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Dubbio amletico: nel Cinema e nella vita, secondo voi, malattia fisica e psichica sono sullo stesso piano? Sono comparabili, equiparabili o incomparabili?


07 Aug

hamlet branaghCaro diario…

Copio-incollo da Wikipedia il famoso monologo di Amleto. Sì, ne ho il libro cartaceo, ovviamente, ma mi darei troppa penna, no, pena a scannerizzare la pagina e a fare copia-incolla dalla medesima scansionata.

«Essere, o non essere, questo è il dilemma:
se sia più nobile nella mente soffrire
colpi di fionda e dardi d’atroce fortuna
o prender armi contro un mare d’affanni
e, opponendosi, por loro fine? Morire, dormire…
nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine
al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali
di cui è erede la carne: è una conclusione
da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.
Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,
perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire
dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale
deve farci riflettere. È questo lo scrupolo
che dà alla sventura una vita così lunga.
Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,
il torto dell’oppressore, l’ingiuria dell’uomo superbo,
gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,
l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo
che il merito paziente riceve dagli indegni,
quando egli stesso potrebbe darsi quietanza
con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli,
grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,
se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,
il paese inesplorato dalla cui frontiera
nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà
e ci fa sopportare i mali che abbiamo
piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?
Così la coscienza ci rende tutti codardi,
e così il colore naturale della risolutezza
è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,
e imprese di grande altezza e momento
per questa ragione deviano dal loro corso
e perdono il nome di azione.»

Me lo ricordo pressoché tutto a memoria ma potrei sbagliare in qualche virgola o invertire qualche frase e il refuso, la svista e gli errori, di vita e non, non si addicono al Principe della Danimarca.

Io non sono principe di niente, però.

E, sebbene talvolta gli assomigli, non sono neppure Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, detto appunto il Principe Antonio De Curtis, nazionalmente conosciuto come il Principe della risata, ovvero Totò.

Non sono come quel pornoattore orribile, Prince Yahshua, nonostante me ne tirai tante su Brooks Mischa, minchia, e alcuni mi dicono che, se avessi una brava insegnante di canto personale, potrei potenzialmente essere il Rogers Nelson italiano, ovvero il grande Prince e basta.

Purple Rain!

Non intendevo causarti nessun dolore

Non intendevo causarti nessuna pena

Volevo solo vederti ridere una volta

Volevo solo vederti 

ridere nella pioggia viola

, Purple Rain è una delle canzoni più malinconiche di tutti i tempi. Vedo molti giovani insipienti e incoscienti che, quando la mettono su nei locali da ballo, si scatenano tutti belli, pensando che sia una canzone allegra.

Perché l’italiano medio canta le canzoni senza conoscere una sola parola d’inglese. Storpia non solo i testi ma anche le teste altrui.

Poiché, da analfabeta della musicalità delle anime del prossimo suo, da lui visto con troppa superficialità, combina più danni di un bambino di cinque anni se gli dai in mano una chitarra.

Ché, a chi non s’adatta al ritmo generale, gliene suona di santa ragione.

Anche questa storia della santa ragione e della santissima religione. Chi l’ha detto che esista la ragione assoluta e dogmatica, assolutistica? L’illuminismo è stato giustamente soppiantato dal nuovo misticismo, il misticismo a sua volta è stato fottuto dal moderno oscurantismo e qui, in questo mondo buio e triste, fintamente ridanciano, prevedo lacrime amare come quelle di Rutger Hauer di Blade Runner per le più sensibili anime.

Le anime ingenue e pasoliniane, semplici e pure che, in maniera però proporzionalmente inversa all’androide Rutger/Roy Batty, una volta entrate nell’età adulta, bruceranno al doppio della velocità di una persona considerata, anzi, cosiddetta normale.

Quest’arsione da sociale-sessuale tenzone e “inversione di tendenza” non avverrà dal giorno alla notte ma, state pur certi, che molti crolleranno. Ripeto, non sarà una caduta immediata ma progressiva. Anzi, degenerativa e regressiva sino al finale spegnimento emozionale delle loro anime nelle ali tarpate.

Così come avviene per una tumorale malattia fisica. Che puoi attaccare, combattere, cercare di vincerla ma alla fine impietosamente ti uccide, non lasciandoti scampo.

Ebbe ragione Clint Eastwood di Million Dollar Baby quando, dinanzi alla straziante sofferenza provata dalla povera Hilary Swank, fregandosene della legge dell’uomo e di dio, la ammazzò per risparmiarle un calvario senza fine.

Ebbe anche ragione Jack Kevorkian quando, di fronte a malati in stato terminale, praticò loro illegalmente l’eutanasia.

Tanto i miracoli non esistono, non sono mai esistiti e giammai esisteranno.

Azzardo qualsiasi persona sana di mente a contraddirmi. Se mi dimostrerà che è stata miracolata davvero, sì, le prenoto seduta stante un trattamento sanitario obbligatorio alla psichiatrica clinica più vicina.

Per tamponare e contenere subito la sua follia da sedicente illuminato e folgorato sulla via di Damasco.

Ecco, io consiglierei subito una riabilitazione anche agli amanti di Rossi Vasco, gente che s’illude che il Blasco conosca la via lontana da ogni ipocrisia. Poiché loro l’hanno eletto come messia.

Quasi tutti di costoro appartengono alla piccola borghesia oppure non credono più alla Chiesa e pensano che il Vasco abbia rivelato loro chissà quali profezie.

Io non credo alla Chiesa, credo a qualcuno purché non sia chicchessia. Non è che posso andare in giro e stringere la mano al primo venuto. Però, detto ciò, stringerei la mano a qualsiasi ragazza bella con cui venire. Sì, su questo non ho nessun dubbio amletico.

I miracoli non esistono. Io sono un miracolato ma mi son fatto il culo per esserlo. Mica come questi lagnoni che si crogiolano nel piagnisteo. Se la vostra vita vi fa schifo, basta che andiate a rifare il Battesimo e tanto sarà peggio di prima. Ah ah.

Ah, di gente strana ne vedo tanta. C’è un tizio su YouTube, il quale si fa chiamare Silverblacksky 01 che inserisce tutti i video della sua dea, Susanna Dellavia, milf model che ho pure io fra i contatti su Facebook, sebbene io abbia però la foto-profilo vera e non mi nasconda nei l(u)oghi ambigui col faccione di Kevin Spacey.

Susanna è un figone, almeno su questo non ci piove.

C’è un altro, non mi ricordo però in tal caso il nome, che passa il tempo a filmarsi sotto la doccia, cacciando scoregge a tutt’andare.

Coi soldi ottenuti dalle visualizzazioni, il giorno dopo filma di nuovo le sue aerofagie, il suo meteorismo e le sue incontinenze, viste ma fortunatamente non sentite in ogni continente.

In molti, nello spazio commenti, lo mandano a cagare ma lui, imperterrito, ai suoi hater emette e promette, soprattutto, altri video che, dopo che li avrete visionati, a causa del voltastomaco dovrete andare dal gastroenterologo.

Purtroppo, la malattia psichica esiste. Nel novanta per cento dei casi non è di natura genetica od organica.

Si sviluppa per tutta una serie, appunto, di fattori sfavorevolmente concomitanti.

Per malattia mentale s’intendono una serie di comportamenti ano(r)mali rispetto alla normalità reputata conformisticamente ordinaria, data per assodata, cioè azioni atte a compromettere gli equilibri altrui, soprattutto la mente stessa e il corpo di chi n’è affetto. Cazzo.

