Posts Tagged ‘R.I.P.’

È morto John Heard ma, per piacere, non è stato solo il padre di Macaulay Culkin


22 Jul

00450612Come sappiamo o, meglio, i ben informati di Cinema sanno, è morto, per cause ancora d’accertare (alcuni addirittura avanzano l’ipotesi dell’omicidio, della morte “delittuosa”) John Heard, caratterista di molte pellicole hollywoodiane ma, anche gli “esperti”, citano solo Mamma, ho perso l’aereo (Home Alone), e si dimenticano che, almeno personalmente, non potrò scordarmelo nel ruolo del barista stressato in quella vetta assoluta della Settima Arte che è Fuori Orario del maestro Martin.

Così, tanto per dire. Poi è sabato sera e fa caldo…

Ho detto tutto.

di Stefano Falotico

Se n’è andato anche il grande Paolo, buon viaggio


03 Jul

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Ebbene, alla veneranda, pasciuta età di 84 anni, scompare Paolo Villaggio per sopravvenute complicazioni della sua vita fantozziana. A parte gli scherzi, se ne va una maschera “pugnace” e indelebile dell’immaginario collettivo, l’uomo che incarnò la medietà servile dell’homo italicus, colui che può vantare di aver creato appunto un personaggio entrato nel Dizionario Treccani. Sì, fantozziano, questa parola viene contemplata… nell’archivio dello scibile… Siamo tutti cresciuti col suo “sfigato”, un uomo vessato dal padrone, amorevole con la sua famiglia, oberato di burocratico lavoro, travolto dalle sfortune, piccole e grandi, ch’eppur vive e resiste, anzi sempre esisterà.

Più volte, anche in questo luogo, scrissi “offese” riguardo il Fantozzi, perché ridere delle “tragedie” è quanto di più bestiale possa esserci, ma d’altronde fu anche la belva umana. E dovreste imparare, uomini “vincenti”, dal suo inimitabile, insuperabile Fracchia.

Se ne va Paolo, nato a Genova, città marina, voce della luna.

E io, Falotico, intendo raccontarvi le mie piccole fantozziananate. Cresco nonostante riceva sempre angherie e in questo esser angariato mangio comunque le meringhe, sostenendo la mia ca(u)sa di giust’arringa. Leggo libri classici che immaginano mondi mirabolanti e, nelle mie vene, scorre la vena di scrittore, di uomo spesso avulso dal mondo e dal “normale” di viver modo, amando Robert Mitchum e la sua grinta ero(t)ica, spendo così le mie giornate, rallegrandomi dell’aria fresca che tiene integra la mia nobiltà d’animo, non prostituendomi a nessuno e non andando a zoccole. In questo esser “superiore”, vengo spesso considerato “inferiore” perché testardo non mi annetto e attengo alle normali attitudini di una quotidianità laida e puttanesca. Non mi svendo e con un fischio sommesso son così messo ma non vado a messa.

Insomma, Fantozzi è un genio, come me.

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di Stefano Falotico

È morto John G. Avildsen, regista di Rocky e puttanate varie, un Morita in meno


17 Jun
LEAN ON ME, director John Avildsen, on-set, 1989, ©Warner Bros. /

LEAN ON ME, director John Avildsen, on-set, 1989, ©Warner Bros. /

Sì, il cinismo fa parte di me e me ne corroboro. Scompare John, non Rambo, sebbene sia stato lui a dare il via allo Stallone “italiano” grazie al suo “epocale” film. La storia di uno che riscuote i debiti ma lo prende sempre in culo, vivendo “a credito” sul suo carisma, innamorandosi di una racchia e allevando un cane. Ma non svegliate il can che dorme. Infatti, il Balboa, uno che forse non usava il doposole Bilboa, affronterà Creed con sprezzo del pericolo, col candore ingenuo di chi tanto l’ha pigliato molte volte, quindi ribeccarle non nuoce. Arriverà all’ultimo round, gridando Adriana!!! nel must che tutti noi conosciamo. Avildsen vinse addirittura l’Oscar, rubandolo a Taxi Driver, e qualche anno dopo bissò con un altro successo, col Morita e il Macchio, Ralph, uno che ha la fedina oggi penale macchiata, col suo vincere domani. E qui son Troisi. Perché vincere domani, quando si può perdere ancora? Ah ah. Una delle prime “interpretazioni” della Shue, divenuta celebre per essersi fatta succhiare le tettone dal Nic Cage in Leaving Las Vegas. Poi, De Niro l’ammazzò in Nascosto nel buio, e oggi la sua carriera è un effetto black-out. Insomma, Lemmon vinse l’Academy Award col suo Salvate la tigre, ma nessuno è riuscito a salvare dal Cancro questo “povero” leone di Avildsen. La formula giusta ci voleva! Invece fu Inferno!

