Posts Tagged ‘Psichiatra’

Uomini e lupi, L’uomo lupo, Benicio Del Toro/Wolfman, Lon Chaney Jr. e il mito (?) della licantropia, anche clinica


30 Jan

cape fear de niro

La società cambia a vista d’occhio e torneremo alla normalità dopo il Covid e la sua relativa pandemia?

Ah, mi dolsi parecchio in queste quarantene protrattesi sin allo sfinimento. Ma fui in passato sfibrato sebbene nacqui raffinato, perfino crebbi incompreso e diffamato, perennemente affamato in mezzo a tanti morti di (s)f… ga, sì, morti nell’autolettiga, soccorsi dall’ambulanza in quanto già deperiti e defunti nell’anima, sì, dentro prematuramente imputriditi, sfiniti e in manicomio presto sbattuti, anzitempo (dis)umanamente finiti. Poi sedati, stigmatizzati, semmai tardivamente dimessi quando in verità vi dico che, fin dalla nascita, ebbero e conservarono sempre un atteggiamento dimesso. Recitando la confessione religiosa prima della santa messa (sana?), svolgendo lavori umili da messi e, sensualmente, malmessi. Sì, messi malissimo. Lionel Messi invece è benissimo messo, campione di razza pura. Non credo canina, sicuramente calcistica.

Secondo me, Messi non è solo argentino. Ogni cognome che finisce con la i è infatti d’origine siciliana, emiliana oppure toscana, dunque Lionel ha ascendenze italiche, è un ibrido, un oriundo, un uomo che non sa probabilmente coniugare il gerundio e non conosce il mundio. Ovvero, secondo il vecchio diritto germanico, il mundio è il potere domestico esercitato dalla famiglia oppure dai crucchi che lo sconfissero nella finale di Coppa del Mondo, vale a dire del campionato di Calcio per conquistare la Coppa… del nonno o di tu’ babbo morto?

Sì, Messi non è mai stato campeón del mundo.

Ma gioca nel Barcelona allo stadio Camp Nou. Mentre il Real Madrid gioca al Santiago Bernabéu.

Che c’entra questo coi licantropi?

C’entra poiché Messi è uomo dalla barbetta simile a quella di Wolfman.

Sì, in Messi sono ravvisabili i tratti lombrosiani, cioè enunciati dall’italiano criminologo Cesare Lombroso, fisionomici e anche fisiognomici, dell’uomo permaloso, ombroso quando gli avversari lo falciano, di falli, poco graziosi. Al che, Messi, assalito da rabbia cagnesca alla pari di un cane pastore tedesco, detto volgarmente cane lupo, diventa lupesco. Anche volpesco.

Da eterno golden boy apparentemente timido, vulnerabile e indifeso, bullizzato come Michael J. Fox di Voglia di vincere, ecco che Messi subisce una metamorfosi pazzesca e mette tutti i difensori a garrese in virtù dei suoi dribbling suadenti e micidiali da metaforica, animalesca zoofilia combattiva, no, paragonabili alle feline movenze leonine, no, alle imbattibili serpentine basculanti d’un distinto, egregio e quasi grigio alano dal signorile portamento assai elegante.

Ora, secondo il succitato Lombroso, chi possiede i tratti del volto assai marcati… è da Messi smarcato dopo averlo vanamente braccato? Messi è immarcabile e, a mio avviso, Lombroso fu un lebbroso ad affermare così superficialmente che ogni Michael Rooker di Henry – Pioggia di sangue si possa riconoscere dai lineamenti spigolosi del viso. Sì, Lombroso fu vergognoso, parimenti delittuoso, oserei dire criminoso a inventare tali fantomatiche teorie criminologhe del tutto aleatorie, quasi velleitarie, di certo scabrose e pericolose. Per esempio, dopo aver visto Henry, Nanni Moretti di Caro diario pensò orribilmente che il suo regista, John McNaughton, necessitasse di cure da psichiatra de La stanza del figlio. Se avesse invece visto e assaggiato il seno di Uma Thurman ne Lo sbirro, il boss e la bionda, avrebbe dimenticato in fretta Laura Morante. Non curandosi il fegato amaro, da notte in “Bianca”, tagliando in modo certosino un certosino, no, il Mont Blanc per addolcire le ferite del cuore e dell’anima, leccando amaramente un barattolo di Nutella in confezione gigante.

Sì, De Niro amò Uma Thurman non solo nella finzione.

E io rimasi disgustato quando, in Nonno, questa volta è guerra, Uma si appella a De Niro, definendolo papà. Tanto di cappella, no, di cappello? Di falsità a cui (sc)appellarsi.

Veramente, davvero tutto ciò ha dell’abominevole. È più schifoso di Nick Nolte di Cape Fear – Il promontorio della paura e dello stesso De Niro/Max Cady. Uomo, il Max, che si acculturò, partendo dalle avventure, per l’appunto, di Max il leprotto e poi diventando il lupus in fabula.

Nell’edizione integrale del film appena menzionatovi di Scorsese, Juliette Lewis si fa… leccare il dito da De Niro. Secondo me, esiste una versione meno allusiva. In cui Juliette si fa leccare… sappiamo cosa. Una cosa rosa?