Sono stato telegraficamente generalista e superficiale in quest’ultima frase ma la brevità di un post mi obbliga a esserlo. A essere o a non essere?

La tragedia pura è ritornare a essere quello di prima ma il prima non c’è più e il dopo chissà cosa può essere. Ora, amici, vi lascio con uno dei miei video più spontanei. Credo che sia il mio più bello. Il più sentito.

Su Facebook, hanno eliminato l’audio finale. Con la scritta: la UMG ha preso provvedimenti.

Provvedimenti di che? Fra l’altro, l’audio si sente pure prima.

Siete voi che non sentite niente. Ah, su questo vi metto la mano sul fuoco. Sì, tanto è uno che non serve a nulla. Possiamo anche bruciargli non solo la mano. Su quella, invece, brucerei qualcos’altro.

E anche stavolta, dopo essere andato da dio sino alle ultime due frasi, ho mandato tutto in vacca. Ma ci sta o non ci sta questa qua? Chi lo sa? E voi invece siete He-Man o Skeleton?

Chissà.

Ecco, sia per quanto riguarda la malattia fisica che quella psichica, la medicina ufficiale non ha ancora trovato i farmaci adatti, nella maggior parte dei casi, per allentare il decorso delle malattie stesse.

Ecco, Michael Douglas è riuscito a curarsi dal Cancro. Sì, vero. Ma perché è Michael Douglas e deve aver sperperato miliardi su miliardi per sottoporsi a cure massacranti dalla mattina alla sera. N’è uscito per miracolo, appunto. Ha potuto, cioè, permettersi il fior fiore di tutta un’iper-specializzata equipe tecnica adeguatamente preparata.

Ora, se la malattia gli fosse stata diagnosticata in fase avanzata, sinceramente, poteva chiamare a raccolta e al suo capezzale Catherine Zeta-Jones, numero uno in fatto di capezzoli, no, i più grandi e dispendiosi luminari ma sarebbe morto lo stesso. Gli è andata, diciamo, fatta bene. Ah, più fatta bene di Catherine, c’è solo Santa Caterina da Siena. Con l’unica differenza che quest’ultima Caterina non ha mai indossato la maschera di zorro per essere beatificata in tutto il mondo.

Che voglio dire con questo? Chi ha orecchie per intendere, intenda, chi è ricchione non sarà mai il suo Antonio Banderas. Secondo me è così… poi fate come cazzo vi pare.

Micahel s’è comunque salvato, come si suol dire, per un pelo, per il rotto della cuffia. Quella da lui indossata durante la chemioterapia.

Ma almeno a Michael Douglas è stata offerta la possibilità di curarsi e di poter ricevere le migliori cure mediche possibili e immaginabili.

Perché aveva e ha i soldi. Molti, come detto, li ha spesi. Ma tanto gli sono stati restituiti dalla banca. Il suo capitale gli frutta molti interessi. Inoltre, tutti i suoi colleghi di Hollywood, visto che s’era salvato, per leccargli il culo, gli hanno pure mandato molti assegni.

Alla gente comune ciò non è permesso. Spesso, si trovano medici superficiali che fanno diagnosi alla buona, i cosiddetti medici della mutua. E i farmaci che prescrivono, eh sì, anziché vincere la malattia, ne accelerano addirittura l’implacabile evoluzione.

Bello schifo.

A mio nonno, ad esempio, fu diagnosticato un cancro al pancreas o al fegato, se non vado errato, se non sono erroneo.

Pareva che fosse stato preso in tempo. Tant’è che lo dimisero dall’ospedale. Poi, pochissimi mesi dopo, cominciò ad accusare fortissime fitte allo stomaco. E vomitò sangue.

Mia nonna chiamò immediatamente l’ospedale. E mio nonno salì dal sud al nord, proprio qui a Bologna, ove abito io, perché gli avevano detto che Bologna è una delle città più all’avanguardia in fatto di malattie tumorali.

Ecco, mio nonno, di lì a poco morì. Le metastasi oramai l’avevano flagellato irreversibilmente.

Stesso discorso per le malattie cosiddette psichiche. Vi auguro per voi, figlioli cari, che non finiate mai in un centro di salute mentale dei dipartimenti statali.

No, non voglio mettere in dubbio la buona fede, la preparazione, la disponibilità e la cultura degli psichiatri che praticano qui il loro lavoro al massimo della diligenza. Ma prendono ordini dalla dirigenza…

E vi posso garantire che hanno troppe persone.

Ora, a volte mi reco da uno psichiatra anche se, onestamente, mi serve solo per fare due chiacchiere e confidare segreti intimi che non si rivelano neppure agli amici per la pelle. Perché qualche amico potrebbe pensare male riguardo certi miei pensieri da beat generation. E potrebbe malignamente tradire i patti d’amicizia, farmi lo sgambetto e stigmatizzarmi in modo cattivo agli occhi degli altri vicendevoli amici, trattandomi da degenerato.

Mi troverei sguarnito, senza difese, se non quelle immunitarie della mia forza di volontà atte a contraddirlo e combattere le sue calunnie. Ma una volta, come si suol dire, che si sparge la voce in giro, la gente parla ed è impossibile fermare le stronzate. Quello che Philip Seymour Hoffman ne Il dubbio chiama, appunto, il pettegolezzo.

Bene, sapete che io non ho nulla da nascondere e dunque, in tutta sincerità e a cuore aperto, posso dirvi che lo psichiatra sopra citatovi, bene, è addivenuto a una conclusione piuttosto tragica. Conclusione a cui, peraltro, io ero arrivato da solo già a vent’anni.

– Devo dirti la verità. La diagnosi è sbagliata, dalla a alla z.

– E come mai nessuno dice niente?

– Sai com’è. Ti hanno dimesso ma scoppierebbe uno scandalo se chi t’ha fatto la diagnosi, diciamo, la smentisse. Ne andrebbe della sua reputazione.

– Questo si chiama insabbiamento.

– Anche inculata con “coglionamento”. Purtroppo, sì.

– Però come mai lei è riuscito a capire tutto e gli altri medici no?

– Anche gli altri hanno capito tutto. Ma la legge parla chiaro.

– Si chiama allora ingiustizia.

– Infatti lo è, anche mostruosa, se proprio vogliamo dircela tutta. A questo aggiungiamo, appunto, il fatto che quelli del pubblico, avendo così tante persone, non hanno il tempo e non hanno neppure la voglia di (psic)analizzare caso per caso ogni singolo paziente. Hanno anche loro i cazzi per la testa, soprattutto le psichiatre. S’innamorano degli infermieri. Preferiscono sbrigare le pratiche con diagnosi a buon mercato e qualche medicinale prescritto ai pazienti da farmacisti, più che da umanisti.

– Lei, quindi, è un umanista.

– No, non sono un fascista.

– Io chi sono?

– Non l’hai ancora capito? Mi troveresti un altro “pazzo” che sappia scrivere un pezzo così?

– Ah, ma allora questa è una super tragedia mai vista.

– No, assolutamente. Molto di più.

 

 

di Stefano Falotico

 

TOO OLD TO DIE YOUNG: la questione araldica di Nicolas Winding Refn


02 Jul

Augusto+Aguilera+Screening+20th+Century+Fox+d3G9uob17Jol

Avete finito di vedere la serie Too Old to Die Young?

