Posts Tagged ‘sfiga’

Desidero quantomeno, come minimo e anche quanto mai che la gente capisse che abbiamo una sola vita, non sperperiamola


08 Jun

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Sì, la giornata non è partita benissimo. Anzi… alle 8 e 30 esatte di codesta mattina, ero in superstrada, imbottigliato in una coda del diavolo. Al che, mi distraggo un attimo e quello davanti a me caccia una brusca frenata. In men che non si dica, sebbene con un po’ di ritardo, freno anch’io di colpo. E riesco a non tamponarlo. Arrivando a 10 cm dal suo “posteriore”. Ma, neanche il tempo, l’istante infinitesimale di godere di quella miracolosa frenata, che subisco un trambusto pazzesco. E la cintura di sicurezza mi protegge da un urto schiantante contro il parabrezza. Io ero riuscito a frenare, ma quello dietro di me no. E mi ha tamponato e, per via della potenza del colpo subito, la mia macchina ha conseguentemente tamponato la macchina davanti. Insomma, due macchine tamponate e una macchina tamponante. E dire che in quella superstrada c’è tanto di cartello Attenzione: rischio tamponamento.

Ah, per molto tempo la mia vita stessa fu tamponata e, appena sentivo troppo il fremito vitale, ecco che succedeva qualcosa che interrompeva il mio cammino esistenziale. Sì, un cotton fioc dettato spesso dalle cattiverie altrui paralizzanti, questo “pericoloso” bastoncino di ovatta che addolciva troppo il mio timpano uditivo verso il cuore e, di tosto tampone, mi rendeva insensibile ai suoni melodiosi della beltà. Perché la vita è bella, anche quando è brutta.

Ma comunque non mi sono fatto niente. Io non mi faccio mai niente, anche quando corteggio sterminatamente una ragazza che mi attrae per un anno intero e poi scopro che ha inserito su Instagram la foto di lei nelle braccia di un mentecatto. E tutto il mio amore va a farsi fottere nello strazio più indicibile.

Sì, viaggiare, evitando le buche più dure… e i “buchini” che non riesci a “tamponare”.

 

Eh sì, anziché assicurare il culo come Jennifer Lopez, dovevo sottoscrivere la polizza di Burt Young di C’era una volta in America. L’assicurazione du’ caz ché, quando non ti funziona, pigli l’indennizzo e fai subito l’assegno…

Sì, invero funziona benissimo ma spesso non è funzionante, la causa non è mia ma di quelle che son troppo difficili. Difficili, poi, un par de palle. Vanno pure con Beppe Guagliarolo, butterato malfamato che però tiene i “baiocchi”.

A parte gli scherzi. Fatte le constatazioni amichevoli, ho ripreso il viaggio. E, dopo aver fatto ridere tutti per via delle ammaccature, ho sostato a un bar. E ho visto una nonnina con suo nipote, già bello che vaccinato, con cui faceva colazione. E ho compreso sempre più che gli affetti sono importanti. Sì, basta con le acerrime rivalità, le prese ideologiche, il sangue amaro, le rabbie, le vendette, le malignità e le bassezze. Potreste svegliarvi un giorno e sapere che i vostri genitori sono morti in un incidente stradale, la tua ragazza potrebbe aver perso una gamba, e via dicendo. Ci avete mai pensato? Come sarà la vita quando mancheranno le persone che ti vogliono bene? Un deserto, ecco cosa sarà.

Ad esempio, il figlio del mio ex allenatore di Calcio è stato un ragazzo molto sfortunato. Stava per sposarsi ma poi, assieme alla sua donna, ha fatto un incidente terribile. Lui è miracolosamente rimasto illeso ma la sua ragazza è finita sulla sedia a rotelle. E lui non ha avuto la forza di sposarla, queste cose succedono d’altronde solo nei film di von Trier. Al che, dopo qualche anno, si è messo assieme a un’altra donna. Ma lei si è ammalata di Cancro ed è morta. Questo per dire, amici, che la vita è appesa a un filo. Perché continuare nei giochi al massacro, nelle stupide competizioni, nelle gare fra chi è più bravo e figo? Un giorno non ci saremo più. Teniamolo ben a mente. Non rompiamoci e tamponiamo il cazzo a vicenda. Comunque, hanno telefonato quelli dell’assicurazione: dicono che devo sborsare di tasca mia!

