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Venezia 76: JOHNNY DEPP, la pura estasi mistica della bellezza


08 Sep
JOHNNY DEPP in Pirates Of The Caribbean Filmstill - Editorial Use Only Ref: FB sales@capitalpictures.com www.capitalpictures.com Supplied by Capital Pictures

JOHNNY DEPP
in Pirates Of The Caribbean
Filmstill – Editorial Use Only
Ref: FB
sales@capitalpictures.com
www.capitalpictures.com
Supplied by Capital Pictures

Ah, che piacere rivedere il Depp in splendida forma coi capelli corti e il ciuffo sbarazzino, con l’occhio morbidamente languido e il sorriso in totale relax, fra il torvo, l’imitazione de Il corvo e il rimmel forse leggermente sbavato a intonazione e detonazione dei suoi occhi scuri come le sue emozioni romanticamente sincere.

John Christopher Depp II, più vecchio di me di quindici anni. Eppur pare un mio coetaneo.

Sì, Depp stipulò un patto col diavolo. E forse, nello stesso anno in cui uscì al cinema con Donnie Brasco, tenendo testa a un Al Pacino leggendario, malinconicamente epico, carismaticamente malinconico, l’avrei visto bene anche al posto di Keanu Reeves in The Devil’s Advocate.

Ora, qualche anno fa rimasi impressionato quando, sul red carpet del lido veneziano, presentò in pompa magna, ma anche in panza da uno che troppo mangiò, Black Mass. Da ritradurre con grassoccia massa d’adipe figlia di pericolose maniglie dell’amore. Eh sì.

Sì, all’epoca stava con Amber Heard. Donna dalla venustà impressionante, poco dotata di seno ma dalle gambe chilometriche dalla rara, pregiata qualità. Basamento portante d’una magrezza longilinea davvero disarmante. Culminante in un viso fotogenicamente magnetico, splendidamente rifulgente in due iridi che tramortirebbero anche l’ultimo zombi vivente.

Sì, una donna bellissima. Peccato che sia un’attrice dalle dubbie qualità interpretative e che poco, a mio avviso, fosse appaiabile a un tipo come Depp.

Sì, infatti la loro relazione, dopo numerosi, furibondi litigi, dopo l’iniziale, turbinosa irruenza travolgente e forse selvaggia (galeotto fu il set del bruttino, irrisolto e pasticciato The Rum Diary – Cronache di una passione, appunto), finì con un’anale, no, annale causa giudiziaria che rischiò di bruciare entrambi più di Frank Langella de La nona porta. Ah ah.

Con la Heard che postò a tamburo battente le foto del suo viso escoriato a dimostrazione che il Depp la picchiò ripetutamente.

L’immagine di Johnny ne uscì piuttosto malconcia, Johnny sprofondò nella depressione, allontanandosi momentaneamente anche da Hollywood e ingozzandosi di musica a tutto volume. Scatarrando e schitarrando con la sua band.

Waiting for the Barbarians, presentato in Concorso alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia non è andato benissimo. Usiamo ora il passato prossimo.

Le critiche sono state perlopiù freddine, come si suol dire.

Ma Depp, in passerella, s’è dimostrato non solo un divo, bensì un dio. Facendo ciò che deve fare un attore quando presenta in prima mondiale un film di cui è protagonista.

Sì, i fan, scemi o esaltati che siano, sono venuti per applaudirti e tributarti il loro affetto. Ti hanno designato eroe delle loro speranze, dei loro intimi, impossibili, forse irrealizzabili sogni, tu rappresenti per loro l’incarnazione del discorso di Clint Eastwood a Hilary Swank di Million Dollar Baby. Sì, la maggior parte della gente non avrà mai una sola chance, alla gente comune non verrà offerta alcuna possibilità. Non sono tutti (s)fortunati come Rocky Balboa…

Uno su mille ce la fa, diciamo anche uno su un miliardo si fa i miliardi. Gli altri, per quanto costoro possano essere stati volenterosi, talentuosi, studenti diligentissimi e gentili, affettivamente parsimoniosi, solidali e nient’affatto facinorosi, per quanto abbiano sempre desiderato la donna d’altri, no, di personificare, appunto, il grande sogno, non solo americano, arrivati a una certa età, quando il gioco duro della realtà lentamente sopprimerà in maniera progressivamente violenta ogni loro ideale di purezza, commovente verginità e valorosità intonsa, vedranno smaterializzarsi le loro stupende, utopistiche illusioni e saranno costretti, a meno che non vogliano sacrificarsi come Depp de Il coraggioso, a ottemperare alla squallida ipocrisia d’un mondo ove impazza ancora la falsa demagogia.

Vale a dire, pur di non crepare disidratatati e privi di cibo, tireranno a campare come meglio potranno per sbarcare il lunario. Adattandosi a un lavoretto che svilirà ogni loro potenziale, piegandosi a un sistema meschino che oblierà le loro anime adamantine, obbligandoli ad obliterare il viaggio di sola andata verso un’esistenza piatta e grigia.

Alcuni vivranno nel raccontarsela, cercando di smorzare le loro frustrazioni nell’abbonarsi a qualche rivista di new age, altri, essendo crollati a pezzi, pur di giustificare a sé stessi i propri malesseri e i loro insanabili disagi, s’affideranno agli psicoterapeuti.

Sì, così se già hanno pochi soldi per pagarsi il biglietto d’un cinema ove proiettano l’ultimo film con Depp, arricchiranno pure il dott. Gerald Stringer, alias Jared Harris di The Ward.

Uno che dev’essersi comprato la Laurea con la raccolta punti della stazione di benzina gestita da zio Nino.

Ecco, fra lui e Ben Kingsley di Shutter Island, non so chi sia peggio.

Ora, da lunghe esperienze sul campo, dopo milioni di colloqui con coloro che si ritengono i maggiori luminari in materia freudiana, sono addivenuto alla lapidaria conclusione che la psichiatria, sì, è/sia una scienza esatta, nella maggior dei casi.

Ma non serve ugualmente a un cazzo. Sì, povero Leo DiCaprio di Shutter Island. Questo brav’uomo impiegatino che non volle corrompersi come Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street. Al che, dopo una giornata di merda, rincasò e trovò i due figli assassinati dalla moglie. Una che, a forza di sognare le ville di Beautiful e a furia di guardare le puntate di Porta a porta sul delitto di Cogne, ammazzò ogni sogno infantile.

Prima dicendo ai figli che non fu la cicogna a regalarli al mondo, bensì fu qualcosa che, dopo che lei si tolse la gonna e si sfilò collant, scivolò dolcemente in forno come Chocolat tutto colante.

La vita è sempre dolorosa. Dal parto alla morte è un’eterna sofferenza poco eterea. E torniamo a The Brave e al monologo di Brando.