Ma ebbe ragione Orson Welles ad affermare che le scene di sesso esplicite non funzionano nei film “normali”.

Di mio, comunque so che il ragazzino di Ken Park, dopo essere stato “imboccato” da Maeve Quinlan in una scena più spinta di quella fra Vincent Gallo e Chloë Stevens Sevigny in Brown Bunny, divenne presto uguale a Larry Clark.

Larry Clark di Kids docet e la Sevigny (ap)prese tutto subito in modo precoce? Allora, Larry soffrì, forse ancora soffre, di un disturbo non tanto dell’apprendimento, bensì dello “svenimento?”.

Vai immantinente, Larry, di ammosciamento?

Ah, la Sevigny. Donna per cui venire subito al sodo, cioè al liquido granuloso, donna svenevole, donna per cui svenire, attrice e femmina a cui non darei né do o darò una lira.

Sì, vedo molti uomini lupi mannari in cerca di cacciagione sui viali. Molti di essi vanno con tope, no, tipe alla Sevigny, donna che in alcuni momenti sembra pure una pura come Chloë Grace Moretz, in altri pare invece un maschione come Nick Nolte.

Siamo sicuri che la Sevigny non sia Felicity Huffman di Transamerica e poi siamo certi che Dustin Hoffman di Tootsie non fosse in verità Robin Williams di Mrs. Doubtfire?

Di una sola cosa sono cervo, no, sono certo. Lon Chaney Jr. è l’unico attore della storia del mondo ad aver interpretato l’uomo lupo, Dracula, Frankenstein e la Mummia.

Al resto non credo. Per esempio, non credo a Freud. Penso che avesse ragione de Niro. Sì, di Terapia e pallottole e di Un boss sotto stress.

Il complesso di Edipo è una stronzata inventata da gente come Billy Crystal.

È normale? Con quella faccia…

Di mio, sono trasformista come Chaney Jr., versatile come De Niro, polivalente come Robin Williams, dovrei riallenarmi alla polisportiva per non mettere su la panza di Russell Crowe di The Mummy e ai mammoni ho sempre preferito il Mammut e film da “Oscar” come Son & Mommy.

Inoltre, debbo esservi sincero. Al plenilunio, non divento come Anthony Hopkins e Benicio Del Toro di Wolfman e non vado in cerca di donne come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti.

A volte, ho sonno, altre volte riguardo Non ho sonno di Dario Argento, rileggo un giallo di Carlo Lucarelli e in passato mi allupavo per Selvaggia.

Lucarelli? No, Selvaggia e basta. Non so a tutt’oggi il suo cognome. Me ne fotto. Se non vi sta bene, mettetevi a pecorella smarrita. Presto inculata.

Basta con le porcate, evviva le scrofe, no, le belle strofe e anche le prose prosaiche.

Comunque, Ana de Armas è una zoccola. Una lupa che però allupa! E questo è quanto. Ora, sbranatemi.

 

di Stefano Faloticofrusciojoe don baker cape fear frusciantefrusciante 2

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Cape Fear (1991) - Max Cady (Robert De Niro)

Cape Fear (1991) – Max Cady (Robert De Niro)

Da quando mi normalizzai, la mia vita divenne anormale come quella della maggior parte della gente “normale”


19 Jun

the score de niro

Da quando mi normalizzai, la mia vita divenne anormale come quella della maggior parte della gente “normale”

Partiamo subito con la freddura riscaldante l’ambiente moscio. Diamo vivacità a quest’opaco andazzo perseguito dalla gente losca.

Alcuni anni fa, in preda a fremiti rabbiosi dei più inusitati, tendenti all’Ululato da Joe Dante di me che, distrutto dall’ira, stetti per trasformarmi in un pauroso licantropo sanguinoso, composi velocissimamente un numero di telefono, interloquendo brevissimamente, in maniera lapidariamente tragicomica, con uno psichiatra che volle tagliarmi le gambe e anche qualcos’altro. Poiché volle costringermi a cure coatte atte alla castrazione farmacologica, da cui il notevolissimo calo della libido che non provoca neppure innocui atti impuri dei meno socialmente pericolosi:

– Pronto? Chi parla?

– Allora, non mi ha riconosciuto?

– Ah, è lei? Ma che cazzo vuole da me? Si tolga dal cazzo.

– Lei desiderò sbattermi… in manicomio. Per quale motivo?

– Lei era una persona troppo vivace. Andava normalizzato.

– Capisco. Ficcandomi fra i matti? Lei non è un curatore delle anime, lei è più pazzo di Ted Bundy.

– La smetta. Lei così offende la mia deontologia professionale. Io sono un dottore coi contro-coglioni!

– Lei sarà anche laureato ma non è nemmeno da scuole professionali. Ritorni all’alberghiero, anzi, continui pure a scoparsi la sua parcella, no, porcella, nell’alberghetto a cinque stalle, no, stelle.

– Come si permette? Io la denunzio!