Innanzitutto, pare che William Baldwin sia stato un mezzo profeta. Nell’episodio uno, dice a Miles Teller che è bello come Elvis.

Di poche ore fa infatti la notizia secondo cui Miles Teller, attore oramai lanciatissimo, è fra i nomi più in lizza e papabili per interpretare il re del rock nel biopic di Baz Luhrmann.

Too Old to Die Young sta già facendo discutere i fanatici dell’estetismo, forse anche le estetiste che vogliono assomigliare a Jena Malone. Poi, per via del loro narcisismo e della loro civettuola propensione all’ombelicale ballo del qua qua delle loro frigide, a mo’ di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti versione donne frustrate, danzano per le loro stanze arredate a regola d’arte. Dunque, esauste, si stravaccano sul divano in vestaglia e recitano il monologo millenaristico, assai moralistico scandito da Jena distrutta. Soprattutto nei polmoni dopo essersi scalmanata come un’indemoniata. Sfiancata da sé stessa, esasperata da troppi dildo e monologhi della vagina.

Un soliloquio da donna delusa forse fanatica statunitense di Vasco Rossi.

Già, Nicolas Winding Refn, dopo i primi due episodi soporiferi da latte alle ginocchia, negli episodi 3, 4, 5 e 6 aveva/ha trovato la giusta amalgama, spingendo sull’acceleratore e tirando fuori un’interpretazione ipnotica da Augusto Aguilera nei panni di Jesus. Un pervertito esecrabile come tutti i protagonisti di questa serie.

Aguilera, uno che non ha il fisico a pera ma la faccia di Leonardo DiCaprio messicano e il fisico palestrato di un pornoattore sadomaso. A metà fra il portoricano e il bovaro che, dopo un pranzo luculliano, beve un faraonico amaro. Rilassandosi da solo sul divano, forse guardando Yellowstone con Kevin Costner.

Augusto qui non gliela fa proprio. Ha sposato una donna statuaria ma lui, in confronto a lei, nonostante la sua ricchezza e la sua dinastia regale, si sente un bambino col pigiamino.

E sua moglie Yaritza/Cristina Rodlo asseconda ben volentieri questo povero sfigatello. Divertendosi con lui a fargli da mamma… Divertendosi tanto a tiramento di suo uccello…

Infatti, echi di The Wolf of Wall Street si avvertono in più punti in questa villa angusta di Augusto eppur principesca, quasi da modello Scarface depalmiano.

Alla fine la spunta proprio Yaritza. Dopo nove episodi interminabili di un’ora e mezza circa cadauno, tranne un paio di un’ora e poco più, Refn fa il figo. E fa vincere la super figa.

Per distinguersi dalla consuetudine dei canoni standard delle serie tv, ove di solito l’episodio finale è il più lungo, lui invece ha girato, per l’occasione, uno spezzone di manco mezz’ora.

Regalandoci uno dei finali più insulsi della storia.

E John Hawkes che fine ha fatto?

Secondo me, il sito www.spietati.it impazzirà per questa serie con in prima linea il recensore “maudit” Luca Pacilio a piangere d’amozione.

Su rottentomatoes.com, questa serie di Refn ha invece ricevuto un 64% di voti positivi. Non un granché, a dirla tutta.

Un mezzo flop, insomma. Gran parte del pubblico ha lasciato stare già a metà dell’episodio 2 quando il rincoglionito nonnetto ripete sino allo sfinimento che il più grande calciatore del mondo sia/è stato Pelé.

Chiariamoci, Edson Arantes do Nascimento non era niente. Il suo goal più bello l’ha fatto in Fuga per la vittoria. Dopo cinquemila volte che hanno ripetuto la scena.

Ho detto tutto.

Mi spiace anche per Maradona ma era solo un mezzo panzerotto da circo Togni.

Lionel Messi è il più grande di sempre anche se c’è chi gli preferisce Ronaldo, cioè le donne.

Messi, come uomo, è un cesso. Ronaldo invece assomiglia ad Augusto Aguilera. Un altro mammone…

Oggi, d’altronde vanno di moda i modelli semi-froci.

Ho detto tutto.

No, io non sono nichilista. Ma non credo ai nazionalismi, alla retorica patriottica e neppure alla bioetica.

Stamattina, ho ricevuto peraltro in chat le offese di un trans. Transitava…

Che mi ha definito omofobo. Pensa te:

– Stefano, non devi incazzarti se ti ho rifiutato.

– Pensavi che volessi provarci con te? Guarda che, di punto in bianco, mi son trovato lo spam delle tue esibizioni illegali da prostituta/o online. Ti avevo semplicemente bloccato.

– Sì, ti è andata male. Dunque sei un intollerante sessista. Io vi odio tutti! Non potete capire.

Scusa, ora però ho uno che mi aspetta. Sai com’è, carissimo. Il mondo non mi accetta per quel che sono ma questo è un cliente che può aiutarmi…

 

Ma che voleva questo qui? Oltre a essere pazzo, racconta falsità. Adesso va a dire in giro che c’ho provato con lui e che ho semi-stroncato il film Flawless di Joel Schumacher perché vi è una drag queen.

Ma che dice? Che farnetica? Io adoro A qualcuno piace caldo. Questo qui l’ho bannato non perché sia un diverso, perché è scemo. Gli deve entrare… nel cervello.

Comunque, è un’umanità fredda.

Un altro bimbetto come Augusto Aguilera mi ha scritto su YouTube che si prodigherà affinché io possa essere curato e ricevere le migliori assistenze psichiatriche solo perché non voglio mettere su famiglia.

Ah, mettesse pure lui su la famiglia. Gliela lascio tutta. Compresi i litigi coniugali e i piatti che voleranno. Così, considerando la sua “nobiltà” d’animo nei confronti del prossimo suo e la sua finezza pedagogica, suo figlio a vent’anni si suiciderà in quanto massacrato da un padre perbenista che volle sedare gli altri ma non comprese di essere, dalla nascita, affetto da infermità mentale e da manie sessuali mai sanate.

Per forza, considerando la racchia di donna con cui fece il figlio (de)generato, cosa poteva aspettarsi? Una figlia più scema di lui, più ebete del fratello e più brutta della strega sua consorte?

Sì, uno di questi padri medi italiani. Che schematizzano fin dall’adolescenza la vita dei figli, obbligandoli a scelte e a tappe forzate. Tarpando sempre le loro ali.

Se poi, a trent’anni si credono Thor, cazzo, una ragione imbecille di questo depauperamento era già da addursi all’albero genealogico della mentale loro malattia ereditaria. Di mio, ammetto con enorme orgoglio e spudoratezza sfrontata che gran parte della vita sociale disgusto. Ma non sono Augusto.

Non sono comunque pietistico e non urlo, a differenza degli asociali da asilo, che il mondo sia ingiusto. Sono un uomo giustissimo.

Basti vedere Too Old to Die Young per capire che avevo e ho ragione su tutta la linea.

Sono l’ultimo dei paperini, in fondo un romantico pauperista.

Insomma, ricapitolando, nel mondo e in questa serie non si salva nessuno, tranne io.

Ecco il promemoria. Uomini e donne, tempi bui ci aspettano, tenetelo ben a mente:

Miles Teller/Martin Jones: un poliziotto corrotto sin al midollo, fa l’amore con una minorenne e finisce massacrato da Jesus, il ritardato par excellence.