Semmai, sei un adolescente figo come Johnny Depp, ogni Winona Ryder farebbe carte false affinché tu possa liberarla dai “demogorgoni” partoriti dalle nevrosi dovute alle sue Stranger Things, dette anche mestruazioni, ma non avevi fatto i conti con Edward mani di forbice in versione villain, ovvero Freddy Krueger di Nightmare.

Oppure, te ne stai bello tranquillo per i cazzi tuoi, ti sei appena diplomato, non hai nessuna rompiballe che ti scassa la minchia ma ti arriva la lettera di Stato secondo cui sei stato chiamato in guerra, da cui Platoon.

Non muori, sopravvivi e decidi di festeggiare. Peccato che il tuo amico migliore sia quello sciroccato di Benicio Del Toro di Paura e delirio a Las Vegas.

Mah, di mio, cerco di non mettermi nei guai come Depp in Nemico pubblico.

Stando bene coi piedi per terra. So che sarà altamente improbabile che scoperò Charlize Theron. Ma chi lo/a vuole? Guardate The Astronaut’s Wife e poi ne riparliamo. Ah ah.

Però, non dobbiamo essere troppo materialistici ma neppure dobbiamo sganciarci del tutto dalla realtà.

Prendete il film Transcendence, miei cultori dell’esoterismo. A parte il fatto che il film fa veramente schifo al cazzo, va detto anche che, a forza di non trombare, più che metafisici, potreste poi dar di matto come Jack lo squartatore di From Hell.

Ho detto tutto…

Sì, ho visto le migliori persone apparentemente probe e dignitose che, a forza di ricevere inculate, ammazzarono Depp di Assassinio sull’Orient Express.

Ora, un pezzo di merda mai visto questo Depp. Ma anche gli altri non scherzavano. E dire che sembravano tutte persone distinte, appunto, impeccabili.

Siamo tutti colpevoli, siamo tutti peccatori.

Viviamo nella planetaria City of Lies.

Mi pare giusto che sia arrivato l’uomo dell’ora della verità.

Sono io?

Magari. Avrei la villa a Beverly Hills.

Invece, essendo uno che non mente mai, non potei permettermi nemmeno di stare in albergo per gli undici giorni del Festival di Venezia.

Ho detto tutto.

Insomma, cazzoni, esiste una sola realtà insindacabile: si fa quel che si può.

Se potete ma non volete, fatevi le seghe su Chiara Ferragni.

Quindi, chiariamoci. Chiara non è un’attrice, non è una modella, non è niente.

Ma una botta gliela darei. La darei pure a Claudia Gerini. Non è più quella di una volta ma è ancora bona come in questo video.

Adesso, vi starà pure antipatica perché è stata con lo Zampaglione. E perché oggettivamente, in John Wick 2, avrebbe recitato meglio la condomina del terzo piano del mio palazzo. Una che, diciamocela, non è che sia molto fotogenica. Non è neppure brava.

Infatti, prende sempre da sola l’ascensore. La gente non riesce a sopportarla neanche per venti secondi.

Ma Claudia Gerini ha delle gambe immense e un seno immane.

Se mi venite a dire che non è così, da me non riceverete nessun autografo.

E soprattutto non verrà nulla…

 

di Stefano Falotico

Esce o no il trailer 2 di JOKER? Vi spiego come funziona il Festival di Venezia perché Marlon Brando è sempre lui e io sono l’ultimo dei mohi(ri)cani


09 Aug

joker phoenix

brando coraggioso

 

Ma quale Carlito’s Way e Giannini!

Ora, mi devo organizzare per il Festival. Per la 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Luogo ovviamente destinato a uomini del mio rango. Precluso invece ai mocciosi simili agli oranghi.

Io sono l’espertone.  Colui che conosce a menadito anche il vicolo cieco ove ti andrai a (im)bucare. Ah, lì si bruca… si fa melina.

Guardate, chiariamoci. Si chiama Festival di Venezia ma non si tiene propriamente nella città marina per eccellenza. L’unica sul mare di tutto il mondo. Amsterdam e la piccola Comacchio sono sulla terraferma. Che poi abbiano più canali di Venezia è un altro discorso.

Com’è un altro discorso che voi vi rechiate ad Amsterdam per un turismo sessuale, diciamo, dietro le veneziane delle vostre bugie inconfessabili.

Ad esempio, un mio pro-cugino ora è felicemente sposato con prole a carico ma sua madre era ossessionata dal fallo, no, fatto che fosse rimasto vergine sino a trentacinque anni suonati perché non s’era mai ufficialmente fidanzato fino a quest’età.

La verità dei suoi sverginamenti io la seppi quando mi confidò che a vent’anni, giù di lì, andò dal Papa, no, a Praga per visitare certamente la Staroměstské náměstí, detta italianamente, in modo nazional-popolare, Piazza della Città Vecchia. Ecco, a poche centinaia di metri da questo luogo elegantissimo, passeggiano oppure sono ubicate in case molto intime, discrete e riservate delle donne poco da San Nicola. Santo a cui dobbiamo la favola di Babbo Natale. E ho detto tutto.

Quando si dice… le madri conoscono i figli meglio di nessun altro. Macché. Io conosco suo figlio comunque meno della prostituta ceca con cui si sverginò.

Ah, io sembro cieco ma le mie trombe di Eustachio ascoltarono molto bene il realistico, quasi tangibile per come me lo confidò in maniera sentita, come se ancora la stesse sentendo in quel momento, erotico racconto poco favolistico.

Sì, mio pro-cugino è un ottimo uomo. E in fondo non v’è niente di male ad andare con una donna di malaffare. Quasi tutti gli attori di Hollywood, cioè le persone maggiormente, attualmente tenute più in auge dalla società di massa, son stati a Troia, almeno una volta in vita loro.

Pensiamo al dio greco Brad Pitt. Oltre ad aver recitato in Troy, credo che possieda un vero tallone d’Achille.

Sì, caro Brad. A me non la dai a bere. Fra una Juliette Lewis e una Jennifer Aniston, fra una Gwyneth Paltrow e un’Angelina Jolie, a qualcun’altra, suvvia, fra un drink e l’altro, un Martini di George Clooney con ghiaccio e un Vi presento Joe Black, l’avrai dato a bere, appunto.

Ah ah. Da cui il film Vento di passioni. Molti l’hanno dato a una che la dà volentieri, qui, in Italia, vale a dire Gabriella Pession. Sì, siamo sicuri che questa Gabriella sia donna letiziosa e virginale d’arcangelo Gabriele e da miniserie tv come Jesus o Don Matteo? Mah, a me pare spesso solo in minigonna per la prima segata, no, serata in passerona, no da passerella.

