fare, fidatevi, più di tre. Non ha da rendere un cazzo a nessuno, a qualcuna, sì. Ah ah.

La mia vita rimarrà eternamente (in)finita.

Parafrasando il grande Victor Wong, il mago di Grosso guaio a Chinatown, e il fisico quantistico de Il signore del male:

– Vi avevo avvertito, miscredenti.

Ora, avete risvegliato una forza che voi, piccoli nani umani, non potete più gestire.

Qualcosa che ha distrutto tutte le regole psichiatriche, qualcosa di devastante che ha macellato ogni vostra certezza.

Vedo che forse non capite o forse siete talmente stupidi da voler non capire.

A voi piace prendervi in giro, scherzare, burlarvi del prossimo, blandire, accoppiarvi e sguazzare nel porcile.

A lui no.

E adesso non potete più fare nulla.

Si è spinto troppo oltre. Nell’arcana opalescenza fulgida della più alta trascendenza.

Nell’ectoplasmatica, metafisica potenza di un altrove da cui vi manda questo messaggio a mo’ di monolito di 2001: Odissea nello spazio e di perpetuo moto dell’esservi da misterico, assoluto monito.

Eppure, fra il dire e il fare, tra fanfaronate e mascherate, andate a cagare poiché io sono nessuno ma domani potrei essere Nettuno.

V’infilerò il forcone, riemergendo dalle acque, quindi m’inabisserò ancora ove il Joker Marino conosce Atlantide poiché odio le donne mantidi e tutti gli arroganti.

Sono il principe delle tenebre e non delle cos(c)e tenere, sono orrifico e ancora un’altra faloticata mostruosa qui vi ficco, ah ah, non so se abbiate ben l’antifona capito e, per piacere, non fate per me il tifo.

Cammino e vi benedico. In men che non si dica, nuovamente m’eclisso in maniera giammai da uomo inaridito, bensì ardita da essere oggi fallito e domani fenomenale e sbalorditivo.

Ora glisso, abbasso le glasse, evviva Gotham City e pure Dark City. Ah ah!

Sì, i Modà partorirono un’altra bella canzone. E ricordate: questo non è un sogno. Tu vedi quello che succede realmente…

Che volete farmi? Calma, non vi accapigliate. Sono un uomo che sa creare le giuste atmosfere, un uomo carpenteriano e lynchiano, adoro Kenneth Branagh e Shakespeare, sono pure bello.

Questa è la mia notte.

Ce la vogliamo dire senza fronzoli? Sì, basta con le invidie. Riesco a essere Jon Bernthal di The Punisher, Arthur/Fleck/Joker e anche un grande romantico.

Credo che sia così.

Oggi si piange, domani si ride, domani ce le si dà. E questa è la vita senza se e senza ma.

E questo è il mio falò delle vanità, ah ah!signore del male 4kult

 

di Stefano Falotico

Il Cinema esiste ancora? E cos’era il Cinema prima dell’avvento di Netflix, dello streaming, di Amazon Prime e di Internet?


14 Oct

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Ieri pomeriggio, verso sera, su Facebook l’ho buttata lì.

Affiggendo, diciamo, la recensione del Guardian inerente The Irishman di Scorsese.

Definito da quest’importantissima testata come il film più bello di Martin degli ultimi trent’anni.

Subito, il mitico Federico Frusciante s’è lanciato e scagliato ancora una volta contro Netflix. Al che, nel giro di pochissimo tempo, s’è scatenata una faida tra cinefili incalliti. Fra guerrieri dei sogni perduti e fautori avanguardistici di Netflix, fra paladini del Cinema in sala e sostenitori a spada tratta dello streaming.

Scorsese, ospite del London Film Festival, ove il suo The Irishman è stato accolto, per l’appunto, da critiche entusiasmanti, ha vivamente e orgogliosamente dichiarato che, senza Netflix, questa pellicola già storica ed epica non avrebbe mai visto la luce. Poiché la Paramount Pictures, con la quale aveva già firmato il contratto per farselo produrre, all’ultimo momento, essendo salito vertiginosamente il budget a causa del notevole dispendio e dispiego dei massicci effetti speciali della CGI, non se l’è sentita di rischiare con un film che ha, ringiovanimento deaged a prescindere, un cast a base di anziani. Che, ovviamente, riscuote scarso appeal commerciale presso le platee più giovani. I teenager sono, si sa, i maggiori fruitori di Cinema e oramai il pallino del gioco ce l’hanno loro.