Nell Tiger Free/Janey: assomiglia alla ragazza tipo, un po’ topa, di una prestigiosa scuola media superiore. Prende bei voti per fare carriera ma sceglie di sverginarsi con uno che non sa manco chi sia Jung, ovvero Martin/Teller.

William Baldwin/Theo, il padre di Janey: tutti i soldi gli sono serviti solo per scoprire che ha avuto sempre fantasie erotiche piuttosto spinte su sua figlia depressa.

Uno schifo d’uomo.

John Hawkes/Viggo: uno che non ha nessun problema ma dovrebbe curarsi dal fumo e comprare una sigaretta elettronica.

Yaritza/Cristina Rodlo: simbolo del femminismo MeToo.

Ovviamente, concludiamo col top(o) già, più e più volte, menzionatovi “lodevolmente”, ovvero Aguilera/Jesus: è Lapo Elkann versione sudamericana che manda in vacca la famiglia Agnelli di Once Upon a Time in Mexico.

E fa pure il porcellino, ammazzando, oltre a Teller, un altro poliziotto che gli aveva forse solamente rubato due euro dal salvadanaio di porcellana.

Insomma, la morale di Refn è questa: siamo tutti psicopatici, tutti marci, tutti schifosi.

Solo che c’è chi vince la Lotteria di Capodanno e fa il signore distinto e chi, la maggioranza, che ha pochi soldi e semmai casca nel crimine.

Chi pensa, insomma, che se si comporterà in maniera rispettosa di tutti, perfino dei più bavosi, ladri e miserabili, dopo la morte andrà in paradiso, be’, dopo la morte… come tutti finirà solo sotterrato.

Chi pensa che un pazzo sia una persona poco dotata, ah ah, è da manicomio.

Chi pensa soprattutto che fra vent’anni esisteranno ancora le arene estive e i cinema non scompariranno, demonizzando Netflix e Amazon Prime Video, è meglio che si spari in testa subito.

Questo è quanto.

È il mondo che avete creato e Refn ha fatto bene a sbattervelo in faccia. Senza ipocrisie.

di Stefano Falotico

Nicolas+Winding+Refn+Old+Die+Young+Photocall+fjqdeLeySTll

 

La famigliola di parenti serpenti nel Cinema, dal Padrino a Ti presento i miei, da La Famiglia Addams ai Tenenbaum


13 May

brando padrino

Sì, la famiglia è fra i primi posti nella gerarchia dei valori italici.

Quasi tutti gli uomini e le donne non si offendono quasi mai, a meno che non siano dei permalosi incendiari, se subiscono provocazioni goliardiche. Anche se vengono apertamente derisi, arrivati all’età della ragione, in seguito a queste smodate offese, non si scompongono più e, appunto, non sragionano.

Se le offese sono meritate e non gratuite, se le critiche non sono figlie dell’invidia, dell’ipocrisia oppure generate per malevolenza calunniosa, un uomo maturo sa che deve accettarle. Fanno parte del gioco della vita. Non si può pretendere di essere affascinanti come Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio se madre natura invece ci ha reso Rick Moranis.

Detto questo, se invece si va a toccare la famiglia, ecco che sia gli uomini che le donne s’infoiano bestialmente e danno libero sfogo a tutto il peggio di loro stessi, arrivando a bassezze incredibili:

– Che cosa? Come ti sei permesso di dare della puttana a mia moglie? Io ti accido!

 

E voi donne la dovreste per una buona volta finire d’insultare la signora Monica Bellucci. Sputandole addosso infamie e cattiverie inusitate. Bona è bona, fa veramente schifo da quanto è ancora bona nonostante l’età non più giovanissima. Che poi sia un’attrice del cazzo è un altro discorso.

Ma sfido qualsiasi uomo a non voler giacere con lei. Semmai, dopo una tiepida, intima cena al Ristorante Trattoria Peppone il pepato e forse il pippaiolo.

Sì, Peppone è uomo comunista che se ne frega dei puritanesimi di Don Camillo. E, oltre a far il sindaco, insindacabilmente nel tempo libero prepara primi piatti alla puttanesca conditi con olio piccante, serviti ai clienti infreddolitisi per colpa del rigido inverno ma già scaldati nell’afrodisiaco lor gustarsi di sguardi assai roventi, come dico io, ardenti e al dente come il buco dell’ozono e anche di qualcos’altro.

Ah, si leccano i baffi…

Peppone, sposato a Peppina, è uno stalinista dello zoccolo tosto che dà all’uomo una felicità robusta e culinaria in senso lato anche b del termine.

Ecco, ma non dilunghiamoci nelle sognanti, fumanti notti impossibili con Monica Bellucci, miei bellocci.

Qui si parla di famiglia. Io per Monica, sì, rinuncerei a ogni sogno di gloria, sposandola, pure spossandola e lavorando duro… come un negro pur di metter su con lei una generazione matriarcale. Sì, rinunzierei a ogni ambizione artistica se mi chiedesse di stare con lei finché morte non ci separi.

O ci spari nel caso in cui Monica s’innamorasse di Al Pacino di The Godfather poiché sarebbero cazzi miei se mi opponessi da bravo, non so se goodfella, alla promessa sposa del siculo re dei mafiosi.

Un vero Don Rodrigo, un cafone signorotto che vuole fottere tutti e tutte.

Sì, Michael Corleone mi griderebbe:

– Monica deve accavallare le gambe solo per me. Altrimenti taglio la testa al toro della tua sessualità da cavallo. Cioè ti amputo i testicoli, testone! Caprone, zuccone.

 

Provate a replicargli che vostra moglie, presto sua futura consorte, non gli farà manco un pompino e le funebri pompe vi aspetteranno dopo tre secondi netti.

No, se la pigliasse pure. Ci tengo alle mie palle.

Ma, a parte gli scherzi, sì, la famiglia del Padrino è tremenda. Se uno nasce in una famiglia così, sì, potrà avere la strada spianata per la ricchezza ma pure la reputazione rovinata anche se dovesse diventare il nuovo redentore e sua figlia divenisse Madre Teresa di Calcutta.

– Chi? Non ci crede nessuno che quello sia un santo e sua figlia una missionaria. Quella è una famiglia di ladri, assassini, di criminali incalliti e imperdonabili.

 

Sì, ecco la gente mafiosa che spettegola sui figli pentiti dei mafiosi impuniti. E questa gente non si pente!

Dio mio! Solo pene… linciaggi e sentimenti melodrammatici da tragedia napoletana si mischiano fra tarallucci e vino.

Dunque, se nascete in una famiglia di questo tipo, fatevi subito il segno della croce come Paul Vitti di Terapia e pallottole e, se non siete nell’animo dei gangster, sparatevi in testa.

Ma quale famiglia?

La famiglia dice peste e corna, di richieste t’impesta e tuo fratello è geloso come De Niro di Toro scatenato, come Pacino di Scarface.

Insomma, non si salva nessuno. Il principe Carlo è figlio di una a cui credono solo gli inglesi mentre noi italiani lo consideriamo un babbeo.

In Italia nessuno vuole lavorare. Nemmeno in Inghilterra. A dirla tutta, da nessuna parte, qualcuno ama il lavoro. Mettiamo però per ipotesi che a Carlo venisse voglia di lavorare, cazzo, gli darebbero ancora di più del coglione. Quest’uomo è spacciato per colpa della sua dinastia nobile della minchia.