Sì, l’umanità è perlopiù un allevamento di bestiame nella fattoria del Montana come recita la trama di Wikipedia di Legends of the Fall, appunto.

Sì, film di Edward Zwick che piace agli uomini del Sagittario molto tori come Brad Pitt. Nato lo stesso giorno di Steven Spielberg, ovvero il 18 Dicembre.

Eh, però c’è una bella differenza fra questi due bei biondini. Steven realizzava film magici per bambini, Brad piace a tutte le bambine che si fanno, immaginandolo nel loro letto, dei film più avventurosi della saga d’Indiana Jones.

Sì, in Italia la gente ancora crede agli oroscopi. In verità vi dico che dovrebbe credere ai gemelli omozigoti Longo.

Sì, i Longo erano i miei idoli ai tempi delle scuole medie. Erano identici, spiccicati, come si suol dire.

In prima media, uno dei due gemelli sedette al mio banco, sì, era il mio compagno di banco. Mentre quell’altro, suo fratello, frequentava un cattivo branco. Ah, ragazzo di tutt’altra classe…

Sì, quindi sfatiamo anche la diceria secondo cui la famiglia è all’origine della maleducazione dei figli.

Scusate, se fossero stati eterozigoti, avrei potuto darvi ragione. Se vi dico che erano fisicamente identici, tranne quando uno dei due mangiava un piatto di maccheroni fumanti, ingrassando qualche chilo solo duecento grammi, e l’altro no, dovete credermi.

I genitori, presumo, vista la loro identicità, che fossero gli stessi.

Allora perché uno era a modo e l’altro fuori dal mondo?

Sì, finiamola. Quando sento dire che tutti i disagi giovanili nascono in seno alla famiglia, mi arrabbio. In realtà, i problemi del gemello Longo più malalingua nacquero da quando lui leccò precocemente il seno di una che era già avviata a prenderlo in culo.

Comunque, conosco il Lido di Venezia come le mie tasche. Nelle mie tasche, non ci sono molti spiccioli, le palpo con vellutata dolcezza con la stessa delicatezza di uno che accarezzi le cosce di una donna per l’ultima volta con un po’ di eccitazione mista a un’insopprimibile tristezza. Poiché sa che, così come non ci sono soldi neppure nel taschino del giacchino, domani non ci sarà neppure un’altra donna gratuitamente disponibile a consolarlo perbenino.

Quasi tutte stanno infatti con quelli pieni di baiocchi. Sono di un’altra tribù. Sì, vivono nel mondo delle meraviglie come Lucignolo del Paese dei Balocchi. Molte di queste sono o(r)che ma stanno sempre in occhio al portafogli. Ammanicandosi alle regole aziendali del più potente, soprattutto a loro generoso industriale caloroso. Forse sessualmente deficiente ma comunque parecchio abbiente. Sì, questa è gente che sta sempre a bere, no, bene. Ah si sa, è quello l’ambiente.

Io faccio fatica ad ambientarmi anche con me stesso e conduco una vita da topo. Figurarsi con certe grosse tope come potrei (non) trovarmi, tope indubbiamente molto belle ma dette più volgarmente ma forse anche più sinceramente zoccole.

Se riesco a rimediare qualcuna del sesso a me opposto senza elargire alle mie amanti nemmeno una lira è solo per merito del mio talento lirico da poeta romantico, sganciato da ogni linea editoriale, senza un nichelino ma con addosso il nichilismo perpetuo dell’uomo eroticamente mansueto. Che adocchia tizie come Madeleine Stowe e, grazie al magnetico fascino dei suoi occhi neri alla Daniel Day-Lewis dei poveri, appunto, qualcuna intasca con grinta animale. Eh, ‘na roba. Poi non curo nemmeno il mio guardaroba, figurarsi se posso andare a ruba o ballare con una cubista a Cuba.

Odio ogni lupa in quanto mannaro, più che altro sono un vivente mannaggia che s’arrangia, stando lontano da ogni magnaccia.

La mia dolcezza non si può discutere, non ho bisogno di circuirle e plagiarle, regalando loro ville da laureati villani.

Incarno l’apoteosi del ribelle bello per antonomasia. Che bacia una donna sotto una cascata non di diamanti ma di altre amanti scroscianti solo di risate e lì poco grondanti.

Sì, conobbi una piuttosto normale. Lei desiderò che fossimo soli, bollenti come il più rovente sole, nei rivoli della nostra acqua sgorgante ma dietro le rocce del mio calore si nascosero altre donne senza candore che attentarono a farmi colare, no, crollare del tutto.

Sì, furono talmente provocanti che, a forza di cattive, allusive loro provocazioni coi loro doppi sen(s)i a mo’ di presa per il culo, mi convenne andare a vivere in una riserva indiana come Kevin Costner di Balla coi pupi… Sì, coi pupi. E, peraltro, un cazzo lo stesso venne.

Io sto simpatico a tutti, anche a Francesco Totti.

Sono più acculturato di cento dottori laureatisi a Oxford ma, chissà come mai, non potendo presentare alcun pezzo di carta che attesti e comprovi nemmeno quanto sono provato, rimango soventemente, poco soavemente, diciamocela, inchiappettato.

Che poi anche questi critici di Cinema col titolo della minchia non capiscono un cazzo, appunto, della Settima Arte.

Sì, il laureato medio, soprattutto spuntato e cagato male dal Dams, è assai arrogante. Con la supponenza cattedratica del suo scibile presuntuoso, impone il suo sapere dall’alto del suo pessimo alito e spera di arrivare solo a quella… ma io trascendo come un film di Terrence Malick questi uomini insinceri e, mentre loro mi leccano… il moccolo, sono a cena a lume di candela con le loro fidanzate poiché la mia ottima cera, eh sì, una volta c’era, scomparve per molti an(n)i ma c’è tuttora, ancor intatta, sempre pronta a cornificare ogni fraudolenza delle megere. Sì, le streghe vorrebbero castrarmi ma io me sbatto altamente.

Sono colui che mette non solo il dito fra moglie e marito. Io sono peccante, piccante, spesso onestamente auto-ficcante. Nel senso che mi fotto da solo. Come già detto e (s)fatto.

Se non mi va di fare qualcosa e di farmi quelle da me amate anche solo col pensiero, anche perché ricevo soltanto pene, è solamente perché le mie donne trasognate hanno i loro cazzi. Appunto.

Sì, pretendo quella sposata e culturalmente sistemata. Ma, in fin dei conti, che me ne faccio di un’insegnante che lava i piatti, smacchia i lavativi e che è lasciva solo dopo aver asciugato le posate? Cioè le sue colleghe ancora più frustrate di lei. Sì, sono talmente frustrate che hanno oramai solo fame da buone forchette del salame del macellaio, non quello del marito che le tradisce con delle porchette nel suo pollaio.

