Posts Tagged ‘The Night Of’

Abel Ferrara, Chris Walken e Willem Dafoe, cioè praticamente me incarnato, scarnificato nella Trinità degli dei


12 Jul

walken king of new york

Mah, di mio, ho sempre preferito le periferie fatiscenti, degradate e fetenti della New York spettrale, cupa e onirica, lisergica, malandata e sporca, ipnoticamente ammaliante nella sua schifezza trasudante sudiciume di uomini devastati e di donne strafatte, al Cinema lezioso e perfettino di Woody Allen.

Comunque, Woody Allen fu ed è meno nevrotico di me. E ho detto tutto…

Sì, Woody Allen è un genio ma io non abiterei mai a Manhattan. È il sogno di chiunque stazionare in un iper-accessoriato super appartamento del quartiere residenziale più chic della Big Apple.

Però se, dopo aver risparmiato un patrimonio, se dopo non essere usciti mai di casa, non spendendo soldi per circa vent’anni al fine di accumulare ulteriore danaro necessario per cambiare vita e trasferirvi, per l’appunto, nella città più demograficamente populous degli States, cioè, che ve lo dico a fare, la metropoli ove abitò il macellaio Daniel Day-Lewis di quella mezza cagata sopravvalutata di Martin Scorsese con un Leo DiCaprio appesantito e una Cameron Diaz puttana sino al midollo spinale, ladra di tutti i gioielli, metaforicamente e non, se dopo essere stati salvati dalle grinfie di un pappone come Harvey Keitel di Taxi Driver, vi eleverete dal porcile di massa e vorrete/voleste fare gli altolocati come Jodie Foster… di Panic Room, sì, semmai incontrerete pure tre mariuoli certamente imbranati, altresì rompiballe, che cazzo farete? Ma dove cazzo pensate di andare?

Tornerete a Napoli e affitterete un monolocale nei quartieri spagnoli ove vi deruberanno anche di una brasiliana dai facilissimi costumi, espatriata da Rio de Janeiro nel capoluogo che fu peraltro la patria di Diego Armando Maradona, argentino non proprio nell’anima doratissimo, però coi denti placcati oro grazie ai soldi elargitigli dal drogato Ferlaino, sì, “noleggerete” una baldracca da quattro soldi raccattata sotto il Vesuvio dei vostri bollenti, magmatici spiriti con cui v’illudeste di giocare almeno di spagnola dopo aver gustato una zuppa inglese, uno zabaione come dessert dopo essere arrivati totalmente alla frutta, per di più scaduta, alla pizzeria gestita da Nino e Gaetano, chiamata Salutami a Sorrata?

Tanto vale che rimanete nella vostra casa ficcata in culo al mondo. Non fatevi venire strane idee, miei ragazzi puri, pure come Riz Ahmed di The Night Of.

So che, per l’appunto, la mela del peccato vi tira e volete leccarla tutta. Ma vorranno fottervi, incriminandovi di omicidio e stupro soltanto perché finalmente anche la povera disgraziata che ve la offrì ignuda e bagnata, eh già, morì ammazzata in una notte kafkiana da Fuori orario. Saranno cazzi molto amari, fidatevi.

Eh sì, che rottura di palle, miei amici buoni alla Griffin Dunne. Grissin Bon! Io, per esempio, avrei lasciato stare perdere subito quella Rosanna Arquette. Insomma, fu la co-interprete di Cercasi Susan disperatamente.

Lo so, voi, uomini morti di f… a, cercate invece disperatamente solo delle susine. Ma neppure da Susanna, quella donna palindroma che svende le banane al mercato, riuscirete a ottenere una gratuita limonata.

Veramente. Io vi ficcherei immediatamente dentro New Rose Hotel. Assieme a quei tre matti sconsacrati! Porco Giuda!

Per piacere. Non smadonnate come la Louise Ciccone di Occhi di serpente.

Sì, scegliete invece una vita bergmaniana alla Settembre e Interiors di Allen.

Ma che cazzo vi salta per la testa? Guardatevi, ragazze. Siate oggettive. Non siete mica fighe come Diane Keaton de Il dormiglione. Continuate pur a dormire sogni tranquilli. Tanto, Javier Bardem di Vicky Cristina Barcelona lo vedrete col binocolo.

E non dite che siete lesbiche come Jodie Foster, tanto non ci crede nessuno. Soprattutto nessuna. Le vostre amiche sono più brutte di voi.

Diciamocela! Dovete dirvela tutta. Anche perché non potete darla a nessuno/a. Siete più racchie di Lily Taylor di The Addiction.

Eh sì, farete la fortuna di tutti gli psichiatri del mondo. Ché, coi soldi che darete loro, illudendovi che potranno curarvi dalla vostra schizofrenia amante soltanto dei vampiri di Twilight, v’inculeranno a sangue, succhiandovi tutto il portafogli, altroché. Infilandovi depot inibenti la vostra rimanente, oserei dire già smunta libido.

Ah, non avrete molte scelte. Penserete di essere, per l’appunto, la Vergine di Mary.

Suvvia. Juliette Binoche che crede di essere la madre di Cristo, dai, fa veramente bestemmiare.

Credo che Juliette, dopo aver assaggiato Day-Lewis, sì, stavolta de L’insostenibile leggerezza dell’essere, se prima di ciò, pensò di farsi monaca di clausura o di Monza, poi divenne anche fan de Il cattivo tenente.

Annamo bene… cazzo. E qui faccio il Ninetto Davoli di Pasolini.

Sì, la Binoche è una prostituta di classe. Cosmopolis docet.

Asia Argento, invece, malgrado sia stata per anni con quel magnaccia di Morgan, non è una puttana.

Pazza, però, sì. Ah ah. Come attrice è una cagna ma credo comunque che possa essere curata da Christopher Walken di King of New York, un lupo della notte che, al min. 0:52 di questo trailer, bacia certamente meglio di Asia stessa di Go Go Tales.