I figli de La famiglia Addams amano il Cinema di Tim Burton, i figli di Berlusconi amano pure le Escort con cui è stato il padre. Come no?

Un gran puttanaio, diciamocela.

Ah ah! Siamo tutti, chi più chi meno, rovinati.

I figli degli avvocati se decidono di fare gli operai vengono diseredati, i figli degli operai se vogliono fare gli avvocati penalisti vengono considerati degli stronzi dai parenti che urlano loro:

– E tu guadagni un mucchio di soldi, condannando un cristiano del cantiere popolare che ha dieci figli? Vergognati! Adesso andremo da tutti i muratori della città a dire loro che devono murarti vivo!

 

Le figlie delle zoccole diventano più mignotte delle madri, i figli dei gastroenterologi curano semmai tutti ma non riescono ad alleviare il mal di panza loro perché la moglie, una modella analfabeta, li ha traditi con un disoccupato malato terminale che, in quel momento, aveva bisogno di un’ultima botta.

Davvero, è tutto uno schifo. Una merda collettiva.

E gli infermieri dove stanno? Chiamate il pronto soccorso!

È una società impazzita.

Ma io ballo, sculettando.

Io so come va il mondo… figli miei. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

JOKER: “Character Study of a Mentally Ill Person”: Joaquin Phoenix will be Jack Nicholson or Travis Bickle?


30 Mar

joker phoenixjokertaxi

Quando pensi di essere brutto, pazzo e coglione, invece il problema è il contrario, ah, bella roba…

Sì, questo lo sa anche il cane Jack della ragazza condomina del terzo piano del mio palazzo.

Pensate che stia scherzando? Vorreste alludere che… il cane non si chiami Jack ma ho scelto questo nome per richiamare, visto il titolo di questo scritto, uno dei pazzi per antonomasia del Cinema di tutti i tempi?

Ovvero mr. Jack Nicholson?

Già lo dissi e lo ripeto. Innanzitutto, sfatiamo questo luogo comune. Invero, Jack Nicholson ha interpretato pochissime volte la parte del pazzo.

Il suo McMurphy di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ad esempio, non è propriamente pazzo.

È una persona che, non essendo mai soddisfatta, va con le donne e parla sempre di sesso ma invero questo suo atteggiamento, all’apparenza irriverente da bon vivant e pirata delle eleganti regole conviviali, questo pagliaccio triviale, nasconde intimamente una fragilità enorme di una sua anima all’addiaccio. Da diavolaccio.

Infatti, lo internano perché è uno sbandato. Non perché sia un folle nel senso letterale del termine.

Nemmeno il suo Jack Torrance di Shining lo è. Pazzo lo diventa. Assalito dalla solitudine, incancrenito dalla freddissima monotonia di una vita asfittica, priva oramai di ogni stimolo appunto puramente vitale. Anzi, vitalistico. Inaridito nella consuetudine d’una ripetitività stantia. Oppresso dalle pareti di quella sala spoglia, soprattutto del suo cuore, di quella gelida stanza senza più energiche, reattive istanze.

E dovrei anche dare colpi d’ascia a Kubrick. Ché ci ha fatto sempre credere che l’estrema solitudine, detta solitude o meglio loneliness dagli anglosassoni, sia arrecatrice di turbe psichiche piuttosto rilevanti.

Grande balla. Meglio stare soli che frequentare gente fuori di testa che, con le sue idee bacate, potrebbe davvero traviarti, distorcere la perfezione compositamente, oserei dire, simmetricamente architettonica dei tuoi neuroni, disordinando il mobilio del tuo arredamento psicofisico.

Meglio non essere intaccati da questi attaccabrighe toccati…

Eh sì. Parlo almeno per me. Più sto solo e più sono felice. Più la gente mi cerca e più mi stresso. E m’isolo in me stesso.

La gente angoscia con le sue richieste, ti vuole omologare ai loro canoni percettivi della realtà e, appunto, plasmarti a un modus vivendi da loro/essa reputato corretto e retto. È gente inetta che t’infetta.

La gente è solipsista, ti vuole plagiare secondo le sue metriche ideologiche, modellarti a immagine e somiglianza di un sembiante di te che tu sei/sai, quindi io so, che non appartiene a me.

È soltanto una parvenza, effimera, mera appariscenza, simpatica, carnascialesca, collettiva, spersonalizzata, sopravvenuta scemenza attenutasi ai dettami (dis)informativi di una massa in verità senza senziente coscienza.

Cosicché gli altri potranno dire: ah, bravo, ora mi piaci, sei anche più simpatico.

Sì, ma tu non piaci a te, quindi al sottoscritto.

Ti sei corrotto per compiacere, tutt’al più, un’idea (s)piacevole di conformità, di apparente, ben accetta normalità così triste e disdicevole.

Per farti accettare, ti sei accettato. “Accettato” nel senso adattato e (s)figurato, in tal caso, del verbo accettare. Ti sei reciso con l’accetta per non farti tagliare fuori da chi, se fossi rimasto integro, soprattutto nella tua moralità integerrima, ti avrebbe spaccato il morale con cattiverie miserrime. Ti avrebbe pure estratto un molare con sadismo pusillanime. Gente infima e infame.

E ti avrebbe incitato a mollare.

Ecco, così diventi misantropo come il Jack di Qualcosa è cambiato. Assalito da manie compulsive per compensare l’atrocità del comune vivere e del viversi di patti sociali per la maggioranza comuni.

A proposito, conosco uno che non vive comune-mente. Vive provincialmente.

Sì, adesso il suo comune è diventato provincia.

Ah ah.

E se la provincia in cui abita, un giorno, diventasse capitale?

A quel punto, diciamo demografico-topografico, vivrebbe capitalmente da fico?

Eh sì, per vivere in una metropoli ci vuole un certo capitale. Il prezzo della vita frenetica costa parecchio.

Altrimenti, se non vai alle feste, ti dicono che sei un provinciale e un uomo poco comune.

È un bel guaio, cazzo.

Tornando a Jack, no, non il cane della mia coinquilina, possiamo dire che l’unico pazzo puro che ha interpretato è stato il Joker. Gli altri suoi personaggi, compresi quelli da me poc’anzi menzionati, sono al massimo dei dropout, degli easy rider.

Delle persone che non si accontentano della conoscenza carnale, persone complicate che si vanno a mettere nei casini perché a loro paiono troppo banali cinque pezzi facili.

Sono persone che si dilaniano dentro, persone a cui non basterebbero mille vite per essere sereni. Altro che Tre giorni per la verità.

Persone incurabili, altro che idiozie da Terapia d’urto.

Persone profondamente inquiete, perennemente alla ricerca di omeostasi emozionali che non troveranno mai.

Persone a loro volta smembrate come un’anonima persona smarritasi nel traffico tentacolare delle sue ansie secolari. Millenarie.

Non certo dei folli che anelano alla guerra civile. Non certamente dei sobillatori, dei mitomani, dei patetici losers che, dato che non sono stati capaci di fare nulla, s’augurano che dall’alto dei cieli arrivi finalmente l’Apocalisse, bestemmiando nei loro fanatici deliri insensati da malati con auto-distruttive chimere e stelle comete, diciamo, millenaristiche. Persone affette da deliri mistici. Persone non tanto mitiche. Eremitiche, probabilmente solamente delle teste di minchia.