Sono terribili queste donne. Passano le loro giornate, scambiandosi confidenze da cornute che non conoscono più l’aroma (det)ergente dell’uomo che delle fallite non si accontenta e, da esigente, pretende migliori pretendenti.

Sì, uomo intelligente senza precedenti. Tant’è che nessuno/a lo caga e, sporcato da tanta indifferenza, non ha più niente. Nemmeno i soldi per lo spazzolino e per potersi, dunque, pulire i denti.

Un uomo decadente, eh sì. Mi pare ovvio. A me pare anche che mangi solo le uova.

Sì, c’è più gusto nella masturbazione, nel farsi la sega soprattutto mentale. Poiché, una volta che l’amplesso s’avvera, m’immalinconisco e, nel tramonto più languido della rossa sera, dopo tanta scaldante serra, medito melanconicamente a quel che sarà un domani quando, all’alba, Sara se ne andrà e solo sarò ancora come ieri nel mio emozionale deserto del Sahara. Se mai fui, eh già, non in lei ma in me. Sì, perché non l’avrei mai scopata se fossi stato sobrio. Lei mi ubriacò in virtù della sua danza del ventre da donna poco virtuosa eppur, ardimentosa, ogni mia rigidezza… drogò e scalmanò, ammosciandosi poi in un urlo placidamente declinato al gemito soddisfatto come un uomo dopo l’acme dello svuotamento da richiamo della foresta e dopo troppe volgari feste.

Sì, guardate, scopare non è un granché. Tanto domani devi farti un’altra volta il culo. E poi s’insudicia tutto a terra. Bisogna lavare il pavimento, dar di bianco sul cemento e andare a far ancora la spesa, sperando d’incontrare un’altra cassiera che ti abboni lo scontrino del suo dessert del dopocena.

E che fai? Diventi fan dello youtuber lambrenedettoxvi? Uno che ha da poche ore rilasciato un video declamatorio, demagogico e illogico, intitolato Ragazzi di vent’anni per voi è finita, in cui nel suo caravanserraglio di scontate scemenze a buon mercato, urlando come un venditore del rione ortofrutticolo, grida appunto che lui aveva già capito tutto dai tempi della caduta del muro di Berlino.

Che c’entra la caduta del muro di Berlino e la fine dello sciovinismo col suo discorso ecumenico e cretino?

E poi ci lamentiamo che le ragazze sensibili come Christiane F. siano finite allo zoo e questo zoticone non sia stato ancora preservato dall’estinzione? No, tutt’altro. Fa anche il gran signore.

Fa di tutta erba un fascio. Ma a quale schieramento ideologico appartiene? Sì, è un fascista, un fancazzista o, come molti paraculi, un equilibrista? Quindi, lo assumiamo al circo come trapezista. Anzi, sbattetelo nella gabbia dei leoni e poi la finirà di fare il volpone.

Sì, lui sostiene che la sua azienda è ferma da mesi e che è dunque nella merda. Attesta, con tanto di attestato, che gli scrivono tremila persone al giorno. Sì, un quarto degli iscritti al suo canale. Col quale, grazie alle migliaia di visualizzazioni in cui sputtana tutta la politica italiana, diffamando dal primo all’ultimo parlamentare col suo folcloristico, carnevalesco modo di fare da fanfarone, pensa che io sia, come tutti gli altri del porcile generale, un coglione da (s)fottere in maniera sesquipedale.

No, lui guadagna grazie alla partnership e alla pubblicità dei suoi fedelissimi adepti analfabeti, aumenta il suo conto in banca coi clic delle persone disperate e/o annoiate che rendono la sua rendita più remunerativa degli stessi enormi numeri che dà nel suo sciorinato, vomitato campionario di luoghi comuni peggiori di quelli del lido di Venezia.

Questa gente mi ha davvero rotto il cazzo.

Gente che campa coi contributi interstatali di quelli che non sono neanche provinciali contribuenti poiché, nella loro frazione denuclearizzata, sono tutti scoppiati più della bomba atomica.

E, deflagrati totalmente, passano le giornate a rifarsi una vita? No, gli occhi sulle bombe dell’ultima modella di Instagram che, almeno per mezz’ora abbondante, riscalda le loro ansie da maggiorata per mentali minorati. I loro sogni perduti caldeggia, incitandoli all’azione… spronandoli forse solamente alla masturbatoria eiaculazione del dolce far niente dalla prima colazione all’ultimo cazzone. Ah, questi sono i più fortunati. Ad alcuni, talmente distrutti, sedati da psicofarmaci antidepressivi potentissimi, nemmeno più tira. Al massimo possono rimediare… una notturna polluzione nel momento in cui finalmente se la dormono quando, invero, è dalla nascita che se la son dormita.

Ah, se la tirano pure, appunto.

Contatto l’ufficio stampa della Biennale, chiedendo come mai si stiano attardando quest’anno a diramare il calendario delle proiezioni. Sì, il programma ufficiale è uscito ma che ne facciamo del “palinsesto” se non sappiamo a che ora e in quale giorno programmeranno, che ne so, Ad Astra?

Come dire? Sì, parcheggi davanti a una multisala, sai quale film vuoi andare a vedere. Entri, stai per dare i soldi, appunto, alla cassiera ma lei ti dice che non sa quando inizierà lo spettacolo.

Peraltro, hai pure sbagliato giorno perché il film che volevi vedere, cazzo, lo danno il giorno dopo ma ancora non sanno perché forse non lo daranno neppure domani.

Sì, non s’è mai vista una cosa del genere. Riusciremo almeno a vedere Joker?

Siamo quasi a Ferragosto e il Festival inizia fra circa quindici giorni.

Hanno aperto le biglietterie di Boxol.it a che pro?

Quest’anno sono un accreditato stampa. Perciò, Boxol stavolta non mi serve. Ma, essendomene iscritto anni fa quand’ero un comunissimo spettatore pagante, ogni anno mi spediscono le notifiche automatiche.

Mando allora una mail alla direttrice dell’ufficio. Mi risponde che oggi dovrebbero diramare, sul sito ufficiale della Biennale, il calendario con tutti gli orari precisi.

Però, sarà quello destinato al pubblico degli spettatori paganti. Il calendario per gli avvantaggiati, cioè gli accreditati, non si sa quando uscirà.

Avvantaggiati di che?

Lo spettatore normale non è costretto a guardare un film per lavoro. Se non lo ispira, come si suol dire, non ne prende il biglietto.

Il critico invece, categoria a cui quest’anno ufficialmente appartengo, grazie alle mie giornalistiche collaborazioni sempre più intense, deve obbligatoriamente guardare anche i film che, istintivamente, non lo stuzzicano. Sennò, lo licenziano.