Mah, un mio ex amico pensa che io sia L’angelo della vendetta.

Di mio, penso che il gelato al cioccolato misto al gusto di stracciatella, ingurgitato alle quattro di notte, valga molto di più di 4:44 Last Day on Earth.

Non so come sia questo film. Mi manca. Dopo la leccata al gelatino, mi sparerò alle 5 e 03 di mattina davvero questo filmettino.

Poi, alle prime luci dell’alba, come un Nosferatu Walken, ballerò sul terrazzo. Prendetemi pure per pazzo ma questa vita, fidatevi, va pigliata come viene…

È inutile che pensiate a come sarà il vostro futuro.

Ah, come potrà essere? Ve lo domandate pure? Allora siete più scemi di me.

Siamo tutti fottuti. Chi più chi meno. Quindi, finitela di menarvela.

Non siete Abel Ferrara né Woody Allen.

Non siete un cazzo.

Non si cazzeggia, qui.

di Stefano Falotico

new rose hotel

Martin Scorsese, il grande sconfitto della Notte degli Oscar, forse delle sue insonni, tormentate notti


11 Feb

fuori orario

Amici, vi do il benvenuto nel mio nuovo profilo. Che intende mantenere una linea piuttosto coerente con la mia anima noir. Che è una cosa ben diversa da anima nera.

Il noir mi entusiasma. Anni fa, pubblicai anche un libro intitolato Noir Nightmare, raccolta di racconti onirici intrecciati alla mia mente che, d’intersezioni sinaptiche, fra neologismi da me coniati persino fuori tempo massimo, allestì una silloge strana e bizzarra. Accordata alla mia anima romantica. Scrivendo termini come freneticità Che non esiste in italiano, si dice per l’esattezza frenesia. Ma freneticità mi diede il senso di movimentata malinconia mista a ilarità, di visionaria ebefrenia mescolata alla più avveniristica fantasia.

Si può dire invece ferocità al posto di ferocia. E forse nella mia prossima, letteraria copertina, chissà, sarà stampata e vertiginosamente si staglierà, in tutta la sua immensa bellezza statuaria, una donna di nome Elenoire.

Ah, già il nome Elenoire ricorda la dolcissima Lenore di uno dei massimi capolavori di Edgar Allan Poe, ovvero Il corvo. Da non confondere col film di Alex Proyas anche se, a ben vedere, il/la graphic novel da cui fu adattato il cult con Brandon Lee, eh già, non fu solo tratto da James O’Barr, bensì fu anche reminiscente della novella di Poe. La storia di un uomo oramai morto che non vuole più essere rinascente.

Poiché vivere davvero comporta rivivere emozioni che potrebbero, sì, tanto piacere, ma anche tanto dolere. Insomma, amare ancora la vita e non solo quella, potrebbe darti godimento, altresì potrebbe cagionarti altri gravi tormenti. E, ancora una volta deluso a morte, potresti impazzire e diventare un malato di mente. Per resistere al dolore della vita, dunque ai suoi (dis)piaceri.

Lo sa Bob De Niro di Nonno scatenato. Uomo stronzo ma anche molto colto che affascina la giovanissima Aubrey Plaza, eccitandola nel citarle proprio Lenore de Il corvo.

Sì, m’innamorai di De Niro dopo aver visto, in una galassia assai remota del mio aver già perso la luce dei giorni, giammai però sputtanandomi da perdigiorno, per la prima volta Taxi Driver.

Da lì non risorsi, anzi, ancora di più m’immalinconii nelle notti mie più torbide, assumendo nel quotidiano un’espressione accigliata e torva.

Furono notti da After Hours nelle quali, grazie al mio black humor proverbiale e unico, sdrammatizzai ogni mio senso di colpa da Nicolas Cage di Bringing Out the Dead, per l’appunto.

Nic, nel succitato film, si colpevolizzò oltremodo per non essere riuscito a salvare una ragazzina entrata in overdose. Di mio, divenni malato di complesso di colpa, malgrado in vita mia non mi sia mai drogato, tantomeno fui sottopagato. Spesso però da nessuno fui cagato. Cosicché, ingiustamente colpevolizzato, disintregrato e accusato di essere troppo un bravo ragazzo, molte malelingue credettero che mi sarei dato alla malavita, ammanicandomi ai Goodfellas. Che felloni questi qua che non amarono il mio essere falotico e mi considerarono, precocemente, un uomo già finito e fallito.

Godetti invece immensamente dei miei pleniluni ma fui spacciato per un solitario lupo.

A parte gli scherzi e la verità, poiché tale è e mi pare giusto non rinnegarla, bensì mi sembra davvero doveroso, oh sì, confessare ogni mio conflitto psicologico come Harvey Keitel di Mean Streets, mi parve anche abbastanza ovvio che The Irishman non vinse nessun Oscar. Non vi pare ovvio? Oggi, io vi paio un uomo? Non lo so, lo sapete voi.

Scorsese già, difatti, vinse per The Departed e l’Academy è da sempre restia a dare un secondo Oscar a distanza di poco più di un decennio. Infatti, Eastwood vinse la statuetta per Gli spietati e dovette aspettare circa quindici anni per rivincerla con Million Dollar Baby.

De Niro fu escluso dai candidati dei migliori attori protagonisti.

Al Pacino e Joe Pesci già vinsero. Pure lo sceneggiatore Steven Zaillian. Fra l’altro, ossessivamente vi consiglierò il suo splendido The Night Of. Il primo episodio è praticamente un incubo kafkiano alla After Hours unito a una storia simile, di errore giudiziario impressionante, a Richard Jewell.

Rodrigo Prieto, invece, bravissimo direttore della fotografia, può vantare nel suo carnet ben tre nomination agli Oscar ma, prima di vincere lo Zio, non solo Marty, dovrà ancora patire, carnalmente e non, come Andrew Garfield di Silence.