– Ma che vuole denunciare? Io sono un libertino alla D’Annunzio. Mi faccia Il piacere!

 

Comunque, per frenare la possibile rissa, chiamarono un paciere.

Sì, un calmiere. A me, come sempre, diedero un calmante, allo psichiatra diedero un’altra zoccola affinché potesse sfogare con lei i suoi bollenti spiriti della minchia.

Calmati che entrambi fummo, andammo a cenare assieme al ristorante. Io ordinai una camomilla dopo essere arrivato alla frutta. Lui mangiò carne di maiale dopo essersi appartato in bagno con una cameriera che, fra una portata e l’altra, ne profiterole, no, ne approfittò per donargli una succosa torta di mele deliziosa, soprattutto peccaminosa.

Aveva ragione Bergman. Specializzato in malattie mentali. Il posto delle fragole docet e Sophie Marceau, dopo Il tempo delle mele, si diede solo a quello delle banane fra uno Zulawski de Le mie notti sono più belle dei vostri giorni e un Gibson di Braveheart da jus primae noctis.

Sì, io so la verità. Gibson e la Marceau consumarono L’amore balordo, mettendo le corna allo Zulawski de La Fidélité.

Di tale relazione segretissima, non sa nulla nessuno, tranne il sottoscritto. Io fui Belfagor – Il fantasma del Louvre e notai la bella francesina che, in tale museo di fame, no, fama mondiale, abbandonò mezz’ora il marito per appartarsi in bagno con Gibson. Il quale fu in Francia, all’epoca, per parlare con Monica Bellucci. Che a quei tempi fu sposata con Vincent Cassel.

Sì, Mel assegnò a Monica il ruolo di Maddalena ne La passione di Cristo. E ho detto tutto…

In questo mondo siamo tutti matti. Chi più chi meno.

Anzi, i più matti sono le persone più geniali.

Basti pensare a un mio ex compagno delle scuole medie. A.Torre…

Disse già a 12 anni che avrebbe voluto diventare un astrofisico. Sì, lo divenne.

Quasi come Stephen Hawking. Sì, conosce ogni teoria sui buchi neri. Anche femminili. Peccato che abbia orbitato, attorno a quest’ultimi, soltanto di missile vuoto nel loro spazio…

Ah, quante fantasie…

Più sei un genio matematico e più impazzisci o diventi schizofrenico. Basti pensare ad Anthony Hopkins di Proof.

Inoltre, basti pensare che l’amore è cieco. Ne Il mandolino del Capitano Corelli, a proposito di John Madden e di Shakespeare in Love, cioè il sottoscritto, Penélope Cruz perse la testa per Nic Cage.

Quando invece ebbe di fronte Christian Bale al massimo del figo.

Valle a capire le donne. Desiderano i bei tenebrosi come Batman e poi scopano invece Ghost Rider.

Anche gli uomini, comunque, non scherzano.

Basti pensare allo stesso Nicolas Cage. Stette con Patricia Arquette ma la tradì con molte pornostar americane.

Come faccio a saperlo? So tutto delle vostre vite. Siete voi che non sapete un cazzo della mia. Infatti, appena m’innamorai, voleste castrarmi. Secondo me, voi e lo psichiatra sopra da me menzionatovi, siete da TSO immediato. Comunque, ora ficco… nel lettore dvd un film di Woody Allen poiché, come Woody, sono autoironico.

Sì, fui Al Pacino di Scent of a Woman con l’unica differenza che lui, in questo film, fu cieco.

Mentre foste voi (i) ciechi a non capire che non sono né Al Pacino né Woody Allen. D’altronde, che cazzo potevo aspettarmi dall’umanità? No, non ho ancora capito come si sta al mondo. Non è vero che, invecchiando, si migliora come il buon vino. Luciano Ligabue cantò Marlon Brando è sempre lui… tanti, tanti anni fa. Adesso invece canta per leccare il culo agli uomini e alle donne frustrate. Insomma, l’ultima interpretazione di Brando fu in The Score. Edward Norton, in tale pellicola, fu assolutamente convinto di aver fottuto l’erede di Brando, vale a dire Bob De Niro. Mentre, in Rounders, John Malkovich provò a fottere Ed. Peccato che incrociò Will Hunting.

Sì, devo darvi ragione. Sono un ritardato poco dotato.

Ah sì, la gente ipocrita ti urla: – Io ho la dignità. Mi faccio il culo!

 

Sì, sa solo nascondersi dietro il “lavoro”, dato che può fare solamente questo… A parte gli scherzi, come farò a pagarmi le bollette? Rapinerò lo scettro dorato che sta a Montreal. Ah ah.

Sì, sono anche Clint Eastwood di The Mule. Se non mi andrà bene, farò lo/il gigolò di lusso…

Intanto, è uscito finalmente il trailer ucraino (!) di War with Grandpa!

di Stefano Falotico

JOKER sarà presentato al Festival di Toronto, a Venezia, no? Immaginiamo il confronto fra De Niro/Franklin e Arthur Fleck/Phoenix, la causa della pazzia!