Come dire… traslando la stronzata succitata… devi scoparti una orribile altrimenti poi non avrai i soldi per pagarti da mangiare e mi sa che sarà molto dura anche scopare solo a terra.

Forse rivedrò anche il mio amico Johnny Depp. Il signor Johnny lo vidi due volte a pochi centimetri da me. La prima volta per La vera storia di Jack lo Squartatore, la seconda per Neverland – Un sogno per la vita.

Non scherzo, entrambi questi film furono presentati a Venezia. Tu, invece, non sei più presentabile neanche per tua sorella. Fidati.

Mah, comunque dalla vita ho capito che è inutile farsi troppe illusioni. Puoi sognare, va benissimo, puoi crearti l’isola che non c’è, startene nel tuo mondo immaginario come Sir James Matthew Barrie ma se svolti l’angolo potresti trovare la tua ragazza sgozzata da un maniaco assassino come Jack the ripper.

A me fortunatamente questo non è mai successo.

Ad esempio, nel 2003 conobbi una di Trieste di nome Roberta. Già ve ne parlai, giusto?

Lei era impaurita da un tizio che abitava nei suoi paraggi. Secondo lei, prima o poi al buio, al suo ritorno dal lavoro, l’avrebbe aggredita.

Le chiesi se sapesse dove abitasse quest’uomo nero delle favole.

Al che, mi recai sotto il suo portone. Suonai al citofono di tale Charles Manson di quartiere.

– Chi cazzo è a quest’ora?

– Senta, può scendere giù? C’è un pacco regalo che l’aspetta.

– Non è possibile. Il corriere SDA non fa consegne a quest’ora tarda della notte.

– Ha ragione. Comunque scenda, le devo parlare. Ho bucato le gomme della macchina. Mi serve qualcuno che m’aiuti. Non ho trovato nessuno in zona a darmi una mano.

– Va bene. Se però è uno scherzo o lei è un malintenzionato, giuro che chiamo la polizia oppure la riempio di pugni.

– Ma si figuri. Non ha nulla di cui preoccuparsi. Esca, forza. Ne uscirà sfigurato?

– Senti, testa di cazzo, adesso scendo e te le suono.

– Ah, a proposito, prima di suonarle a me, metta a posto il citofono. Ho dovuto spingerlo cinquemila volte. Poi ha funzionato. È un po’ come lei, sa? Lei è suonato da un pezzo ma se la canta da solo.

– Ora hai esagerato. Aspettami, figlio di puttana. Non scappare, eh?

– Ah, ci mancherebbe. È lei che dovrebbe di più scopare.

– Basta! Fra due minuti ti ammazzo!

 

Lui scese.

– Scusi, è lei il maniaco che spia Roberta?

– Ma che dice? Ora ti spacco la faccia! Vedrai poi che faccia farò, riderò come il Joker.

– In effetti, ha ragione. Con la faccia che ha, lei spaventa solo sé stesso.

 

Ecco, quest’aneddoto è di pura invenzione ma comunque è vero che fu un bel periodo quel 2003 con Roberta.

Indubbiamente ero un bell’uomo, quasi quanto il Depp. Anzi, il confronto con lui non regge, sebbene anche Johnny sia uno lontano dal gregge e soprattutto da lei, signora, ché mai legge.

Ovviamente lo batto con la sola alzata birichina del sopracciglio sinistro accentato su un’espressione da Mickey Rourke senza rimmel. In quanto io sono sempre (al) naturale.

Molte donne fanno a gara per vedermi en nature.

Ma, scusate, alla verdura appassita di queste squallide fruttivendole, preferirò sempre la mia (s)fregatura.

Ora, in Sala Grande danno i film in Concorso alle 20.30, al PalaBiennale gli stessi film mezz’ora dopo.

II film invece che voi, poveri illusi, vi fate ogni giorno, lo programmano soltanto dallo psichiatra presso cui siete in cura.

E ve lo posso dire? Anche in culo.

Sì, posso andare avanti alla meno peggio, alla bell’è meglio ma mi sa che, visto che non mi sputtano, quindi non farò mai il gigolò a pagamento, dato che non rispetto i prostitutori appuntamenti, in questo sistema di venduti, mi servirà un atto da Coraggioso…

Ricordate: Sansone crollò ma fece crollare tutti i filistei, cioè il mondo intero, i falsi e gli ipocriti.

Distruggendo sé stesso ma massacrando anche tutti coloro di questo temp(i)o.

Concludo con una cosa molto triste ma vera come la vita.

Successero parecchi casini qualche anno fa. Io reagii a delle scriteriate, stupide provocazioni, volendo fare il giustiziere della notte.

Mi chiamò il PM.

– Senta, Falotico. Ho capito. Lei è molto incazzato, ha perso la testa perché qualcuno la sta stalkerizzando in maniera vigliacca.

Però ci sono molti però. Non ha molte prove alla mano e sa meglio di me che, anche se si ha ragione, non si possono combinare casini.

Allora, le sarò franco. Le posso dare un mese di arresti domiciliari oppure prescriverle una perizia psichiatrica.

Cosa sceglie?

– Lascio rispondere il mio avvocato.

– Avvocato, quale delle due opzioni crede che sia la più vantaggiosa per il suo assistito?

– Se prende i domiciliari, per quanto innocui e brevissimi, avrà la fedina penale sporca anche se, le ripeto, pubblico ministero, che il criminale è l’altro. Il mio assistito ha solo dato di matto. Perché il troppo è stato troppo.

– Allora gli prescrivo una perizia.

– Sì. Così se dalla perizia emerge che il mio assistito è rimasto scioccato in seguito a quest’osceno bullismo, verrà anche giustamente risarcito.

 

Il mio avvocato, ingenuamente, pensò di farmi del bene. Era profano in materia di giochini giudiziari.

Vi spiego. Se tale medico legale di tua sorella avesse scritto che ero solo incazzato ma sanissimo e, invece, il giorno dopo avessi davvero commesso una strage, lui sarebbe stato radiato dall’albo e sbattuto a dovere.

Dunque, per tagliare la testa al toro, scrisse che soffrissi di disturbo delirante paranoico.

E accadde una tragedia.

Ora, a me piace cambiare nella mia fantasia i finali dei film.

Prendiamo L’ultimo dei mohicani di Michael Mann.

Uncas è più debole dell’orco Magua. E Magua lo uccide. Al che, la ragazza di Uncas, Alice Munro si uccide a sua volta.

Il padre di Uncas fa un culo come una capanna a Magua. Cioè lo uccide.

Mettiamo invece che Uncas, miracolosamente, non fosse morto.

Dalla profondità del dirupo, avrebbe urlato a suo padre di fermarsi.

– Aspetta, lasciami riprendere, lasciami crescere. Se lo ammazzi tu, diranno che il mio paparino ha vendicato un bambino tanto debolino. Ci penserò io.