Ora, ribadisco che Scorsese sia attualmente il regista vivente con più candidature agli Oscar. Anche quello più ingiustamente, eccezione fatta per The Departed, come detto, di vittorie rimasto a secco.

Però voglio dirvi anche quanto segue. Sebbene inizialmente scrissi che The Irishman sia un capolavoro, rivedendolo più e più volte, con estrema e sofferente sincerità debbo ammettere che non lo è, assolutamente.

Rimane un gran bel film ma l’ultimo capolavoro di Scorsese resta Al di là della vita.

Mi pare che il mio discorso non faccia una grinza.

Più coerente di così, si muore.

O forse si rinasce.

 

di Stefano Falotico

bringing out the dead cage

Il Falò – Origins: cronistoria di un supereroe, anzi antieroe alla Adrian o forse à la Joker innestato su malinconia, per fortuna, giustamente non arrestata


20 Jan

joker phoenix

 

 

 

Sì, in questo post elucubrante in merito alle memorie di un uomo che soffrì d’amnesia, sviscereremo in profondità le radici dell’albero genealogico che generò un personaggio erroneamente giudicato degenerato per colpa di pregiudizi da debosciati, il quale, rinato come l’araba fenice, mangia pure la faraona e non vuole arrendersi dinanzi a Yul Brinner de I dieci comandamenti.

Un uomo dalla morale più forte di Charlton Heston del capolavoro biblico appena menzionatovi, firmato da Cecil B. DeMille, divenuto oggi millenaristico grazie, si fa per dire, a idioti che lo trattarono da Cecil B. Demented.

Nomen omen, un omonimo cioè di Stephen Dorff. Interprete del film di John Waters sopraccitato, il quale anni fa s’eccitò con Pamela Anderson mentre il Falò andò matto pure per Marliece Andrada di Baywatch. Eppur venne considerato Keith Gordon di Christine.

No, a proposito di femminili acque, a me giammai piacque Alexandra Paul. Se proprio, in qualche puntata, non v’era l’Andrada, poteva starci anche con Carmen Electra.

Come dice il detto, non c’è due senza tre. Lo sapeva il ribelle Renato Zero col suo Triangolo ma io sarei affogato pure con le mie bermuda/e in Nicole Eggert tutta nuda.

Fu un mio ex amico a farmela scoprire al di là della sega, no, della serie di Baywatch. Mi chiese:

– Hai mai visto il film Blown Away? Be’, Stefano, diciamo che c’è una scema, no, una scena che vale tutto il pezzo, no, il prezzo del noleggio… una scena di scarso minutaggio e pessimo montaggio dove però v’è Nicole ottimamente montata, no, immortalata da un ragazzo con pelle di mortadella.

 

Invero, ne fui già aggiornato nelle mie notti più belle dei vostri giorni. Già vi dissi che, in tempi non sospetti, comprai tutti i film con Shannon Tweed. Una messa spesso a novanta, no, superbamente dotata di gambe scoscianti e rifatto petto, donna piccante per l’attuale Gene Simmons dei Kiss un po’ adesso arrugginitosi in modo poco spingente. Un uomo che un tempo amò Shannon con tanto di assorbenti e invece dovrebbe ora gettare la (s)pugnetta.

Sì, la mia tragedia partì molti ani, no, anni fa.

Quando, dopo essere stato il miglior studente delle scuole medie, m’innamorai di Bob De Niro di Taxi Driver. In questo capolavoro, Bob perde la testa per la stagista bionda. Se n’invaghisce e la idealizza.

Poi scopre, pur non scopandosi nessuna, che Jodie Foster è costretta a venderla per colpa d’un pappone mentre la Shepherd, pur di mangiare la pappetta, si scandalizza di fronte a un porno ma forse è più troia di Margot Robbie di The Wolf of Wall Street.

Sì, Vasco Rossì cantò… ehi, tu, delusa, attenta a chi troppo abusa.

Eh già, mie care e nuove ragazze da ex programma Non è la Rai, infatti, non penso che incontrerete uno bello e ricco come Leonardo DiCaprio.

Come Ambra Angiolini, non dovrete darla soltanto a Gianni Boncompagni, bensì anche ad Harvey Weinstein. Ambra sta con Allegri, che allegria!

Ad Ambra, infatti, io preferii Cristina Quaranta. Ancora la adoro. Le scrivo spesso su Instagram.

 

Ma che cazzo successe? Ecco, che cazzo!

Diciamo che m’accodai a dei nerd liceali che giocavano a Theme Hospital. Vale a dire dei Worms.

Avrei dovuto asfaltarli come in Carmageddon ma io sono un tipo romantico che perdona.

Loro si strussero per Liv Tyler e mi sfotterono, spacciandomi per la Liv di Io ballo da sola. Insomma, desiderarono distruggermi ma io sono Bruce Willis.

Mi dissero che ero fottuto nel mio castello dorato e di valore, insomma, Trappola di cristallo.

Fra l’altro, tornando a Shannon Tweed, avete mai visto il film Trappola d’acciaio?

Sì, possiamo dire che fui precocemente belloccio come Michael Paré ma, essendo troppo oltre le frivolezze adolescenziali, pensarono che fossi io invece Willem Dafoe di Strade di fuoco.

È meglio I guerrieri della notte.

In parole povere, tutti credettero che fossi schizofrenico.

Non capirono una minchia.

Quando, peraltro, mi rivelai, mi dissero che mi stessi inventando tutto.

Mi spiace deluderli e mi spiace anche dire la verità.

Malgrado abbia passato un incubo come Riz Ahmed di The Night Of, grazie al mio genio da Rust Cohle di True Detective, tutti furono smentiti.

Sì, ci sono i terroristi che vorrebbero murarti vivo come Caesar Vargas di Showtime.

Allora, ti bombardano di offese per suggestionarti e intimidirti.

Dunque, da solo non puoi farcela.

Io ho sempre amato i buddy cop movie, pure The Blues Brothers.

E mi spiace ancora una volta deludere…

Non sono Ray Charles ma non sono neanche John Belushi.