Sì, per quanto The Irishman annoveri in prima linea tre mostri sacri premi Oscar imbattibili ancora emulati e presi a modello dagli stessi ambiziosi giovani (d’altronde, chi non sogna a tutt’oggi di diventare il nuovo De Niro o la reincarnazione di Al Pacino?), la Paramount bloccò, a pre-produzione già in fase avanzata, il progetto.

Dunque, volenti o nolenti, Netflix ha vinto. Poiché è una piattaforma concettualmente variegata che guadagna soldi a non finire. E può permettersi perciò di offrire ai registi e agli attori delle loro pellicole dei cachet faraonici.

Ciò indubbiamente può infastidire, indispettire e disgustare i cinefili romanticamente agganciati a un’oramai visione del Cinema come luogo di aggregazione e di solidale passione da condividere tutti assieme appassionatamente.

Ma, come ho scritto nei commenti del mio post, siamo stati noi cinefili a disertare, pian piano, le sale. Poiché stufi del casino e della volgarità delle masse che, nel fine settimana, s’accalcano trivialmente nelle sale medesime.

Rovinando, col loro baccano, la magia dei sogni puri. Da gustare armoniosamente in silenzio religioso.

Forse, il significato di C’era una volta a… Hollywood è questo: della suadente, commovente magia, d’un tempo, eh già purtroppo, oggi è rimasto ben poco.

La poesia e l’Arte sono state scalzate e soppiantate dalle idiozie delle stories su Instagram, oggi tutti si dichiarano intenditori infallibili della Settima Arte ma non sanno neppure relazionarsi col vicino di casa.

Allora, abbiamo l’avvocatessa in carriera che, avendo studiato, peraltro malissimo, solo Giurisprudenza, non è prudente nei giudizi recensori dei film. Ed è dunque ovvio che consideri Joker un film pericoloso alla pari del pazzo che lei difende perché, per deontologia professionale, il pazzo le dà i soldi per salvarlo in tribunale. Lei ci sta!

Così, coi soldi elargitele dal maniaco, lei può difatti rifarsi la dentatura e, malgrado abbia dato alla giustizia un’orripilante fregatura, può leccarsi la bocca a Formentera con un “figo” che scambia Al Pacino per Fabrizio Corona.

È stata colpa di noi tutti se abbiamo perso, forse, le nostre anime.

Ho conosciuto, infatti, sedicenti professoresse d’Italiano e Storia che non sono mai andate a vedere un film di Ken Loach poiché considerano i film di Loach deprimenti. Film che alla povera handicappata, capito, facevano e fanno tristezza.

Ma che insegnante è costei? Dell’ilarità più meschina, frivola e manichea. Una donna che insegna ai ragazzi come diventare leader nazi-fascisti?

Ho visto psichiatri che hanno sporcamente giocato sulla dabbenaggine delle persone malate e ingenue, facendo credere loro di essere diverse. Stigmatizzandole soltanto perché, a loro avviso, anzi a loro ammonimento, non sono adatte ai canoni oscenamente competitivi di questa società di merda.

E le hanno impasticcate, hanno praticato loro lobotomie e castrazioni. Ricattandole al motto di… provi a ribellarsi e, anziché sbatterla in ospedale, chiamo la polizia e l’arresto.

Ha ragione Francesco Alò nel definire Joker un film bellissimo, ha ragione Mr. Marra a definirlo alla stessa maniera. È davvero meravigliosa quella scena quando Arthur Fleck ride e piange allo stesso tempo in mezzo alla folla che l’osanna con la bocca macchiata di sangue e l’espressione grandguignolesca.

E avevo ragione io quando, al Festival di Venezia, dissi subito che era da Leone d’oro.

Sapete qual è la verità?

Richard Jewell sarà, assieme a Joker e a The Irishman, il film più bello dell’anno.

 

di Stefano Faloticonetflix irishman 2

L’idiotismo romantico di un uomo poetico e cinematografico, di una balena bianca nell’oceano degli ingordi e degli invidiosi, evviva il Boss


21 Jun

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jokerspringsteenSì, gli anni sono passati.

Ma Bruce Springsteen rimane il mio cantante preferito. Posso stimare il compianto David Bowie ma il Duca Bianco era anche un cazzone troppo esuberante e damerino per far sì che io possa lodarlo più di quanto, spesso, riascoltando i suoi hit, mortalmente mi annoi e mi abbia sinceramente in passato annoiato, rotto le palle a morte, diciamo.