 

Perché Uncas, crescendo, avrebbe massacrato Magua.

Sì, ve la racconto.

Magua se ne sta nel suo covo.

– Sai, Magua, Uncas ti sta cercando.

– Chi, quel povero ragazzone coglione? Vuole morire sul serio, stavolta. Ah ah.

– Magua, Uncas adesso è molto più forte di te.

– Ma davvero? Ah ah, che ridere.

– Sì, in verità ti ha già trovato. È fuori da questa caverna. Ti sta aspettando. Vado a dirgli che lo raggiungi appena avrai finito la cena?

– Ah ah, ok.

 

Magua finisce comodamente di mangiare come un porco ed esce piano piano dalla caverna con un sadico, strafottente sorrisetto stampato in volto.

A quel punto, calano le tenebre.

Ecco, lasciate stare comunque le vendette.

E che volete fare? La fine di Samuel L. Jackson de Il momento di uccidere?

Gli idioti vanno perdonati.

E smascherati.

Bene loro è stato come un vestito rosa da femminuccia.

Un’onta indelebile come un trucco incancellabile da pagliacci orribili e mostruosi.

 

di Stefano Falotico
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Il provino di Martin Koch con Serena Reuba e Francesco Braschi, recensione. Considerazioni poi da Coraggioso… over the top


10 Feb

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Finalmente, l’ho visto.

Opinione di Stefano Falotico, alias Joker Marino.

Ebbene, Il Provino.

La voce off iniziale è di Federico Frusciante, vero? Ecco, sapete che io amo essere sempre sincero. Dunque, partiamo coi pregi. Per poi arrivare ai difetti.

Le atmosfere sono molto azzeccate, si respira sin dapprincipio un’aria malsana, in linea con la perversa tematica di fondo. E i montaggi incrociati da simil snuff movie mischiati a riprese torpide hanno il loro effetto affatto malvagiamente ammaliante. La fotografia è lividamente sporca e, prima dei titoli di coda, sono rimasto impressionato dal lavoro che Martin Koch ha realizzato, con queste riprese sghembe e cupissime di un quartiere periferico, fra murales, palazzi e cemento armato, cavalcavia tetri, etc.

Francesco Braschi recita bene la sua parte da “maniaco”. Con tanto di fisico giustamente debosciato ed espressioni scioccanti, ambigue e disturbanti. Con tanto di panza orgogliosamente mostrata.

La protagonista, Serena Rebua, non nasconde la sua toscanità e possiede il viso adatto per la parte. Della giovane ragazza, cioè, probabilmente delusa che, con sprezzo del pericolo, si va a infognare per un purissimo desiderio di libertà ed emancipazione ingenua.

Eleonora Genua, grande donna e moglie del nostro caro Fede, dà un tocco maliardo al finale con la sua presenza istrionicamente magnetica.

Ecco, questi i pregi.

Passiamo però ora ai difetti. Si tratta di un cortometraggio e, come tutti i cortometraggi sperimentali, arrischia troppo nel sintetizzare, per ragioni logistiche di tempistica e minutaggio, strozzando una storia che a mio avviso meritava un lungometraggio vero e proprio. Un cortometraggio, vista appunto la brevità essenziale della sua scarsa durata, deve comprimere tutto. E affidarsi più che altro, appunto, alle suggestioni. Un’arma a doppio taglio. Perché così facendo un’opera, per eccessiva stringatezza, rimane una sorta di frame emozionale a metà, fredda, seducente ma al contempo purtroppo dimenticabile.

Voto finale: 6 e mezzo.

Tante idee e notevole talento visivo ma forse il tutto andava gestito con più calma, in qualcosa di più strutturato e più lungo.

Ma comunque, dieci e lode per il coraggio. Si può sbagliare o non essere impeccabili ma io stimo altamente chiunque ci provi.

Sì, io stimo tutti i coraggiosi, a prescindere dai risultati finali, in quanto Brave io stesso alla Johnny Depp

Col tempo, la mia prosa letteraria, devo ammetterlo, e lo ammettono anche i critici che mi leggono, si sta raffinatamente affinando sempre di più.

Se vado a pescare gli scritti miei del passato, scorgo notevoli intuizioni, calembour davvero ispirati mischiati però a deliri dissennati. Funambolici giochi di parole spesso sterili. Che io capisco, semmai pure un mio amico, ché vive di feeling ed empatie col sottoscritto, ma alla gente estranea non dicono un cazzo. Anzi, sono sbracate amenità che fanno il paio quasi col termine oscenità. Semi-pornografiche per la loro natura sin troppo eccessiva, smodata, sbattuta in faccia senza filtri di sorca, no, di sorta. Salutami sorrata!

E anche i miei libri del passato, su tutti L’ultimo dei romantici libertini, sono voli cosiddetti pindarici, credo, straordinariamente sinceri ma così tanto sinceri, appunto, da divenire uno stream of consciuosness senza molto senso.

Ma non rinnego nulla. Fanno parte di quel periodo della mia vita. E la vita è sempre imprevedibile. E mi par dunque sacrosanto che in quel momento fosse un po’ sballata. Una cianfrusaglia di casini mentali da me elucubrati, graffiati e ciclostilati nel Garamond 12 su editing puntigliosi.

Io ora non vorrei autocelebrarmi ma invece m’incenso. Sì, sì, sì.

I miei ultimi quattro libri, compresa la mia strepitosa, indiscutibile, magniloquente, oserei dire monumentale monografia su John Carpenter, sono qualcosa di tanto alto che un uomo oramai, terminati che li ha di scrivere e pubblicare, che cazzo campa a fare?

Si potrebbe anche scopare la pornoattrice da me preferita (dio quella donna mi fa impazzire, devo mettere le palle nel freezer ogni volta che la vedo) che io so qual è ma non vi dico, e non cambierebbe nulla. Anzi, tanto carnale, sfacciato culo esorbitante m’indurrebbe a una melanconia incurabile.

Come Alessandro Magno. Una volta che conquistò tutti i regni, scoppiò a piangere perché non aveva nulla più per cui vivere e combattere.

Ecco, uno dei film più sottovalutati di sempre è Il coraggioso di e con Johnny Depp con un cammeo spettrale di Marlon Brando.

Questo Brando distrutto che, dopo la tragedia del figlio, sicuramente aveva assunto neurolettici potentissimi per calmare il dolore immane, una cura farmacologica quasi cortisonica come quella che sta facendo mia madre.

Sì, sto assistendo alla vecchiaia di mia madre. E sono triste. I medici non hanno ancora capito di cosa soffra ma mia madre sta peggiorando a vista d’occhio. Una strana allergia la sta funestando oramai da più di un anno. E ha anche difficoltà a volte a cucinare perché presenta notevoli problemi alle articolazioni delle mani.