Non sono neppure Dan Aykroyd di Una poltrona per due.

Semmai tu, sì, sei una testa di cazzo che vive un’esistenza senescente, ascoltando La Mer e i cantanti degli anni cinquanta.

Mi pare sacrosanto che mi guardiate bene.

Ecco, diciamo che giocai a Calcio sino all’età di diciotto anni. Ora, la vedi bene questa pancia, no, panca di addominali? Incomincia a fare delle flessioni!

Uh, sei già stanco?

State già festeggiando l’anniversario di quel vitellone riminese del Fellini?

Mi date dello scemino perché non mi piace C’era una volta a… Hollywood?

Semplicemente perché siete vecchi e guardate solo indietro o magnificate una vita vostra passatista e nostalgica. M’illusi che foste più bravi. La verità è che siete tonti. E non vi è cura per la demenza.

E ricordate: il Falò. E ho detto tutto.

 

di Stefano Falotico

Jesus Rolls – Quintana è tornato! – Anche Falotico, oh Gesù, molti maligni sarebbero tutti da mettere nel carcere di San Quintino


29 Sep

Sì, che stronzata è mai questa?

John Turturro che dirige sé stesso (chiariamoci, sebbene in molti libri troviate scritto se stesso, si scrive sé stesso, appunto, con l’accento, controllate sulla Crusca) nella parte del mitico Jesus Quintana. Uno dei personaggi più travolgenti della storia del Cinema. John, un uomo capace in un cammeo di pochissimi minuti, di entrare nell’immaginario collettivo grazie alla verve strabiliante delle sue movenze da pervertito dotato d’un carisma devastante.

Quindi, quando mi venite a dire che il cammeo di Matthew McConaughey in The Wolf of Wall Street è da premio Oscar, innanzitutto vi consiglio quello di Bob De Niro in American Hustle, con tanto di faccia di Christian Bale col parrucchino che rimane come una merda mentre, due istanti dopo, viene inquadrata quella figona di Amy Adams tutta scollacciata.

Jesus Quintana, dio mio, Cristo santissimo!

Sì, un imbattibile campione di bowling macchiatosi però d’un crimine esecrabile. Un uomo orribile che lecca le palle con un viscidissimo linguino mefistofelico. Poi, dopo aver fatto strike con classe da campione inarrivabile, balla meglio di John Travolta de La febbre del sabato sera al ritmo dell’intramontabile Hotel California dei Gipsy Kings.

Con Jeff Bridges, John Goodman e un silenzioso, attonito Steve Buscemi che lo guardano fra l’ammirato e il pietrificato in quella che è una delle tante scene cult d’un capolavoro senza tempo, ovvero Il grande Lebowski.

Uno di quei film che, se non hai visto almeno dieci volte, ti prenotiamo subito il loculo al cimitero. Tanto la tua vita non vale un cazzo. Ah ah.

Nobody fucks with the Jesus, da noi tradotto con non si scherza con Jesus.

Ne vogliamo parlare poi quando con la voce di Pasquale Anselmo, doppiatore storico di Nicolas Cage, Jesus/John dice questo?

Io, sabato, te l’avrei infilato dritto in quel posto…

Con John che, massaggiandosi il guanto di pelle scamosciata tutto nero da pornoattore sadomaso, simula il gesto dell’inchiappettata con tanto di sculettare da principessina sul pisello?

Qui tocchiamo vertici di genio assoluto. Il merito va al grande John e, ovviamente, ai fratelli Coen.

Intanto, nella periferia bolognese, un uomo gironzola, scolandosi il White Russian e adocchiando la movida senza dare nell’occhio.

Un uomo che dispensa saggezza e, mentre tanti psicopatici lo giudicano matto, oppure lo accusano di essere un fantozziano serious man, lui sa che Barton Fink lo rispecchia.

Un uomo colto più di Gugliemo da Baskerville e dall’intuito micidiale come John Stone di The Night Of ma sinceramente molto, molto più sexy di Turturro.

Eh sì, malgrado cinquemila batoste immani, il Falò conosce il fatto suo. Mentre le donne conoscono il suo fallo loro. E tutte le palle vanno in buca. Voi invece fate acqua da tutte le parti.

Comunque, secondo voi balla meglio Chris Walken o John Turturro? Guardate Chris in Romance & Cigarettes di John.

Al demente balbuziente offriamo subito del vino scaduto.

 

di Stefano Falotico

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I morti non muoiono, i dementi per fortuna sì


08 Jun

robert mitchum night of the hunter

Ora, a quanto pare, già l’avevamo capito dalle prime recensioni arrivateci direttamente dal Festival di Cannes, The Dead Don’t Die pare essere davvero il film, non dico più brutto, ma più irrisorio, irrilevante e soprattutto irrisolto di Jim Jarmusch.

Regista che tengo in auge e che, a mio avviso, sino a oggi non ha mai sbagliato un solo colpo. Ancora stupendamente infatti m’immalinconisco, silentemente gemo nello specchio languido d’una bellezza soave e inaudita soltanto rammemorando alcuni frame di Dead Man.

Emozionandomi al solo scoccare nei titoli di testa della musica di Neil Young, incantato dalla prodigiosa, turbinosa, rugginosa fotografia in b/n oserei dire morbida e ondosa del compianto Robby Müller.

Opera capitale di Jarmusch. Assai incompresa e non poco ostracizzata dalla cosiddetta intellighenzia, ah ah, ai tempi della sua uscita. In pochi infatti immantinente s’accorsero di essere di fronte a un film stratosferico e accusarono Jarmusch di essere stato troppo meditativo e lento.

Sono le stesse critiche, espresse nei medesimi termini, peraltro che vengono scaraventate addosso adesso a I morti non muoiono. Accusato, oserei dire imputato da più parti di essere una pellicola, appunto, soporifera che affastella troppi temi senza riuscire a centrarne efficacemente nessuno.

Staremo a vedere.