Insomma, John è adesso col Diavolo a dar la cera e a toglier la cera, poiché punito per aver girato troppe stronzate. E ricordate: nel quarto Karate Kid, che non è suo, c’è la Swank, che poi avrebbe vinto con Million Dollar Baby. Ho detto tutto. Così va la vita e la morte.

 

di Stefano Falotico

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Nel giorno della morte di Jonathan Demme, rimembro gli altrui silence of the lambs


26 Apr

Io sono il creatore del libro Il fascino e la seduzione della solitudine, in vendita su lulu.com, libro incensato di lodi da chi ha avuto l’ardire di “addentarlo”, addivenendo a quello che per me è un piacere inequivocabile, lo stare soli, ed essere nella solitudine più solido. Non però di culo parato. Ma non mi considero un Buffalo Bill, sebbene la malignità di certa gente abbia voluto in passato affibbiarmi questa oscena patente. Però conservo, nella mia integrità psichica inalienabile, ripeto, il piacere innocuo, quanto mai innocente, di preferire la compagnia del mio lupo alle false compagnie ove ci si giudica per le fighe che si collezionano e per altri “gingilli” carnali di dubbio g(i)usto. Nella solitudine rinsaldo me stesso, steso certo, forse anche a primavera cervo, scrivendo opere come Il cadavere di Dracula, libro in vendita sulle maggiori catene librarie online e non solo… lib(e)ro attorniato da altri, lo dico con orgoglio, miei capolavori letterari.

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Nelle mie “compressioni”, anche talvolta compresse, nella generale incomprensione, sempre più mi comprimo, no, volevo dire comprendo. Parlando con me stesso in onore della follia più brillante di venustà e libera, con molti lib(e)ri a me (af)fini, da schemi logoranti del pen(s)ar comune. La socialità l’ho sempre reputata imputante di puttanesimo, un costringersi, dunque costiparsi, in laidi compromessi per vendere la propria anima e barattarla al mercimonio collettivo ove il “valore” dominante è la “forza” dell’uccello e delle virilità più ripugnanti e schifose.

E se non lo sapete ve lo dico io. Nel 2010, Jonathan Demme era molto vicino a dirigere Honeymoon with Harry ma se ne farà qualcosa con Nick Cassavetes, figlio di John, specialista in elaborazioni del lutto e non.

Questo per dire che nonostante alcuni psichiatri della mutua, non alla Hannibal Lecter, abbian cercato di soffocare la mia natura bellissima e congiunta al cantico delle creature, rimango unicamente un Falotico… che avercene, dotato d’intelletto sensibile e fortunatamente non demente senile come molti giovani cazzoni e “cazzuti”.

In buona sostanza, comprate il mio Il cavaliere di Berlino. E vogliatene tutti.

 

Voglio concludere con una stronzata. Io sono un gelato all’italiana, nel senso che non lo “do” alle italiche, rimanendo in bianco e “al freddo”, ma non sono un caldo all’africana nonostante sia quasi estate. Nel senso, anche sen(n)o, che non vado con le negre. Ma, soprattutto e anche sopra di lei, d’estate ci sta? Ci sta tutto, anche essere e non essere come me. Mica come te. Tiè. Sì, il tè, beviamoci un Estathé.

di Stefano Falotico

PHILADELPHIA, Jonathan Demme directs Denzel Washington, 1993

PHILADELPHIA, Jonathan Demme directs Denzel Washington, 1993

Bud Spencer, un addio poetico


28 Jun

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Lo sostengo a voce “inascoltata” ma nel mio cuore “auscultata”, son sempre stato uno strenuo difensore del Cinema popolare, e dunque la perdita, nonostante la “veneranda” età, di Bud mi commuove.