23 Jul

joker

Sì, Joker di Todd Phillips è stato confermato tra i film selezionati del prossimo Toronto Fest. Avremo una pioggia di stelle, come si suol dire, una parata di star.

Tale Festival, ultimamente gemellato a quello ben più internazionale e altolocato di Venezia, sta però acquisendo sempre più maggiore rinomanza. Addirittura, soprattutto nell’ultima decade, molti attori di Hollywood lo preferiscono, appunto, alla più prestigiosa, storicamente parlando, kermesse veneziana.

Soventemente, molti dei film presentati a Toronto sono pressoché gli stessi di quelli visti in anteprima mondiale, qualche giorno prima, alla Mostra d’Arte Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido. La quale, nonostante tutto, si riserba le world premiere, ovvero le esclusive.

Però, gli attori che ne sono protagonisti, eh già, anziché involarsi per Venezia, piuttosto che scomodarsi nel prendere l’aereo, soggiornare all’Hotel Excelsior o al Baglioni, amano di più starsene in terra natia, patria statunitense o casa, appunto, in Canada che sia… La casetta in Canadà!

Fottendosene della prima.

Joker è uno che, sinceramente, se ne fotte pure delle seconde possibilità. Anzi, fa di tutto per continuare a rimanere confinato nella sua zona folle da emarginato non plus ultra. Unico spazio nel quale si sente libero e felice, lontano da ogni porcile e condizionamento. Sopravvaluta però sé stesso, inconsapevole dei suoi evidenti limiti caratteriali, sovrastima per così dire il suo inesistente, forse soltanto inestimabile talento alla stessa maniera di De Niro di Re per una notte.

O forse, invece, la sua abissale solitudine annale, oserei dire ancestrale e spettrale, l’ha davvero reso un personaggio dalla bravura tragicomica impressionante. In verità, la massima personificata di Joyce: un uomo di genio non commette errori, i suoi sbagli sono l’anticamera della scoperta.

Soltanto che la realtà sociale, soprattutto quella dello spettacolo destinato a un pubblico di spettatori impassibili e ammaestrati, telecomandati e appartenenti alla falsa, alta borghesia, diciamo, schifosamente amabile, forse animale, un uomo come il Joker non può applaudire.

Poiché, se così facesse, cioè se s’inchinasse dinanzi alla sfavillante verve brillante di un uomo considerato di mente malato, adesso miracolosamente, sfolgorantemente rinascente, rinnegherebbe ogni principio e valore della sua casta privilegiata ed emozionalmente deficiente. Ché, sin dalla notte dei tempi, fin dai temp(l)i dei faraoni egizi, ha strutturato il mondo in una gerarchia piramidale assai tribale e vomitevole. Ove non è permesso scalare, genialmente, tale totem, sconfiggere questo moloch e arrivare al vertice se, fino a quel momento, non ci si è attenuti a un percorso corretto, politicamente.

Joker è la simbolizzazione, terribilmente mostruosa, d’ogni ipocrisia dell’uomo fintamente principesco, forsanche regale, che non accetterà mai e poi mai che una persona forse affetta da assistenzialismo possa essere a essa pedagogicamente educatrice del significato della più cordiale, solidale, umana esistenza.

Al che, gli psichiatri pagati a peso d’oro schiferanno la morale onestà del Joker perché lui, semplicemente, incarna la nemesi, da lui vivificata nella genuina purezza e nella schiettezza più nobilmente lodevole, del loro pensiero coercitivamente proteso al conformismo più materialistico e becero. Sì, lo psichiatra medio è un conformista. Non è invero molto preoccupato della salute psichica del suo paziente. A lui interessa soltanto che i suoi pazienti non diano di matto, cioè che non siano di danno, per colpa delle loro innominabili patologie, eh sì, vige il segreto professionale, dei loro disagi indomiti, per sé stessi o per gli altri. Dunque, se il loro grado di sofferenza psicologica supera un certo livello di criticità, rincarano le dosi…, fregandosene altamente. Che poi un paziente pesi trecento chili e sia totalmente (ar)reso a uno stato simile al coma vegetativo, non è che gliene freghi molto. Anzi, un cazzo. Gli psichiatri sono tutori dell’ordine prefabbricato delle cose, dei preservatori della dinastiche case delle libertà, appunto, più farisee.

Intervengono spesso coattamente a livello prima farmacologico e poi intensamente subliminale. Facendo credere al loro paziente di essere malato, in una parola semplice, ingannandolo con l’ipnosi o attraverso la forza intellettiva a mo’ di Scanner Michael Ironside. Ovvero, circuendo cattivamente e plagiando capziosamente i canali del pensiero del paziente in questione affinché il paziente stesso si convinca di essere affetto da qualche mentale distorsione patologica sempre latente. Da cui il termine strizzacervelli e anche qualcos’altro. Si prodigano di parcelle da porcelli al solo scopo che i loro pazienti vengano inebetiti da psicofarmaci contenitivi che in verità li castigano nel forno crematorio delle loro fornaci disperatamente impotenti. Ora, mettiamo invece che un tipo alla Joaquin Phoenix, anziché andare in cura da uno di questi imbonitori, venga affidato alle terapie rivoluzionarie del cosiddetto ciarlatano, simile a Dario Fo, di The Master. Sì, un tipo innovativo come Philip Seymour Hoffman.