Ma torniamo a Dead Man.

Un film che, per le sue abbaglianti, funeree, cimiteriali e tristi atmosfere mortifere, eh sì, ricorda La morte corre sul fiume.

Lo stesso Jarmusch fu molto chiaro a riguardo. Dicendo espressamente che The Night of the Hunter è stato per lui un film imprescindibile nella sua formazione artistica.

Non solo per lui, anche per me. La morte corre sul fiume è uno dei più grandi film di tutti i tempi. Un film che, in un sol boccone come il lupo cattivo Harry Powell/Mitchum, si mangia vivo ogni Elephant Man lynchiano e tutti i possibili Twin Peaks.

L’aggregatore di medie recensorie metacritic.com, sito comunque alquanto inattendibile date le cantonate tremende che spesso, tuttora piglia, gli assegna un incredibile, insuperabile, imbattuto 99%.

Cioè, inutile evidenziarlo e peccare di pleonastico trionfalismo, La morte corre sul fiume è forse il film, permettetemi sfrontatamente di dirlo, più bello di sempre.

Sì, non lo sapevate? Assieme a Taxi DriverRusty il selvaggioL’infernale Quinlan e forse Mulholland Drive, ah ah, secondo il mio modesto dunque superbo parere insindacabile, è uno di quei film che m’ha cambiato la vita e, nella fattispecie, diciamo, ha positivamente sconvolto e stravolto la mia percezione della realtà.

Unico film da regista del grandioso Charles Laughton, perla fra le perle d’incomparabile, mastodontica, immane bellezza suprema.

Dominato dalla spettrale figura gigantesca d’un Mitchum da incorniciare, oserei dire titanico.

Ecco, a mio avviso, inoltre sono davvero pochissime le interpretazioni che possono, se prese singolarmente, elevare un attore a mito immortale.

L’interpretazione di Mitchum è una di queste così come quella di Marlon Brando in Fronte del porto, quella appunto di De Niro in Taxi Driver, quella di Matthew McConaughey, eh sì, in True Detective, quella perfino di Christoph Waltz in Bastardi senza gloria.

Attori che, trasfondendosi illimitatamente nei loro rispettivi personaggi iconici, sono ascesi in un batter d’occhio a monumentali anfitrioni della Settima Arte tutta più ribalda. True Detective, così come Twin Peaks stagione 3, infatti non è una semplice, ordinaria serie televisiva.  Così come non lo è The Night Of.

Ah, scusate, avevo dimenticato di citare nel sopraccitato, succitato, super eccitante, ah ah, listino anche Scarface e dunque Al Pacino.

E ora permettetemi di essere maschilista, forse femminista, misantropo e un po’ De Niro di Cape Fear.

Sì, Johnny Depp in Dead Man si chiama esattamente come uno dei poeti più maledetti della storia, ovvero William Blake.

Bene, cazzoni e cazzoncelli, cazzari e bovari, se avete quarant’anni e non avete mai letto integralmente Songs of Innocence and of Experience, ecco prevedo per voi una vita da falliti come Steven Bauer di Scarface, appunto.

È inutile che v’impomatiate alla vostra età per una febbre del sabato sera da John Travolta della riviera romagnola. Siete oramai andati a puttane. Diciamocela.

Io non ho letto, nella loro interezza, i due masterpiece umanistici par excellence sopra menzionativi del Blake ma io so, sono io e io posso. Voi no, ah ah. Perché avete solo sonno.

Così come posso gigioneggiare al pari di Max Cady/De Niro di Cape Fear, stuzzicando le voglie peccaminose e, ahinoi, ancora illibate di giovani ninfee come Juliette Lewis.

Per provocarle, cito loro Henry Miller e il suo Sexus – Plexus – Nexus.

Non ho mai letto questa roba ma sogno anche una notte da motherfucker con la Jessica Lange dei bei tempi, parlandole tutte le lingue di Babele e salvandola dal cancro della sua privata vita piatta, regalandole fantasie erotiche da Tropico del Capricorno.

Con me Jessica Rabbit, no, scusate, Jessica Lange capisce che il King Kong di John Guillermin non è nulla in confronto alla potenza da gorilla del mio sexy beast da mandrillo. Io non ho bisogno di stupirla con effetti animatronici e speciali da Carlo Rambaldi ma so che, con Nick Nolte, lei fa la brava signora imborghesita, mentre con me capisce di essere Jane poiché Tarzan è solo una scimmia in confronto al sottoscritto, sopra di lei ritto.

Non dovete ridere come scimpanzé dinanzi alle stronzate che puntualmente vi dico, io ho carisma e dunque basta che mi diate sventole in faccia.

Sì, le prendiamo tutte. Quella sberlona lì di nome Giovannona e anche quell’altra figona di nome Susannina.

In verità, io e le donne non leghiamo molto. No, altro che liane da amori selvaggi nella giungla. Le donne mi fanno girare solamente i coglioni e le mando sovente a farsi fottere. Stanno sempre a cucire le maglie di lana d’estate e d’inverno hanno caldo, sessualmente parlando.

Sono cioè delle ipocrite.

Sì, le donne sono falsissime. Noi uomini invece siamo più alla bona.

Vi racconto questa.

Una scrittrice-poetessa-attrice teatrale scespiriana con cinque lauree in Letteratura Arcaica, specializzata nell’arabo, soprattutto in quello odiato da Salvini ma da lei (a)dorato, in sanscrito, esperanto, francese della Papuasia e celtico di Bombay, ha esibito la sua magnifica minigonna su Facebook:

– Complimenti, sei una donna molto bella.

– Grazie. Guarda però che oltre alle gambe c’è di più. Non mi fanno piacere certi complimenti. Io voglio essere apprezzata, venerata per il mio intelletto.
Insomma, questa qui era mezza smutandata. Se voleva essere ammirata per il suo cervello, dico io, perché mai s’è mostrata a ogni u… lo spensierato con tale posa sbracata e forse svaccata?