Mio padre invece quando deve raccogliere la spazzatura, rassettarla per andare poi a buttarla nel bidone dell’immondizia, c’impiega mezz’ora. Sono solitamente soltanto tre sacchetti di rifiuti. Ho detto tutto.

Siamo dalle parti della demenza senile galoppante. Confonde spesso Clint Eastwood con Sharon Stone e Antonio Banderas per Melanie Griffith. Ah ah. Ho detto tutto. Mio padre non è mai stato, diciamo, un futurista. Io, più passa il tempo invece, più sono la reincarnazione reale di Colin Farrell di Miami Vice. Veloce, dinamico, una sex machine che parla in chat con fighe incredibili e talvolta, se la imbrocco, ci scappa la botta-potta anche con una che non è solo Gong Li ma Chinchun Là. Ah ah. Il mio chihuahua nella sua passerona abbaia scalmanato e cambio le marce con una forza che costei, finita la scopata micidiale, deve leggere poi per tre giorni consecutivi un libro di Hermann Hesse per ritornare depressa come prima. Ah ah.

Sì, nella mia vita, da quando avevo deciso di sganciarmi dalle regole piccolo-borghesi di un’Italia ipocrita e fascista, hanno tutti voluto inscenare la mia pazzia. Raccontando puttanate sul mio conto. Perché erano terribilmente invidiosi.

E godevano da matti a prendermi per il culo. Io ero troppo giovane e ingenuo e abboccavo come un fesso. Ci sta. Però ora i cafoni ignorantissimi devono starci altrettanto ad averlo preso platealmente nel buchino tanto “sacro” che sta piazzato nel loro culino tanto bambino.

Credo che però certa gente, insanabile, sia abituata a scherzare oltre il lecito, il disumano. Sfrontatamente con una boria assurda e criminosa. Ripetitiva, maniacale, ossessiva. Penosa. Davvero. Qualcosa di ridicolo inaudito. E più offendono e più si auto-inculano.

Sapete che significa stare sempre soli, vedere gli altri che ridono, ballano, trombano e sorbirsi i peggiori appellativi? Ammalarsi di grave depressione, incominciare a venir paralizzati nel pensiero, a rallentarsi terribilmente, a subire regressioni anche nella sessualità, essere preda di afflittive manie per compensare il vuoto di vivere?

No, non lo sapete.

Certa gente esagera e non la smette più. È un divertimento sadico infinito. Ahuahua!

Anche quando la gente sta benissimo, continua a rompere i coglioni. Provocando dietro falsi profili.

Così, se dinanzi a queste bassissime provocazioni, uno nuovamente si spacca e perde la ragione, costoro possono farlo passare ancora una volta per delirante paranoico. O no?

Sembrano Robert Loggia di Over the Top. Screditano uno perché, semplicemente, gli sta sui coglioni.

Poi lo ricattano perfino, non paghi dei già osceni castighi perpetrati ingiustamente, delle umiliazioni e delle prese di posizione filistee.

Con tanto di scellerate istigazioni al suicidio e improperi allucinanti, velati e non.

Li potrebbero assumere come posacenere di Harvey Keitel di Taxi Driver.

Vedete. Io sono come Lincoln Hawk.

Adoro quella scena…

Perché sei un perdente, lo sei sempre stato!

– Il signor Cutler non ha ancora finito di parlare con te.

– Ma ho finito io!

 

Finiamo con questa. Sapete che ho mezzo stroncato A Star Is Born. Sì. E oggi ho eseguito quest’ordine. Vi è il mio indirizzo. Anche se lo sapete e mi volete male, che potete fare? Scatenarmi dei dobermann?

Sì, non si sparga la voce in giro. Nessuno è più bugiardo di me, io sono un Pinocchio fiero di esserlo e rimango un inguaribile romantico. Posso provarci a diventare un troione come tali fals(ar)i ma non ce la faccio.

Sono tre giorni che canto questa canzone a squarciagola come un dannato, un pazzo totale. Come il grande Elvis Presley. Questo è amore, questa è immensità.

E la ripropongo nuovamente.

Che potete farmi? Sbattermi in manicomio? Ah ah!

Ah ah, sì, poi uscirò e continuerò a pensarla allo stesso modo.

Ancora e ancora. E ancora e ancora. E ancora e ancora. E ancora e ancora. E ancora e ancora.

Finché la merda, da quel sano loro bel culetto, non uscirà pulita, tutta tutta.

Sì, alle volte può succedere di prendere per il culo uno stronzo decisamente più forte e in gamba di voi.

Si chiama figura di merda.

Inarrestabile.

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Finiamo con questa. Sapete che ho mezzo stroncato A Star Is Born. Sì. E oggi ho eseguito quest’ordine. Vi è il mio indirizzo. Anche se lo sapete e mi volete male, che potete fare? Scatenarmi dei dobermann?

Sì, non si sparga la voce in giro. Nessuno è più bugiardo di me, io sono Pinocchio e sono un inguaribile romantico.

Posso provarci a diventare un troione ma non ce la faccio.

Sono tre giorni che canto questa canzone a squarciagola come un dannato, un pazzo totale. Come il grande Elvis Presley.

Questo è amore, questa è immensità.

E la ripropongo nuovamente.

Che potete farmi? Sbattermi in manicomio?

Ah ah!

 

 

di Stefano Falotico

Gli sprezzanti ma veri pensieri falotici sulla vita, la morte e su Sharon Stone


29 Sep

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Con tutti i soldi che ho speso per l’intera filmografia in Blu-ray di Sharon Stone, potevo produrle un buon film

– Guarda, Stefano, che Sharon ha girato degli ottimi film.

– Sì, uno e mezzo, Casinò e Pronti a morire. Un film irrisolto.

Basic Instinct non è un grande film?

– No, l’ho pure recentemente recensito. Un film che, se hai vergogna e provi sensi di colpa a guardarti un porno come si deve, in caso di notte in bianco può aiutare a eiaculare la cosina bianca.

– Ma no! È un grande thriller! Con una bellissima suspense.

– Sì, certamente. Devi aspettare un’ora prima che Mike Douglas glielo metta in culo.

– Ma allora perché hai comprato tutta la filmografia di Sharon?

– Perché mi piace la sua faccia di bronzo. E ha delle belle cosce.

 

Sì, non me ne voglia la signora Sharon. La sua filmografia, qualitativamente parlando, non è proprio un bijou. Roba buona ne vedo assai pochina, però Sharon, con la sua bocchina, sapeva come far soldi dando ai ricconi di Hollywood ogni suo buchino. E ora è “donna di classe”. Sì, praticamente quello che ha fatto la Gregoraci con Briatore. Soltanto che la Gregoraci l’ha preso in quel posto… sì, non è mai stata candidata all’Oscar, ma è sulla bocca di tutti che, giustamente, le danno della poco di buono. Insomma, non tutte le donne bone riescono a donarci qualcosa in senso lato, che non sia quello B. Rimangono delle belle statuine, ma non sono l’Academy Award.