Che cosa potrebbe accadere?

Ecco la situazione…

Fleck si presenta al talk show condotto da Franklin/De Niro:

– Buonasera, signor Fleck. Si accomodi.

– Grazie. Prego, anche se io sono ateo.

– Bene, io sono invece un arrivista-aziendalista-nazista.

– Va bene, allora io perseverò nell’esserle antifascista. Orgogliosamente fancazzista.

– Be’, onestamente, caro Fleck, lei assomiglia più che altro a Fantozzi.

– Sì, sono in effetti fan di Umberto Tozzi. Sa, prima di entrare in studio, ho ascoltato in cuffia Gloria. Io qui non cerco la fama.

– Ah sì? Allora perché s’è presentato in trasmissione? Coi soldi che le abbiamo dato per la sua ospitata, per un anno non morirà di fame. Guardi, Fleck, mi dia retta. Non chieda, finita la nostra paga, il reddito di dignità. Vada piuttosto a Roma Nord. Se la godrà pure. Continuerà a prenderlo in quel posto ma almeno non passerà per invalido. Anzi, faranno la fila e le belle fighe gli altri, messi a novanta più di lei, per usufruire carnalmente del suo reddito di cittadinanza.

 

Ahahahahaha, il pubblico ride di grana grossa.

– Vero, ha ragione. La valletta, qui al nostro fianco, ha fatto la stessa cosa con lei.

– Che vorrebbe dire, signor Fleck?

– Cioè che le ha dato quello che lei sa per avere nella vita, diciamo, più culo.

 

A questo punto compare la scritta: ci scusiamo per il disagio coi telespettatori, la trasmissione riprenderà il prima possibile.

E il sottotitolo: è una tragedia! Si prega di mantenere la calma, intanto fate zapping. Pensavamo di aver invitato un coglione e invece s’è rivelato l’incarnazione di Pier Paolo Pasolini. Perdonateci.

In futuro, c’informeremo meglio sugli ospiti, evitando figure di merda di queste proporzioni.

 

Sì, Joker sarà presentato a Toronto, miei tonti.

The Show Must Go On!

 

Credo che Joker invidi molto Jim Morrison, James Dean, Kurt Cobain, insomma gente che è morta giovanissima nel momento massimo del loro zenit percettivo della realtà. Uno dei tre succitati comunque suicida.

Che fortunati. Sì, l’età migliore, quella del massimo grado cognitivo del mondo è dai 25 anni fino ai 35, se va fatta bene.

Poi è soltanto una bugiarda accettazione della condizione umana. Una gara a chi resiste di più per non soccombere e sprofondare nell’abisso, nella perdizione irrimediabile di questo mondo angoscioso per cui filosofi, pensatori, poeti ed esseri spirituali ed elevati si sono scervellati per trovare una soluzione all’apoteosi dell’entropico disastro collettivo.

Nessuno di questi ha avuto una vita felice. C’è chi s’è ammalato di nevrosi, chi è impazzito del tutto, chi è andato a vivere sull’Everest, chi ha deciso di farla finita come Mishima, chi ha tentato, vanamente, con tutta la forza psicologica possibile, di contrastare l’orrore di cui parlava a ragion veduta Marlon Brando/Kurtz.

Sono tutti finiti male, purtroppo. Hanno voluto sfidare Dio. Pensiamo a Frankenstein.

C’è un’altra variabile che spesso molti di essi hanno universalmente trascurato.

Dio è figlio delle fantasie dell’uomo. Immaginate che roba possa essere lottare per un mondo ove il padreterno è stato partorito da chi può avere stupidamente creduto che l’uomo sia stato creato a immagine e somiglianza del creatore da lui stesso concepito.

Sono amico dei pazzi. Perché il novanta per cento di essi è incosciente di esserlo.

Dunque i pazzi hanno tutta la mia stima possibile e immaginabile.

Sono invece nemico delle certezze, delle frasi fatte, della retorica, del buonismo consolatorio e ricattatorio, del proibizionismo, dell’astensionismo dalla verità rinnegata a favore delle facili spiegazioni sbrigative, sono nemico delle speculazioni analitiche sul prossimo, del quale nessuno di noi, estraneo perciò al suo cuore e alla sua mente, potrà mai conoscere il suo vissuto e il suo vivido sentire, di conseguenza non potrà mai capirlo, semmai solo supporre, fantasticare, allestire un delirio peggiore dei deliri di chi ha preso la sua incontrovertibile, irreversibile scelta estrema.

Alla prossima.

Sperando che non sia già altrove, in un qualche aldilà, in un’altra identità, in un’altra galassia remota, distante anni luce da ogni cosmetico imbellettamento, da ogni (s)truccato balletto.

Da ogni imbecille, turlupinante trucchetto.

Da ogni adulto che si comporta da bimbetto e da ogni bimbetto che si atteggia ad adulto per fare lo stronzetto.

Vado a dormire, ascoltando il grande Daniele Silvestri.