Insomma, non ci crede nessuno.

Sì, le donne sono come Michelle Pfeiffer di Scarface. Consapevoli di essere molto belle, capiscono altresì che Robert Loggia è oramai un rincoglionito sputtanatosi e allora sposano Al Pacino. Un tipo losco e alla Fabrizio Corona con cui hanno ancora molto tempo per divertirsi e spassarsela.

Le donne non sanno che farsene di Dante Alighieri, vogliono il macho volgare che le riempia, soprattutto di soldi, che le porti a ballare e a cui non devono dimostrare di essere Rita Levi Montalcini o di avere la mente di Margherita Hack.

Che se ne fanno queste super patonze dell’astrofisica e della neurologia quando invero desiderano solo un nuovo, brillantissimo orologio e uno yacht ove esporre nudamente la propria merce e tutta la pregiata bigiotteria stronza?

Oggi, nessuna donna vuole diventare astrofisica. Vanno tutte in palestra per divenire fighe galattiche.

E di quell’altro povero cristo di Bob De Niro di Casinò ne vogliamo parlare?

Un genio dall’intuito infallibile la cui unica, vera colpa è stata quella di essersi affiliato alla mafia.

Per il resto, è intoccabile quasi quanto Kevin Costner di The Untouchables.

Ah, che testa il Sam Rothstein/De Niro ma finisce peggio di Al Capone. Uh uh.

S’innamora pure perdutamente della troia per antonomasia del locale, Ginger/Sharon Stone, ed è emotivamente legato a quel matto scriteriato di Nicky Santoro/Joe Pesci.

Ginger lo tradisce platealmente col figlio di bagascia Lester Diamond/James Woods ma ogni volta Sam chiude un occhio anche se, su queste scopatelle-scappatelle, non ci dorme la notte.

Alla fine, Ginger va pure con quel nano del suo amico del cazzo. Roba che, in confronto a Pesci, il grande, deceduto Verne Troyer di Io, me & Irene è elevatissimo, non solo di statura. Sì, Verne fu decisamente più alto di André René Roussimoff, ex lottatore artisticamente, si fa per dire, conosciuto col soprannome The Giant.

Gli uomini, comunque, sono peggio. Ci sono gli operai disperati che non sanno che Joe Pesci, no, pesce pigliare e allora vendono lo squalo al mercato. Ci sono dunque gli intellettuali della minchia che, avendo molto tempo per cazzeggiare, parlano di film che manco hanno capito.

Mentre io sto sempre più diventando Mel Brooks, John Belushi e pure Bill Murray. Io so benissimo chi sono. Io non sono. Voi invece, oltre che pazzi, siete idioti. Pensate di essere vivi ma siete già nell’anima da una vita morti.

Ma davvero vogliono fare lo scambio fra Ancelotti e Conte? E quella veramente è una scambista?

È una cubista? Nel senso che ama Picasso? O s’è ritoccata il culo con Picasa?

Che tragedia mostruosa.

Terrificante, agghiacciante.

Non importava quanto uno fosse grosso, Nicky partiva alla carica. Se lo attacchi con i pugni, Nicky torna con una mazza. Se lo attacchi con un coltello, lui torna con una pistola. E se lo attacchi con una pistola, ti conviene ucciderlo, perché continuerà a tornare e tornare fino a quando uno di voi due non è morto.

(Robert De Niro con la voce di Gigi Proietti)

di Stefano Falotico

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Notizia straordinaria, When They See Us: il JOKER non è Joaquin Phoenix e il nuovo BATMAN non è Robert Pattinson più altre rivelazioni scabrose da veri scoop


01 Jun

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Sì, alla fine arriverà la mia recensione seria di When They See Us di Ava DuVernay.

Ma, in una società ove primeggiano personaggi come Fabrizio Corona e nella quale Salvini vince alle Europee, mi pare giusto fare giusta informazione, liberandoci dai canali di regime della Rai coi suoi buonismi e la sua retorica nazional-popolare, dicendovi la verità come J. K. Simmons di Spider-Man con Tobey Maguire.

Sì, il mio palazzo è stracolmo di pazzi deliranti come La casa di Sam Raimi. La gente è indemoniata, si accapiglia nelle riunioni condominiali, mentre io tranquillamente, con la gamba accavallata, mi riguardo la trilogia del Cavaliere oscuro di Christopher Nolan.

Sapete tutti ovviamente che Robert Pattinson sarà invece il protagonista Bruce Wayne della trilogia, sempre batmaniana, però firmata da Matt Reeves. Eh sì, se sei un nerd, in questo mondo non hai molte alternative.

Cercare di evadere il fisco e sgattaiolare nella notte come Connie Nikas di Good Time non è conveniente. All’inizio, la polizia può brancolare nel buio ma prima o poi ti acchiappa e la tua vita finisce peggio che ne L’odio di Kassovitz, cazzo.

Anche andare ad alloggiare su un faro come in The Lighthouse potrebbe presentare situazioni inquietanti.

E che fai? Ti nascondi nell’abitacolo di una limousine come in Cosmopolis? Ah, bella roba, tra ninfomani, maniaci che assalgono il tuo aplomb e manigolde schizofreniche come Keira Knightley di A Dangerous Method.

Capace che ti scoppia il cervello come in Scanners. Oppure, saluti la tua ragazza, non guidi una limousine ma una macchina scassata di terza mano e ti viene addosso un camion come ne La zona morta.

Salvi l’umanità da personaggi come Trump ma non salvi te stesso.

Oppure diventi tu l’autista della limousine come in Maps to the Stars. Sì, puoi sodomizzare una come Julianne Moore, praticamente il sogno erotico di ogni maschio etero. Ma se invece, sotto quel trucco da figona, si nascondesse M. Butterfly? Ah, è un’eventualità che devi calcolare.