Prendiamo questa foto di qualche anno fa di Sharon. Il mio discorso non fa una piega. Un corpo smagrito a forza di spompinarli, no, volevo dire… spomparli.

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Ma, si sa, la vita è come la morte. Prima non c’eri, poi nasci, cresci e la dai per non morire di fame, quindi crepi e ti elevano a mito.

Ad esempio, io non ho mai capito la mitologia su Moana Pozzi. Secondo me, la cameriera del Bar Renè, vicino a casa mia, è molto più sexy della Moana che fu. Forse, anche più puttana ma, non avendola data alle persone “giuste”, lavorerà tutta la vita da schiava negra. E dovrà accontentarsi del seminterrato coi ragni e le zoccole, appunto.

Sì, credo sia così. Però un cappuccino bollente con tanto di schiuma (det)ergente, da questa qui me lo farei servire con tanto di bavaglino…

Già, le donne sono abbastanza ipocrite.

Ad esempio, oggi pomeriggio una su Facebook ha scritto:

la cucina è la mia vita, dopo la minchia e i viaggi.

Al che, la contatto:

– Scusa, giusto per curiosità. La minchia è solo quella di tuo marito?

– Sì, solo quella. È lui che mi mette a pecora.

– Sai, ti sei involgarita. Non eri così. Devi aver scopato male, ultimamente. Riempi la tua bacheca di porcate. Io vi leggo un’enorme frustrazione.

– Senti, segaiolo, impotente, maniaco sessuale, rompicoglioni, che non ho, io ti spacco il culo!

– La mia era una domanda benefica, atta ad aiutarti. Sai, mi hai confidato, tempo fa, ricordi, che ami molto tuo marito. Allora non capisco perché ogni sera caghi il tuo stupidario sugli uomini. Scrivendo che sono dei maiali e che li vorresti vedere bruciare tutti. Sì, mi ricordi Donald Sutherland di Fuoco assassino. Versione in gonnella di Nikita.

– Sì, mio marito è un grande uomo. Ma gli altri sono dei porci schifosi, dei repellenti bavosi. Uno di questi giorni li ardo tutti. Tutti!!! Ma anche le donne non scherzano, sai? Anche loro. A differenza di me, donna virtuosa, sono tutte delle troie. Assolutamente.

– Tu e tuo marito avete figli?

– No, ma ne stiamo aspettando uno.

– Perché lo volete mettere al mondo?

– Per vederlo crescere. E gioire.

– Per egoismo, dunque. Vuoi farlo crescere in un mondo che tu reputi così orribile?

– Senti, che vuoi? Io ti ammazzo!

 

Eh sì, questa è davvero una con le palle. È cazzuta, Dio mio.

 

Poi, invece abbiamo la “santa”.

Nel suo profilo, scrive che è sociologa-pedagoga-psicologa, forse solo psicotica. Praticamente Sally Field di Maniac. Una che dice ai fessi come si sta al mondo e si fa il giro col gigolò latinoamericano che paga perché la sbatta coi soldi che frega a quelli che tratta da “malati di mente”.

Mi prendo cura del tuo bambino interiore ferito, recita il suo biglietto da visita…

Costei, dovrebbe prendersi “cura” di curarsi, va’.

Ah, sono insopportabili queste qui. Si scattano i selfie nella casa con la biblioteca piena di libri. Tutti libri inutili del tipo: Leggi che ti passa, Se sei una ninfomane vai a fare shopping, Cercare la felicità in un Bonsai, Siamo tutti figli di un Dio maggiore, credeteci, minorati.

 

Gli uomini sono pure peggio. Pensate che c’è chi, a sessant’anni, compra le biografie dell’esaltato genio precoce del figlio, che ha appena scritto le memorie Sono più grande di mio padre: però lui ha i soldi e mi dà la paghetta dopo che la sua vita è andata a mignotte.

In Italia, c’è ancora la mafia. Un tempo, i ragazzi disoccupati delle zone degradate e sottosviluppate, pur di non crepare di stenti, accettavano “lavoretti” per i malavitosi. Che ne so, caricavano nel baule della loro macchina dei quantitativi di droga e facevano le consegne. Venivano ben pagati e, allora, una volta corrotti, non tornavano indietro. Prestando giuramento. Divenuti mafiosi con tanto di “benedizione”, erano fottuti del tutto. Sì, non potevano più pentirsi. E se mai si fossero azzardati a tradire i patti d’“onore”, qualche sicario li avrebbe fatti fuori.

Ma è un discorso estendibile a gran parte della società.

Mettiamo ad esempio che uno viene ingiustamente licenziato da una grande azienda. Se fa causa, è ancora più fottuto. Il datore di lavoro è ammanicato ai giudici. Cenano assieme e, come si suol dire, cane non mangia cane.

Questo datore di lavoro è uno potente, con le mani in pasta dappertutto. Sgancia i quattrini ai giudici, e l’uomo licenziato ha pure rimediato una figura di merda, oltre ad aver dilapidato ogni suo risparmio per pagarsi l’avvocato.

Come dice Joe Pesci di Quei bravi ragazzi, cornuto e mazziato.

Sì. Dovete sapere che spesso la gente mi ha dato del vigliacco. Così, dopo i vent’anni, coprendomi delle calunnie più infamanti, aveva arbitrariamente deciso che dovevo dimostrare di essere un “uomo”. E andavo svezzato.

Da ingenuo, abboccai a queste richieste poco in linea con la mia natura masturbatorio-ascetica, e al primo colpo trovai una ragazza. Scopammo quasi subito.

Al che, questa gente mi disse che ero solamente un porco perché scopavo senza lavorare. E via di bullismi e troiate.

Io impazzii, successe un finimondo, e oggi probabilmente sono Johnny Depp de Il coraggioso.

 

Io perdono perché sono io.

La maggior parte delle persone non sono come me.

Si credono grandi uomini e grandi donne e hanno girato da amatori… invece soltanto il film Sliver ove, come William Baldwin, spiano i cazzi altrui e fanno i giochetti.

E scopriranno, un bel giorno, di essere dei matti. Che inculata.

Comunque, io appunto non sono un’ipocrita. In Sliver la nostra Stone è bella, ovvio, ma io le preferisco Polly Walker.

Oggi, la mia Polly è un po’ invecchiata.

Eppure in Otto donne e 1/2 aveva un culo da infarto. Un culo che ti prendeva un colpo.

Infatti…

Parliamo di una super figa eclatante.

Di mio, non sono né figo né sfigato. So che mi piace Broken Flowers.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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