Poiché rievoco nel mio “vegliardo”, sveglio core i tempi (non) andati d’una spassionata infanzia quando si rideva per un cazzo(tto) e ci si lasciava trasportare da angeli che mangiano fagioli e da Terence Hill con le sue provocazioni. Chi trova un amico trova un tesoro e io sono amico, come Spencer, di queste avventure veraci, di “spaghettate” a base di pugni, di questo Cinema “basso” e “facilone”, di questo Cinema sentimentale-infantilistico e scacciapen(sier)i, oh sì, sissignori/e. Altrimenti c’arrabbiamo!

Nella mia visione “buddistica” e animistica della vita, io sto con gli ippopotami ma non mi dichiaro un animalista, nonostante abbia “amato” questo bestione, in fondo era un Bomber e Lo chiamavano Bulldozer. Sono figlio dei suoi film degli anni ottanta e mi sento alien(at)o da questa pigra generazione che si trastulla nella noia. Sono, come lui, uno sceriffo molto terrestre e chissà perché capitano tutte a me.

Bud possedeva la robustezza “malinconica” di chi nella vita poteva fare il massimo pugilatore e alla triste serietà d’un mondo, che oggi esalta Christopher Nolan coi suoi cervellotici giocattoloni, io preferirò nostalgicamente sempre la sua maestosa serenità. Basta che lassù non lo fa(re)te incazzare, se no son botte. Non so se di Natale o Lo chiamavano Trinità.

di Stefano Falotico

La morte di Umberto Eco


20 Feb

Di lui ho letto, a dir il vero, poco. Ma non me ne vergogno.
Molte volte ne ho omaggiato il talento letterario e fantasioso e credo che Il nome della rosa rimanga il suo libro più ambizioso e al contempo meno pretenzioso, un bestseller picaresco, avventuresco, un Indiana Jones in vesti talari, Eco è, fu oramai, il suo Guglielmo, e accosto la sua figura culturale a quella di Sean Connery. Non ho altro da dire, chi ha orecchie per intendere, intenda, chi non capisce si astenga.

Ma ritengo opportuno che sia il Corriere, il maggiore quotidiano italiano, a dargli il definitivo saluto.

Non vinse il Nobel ma vi andò vicino, antipatico personalmente per la sua creazione della cosiddetta semiotica, branca pseudo-scientology-stica a cui mando un sereno fanculo.

Credo di essere e lo sarò sempre, già ora, uno scrittore altissimamente superiore a lui e alla sua boria da trombone.

Ma, evidenzio, ancora, capitemi bene, che Il nome della rosa rimane una lettura imprescindibile. Nel bene, appunto, o nel male.

Il RISO!Umberto Eco Corriere della Sera

Al Pacino sta morendo, la foto è eloquente


28 Jan

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Muore, a 76 anni, Wes Craven: ogni Nightmare è bello a Scream suo


31 Aug

Trespassing_Bergman_22_-_Wes_Craven Film Title: Red Eye.Affiggo qui la lucida analisi del meraviglioso Anton Giulio Onofri, in memoria giusta e non sopravvalutata del maestro orrori-fico, a (dis)petto di altre messe da requiem false.

Certo, è sempre un dolore registrare la morte di qualcuno che ha lasciato un segno forte sul candido schermo del Cinema: i graffi delle protesi affilate di Freddy Krueger ricordano i tagli sulla tela di Lucio Fontana; ciò nonostante non me la sento di dire, come molti under 35 qui in rete (esclusi i fanatici del genere di ogni età, i quali notoriamente non possiedono, in quanto fans, un oggettivo e ponderato senso della misura), che con Wes Craven se ne è andato un grande, o addirittura un genio. Un mestierante eccellente, troppo marchiato dagli anni 80 per sorpassare i talenti, più spontanei e sanguigni, di tanti altri nomi Horror del decennio precedente (uno su tutti: Sua Maestà John Carpenter, lui sì genio indiscutibile e di ben altro spessore), Craven ha senza dubbio il merito di aver avvicinato al Cinema di genere le nuove generazioni di spettatori cresciute davanti alla televisione, e perciò è giusto adeguatamente e degnamente ricordarlo e piangerlo nel triste giorno della sua scomparsa. Ma i genî sono altri. Sarà antipatico, ma è bene fare appello a un più rigoroso criterio di valutazione, non certo per piangere di più o di meno, ma per avere una dimensione più esatta del vuoto che rimane.