 

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di Stefano Falotico

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Basta con melensaggini come A Star is Born, coi “piani” di Moretti, rivogliamo RoboCop di Verhoeven e non cloni addolciti, e io sistemo il mio Carpenter


12 Oct

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Eh sì

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Sì, è stata una giornata impegnativa quella di ieri per il sottoscritto. Io sono come una macchina, anche da scrivere, sebbene usi una tastiera ergonomica. Una volta che parto in propulsione, non mi fermo più.

Al che ho lavorato come un dannato. Dalle otto di mattina a mezzanotte, fumando tre pacchetti di sigarette.

Ieri mattina, mi son accorto in ritardo, con mio sommo dispiacere, che il mio libro su Carpenter, oltre a qualche inesattezza nell’impaginato, come vi riferii nello scritto delle scorse ore, aveva due refusi. Ma, più che refusi, 2 lapsus. Cioè quegli errori che in verità non sono errori veri e propri ma distrazioni della mente, ché ti gioca scherzi che poi creano questi disguidi.

Al che, puntigliosamente, ho corretto sia il file Kindle, aggiornando la pubblicazione su Amazon, sia l’eBook, intervenendo in maniera “amanuense” sul formato, e ovviamente il cartaceo, puro fiore all’occhiello di questo pregiato, insostituibile libro. Sì, lo è, con buona pace degli invidiosi. E di chi vuole negar sempre l’evidenza della mia bravura.

Nella recensione di Grosso guaio a Chinatown, all’inizio ho scritto Jake Burton al posto di Jack. Mentre, naturalmente, da tutte le altre parti nome e cognome erano esatti. Non è la prima volta che mi succede. Mi pare, se non ricordo male, di avervi già detto che sbagliai il nome del mitico Kurt Russell di Big Trouble… Non un grosso guaio, comunque, basta cambiare due lettere e rispedire il file a Youcanprint, attraverso l’apposito form MODIFICA. E sostituiranno il primo ePub con quello revisionato. Stesso discorso dicasi per il cartaceo.

Ma non era l’unica svista. Anche nella recensione de La cosa, prima scrivevo che è ambientato in Antartide e, due righe sotto, dicevo che l’azione si svolge al Polo Nord. Il Polo Nord è l’Artide. E nemmeno il mio correttore di bozze se n’è accorto. Di solito queste importanti inezie le capta al volo. Ma stavolta la svista gli è passata inosservata. Avevo fatto confusione col racconto da cui è tratto e soprattutto col film originale del ‘51. In cui l’ambientazione è l’Alaska.

Di mio, sono spesso depresso bipolare e alle volte mi stabilizzo nell’equatore del mio centro di gravità permanente alla Battiato.

No problem, basta togliere Nord, inserire Sud e rimandare, come per la versione eBook, il file. In 7-10 giorni lavorativi, sarà tutto aggiustato. Così, se voleste comprare il mio libro, vi stamperanno l’edizione perfetta.

Poi, ho tradotto tutto il testo in inglese, con un’accortezza millimetrica. Ora, mi toccherà solo limare i dettagli.

Detto questo, dopo questo lungo preambolo e il mio tour de force impressionante, del quale non vi sbatte un cazzo, passiamo ad A Star is Born.

Secondo me, se siete adolescenti che sognano una col culo di Lady Gaga, può emozionarvi. Se siete già cresciutelli e volete lo stesso qualcosa di dolce, trovate una bancarella e ordinate dello zucchero filato.

Siamo stanchi di questi film zuccherosi, che leccano il culo all’Academy.

È stato annunciato anche il nuovo film di Moretti, Tre piani.

Dopo aver interpretato la parte dello psicoterapeuta ne La stanza del figlio che salva Accorsi e Orlando ma non riesce invece a elaborare il suo di lutto, dopo lo psicanalista Brezzi in Habemus Papam, adesso pure questa menata: Centrale nel romanzo è la teoria di Freud. Le tre famiglie riflettono infatti le tre diverse istanze freudiane della personalità: Es, Io e Super-Io.

Sì, Mulholland Drive, in maniera inconsciamente più junghiana e onirica, aveva già detto tutto. Ah ah.

Ecco, appunto. La dovreste finire di romperci i coglioni con questi film falsamente sentimentali per ragazzine sceme, con queste disamine psichiatriche, con questa società malata di nevrotici che danno di matto.

Rivedete RoboCop di Verhoeven. Alla fine deraglia verso una violenza abbastanza insostenibile ed eccessiva ma è comunque meglio di molti di voi, asinacci che ragliano.

Ché andate a vedere film buonisti, consolatori.

Ma sì, dai, la mia prossima monografia sarà su Verhoeven. Perché no?

Capace che la psicologa bisessuale Tramell, quel pezzo di figona da montare subito di Sharon Stone, voglia conoscermi e io le dirò: – No, grazie. Trent’anni fa, sarei stato con te un lupo come Michael Douglas. Adesso sei vecchia. Al massimo, posso darti una leccatina.

La dovremmo finire con questo Cinema ipocrita, ruffiano e per donnette.