E che cazzo!

di Stefano Falotico

In questa società, le persone “in gamba” son (co)strette a diventar “comiche”


02 May
lettere_d_amore_ft_06E va, come sempre, ahinoi, la tragicommedia umana di questa non tanta illibata società (mal)sana. Al che, ecco tanti agiati senza pensieri, io pen(s)o anche senza pene, forse son adatti al lor “benessere”, ed è tutto uno “scosciare” di cos(c)e senza sen(s)o, fra chi si “pilucca” ed evviva chi se “la” cuccia, altrimenti gli altri debbono star a c(i)uccia. Asinacci! Sempre Stato… è un porcile, mentre il telegiornale “spara”… notizie di mor(t)i ammazzati e il petrolio fa salir l’inflazione della politica nostrana. E il nostromo? “Brinda” col tonno Rio Mare, che forse si scrive tutt’attaccato o forse il marinaio, che giustamente “lo” marina, è come me, acciaccato. Frizzantino e vai di spum(eggi)ante, mentre un’altra chiatta festeggia col Chianti. La piantasse, ah, (v)u(l)va che sa come “cementare” la sua “arte” della seduzione, tra un bicchier di vino e “intingerla” nell’acqua benedetta di-messa apparente-mente. La solita demenza. Molta gente non si preoccupa di quest’agghiacciante, per molti “sguazzante”, pornografia di massa(ia) e si compra filmati osceni e sempre più violenti. Sacrilegio al pudore. Sto male a (t)ratti. Gente che si spos(s)a perché vuole credere nell’amore e poi ha, appunto, un’amante mor(t)a. Cornuti, si rifacevan le cornee con Luisa Corna e poi son superstizioni, toccandosele… due… volte, col cornetto alla mattina imbevuto nella cappella, no, nel cappuccino. An(n)o nuovo, solita vita lercia.

Faccio pena, no, bene io che credo in Taxi Driver e mi credo De Niro del futuro The Comedian.

Del resto, detta come va “dato”, mi sembra una porcata.

 

di Stefano Falotico

Condom(ini): evviva l’euforia sana dei giovani senza s(p)era(nza), ardore, freschezza, (eb)brezza di aria sal(ubr)e, “scende”


16 Apr

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Oggi, come peraltro sovente accade, è successo un evento strano, dunque rientrante nel “comune” (stra)ordinario. Dopo aver “peregrinato” in macchina ed essermi “procacciato” un bollente caffè “di spirito”, a casa, o meglio nel condomin(i)o, rientro, incrociando una donna me(ge)ra e strega del settimo piano, ex mia insegnante di matematica alle medie s(c)uole. Al che, cordialmente la saluto con un savio “Buon pomeriggio” ma ella, (non) avvedendosi della mia (a)normale correttezza, esclama senza vergogna, indossando una stropicciata, (in)dubbia donn(ol)a, un imbarazzante, “disagevole”: – Oh, mio Dio! Dunque chiama l’ascensore “suo” mentre io, remissivamente, “umiliato”, appunto a disagio, “adagio”, chiamo il “mio”. Attesa tremenda, che crea scompensi enormi. Lei, appena arriva il “suo”, lo apre con energia d’amazzone, che mi fa pensare un “Ammazza(la)”, quindi entra “furtivamente”, quasi di corsa, inciampando nel passeggino della nipote. Passeggi(n)o vuoto, in attesa che la nipote la venga a trovare proprio nel pomeriggio.

Ora, (non) la giustifico… questa “bella figa”. In passato, e qui la mia “diffamia”, la mia fama si fa (non) nota, ebbi atteggiamenti sintomatici d’una bizzarria caratteriale ch’è la mia (dis)umana caratteristica principale, da principe o forse, come “costei”, da cafone/a. Nel palazzo, mai mi perdonarono, che molto tempo addietro, in preda a una crisi mi(s)tica, ruppi di foga e “sfogo” qualche buchetta della posta, pigliandomi dunque, “d’uopo”, la patente di semi-umo e di sfigato “al massimo”, dunque d’una dignità al minimo sto(r)ico.

Non li biasimo, sebbene quello del primo piano e una del terzo, ricambiano sempre i miei saluti con diligenza e poc’aria circospetta, circuente e sospetta.

M(or)ale della storia di tal “troia”: codesti “adulti vaccinati” dovrebbero aver più rispetto di persone come me, che lascian il prossimo viver “tranquillamente” coi suoi (pre)giudizi (dis)arma(n)ti.

Il cosiddetto adulto, “fiero” della sua cer(tezz)a, va avanti (inde)fesso per le proprie (ba)lorde convinzioni poco cortesi da (non) lord, così come spesso brucia il gentile approccio del giovane alla vita che, dietro le sue cafonaggini, non “sale” in ascensore, e non solo, con lui. O, in questo caso, “lei”…

Sono (inconsola)bile, (non) statemi a SENTIRE…

Sentore di (para)noie degli altri prevenuti, insomma, dei preservati(vi).

 

di Stefano Falotico

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