“Pazzi” come il Joker sono le persone più vere e sincere. Come dico io, veraci. Ed è per questo che non stanno più bene. Perché tutto è andato in malora, son crollati, dalla società si son scollati, di tutto sono scocciati, la gente dice loro che sono degli sci(r)occati ma loro vedono le macerie crollare persino in mare e, quando spengono le cicche di sigarette nel posacenere, il lor sogno di amare una donna come Venere è sfumato nel vento doloroso di troppe bruciature.

Persone che erano ilari e ora sono buffoneschi giullari.

Rimane allora solo, sola-mente la “follia”, l’onnipotenza del buttarla in demenza perché esser stati valorosi e aver creduto agli ideali si è rivelata soltanto una stupida utopia.

Nonostante ciò, il Joker è il Principe del Crimine.

Io invece rimango il PRINCIPE.

God’s lonely man. Ringrazio iddio.

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di Stefano Falotico

Finalmente la copia limited edition di Bronx, le copie del mio libro su Carpenter, il mio quartiere e lezioni di seduzione del signor Falotico


14 Sep

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Ebbene sì, verso le 14, cioè alle due del pomeriggio, hanno suonato all’unisono al mio campanello due postini differenti.

– Chi è?

– Sono il postino. Corriere…

– Devo scendere io a ritirarlo?

– Sì, ovvio.

 

Ebbe’, ai postini fa sempre male il culo. Tranne quando nell’appartamento, tutta sola, c’è Jessica Lange e Jack Nicholson che suona due volte. Drin drin, che trombata…

Mentre penso ciò, afferro le chiavi, chiudo la porta, aspetto l’ascensore (anche a me fa male il culo scendere le scale) e arrivo al piano terra, al pianerottolo dell’entrata del palazzo, cosicché mi trovo due uomini anziché uno solo.

– E lei chi è?

– Sono il postino.

– E lei invece?

– Sono il postino.

– Siete entrambi qui per me?

– Sì, abbiamo un pacco, doppio pacco.

– Anche il contropaccotto come nel film di Nanni Loy?

– No, non amiamo il cinema – rispondono in contemporanea tutti e due.

– Ora, io aspettavo dei pacchi proprio molto inerenti il Cinema, con la C maiuscola.

– Be’, non sappiamo cosa ci sia qua dentro. Ci hanno detto di consegnarli a lei. È lei Falotico?

– Sì, sono io, anche se a volte dimentico di esserlo.

– Firmi qui.

– Firmi qui.

– Un attimo, prima firmo una ricevuta e poi l’altra.

– Ecco la penna.

– Ecco la penna.

– Posso sceglierne una per entrambe le firme?

– Sì, la mia è meglio.

– Sì, la mia è meglio.

– Sono ottime penne, sì. Scelgo questa, così, a occhio mi sembra avere più inchiostro.

 

Bene, torno nel mio appartamento e scarto i pacchi, sperando che non m’abbiano tirato un pacco. Anche perché ho pagato anticipatamente per entrambi i pacchi e il pagamento non è retroattivo. Dunque, se dentro quei polistiroli non c’è quello che aspetto, è come quando fissi un appuntamento con una donna. Fremi per incontrarla, per scartarla e toglierle il cellophane della sua maschera da borghese troppo sulle sue, e poi scopri che non è una donna. Sì, è un uomo grande e grosso, è Sylvester Stallone de I falchi della notte. Ma tu, quindi anche io, non sei/sono Rutger Hauer, cioè uno psicopatico, sei un povero sfigato di merda e quello è solo un transessuale che per mesi, sotto un falso profilo, si è spacciato per donna. Tutti i tuoi sogni amorosi sono andati a puttane in un nanosecondo agghiacciante. Sì, gli piacevi, non ebbe il coraggio di rivelarti la sua vera natura sessuale e ci provò… ma gli andò male, molto male.

Comunque sia, nei pacchi ci sono il Blu-ray di Bronx col mio nome e cognome stampato sul retro, assieme agli altri 500 che si sono aggiudicati la copia limitatissima da collezione speciale, e le mie due copie personali del cartaceo su Carpenter.

Sì, ho ordinato solo due copie. Una da tenere immacolata come una reliquia, l’altra da sfogliare con delicatezza e imbrodarmi del mio talento recensorio.

Un tempo, ordinavo più copie personali per donarle a parenti e a amici. Ma non lo faccio più per due ragioni. Innanzitutto, se vogliono un mio libro, se lo devono comprare, ché di fare Babbo Natale e San Francesco mi son rotto i coglioni, poi la maggioranza dei miei parenti non capisce un cazzo di Cinema. Neanche di Letteratura, e prendono i miei libri, quando glieli regalo, solo per arredare la mensola della biblioteca. Una biblioteca poverissima e impolverata. Di amici non ne ho molti, pochissimi, e i pochi che ho… sono invidiosi e non vogliono darmi soddisfazione. Potrei anche aver scritto, come probabilmente è, un libro da premio Nobel e mi direbbero che è una schifezza perché distrutti nel fegato spappolato da rosiconi. Maledetti bastardelli, ah ah!

 

Sì, la mia vita è stata sempre contrassegnata dall’invidia. Appena titubai a livello istituzionalmente scolastico, il mio amico delle scuole medie, che ha sempre saputo di essere molto meno sveglio e bello di me, andò a calunniarmi con l’ex professoressa di matematica. Che, peraltro, abitava e abita ancora proprio nel mio palazzo.

– Lo sa che Stefano vuole farsi i cazzi suoi e crede che la matematica non gli servirà a niente?

– Davvero? Ma che mi dici?

– Sì, è così. Pare che si sia ammalato di Bob De Niro, guarda tutti i suoi film. E pensa di essere Travis Bickle.

– Be’, allora è un davvero avanti, mio caro Gabriele. De Niro è il mio attore preferito. Tu guardi ancora i film con Paolo Villaggio?

– Sì. Ah sì?

– Sì, stronzone. A te che cazzo frega diffamare il tuo ex migliore amico?

 

Sì, Gabriele lo prese nel culo. E da allora, essendo io venuto a sapere delle sue maldicenze sul sottoscritto, si vergogna profondamente del suo atto sconsideratamente malizioso. Tant’è vero che gli offrii l’amicizia su Facebook, due anni fa, e mi bloccò. Per paura del confronto.

Non vale un cazzo.

Sì, nel 2004, su per giù, io feci qualcosa di mostruosamente geniale, uno di quei colpi bestiali sfacciatissimi. Dopo essermi ibernato sessualmente durante la mia (non) adolescenza, contattai una su un sito d’incontri. Mi piaceva, adesso per niente.

– Ciao. Mi piaci. Voglio scoparti.

– Tu chi sei?

– Voglio scoparti, ripeto.

 

A quel punto, voi lecitamente vi chiederete… be’, non t’ha mandato a fanculo?

No, mi sono sverginato con lei.

Così, alla prima, e fui appunto diretto, sfrontato come Pacino di Scarface con Michelle Pfeiffer. Fascino di carisma incommensurabile.

Sì, con lei non parlavo molto prima dello sverginamento. Ma lei diceva ch’emanavo sex appeal impressionante e mi sbranò come una tigre.

Sì, ve l’ho detto che da allora non mi sono del tutto ripreso dalla botta? L’uccello ha funzionato alla perfezione da quella serata in poi, il cervello molto meno.