C’è solo un uomo che conosce il Cinema meglio di Scorsese. E quello sono io. Un uomo gelato, poi semifreddo, da leccare come la crema e il cioccolato. Perché sono uomo che si scioglie nella tua bocca, in quanto vero e duro, senza aggiunta di coloranti.

Sì, potrei stupirvi con special effects, invece rimango un uomo che ama gli affetti speciali.

Un classico…

E finitela con psichiatrie, idiozie e puttanate, miei uomini malati di mente.

Volete cambiare la vostra vita?

Riguardate il sogno de Il signore del male…

This is not a dream… not a dream. We are using your brain’s electrical system as a receiver. We are unable to transmit through conscious neural interference. You are receiving this broadcast as a dream. We are transmitting from the year one, nine, nine, nine. You are receiving this broadcast in order to alter the events you are seeing. Our technology has not developed a transmitter strong enough to reach your conscious state of awareness, but this is not a dream. You are seeing what is actually occurring for the purpose of causality violation…

 

di Stefano Faloticopasto_06

Ragazzi, fottetevene… della collettività, tanto alla gente non andrai bene lo stesso anche se sei un playboy con tre premi Nobel


10 Jul

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Ci sono molte cose che mi danno fastidio ma una delle cose che più mi dà fastidio è quando si vuole snaturare qualcuno per far piacere non alla persona snaturata ma agli altri.

Che così possono dire: ah, bene, ottimo, ora è produttivo ed economicamente stabile, questa è la vita, si diverte, ride ed è felice.

No, gli altri sono felici se esponi questa falsa maschera, ma tu no.

Immaginiamo un piccolo dialogo fra uno psichiatra e un paziente:

– Quindi, secondo lei, professore, io sto benissimo.

– Sì, certamente. Sei lucido, sveglio, con tante idee geniali, un vulcano, forte e gagliardo, però il tuo stile di vita non si addice a uno della tua età.

– Cioè? Si spieghi, per favore, meglio.

– Be’, non c’è tanto da spiegare. Di solito uno della tua età parla di ragazze dalla mattina alla sera, va in giro a divertirsi e, nel bene o nel male, si guadagna da vivere come può.

– L’ultima parte…, del bene o nel male… come può, è di una tristezza infinita. Sembra che pur di ottenere il rispetto del prossimo, se non riusciamo a realizzare i nostri sogni, tutto sommato per sbarcare il lunario va bene anche prostituirsi nell’anima.

– No, macché. Scusi, lei mica vorrà andare avanti tutta la vita a guardare film e a scrivere libri. Non sente la voglia di farsi una sana trombata, una bevuta in compagnia, e pigliare questa vita un po’ più a culo?

– La verità?

– Certo, e di che stiamo parlando, sennò? Della verità. Suvvia, un po’ di senno e anche un bel paio di tettone. Ah, il seno…

– No.

– No? Come no? Guardi, lei avrà rimpianti immani se non si affretta ad adattarsi un po’ di più. Il mondo va così e non sarà certo lei, con le sue idee “bellicose”, a cambiarlo.

– Ma a me ciò che fa piacere non è svegliarmi con una accanto a cui puzzano i piedi.

– Non ho capito. Con chi vuole svegliarsi, scusi?

– Di mio, mi sveglio anche se ci sono nel letto solo i miei piedi. E poi amo bere la birra, ma è meglio condirla coi pensieri della propria mente. Non è bello, sa, bere la birra con delle teste di cazzo ché poi dai di stomaco.

– Lei è un bel tipo, sa?

– Sì, lo so.

– Sto scrivendo un libro su Carpenter.

– Onestamente, non so chi sia.

– Ovvio che non lo sa. Lei dice ai ragazzi di diventare degli edonisti trombatori e di pensare solo a far soldi.

 

In poche parole, faranno di tutto per cambiarvi, voi non cambiate. Finirete morti di fame, sempre meglio che morti deficienti!

 

 

di Stefano Falotico

 

La Sinéad Marie Bernadette O’Connor va dallo psichiatra, e io son sempre più cinico, più nero cigno


10 Aug

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Sì, Sinéad annuncia la sua incipiente depressione spingente in un video che fa il giro del mondo, lavando i panni “sporchi” sui social, per una commozione collettiva che la incita a curarsi ancora di più.

Sì, questa cantatrice calva alla Ionesco, ha un’espressione alla Giovanna d’Arco più buffonesca. E si lamenta da casalinga disperata, dilapidando i soldi con lo psichiatra della mut(u)a che le spilla dollaroni a colpi di chiacchiere su come era il caffè stamattina, se amaro, bollente, caldo come una pornoattrice con un negro immigrato dalla sua illibatezza ripudiata, o pieno di Zucchero, lo Sugar Fornaciari suo amico che le strimpella il ritornello:

Sali, anima in depression

come in, come sei messo?

Ci sono giorni dove sono in vena


hey baby proprio come mi vuoi

in altri striscio, tiro la catena

ma dov’è questo Wonderful world?