Per il trauma, ecco allora che vai a farti curare dal massaggiatore ciarlatano John Cusack sempre di Maps to the Stars. Secondo voi è affidabile questo psicologo della mutua? Suo figlio è già messo malissimo da bambino e sua moglie, Olivia Williams, è la brutta copia di Greta Scacchi.

Una che, quand’era all’apice del suo splendore, faceva impazzire tutti gli uomini. Olivia invece fa impazzire solo sé stessa. Perché tanto nemmeno Popeye andrebbe con quest’isterica da film di Polanski.

Siate davvero L’uomo nell’ombraghost writer del vostro Birdman, vivete nel sottosuolo e lasciare stare il sottosopra di Stranger Things.

Se fossi in voi lascerei pure le sceme come Kristen Stewart. Se proprio volete fare i vampiri, non state con questa depressa anoressica da film di Woody Allen e da Twilight per ragazzini col ciuccio.

Ciucciatevi Isabelle Adjani del Nosferatu di Herzog. Che poi anche così la vedo dura. Diverrete come Klaus Kinski. Ah, il più psicopatico di tutti.

Potreste innamorarvi da bravi hobbit di Winona Ryder. Ma mi farete la fine di Sean Astin sempre di Stranger Things stagione 2 oppure di Keanu Reeves del Dracula di Bram Stoker del Coppola. Ci potrebbe comunque stare. Prima d’impazzire, vi sarete fottuti Monica Bellucci e non solo lei.

Ma tanto tornerete da Winona per Destinazione matrimonio. Ah, sai che vita. Guardare le partite dell’Inter di Antonio Conte, far sempre i conti con le bollette e nessun coito con la vostra consorte, nel frattempo talmente bollita che non sai come presentarla nel modello 730. Che scrivi? Che è disoccupata e la mantieni, che lavora ma non sa far l’amore, che si fa cinquemila selfie al giorno per ricevere i Mi piace di donne più matte e vuote di lei?

Insomma, non è che fai una gran figura statale. Roba che poi Mattarella te le dà col mattarello.

Oppure, dopo che vi sarete imborghesiti, porterete i vostri figli a vedere Avengers. Roba che a vent’anni i vostri figli saranno più palestrati di Thor e con doppie personalità da incredibile Hulk.

Pieni di foto proibite di Scarlett Johansson, un’altra corrotta, ma soprattutto pieni di cazzate nel cervello marcio e drogato.

Ah, sappiate pure questo: se i vostri figli vorranno elevarsi da questo schifo di società, la gente li emarginerà, si ammaleranno dunque di solitudine e daranno di matto come il Joker.

Di mio, se posso darvi un consiglio, anziché guardare e idolatrare i cinecomic, amate la vita alla Falotico.

Sì, tutti mi vogliono ma sono imprendibile. Ogni Catwoman fa carte false per avermi ma non voglio diventare Michael Douglas di Attrazione fatale.

Allora, al novanta per cento di esse, parafraso Eastwood de Il buono, il brutto, il cattivo:

– Ehi, bel ragazzo, lo sai che assomigli a uno che potrebbe farmi godere più di uno che vale duemila dollari?

– Sì, peccato che tu non somigli a quella che m’incassa.

E nemmeno a quella per l’uomo da duemila dollari.

– Ah sì, e a chi assomiglio?

– A una troia.

 

Be’, sì, non amo molto i cinefumetti ma comunque nutro grandi speranze per il Joker.

Sono invece fanatico delle storie notturne, cupe, tragiche, lividissime ove la verità non è mai nitidissima.

Voi lo sapete che sono l’uomo nero Michael Kenneth Williams di The Night Of e di When They See Us, vero?

Cioè, se vi do dei consigli di vita è perché so come va il sistema.

C’è un piccolo problema in tutta questa faccenda personale. Nella mia vita ho lasciato sempre giudicare gli altri la mia persona.

Peccato che gli altri, in confronto a me, siano quasi tutti dei ritardati.

E ho detto tutto.

Good Night and Good Luck.
Morale: non immedesimatevi nei supereroi, tanto nella realtà non esistono e voi esisterete sempre meno, esiterete però sempre di più.

Non affidatevi nemmeno agli psichiatri. Questi hanno attici che nemmeno Superman può permettersi mentre voi, sempre più impoveriti e impotenti, a forza di arricchire questi qua, non avrete più manco un televisore a 10 pollici per guardare un filmetto porno.

Adesso leggete questa e silenzio:

ebbene, dal 31 Maggio, è disponibile su Netflix la miniserie in 4 episodi di circa un’ora ciascuno, ideata, scritta e diretta da Ava DuVernay (Selma – La strada per la libertàNelle pieghe del tempo), ovvero When They See Us.

When They See Us è la cronistoria dettagliatamente certosina, inquietante e spaventevole di uno dei casi giudiziari più scabrosi di sempre. È infatti incentrata sul tristemente celebre caso della jogger di Central Park, accaduto nel 1989.

Vale a dire lo stupro e le sevizie orripilanti subite da una donna di nome Trisha Meil nel parco più grande e famoso di New York a sera inoltrata.

Ingiustamente, di tale barbaro crimine furono accusati cinque teenager invero incolpevoli e assolutamente innocenti che furono beccati da quelle parti per pura, tragica fatalità.

Una serie di circostanze a loro estremamente sfavorevoli infatti indussero gli inquirenti e la polizia a sospettare immediatamente dei cinque suddetti giovani. I quali, follemente attanagliati dalla giudiziaria morsa caudina d’un sistema legale frettolosissimamente burocratico, si trovarono nell’assurda, confusionaria, allucinata situazione di raccontare bugie perfino a loro stessi poiché, inizialmente, colti dal panico e dall’inesperienza della loro giovanissima età, terrorizzati mentirono agli indagatori, accusandosi da soli dell’osceno reato. Ingenerando un equivoco giuridico pazzesco.