Tom Waits è sempre stato un gigante ma anche lui sovente m’induce a un’eccessiva ruvidezza che, in fondo, mi scontenta.

Non (ne) parliamo poi di quel frocio di Eddie Vedder. Le sue canzoni fintamente grunge in verità sono piagnistei per ragazzine col ciuccio in bocca, per sessantenni frustrate che sognano scopate selvagge nell’America che hanno visto col binocolo, sono adatte, calzano a pennello per quei vomitevoli bifolchi fighetti che se la tirano da anticonformisti rozzamente affascinanti.

Merda pura, passabile solo perché Sean Penn seppe suonargliele per Into the Wild. Contenendone gli eccessi insopportabilmente melodrammatici.

In tanti hanno cercato di dissuadermi dal perseverare a cavalcare la mia strada, spesso solitaria, innervata nella malinconia che voi, superficiali e avari, reputa(s)te amara e invece io ritengo l’unico attracco cheto per la mia anima diversa e non ancora (s)consacrata al puttanesimo sempre modaiolo e soprattutto civettuolo.

Io ho cercato ostinatamente, zigzagando alla meno peggio nel frastuono, nel ciarliero cicaleccio dei vostri malvagi pettegolezzi lerci, di disancorarmi e disarticolarmi, perfino disamorarmi, dunque innamorarmi, disconoscendo la mia autostima, dell’immagine di diverso che mi appioppaste in tempi non sospetti quando la mia emozionale alterità poteva essere scambiata per patetica timidezza, per fobia sociale da in(s)etto, per carenza di palle da allev(i)are a botte di machismi fascisti, per ritrosia vigliacca incapace di accettare le responsabilità di un mondo che, giustamente, tuttora perlopiù disgusto con sentita visceralità menefreghista. Sì, dal ventre caldo delle mie profonde vene oserei dire arcane, non voglio più stare ad ascoltare il vostro abbaio codardo, ché voleste sempre la vostra visione del mondo inculcarmi coi ricatti e la più capziosa suggestione falsamente pedagogica, invero ampollosa e figlia delle vostre pecche psicofisiche, bensì desidero, a tamburo battente e a spron battuto, inseguire l’onda del vento emotivo del mio ventriloquo e interiore, impercepibile monologo da apparente sordomuto. Sì, dal rombante silenzio mortifero, dal frastuono iper-spettrale delle vostre giornate anonime, vi odio, mi perdoni iddio, e odo riemergere in gloria il mio fantasmatico essere lunatico che s’incanta ad auscultare il cardiaco battito del mio taciturno bisbiglio, il mio crescente, esplosivo latrato repentinamente innalzatosi a melodia cangevole dei miei mille umori immutabili, alcuni sostengono che si possa dire anche immutevoli, incastonati nella mia anima oggi piangente eppur senza rimpianti, a differenza di voi, ritardati immutabilmente deficienti ché sublima(s)te le perdite con la retorica nostalgica più alla buona, in quanto nessuna scelta rinnego, anzi erigo a monumentale basamento granitico del mio spirito intimamente adamantino, immacolatamente felino in mezzo alle cattiverie permanentemente vostre da tristi volponi senza coglioni. Eppure rimanete, in parole povere, degli emeriti coglionazzoni.

Se non vi piaccio, a me il Boss piace.

Se non ti sta bene, ti asfalto.

 

di Stefano Falotico, uomo che non cambia manco se Patti Scialfa gliela dà.


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#brucespringsteen #drivefast

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Il Joker era a Castel San Pietro Terme assieme a un suo amico, forse Robin di Batman


16 Jun

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jokerSì, domenica assolata. Un caldo micidiale.

Al che, dopo una lavata bestiale, presi la macchina e m’infilai una maglietta, azionando la quinta, sollevando la leva del cambio e guidando come un dannato. Ah, sono un futurista-trasformista che odia i Transformers, l’edonismo e pure gli Avengers.

Sono il figlio delle mie mille metamorfosi, fi(si)che non, da uomo che fa del perenne cambiamento la sua filosofia a volte pure da demente.

Un uomo bracalone che odia il Dottor Balanzone, un uomo che incarna sia Gassman che Trintignant de Il sorpasso, è il mattatore de L’armata Brancaleone, uno insomma che detesta le persone ipocrite e venera Il monello di Chaplin. Di secondo nome faccio Pierrot, no, Piero, non sono un tipo da film di Pierino, conobbi però da piccolo un ragazzo di nome Pierre che si scopò molte P.R. Ora è sposato con una pura.