 

Eh sì, per la Connor, senza la o apostrofata, son lontani i tempi in cui Daniel Day-Lewis era per lei niente di comparabile. L’unica canzone che ha avuto successo. Oggi, la Connor è un cesso e c’è anche chi la scambia davvero per malata di mente. Malata di soldi, ecco cos’è, e lo sa bene Antonio Conte che difende Neymar in conferenza stampa ove dichiara che i top player meritano di non esser dei topi. Se poi, stressati da troppa panza piena, cantano La cura di Battiato, è colpa di Fassone del Milan.

Di mio, vado al bar alla mattina e, se qualcuno beve in modo depresso un cappuccino, gli canto…

Physical della Olivia Newton-John, una che faceva brillantina con Travolta, e oggi è stravolta di troppe “grease” dei miliardi.

 

Lo so, mi disprezzerete per questo mio cinismo, ma oggi è spuntato di nuovo il Sole, quindi ci sta.

di Stefano Faloticogrease_24

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Il miglior complimento, “componimento” che possiate ricevere è di essere un po’ matti


28 Jun

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L’appellativo di “cappellaio matto” è quanto di più “elegante” un uomo, anche una donna, possa ricevere in vita sua. Non gli si è detto che è scemo, ma di “soffrire” di qualche “turbamento” mentale di troppo. Insomma, si viene paragonati ad Artaud, a Burroughs, a Jack Nicholson, a David Lynch, una bella compagnia di uomini barfly.

Se oggi arriva la notizia che appunto Nicholson tornerà in “scemo”, scena, per il rifacimento di Toni Erdmann, avete di che gioire uomini “picchiatelli”. Non venite omologati alla massa né annessi a quei porcellini che hanno solo la fighella in testicoli, in testa. Un’umanità, questa, alquanto repellente e cagionatrice di false competizioni. D’altronde, l’indottrinamento alla cosiddetta, triste normalità avviene sin dalla più tenera età, quando quei “batuffoli” di bambini, col loro carico di tenerezze, vengono redarguiti, sgridati, “ammoniti” da insegnanti boriosi, presuntuosi, arcigni, maligni, uomini e donne con una vita logorante alle (s)palle, che svolgono il loro lavoretto “punitivo” per portar a casa la pagnotta. Pane e pene, insomma…

Di cosa io mi occupo? Di disoccuparmi. Sebbene gente malvagia voglio incasellarmi in sche(r)mi comuni, non mi mummifico in tali arbitrarie etichette, e viaggio per lidi lindi di pure nostalgie, di fantasie prelibate, semmai anche alate, ben conscio di essere geniale e di aver sorpassato molti precetti, ricette e “ricotte” del vivere normale. Adesso è il tempo, in quest’estate vanagloriosa, in cui l’uomo medio si reca al mare a farsi il bagnetto, se è una lei sognando di farsi il bagnino. Sì, questi si bagnano sempre, invece io sono un corvo in cui piove per sempre.

Molta gente, non dandosi una ragione di come spesso io (s)ragioni, sebbene faccia dei bei ragionamenti, vorrebbe rendermi un ragioniere. E, quando “fallo”, mi dà patenti fantozziane. Insomma, sono uno scapolo e non un ammogliato, e spesso non “lo” metto a mollo, mollandone qualcuna quando non “la” digerisco.

Uomini mediocri, siate infelici nelle vostre istruzioni per l’uso, di farmaci antidepressivi pure abusate, mentre io ordino un altro caffè, facendovi le corna mentre mangio un saporito cornetto.

di Stefano Falotico04070423

Lo psichiatra alla Falotico/Billy Crystal, che fantastica storia è vendersi, no, Venditti


08 Aug

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Molte persone giungono nella mia “umile” dimora a chiedermi spiegazioni della vita, essendo io “dottore” di patologie e vari problemi (in)curabili. Specialista di ogni stato mentale, anche extracomunitario, do alla gente consolazioni per una “buonistica” visione del mondo. Mondo che li corrose, li erose, sì, lo so vi rode, storie di traumi infantili mai superati, di divorzi “cornuti”, di clausole “rescissorie” col proprio uccello ora ammosciatosi nella “poesia dolce” che perse proprio la “durezza” strenua dei bei tempi andati, anche dei “buoi”. Storie di vecchie che non scopano, di calciatori che non mettono a segno il loro “menisco” nelle cosce di qualche velina, storie di disoccupati con problemi non solo neuronali ma “renali”, storie “piscianti”, di cazzate che loro prendono sul serio, d’impiegati piegatissimi che scommettono all’enalotto e poi coltivano, perdenti, f(i)ori di loto, storie non al quadrifoglio, di sfigati trombati, di donne troppo trombanti e “prosciugatesi”, di una che pensa di essere stata plagiata da De Niro e blocca l’audio del suo Ellis, storie memento di dementi con poca memoria di quel che fecero, che feci, storie di promesse mai mantenute come Nicholson, storie di gente pazza come Jack, storie di troie, a volte.

Al che, pigliando tutti per il (para)culo, propongo loro questa e dico:

quando pensi che sia finita, è proprio allora, cari miei, che è finita.

Ah ah.

 

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Salutatemi sorrata!

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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