E io, in qualunquismo feroce, affermo che senza horror la vita è solo questa nota frase, da me coniata e inventata:

Molta gente è ipocrita. Credo che la società si possa racchiudere in un alla(r)gamento. Il ma(s)ch(i)o, raschiando, spesso rosica quando, in verità, io vi dico che piacevolmente vorrebbe leccar(glie)la, con sacrosanto saccarosio di lingua in lei altrettanto arrapata.
Credetemi, il resto è una fan(tasia).

Riposa in pace, “caro” Larry Hagman, lo spietato J.R. di “Dallas”


24 Nov

Come riportato dalle maggiori testate giornalistiche americane, ieri Notte s’è spento anche il micidiale cattivone d’una delle serie più longeve (eh eh) della storia della Tv americana. E non solo. Se n’è andato anche l’immortale J.R. di Dallas, vero nome Larry Hagman. Sì, proprio Lui…

 

Tale fu il clamore di questa soap infinita, dalle migliaia di puntate interminabili a scadenza giornaliera, da essere trasmessa in tutto il Mondo, ottenendo ascolti impressionanti anche in Italia. Anzi, da noi forse ancor di più.

 

Personalmente, ne ho un ricordo vaghissimo.

Le mie coetanee, imboccate da madri piagnucolose col fazzolettino delle “commozioni” sentimentali-casalinghe, ne impazzivano e, assieme a Beautiful (altro “imperdibile”, certo…), m’ossessionavano quando frequentavo le scuole medie.

 

Viravano poi in Beverly Hills 90210, più giovanilistico e anche più “figo”.

Quindi, non posso esprimermi molto in merito, ma mi par comunque necessario inserire qui una notizia, a suo modo, storica. Epocale.

Dopo la solita, imbattibile battaglia contro il Cancro al fegato, è deceduto Larry Hagman. R.I.P. Larry Hagman

Per (colpa) di questa serie (s)fortunata, ne ho viste delle “brutte”. Mogli che s’accapigliarono col marito, perché lui, in pantofole con macchie sulla cravatta, voleva invece vedere la partita del Milan, piatti che volarono, figlie che piansero, bambini messi a letto all’ora di pranzo e “biberonizzati” di ciuccio sedativo solo perché non disturbassero coi loro “piagnistei”, appunto, i momenti “topici” del tradimento “nascosto”.

J.R. era il man che metteva zizzania, il disturbatore degli amoretti, amari, dei piccoli borghesi, e ci sguazzava alla grande da miliardario “paparazzo” di cappellaccio.

A suo modo, un mito incancellabile.

 

J.R, detto “Il geriatra” della donna ingravidante di Kleenex.

 

Rimarrà.

 

 

 

Trovato morto il figlio di Stallone, Sage


14 Jul

Dopo Adriana, è morto anche il vero figlio di “Rocky”.
L’unico a tirar la carretta del “catetere” è Paulie, infatti si chiama Burt Young…, anche se ha la pancia

Sì, notizia sconvolgente di oggi. Anche Stallone, dopo Travolta, è rimasto “incidentato” in quella che è la morte del proprio “pargolo”. Mai, mai si dovrebbe sopravvivere al sangue del proprio sangue, ma tale disgrazia non si può prevedere. Tanto che, stando a “salute alla mano”, credo che schiatterà prima Michael Douglas dello SpartacusKirk…

Il figlio Sage, che aveva recitato con Lui nel quinto episodio della saga balboiana, è stato trovato “deceduto” per cause ancora d’accertare. Forse un’overdose di farmaci, anche se la polizia di “L.A. Noir” sta indagando “in merito” a un probabile, e non scartabile, suicidio.

Sì, Sage era un attore pessimo, questo va detto, tant’è che anche Sylvester non lo stimava in veste “recitativa”, tanto da sostituirlo con Milo Ventimiglia nel capito finale.
Entrambi, sia Sage che Milo, di “carisma” pirla, ma il Ventimiglia ha più “fascino meridionale”, ammettiamolo.

Sentite condoglianze al Balboa, ed evviva Gabriele Paolini che disturba le giornaliste su Sky, ammiccando allo spettatore smaliziato per “alludere” che “codesta”, nel “dietro le quinte”, si fa “intervistare” da Fabio Caressa, con tanto di “pausa tè”.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Rocky V (1990)
  2. Rocky Balboa (2006)
  3. Killing Season (2013)
  4. Daylight. Trappola nel tunnel (1996)
    Sì, il famoso “tunnel“… della droga.


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