In realtà, sono un enorme bugiardo. Ciò che avete letto sino a questo momento è l’allucinante, purissima verità. Ciò che leggerete nel mio libro su John è un’immensa genialità.

E questo è il mio quartiere.

Attenzione. Non vi dico in quale punto ma, per un attimo indistinguibile, la mia faccia appare riflessa simil Profondo rosso.


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Il mio quartiere

Un post condiviso da Stefano Falotico (@faloticostefano) in data:

 

Al che faccio leggere questa mia monografia su Carpenter a un professore del DAMS.

– Dottor Falotico, mi complimento con lei. Davvero molto bella, le sono sincero.

– Grazie mille, ma io non sono dottore.

– Non mi prenda per il culo.

– No, non sono dottore.

– E lei dove ha imparato tutte queste cose?

– Io sono il Genius. È sempre stato così…

– Capisco.

 

Tornando invece a Bronx, no, non è un capolavoro ma, ribadisco, un signor film. Un esordio alla regia del mitico Bob con un’opera sincera, sentita, figlia delle sue origini. E non ha voluto strafare, sapendo di non girare un’opera immortale, consegnando a Chazz Palminteri il suo ruolo più bello di sempre. Che splendida amicizia! Dammi retta: se non si allunga verso lo sportello a togliere la sicura per farti entrare, significa che è una grande egoista, e quello è solo la punta dell’iceberg. Mollala, e mollala alla svelta.

Io avrei aggiunto anche: è pure una grande troia.

Fidatevi, io la realtà la conosco. Siete voi che sbandate.

E questo, come direbbe Moretti, è vero pus underground!

Lunga vita ad Artù!

 

 

di Stefano Falotico

Le differenze di età: un uomo di 35 anni è moralmente lecito che stia con una diciottenne?


18 Jun

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Sì, molte persone ambiscono ad essere Dorian Gray. Dorian, sì, il protagonista di uno dei più famosi libri di Oscar Wilde. Dorian pattuisce (pattuisce è bellissimo) qualcosa col Diavolo, al che gli altri invecchiano, com’è normale e fisiologico che sia, lui invece rimane cristallizzato in una perpetua giovinezza. A livello estetico. Il suo viso non accusa i segni del tempo, resta immutabilmente bellissimo, di una bellezza dionisiaca, imperturbabile ed eterna. Ma nell’animo marcisce e spasmodicamente si corrompe. Tutte le donne lo desiderano, attratte dalla sua apparenza alla Johnny Depp. Eppur Dorian in cuor suo è un vecchiaccio malefico, indisponente, vanaglorioso e soprattutto accidioso. Sostanzialmente un mostro.

Una volta dissi a mio nonno che Dorian Gray era uno stronzo ma un gran bel figo e lui mi rispose:

– Stefano, soffri di problemi alla vista?

– Perché, nonno?

– Ah, Dorian Gray era un pezzo di gnoccona inarrivabile. Aveva un paio di gambe e di curve che nemmeno Indianapolis.

– Nonno, sei rincoglionito?

– Stefano, affatto. Guardala in Totò, Peppino e la… malafemmina. Quel povero Teddy Reno viene irretito da quella diavolessa, però lo stesso continua a studiare e a laurearsi, nonostante l’apprensione dei loro zietti. Capito, Teddy? Chiamalo fesso. Con una fessa (fessa, nel dialetto meridionale, significa tocco di ottima vagina…) del genere, anch’io avrei tenuto la testa a posto. Cioè in quella zona di Dorian. Ah ah. Stefano, la donna, come diceva Totò, è mobile e noi ne siamo mobilieri…

 

Sì, Dorian Gray era un’attrice molto bella, almeno per l’epoca, una femminona che ti faceva perdere la testa. Anche se poi, nella realtà, Teddy Reno si sposò con quel cesso inaudito di Rita Pavone…

Di mio, posso dire che più gli anni passano e più divento come Dorian, quello di Wilde. Con la differenza che, oltre a giovarmi fisicamente di una magnifica esteticità da far bagnare le donne anche a dieci chilometri di distanza, la mia anima, anziché liquefarsi nel marciume, diventa ancora più salubre, romantica, purissima come un uccello che, al mattino, allo “squittire” del dì, come si suol dire, dopo notti ingorde con le passerotte, canta sull’albero della cuccagna.

Ora, io non vi vedo niente di male in una relazione fra un trentacinquenne e una maggiorenne che, sino al giorno prima, era una minorenne. Oh, semmai questa è anche una maggiorata e, a maggior ragione, il “volpone” di 35 anni è sano e giusto che si dia da “fare” con una che sa il “fallo”, fatto suo.

Di solito, questo tipo di relazioni non possono sussistere per problemi prettamente logistici. Solitamente, infatti, le persone guardano a quelli o a quelle della loro età. Quindi, una diciottenne se la fila con i suoi coetanei, e può darsi (anche può darla) che, vista l’anagrafe, sia una studentessa appena “maturanda”, a proposito di maturità, e dunque desideri accoppiarsi con gente universitaria.

Ma ciò è vero soltanto in parte. Si dice che le donne, sessualmente, maturino più in fretta degli uomini. Sì, certamente… se sono come Laura, ex mia compagna delle scuole medie. Tutti noi studenti “medi” la corteggiavamo, perché a cosce codesta era un fenomeno. Ma lei voleva crescere… e, fra una lezione di Rivoluzione francese con Robespierre e una sulla Guerra dei cent’anni, “assaggiava” quelli di Massimo, meccanico che giocava sempre alla baracchina, leccandola di “gelato al limone” dopo tutto quel sudore in officina, e la “sporcava” di “olio”, e Marco il butterato, edonista palestrato soprattutto dei suoi “quartieri bassi”. Adesso, Laura, dopo tutte queste “dure esperienze”, canta a squarciagola J-Ax ma, comunque, come a quei tempi, già “geriatrici”, va sempre matta per quell’omone di William “Bill” Spencer Jr.

Sì, una donna “beautiful”, sognava la villa a Beverly Hills ma suo marito sta messo peggio di Javier Bardem di Biutiful. Piccola borghesia veramente “cazzuta”.

Di mio, mi piace molto il fotografo francese JR, autore del cortometraggio Ellis con Bob De Niro.

Sì, mentre quest’umanità di puttanazzoni va in giro carnascialesca, brindando alla frivolezza della loro pochezza, io fantasmatico vago per le stanze dei miei ricordi, con carisma à la De Niro ermetico.

Ora, è una società abbastanza ingannevole. Prendiamo questa foto.

Everhard

 

Ma sì, ci sta. Eccome se ci sta… la diciottenne, in piena crisi tardo-adolescenziale, stufa di condividere le sue emozioni con babbei della sua età, stravolti da turbamenti nerd, si mette con uno che ha il doppio della sua età. Perché lui sa… e la protegge. Soprattutto coi soldi.

Quindi, basta coi moralismi.

– Stefano, ma tu non sei invidioso se un vecchio sta con una giovane figona?

– No, gli invidiosi sono dei poveretti. Beato lui…
Nella vita, c’è chi prende il Sole, sperando di diventare più sexy, un idiota, c’è chi prende la sola…, chi invece piglia Lucila Solá. E chi, come Leo DiCaprio, sta con la figlia. Morrone, una che ti svuota i maroni…

Di mio, mi andrebbero bene entrambe. Non mi farei troppi “problemi”… e paranoie.

 

Ho detto tutto.

Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Secondo voi, perché Totò, come me, si faceva chiamare il Principe? Non solo per motivi dinastici. Perché era oltre le piccinerie, i pettegolezzi, le cattiverie e le stronzate da nani.

 

 

Manglehorn+Premiere+71st+Venice+Film+Festival+uJjNchae1eFl

 

 

di Stefano Falotico

Siate dei perenni adolescenti, siate totoiani


26 Mar

Vota Antonio

Giampiero Mughini: – Quando vi ho detto che voi avete mescolato in questa terna il sacro e il profano… per quel che è del sacro certamente alludevo a Totò! Totò è stato un artista inimmaginabile nel suo tempo e nella storia europea della comicità. Ha creato anche lui uno stile e una nobiltà, e Totò va ancora risarcito delle bestialità che scrivevano i critici di allora…

– E come mai non l’hanno riconosciuto i critici, Giampiero?

Mughini: – Quindi Totò non si tocca, non si tocca! Non si può toccare!

Perché in quel tempo arretrato della storia culturale del nostro costume… la differenza fra la cultura, la separazione tra la cultura cosiddetta alta, quella sussiegosa… le accademie con la maiuscola eccetera, eccetera, e la cultura bassa, questa meravigliosa cultura che veniva dallo spettacolo, dal Teatro, dal cabaret, dalla strada, etc, era una distanza enorme! E naturalmente i critici del tempo erano dei conformisti, dei conformisti che la ribadivano questa distanza. E poi via via Totò è cresciuto col tempo immensamente e io mi ricordo quei piccoli cinemini degli anni Settanta a Roma dove noi andavamo a sussultare dinanzi alla sua grandezza. A SUSSULTARE!

 

Sì, Totò non era normale, credo fosse pazzo, aveva un fisico “sghembo”, disarticolato, una faccia asimmetrica, spigolosa, già vecchia quando aveva quarant’anni, rugosa e al contempo liscissima, una faccia che faceva ridere.

Sì, adolescenti siatelo sempre. Non omologatevi, svilupperete la farsesca bellezza del vostro incarnare la pochade, la commedia degli equivoci, verrete fraintesi, non diventate dei manichini ma muovetevi col vostro pinocchiesco stile, fate i gradassi e gli smargiassi, inventate neologismi, invertite le parole, giocate di allusioni, di doppi sensi, di malafemmine, effeminatevi pure, sì, fate la femmina piuttosto che i puttanieri machi, sgattaiolate in mezzo ai burini, provocateli con le vostre battute losche ma sagge, invogliatevi alla bizzarria, siate colorati oggi e tristi domani, permalosi e poi amabili, stronzi e romantici, fumate, accavallate le gambe, guardate, spiate, annotate anche nelle più brutte nottate, non fate i notai o gli avvocati, siate magistrati della vostra unicità e decretate la vostra vita prima che critici “adulti” possano dirvi chi siete.

Forse non diverrete come Totò, ma non lo riceverete nel popò.

Ma mi raccomando siate “partenopei” nel meglio della ruspante gagliardezza, non nel peggio…

Ieri, ad esempio, una modella era in diretta su Instagram e ho dovuto leggere roba come… dai, escile!   

Escile che verbo è? Ma soprattutto che merde siete?

 

Sapete perché tutti alla fine si ricredono e continuano a darmi retta? Perché io sbaglierò pure, ma sono un Principe come Antonio! La maggioranza è ipocrita, appartiene al porcile e mangia la propria trippa col sugo…

 

 

di Stefano Falotico

Tutto il Mondo è paisà, io sono, emerito, il pascià


08 May

 

Sempre più sconvolto da un Mondo nei suoi involti(ni), in questa Primavera di Maggio, omaggerò così la mia principesca ascendenza medioevale

 

Sono qui, nel mio castello, ove allestisco “vestiari” della mia anima, incarnandola a effigie contro le “fighette” e il ligio “dovere”, poiché, in quanto Principe, ripudio le “corse podistiche” e, sempre più monarca della mia vita, intimo i sudditi a intimidirsi di fronte al mio cospetto, dall’alto del mio podio.

Vergo codesta lettera insigne, in (tiro a) segno di “stima” a molta umanità patetica, che piange nelle sue stigmate incicatrizzabili, illusa, fra una citazione “colta” e altro vivacchiare, di poter sciogliere i nodi della propria tristezza con frasi consolatorie d’accatto. Attaccatevi al tram, e timbrate il cartellino, non ammonitemi più, altrimenti sarete espulsi dal mio regno:

Vivo, felice ed esultante, coccolato dal mio trono “spaparanzato”.
Alle prime luci dell’alba, la gente, là fuori, già abbaia ed è abbacchiata dai “reumatismi” di notti in cui, per “allentar” le frustrazioni giornaliere, “sciacquaron” le proprie ossa in “giochi d’adulti”, invero sempre più soggiogati a un tribal, primitivo “timballo”, specialità “culinaria”, “sformata” d’ingredienti a base di “pollame”.

Anni fa, fui tacciato di “pazzia” solo perché ero, sono e sarò un fottuto privilegiato, che ha totale disprezzo per il cinismo barbaro odierno, le sue moine, e le sue “frittelle”.

Gusto film dalla mattina alla sera, e “scodinzolo” sul divano, attento a registrare “attimi gaudi” in cui un’attrice, da me “amata”, mostra qualcosa che, per voi è “sconcio”, per me è piacevole “acconciatura”.

Quando la noia m’assale, di soprassalto la (dis)ordino nei (soq)quadri della mia elevatezza, nobile, incoercibile, a mo’ d’affronto, sfrontatissimo, contro tutte le vostre bili.

Un idiota che vive a Roma, ha preso una settimana di “ferie” soltanto per “scendere” nel suo paesello e festeggiare il “Santo protettore”, per tre giorni, “indimenticabili”, di bagordi, fuochi d’artificio, birrette, donnette (in)consolabili, e amichetti da “combutte” e puttane.

Ma, in quel paese, la gente, lentamente, è sempre più floscia.
Vidi talenti giovanili “ammosciar” le proprie ambizioni, inibiti da predicozzi provincialissimi, appalti edilizi che tifano per gli “squadroni” del Nord, mafiosi imporre la “legge” da don-”reverendi”, e ragazzine disperate, orfane, “venderla” in giro per le brulle “costiere” metapontine.
M, quel che più mi fa arrabbiare, è che soffrono, si disperano, ma son i primi a pontificare, mentre, il ponte che congiungerebbe l’”arcata dentale” e la Calabria alla Sicilia, mai sarà costruito, così come il loro futuro.


No, per quanto sia un Uomo di “cemento armato”, non posso, sebbene potrei…, aver il potere di “
transformer-izzarmi” nello stretto di Messina, sì, l’anello “mancante” evolutivo fra le “scimmie” delle Isole Eolie (lì, si produce solo dell’olio, ma poco le cosce delle donne son “oliate) e le coste del Golfo di Gioia (gioiosissimi, quanto un belga nei pressi di Belgioioso, ho detto tutto…).

Tutto il Mondo è paese.

Tutto il Mondo è ai miei piedi.

In fede, mai nuziale,
uno stronzo.

Che sa cos’è l’amore, cos’è il sapore.

Ora, con questa mia “stilografica”, vi benedico, augurandovi “letizia” e “serenità”, anche se le vostre previsioni del “meteo” han previsto grandine.

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)