Di mio, non so che farmene delle pubiche, no, pubbliche relazioni. Amo isolarmi e gridare come Totò ne L’imperatore di Capriisolani, i solisti…

Ah, voi siete solo solipsistici. Quelli del PD raccontano balle e hanno la panza piena. Walter Veltroni ancora fa il Pinocchio e Beppe Grillo resta sempre un Mangiafuoco parlante.

Fra notifiche del cellulare che squillò, una squillo che adocchiai sul marciapiede, uno che mi strombazzò e un’altra con un gran didietro che, all’uscita nella quale svoltai, m’urlò che voleva trombarmi, continuai come sempre per la mia strada. Imboccando l’autoradio e ficcando il cd della colonna sonora di Lost Highway.

Sono oggi il Richard Farnsworth di Una storia vera e domani Sailor di Cuore selvaggio.

Cosicché, mi diressi in direzione di Castel San Pietro Terme. Cittadina amena con molti segreti di Twin Peaks al suo attivo. Una località intrisa di storie paesane condite da sindaci equivoci, da maestre elementari dal passato discutibile, piena zeppa di palazzi fatiscenti e posti degradati, di uomini deficienti e di altri molto abbienti, di abitanti che invero a Castel hanno solo la cantina ma stanno parcheggiati, poiché arrestati, alla Dozza di Bologna, d’un celeberrimo luogo termale ora colmo di formiche e termiti, non frequentato quando il caldo fa morire d’infarto la gente per colpa dell’ipertermia, un posto di donne scosciatissime, di biblioteche che furono ex macellerie, di distinte signore che mettono le corna al marito della prostituta più famosa che se la fa col parrucchiere, col commendatore e forse anche, appunto, con un qualsiasi puttaniere.

Uomo che non abbisogna della maschera sociale per esserle senza filtri ma comunque la ama a metà col preservativo.

Ah, questa gente che sotto Natale fa il presepe, va a messa di domenica e il lunedì mattina tifa per Salvini, io la metterei in ginocchio, genuflessa nel recitare il Mea Culpa.

Sì, gente che Fabrizio De André faceva bene a mettere alla berlina. Sì, sono persone che si dichiarano ecumeniche ma invero, oltre che fasciste nell’anima, sono senza cuore razziste.

Sì, questi qua, questi quaquaraquà vanno internati come quelli dello zoo di Berlino. La dovrebbero finire di demonizzare i giovani disoccupati quando l’unico lavoro che hanno fatto, cazzo, è stato guardare per otto ore le cosce della segretaria.

Dopo otto ore, costoro, talmente rincoglioniti dalla Juventus, non le hanno timbrato neppure il cartellino rosso.

Questa è gente peggiore di Antonio Cassano. Cassano fece solo casini e si divertì un casino con donne di bassa lega, simili a Nadia Cassini.

Donne che ebbero culo a non fare un cazzo, appunto, ma a essere più ricche di Cassano stesso.

Come fu possibile? Facilissimo. Essendo facilissime, oltre che con Cassano, andarono anche con l’intero Real Madrid.

Che posso dirvi?

Le persone religiose dicono di amare il prossimo come sé stesse ma molte di esse si suicidano per bassa autostima.

Gli psichiatri sono atei, non credono a Gesù ma vogliono salvare i lebbrosi nel cervello, pigliando parcelle da porcelli.

Sapete che vi dico? Mi comprerò il dvd di Marisa Tomei: Core & Curves.

Sì, io non sono un ipocrita.

Vi racconto persino questa.

Un mio amico venne a casa mia. Al che aprì, senza chiedere il permesso, un cassonetto ed esclamò scandalizzato:

– Cristo, ma questo è un porno. Stefano! Io pensavo che tu fossi un intellettuale. Hai un porno in casa tua.

– No, figurati. Ti sbagli. Ne ho cinquemila.

 

Ah, quante dicerie e maldicenze. Quanti esseri calunniatori.

Poi, diciamoci la verità. Non è vero che in un paese tutti sanno tutto di tutti. Questa dicasi massima popolare assai falsa. Non sanno niente, diciamo piuttosto che amano passare il tempo, spettegolando.

Potrebbe essere così?

Il mondo comunque è piccolo.

Anche a New York, il sindaco sostiene di aver fatto la scelta giusta ad arrestare uno di Harlem ma è maritato con la moglie di Martin Scorsese di Taxi Driver.

 

di Stefano Falotico

 

tomei core e curves

joker phillips

twin peaks

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, 1999, © Buena Vista

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