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Motel, altra recensione positiva


27 Feb

Da cinefilos.it

Motel De Niro

Jack, nevrotico killer professionista nel mezzo di una crisi personale, riceve il compito dal boss malavitoso Dragna di ritirare per suo conto una misteriosa valigetta presso la stanza numero 13 di uno sperduto motel. In attesa dell’arrivo del gangster, Jack si trova da solo in un luogo alienato popolato da strani e grotteschi personaggi, tra cui la conturbante prostituta Rivka, un eccentrico custode e una stramba coppia di papponi formata da un nano e un pirata di colore. La notte è lunga e le sorprese non tardano ad arrivare.

 

Basato sul racconto “La Gatta” di M.L. Von Franz, Motel è un interessantissimo ed originale prodotto a metà strada fra un noir fori dalle righe ed un thriller dai toni serrati, un film anomalo in cui tensione e umorismo grottesco danno vita ad un qualcosa di veramente notevole. Allontanandosi volutamente fin dall’incipit dalle strade canoniche di un genere ben definito, David Grovic dipinge un racconto kafkiano in cui realtà e sur-realtà finiscono per confondersi, un microcosmo ridotto alle unità di tempo e di spazio,come nella tragedia greca, in cui nell’arco di una sola notte, fra le quattro anguste mura di un motel uscito dai sogni distorti di un burattinaio allucinato, si consumano situazioni impossibili che alternano humor nero e thrilling.

Numerosi ed intelligenti sono poi i rimandi meta-cinematografici, iniziando dal gioco della borsa misteriosa di Pulp Fiction, passando per l’ammiccamento a Psycho fino al celebre Voglio la testa di Garcia, il tutto però senza mai cadere nella parodia. Seppur il sostrato narrativo si riallaccia saldamente alle linee guida del noir classico, i personaggi che si muovono in ogni inquadratura finiscono per rendere il tutto un’esplosione di novità insite dietro ogni angolo, grazie anche alla curatissima ed eclettica fotografia di Steven Mason che proietta l’intera vicenda all’interno di un non-luogo che pare scaturito dalla pura estetica neon-pulp.


John Cusack
dà vita ad un anti-eroe decisamente fuori dagli schemi, una spietata macchina da guerra capace di provare sentimenti pur nella sua apparente nevrotica apatia, mentre Robert De Niro dà nuovamente prova di essere un interprete camaleontico e di grande spessore, modellandosi addosso le vesti del boss Dragna, killer gentiluomo colto e raffinato pieno di aforismi e dalla filosofia ineccepibile. Completano il bizzarro quadretto una conturbante Rebecca Da Costa nelle plastificate e multicromatiche sembianze di una femme fatale di tarantiniana memoria e Dominic Purcell capace di impersonare un eccentrico e flemmatico custode, versione allucinata del celebre Norman Bates.

Motel è un prodotto strano, decisamente fori fase rispetto ai canoni tradizionali, il quale è capacissimo di soddisfare il palato spettatoriale con una vincente commistione di elementi in cui l’essenzialità (di plot, di attori e di spazio) è sicuramente la migliore carta a suo favore, senza mai sminuire però la serietà d’intenti.

Motel, recensione positiva


24 Feb

Da persinsala.itMotel Cusack

Tutto ambientato in una notte, in un motel alquanto malfamato, la storia di un’attesa angosciante e piena di imprevisti, ben interpretata da due attori che in questo film confermano la loro bravura a cimentarsi anche in film apparentemente “minori” del solito.

Jack (John Cusack), un uomo dal passato burrascoso, ma buono e sensibile, viene assoldato da Dragna, un killer senza scrupoli (Robert De Niro) per portare a termine un compito molto semplice: sostare una notte in un motel in Louisiana in attesa del suo rientro, con una valigetta che non deve assolutamente aprire. Le cose però si mettono in modo più difficile di quanto previsto e Jack dovrà fare i conti con insidie e personaggi loschi, che tenteranno di impedirgli di portare avanti la sua missione.
Ma durante la sua permanenza, conoscerà anche Rivka (Rebecca Da Costa), una spogliarellista dalla vita tormentata, che deciderà di aiutare Jack e incastrare Dragna.

Quello che inizialmente può sembrare un Aspettando Godot noir, la vicenda di un buono che aspetta un cattivo in un motel in pieno bosco, dall’aspetto orrorifico e poco promettente, in realtà si rivela un film avvincente e capace di tenere incollato lo spettatore alla poltrona.
Sì, perché il buono si scopre un serial killer (John Cusack) al servizio di un serial killer ancora più pazzo di quanto sembrava (Robert De Niro), capace di citare passi di letteratura poco prima di uccidere.
In effetti, per quanto ci siano tutte le premesse per rappresentare un film in un certo modo “introspettivo” , mettendo in scena un protagonista stanco, imbolsito e ancora non del tutto abituato alla morte della moglie – oltre al fatto che il film è liberamente ispirato al racconto La gatta di Marie-Louise Von Franz, una delle più illustri allieve di Jung –  in realtà si rivela un thriller/horror ben congegnato e pieno d’azione.
L’attesa di Jack infatti è caratterizzata dall’incontro con diversi personaggi: primo su tutti la super sexy Rivka (Rebecca Da Costa), ingaggiata dal boss per sedurre Jack, ma che si innamora davvero del killer e decide di seguirlo; c’è poi l’inquietante e invasivo direttore del motel (Crispin Glover) in sedia a rotelle; e infine c’è lo sceriffo della zona (Dominic Purcell), giunto al motel per arrestare Jack.
E ci sono tanti morti, gli ostacoli che Jack deve superare per arrivare fino all’incontro con finale con Dragna, un Robert De Niro quasi ringiovanito, che incute terrore dalla sua prima apparizione in scena.

Diretto da David Grovic, il film diverte nel suo avvicendarsi di imprevisti, e ci regala un duetto, quello tra Cusack e De Niro, che non si era mai visto prima.
John Cusack, che è sempre stato abile ad evitare il mondo dello star system e a far parlare di sé solo grazie ai suoi film, per quanto inizi a sentire il peso dell’età, regge benissimo il gioco a un De Niro quanto mai rigenerato dopo innumerevoli apparizioni in film non proprio alla sua altezza. I due si vedono solo all’inizio e alla fine del film: rispettivamente alla consegna del lavoro e alla fine di esso, cioè alla resa dei conti.
Il regista riesce benissimo nell’intento di rappresentare il motel come una “trappola per scarafaggi” (tutti vorrebbero andarsene, ma sono destinati a rimanervi), quasi simbolo di una condanna, un luogo angusto nel quale scontare i propri peccati, in attesa della morte.
Nessuno è salvo, chiunque potrebbe morire da un momento all’altro. Per farla breve, un film che può divertire anche i non amanti del genere.

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