Soltanto dopo atroci, raccapriccianti, robustissimi dibattiti interminabili nelle aule del tribunale, furono scagionati e assolti. O meglio, i cinque scontarono lunghi e durissimi anni di carcere. Una volta rilasciati, ebbero molte difficoltà a reintegrarsi a una vita normale. Emarginati e visti con sospetto da tutti. Sino a quando, qualcuno finalmente confessò di essere stato lui, molti anni addietro, il responsabile dello stupro commesso ai danni di Trisha.

Però, appunto, i migliori anni della vita di questi incolpevoli giovani vennero abominevolmente bruciati, essiccati criminosamente da una legge spietatamente folle e assai crudelmente svelta a condannarli malgrado, sin dapprincipio, sussistessero pochissime prove tangibili ed evidenti del loro mai perpetrato misfatto.

Uno scandalo di proporzioni ciclopiche, un tetrissimo caso di cronaca nera restituitoci con emozionante schiettezza analitica da un’Ava DuVernay mai così brava a mostrarcelo in tutta la sua pusillanime, meschina mostruosità.

Finanziariamente sostenuta in questa sua mirabile, antropologica, lodevolissima missione oltre che dal patrocinio economico-distributivo di Netflix, dalla TriBeCa Productions di Jane Rosenthal e Robert De Niro che figurano infatti tra i produttori esecutivi, da nientepopodimeno che Opray Winfrey. Ava DuVernay si è avvalsa dei talenti recitativi in fiore di un cast di promesse di rilievo fra cui Jovan Adepo, Asante Blackk e Chris Chalk, affiancati dalle oramai veterane Felicity Huffman, Famke Janssen e Vera Farmiga, dal sempre puntuale, bravissimo John Leguizamo, da Joshua Jackson e da Michael Kenneth Williams nella parte del padre di uno dei ragazzi accusati, Bobby McCray. In un ruolo per certi versi accostabile, simile e allo stesso tempo antitetico rispetto al suo Freddy Knight del capolavoro The Night Of di Steven Zaillian.

La DuVernay sceneggia When They See Us con Attica Locke, Robin Swicord e Michael Starrburry. Ottimamente servita in questo suo viaggio all’inferno, in questo spettrale incubo a occhi aperti, dalla fotografia spesso cupamente, claustrofobicamente virata al blu, dell’acclamato direttore della fotografia Bradford Young (Arrival1981: Indagine a New York), già cinematographer per la DuVernay del succitato Selma. Capace di regalare e infondere alle immagini un tono di atmosferica gelidezza mortifera in linea col clima macabro e quasi horror della vicenda.

When They See Us, come detto, consta di soli quattro episodi (standard alquanto anomalo per una miniserie, di solito infatti anche le miniserie durano mediamente almeno il doppio) ma, nella sua concisa eppur sfumata stringatezza, nonostante un certo moralismo di fondo e qualche didascalica parentesi troppo descrittiva, è già certamente uno dei migliori prodotti del 2019.

Michael Kenneth Williams, uno che ci mette tre secondi scarsi a capire dove stia il nero, no, vero.

Però lui non è un avvocato, un piedipiatti, uno psichiatra, tantomeno un pezzo grosso nonostante il carisma magnetico.

 

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di Stefano Falotico

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I più visti di Netflix? Ma voi vi siete visti? Non demonizzate lo streaming senza conoscere il Cinema e le sue tempistiche, soprattutto le mie


19 Apr

irishman falotico

Sì, voi non avete di meglio da fare che accanirvi contro i politicanti corrotti, che spettegolare sull’amico di turno, screditandolo, complottando giorno e notte per fregare la ragazza al prossimo in quest’esasperante gara competitiva basata su rivalse misere, su giochi psicologici assai meschini, su tribali faide molto barbariche?

Sì, qua da noi hanno impazzato per anni programmi pseudo-culturali ricalcati sui migliori e anche peggiori talk show statunitensi. Le invasioni barbariche docet. Ove la conduttrice è stata colei che, dapprima, per far carriera e scalare i vertici del giornalismo televisivo, ha iniziato per Mediaset a pubblicizzare alla buona gli Oscar Mondadori. Poi, ottenuta una certa credibilità intellettuale da radicalchic dei primi anni novanta, si è platealmente svenduta. Io invece, mie serpi, son come Serpico! Prima tenendo banco al Grande Fratello, dunque ripudiando il suo mainstream, divenendo paladina delle becere scienze delle comunicazioni squallidamente mediatiche, pubblicando libri come Non vi lascerò orfani. Libro di cianfrusaglie pedagogiche, di psicologie d’accatto che scopiazza da Nanni Moretti, dallo psicoterapeuta Raffaele Morelli, da Francesco Alberoni, da Paolo Crepet, perfino da Vittorino Andreoli, miscelando il tutto in una sociologia-geriatrica, oserei dire pediatrica, dunque modellando la sua operetta ad autolatrica esaltazione d’un pasoliniano manierismo di natura egotista, probabilmente solo egoista, in un certo senso dunque spudoratamente qualunquista e relativistica.

La signora da me citata in causa ha sofferto di un brutto male e ciò mi dispiace. Ma il suo libro era da latrina. E non voglio far la rima baciata con… perché odo uno squillo del mio cellulare. Sì, scusate un attimo.

È arrivata una notifica.  Sì accesa una lucciola, no, non mi ha contattato una di quelle che imperano su Instagram, spacciandosi per modelle/a, volevo dire una lucina.

La lucina di un mio amico che mi chiede di parlare male di Netflix. Poiché lui non ne è capace e pensa che io possieda un acume superiore per imbastire un ragionamento lucido.

Potrebbe essere. Ma mi chiede di far campagna diffamatoria nei confronti della più famosa e importante piattaforma di streaming del mondo.

Io gli rispondo che parlerò, sì, di Netflix ma in maniera neutrale, fredda e distaccata, oggettiva.

Perché io sono più obiettivo di una macchina fotografica della Nikon.

Mi definisco apolitico ma in fondo son solo uno che non si chiude in ideali fanatici, in quanto uomo falotico un po’ selvatico che non prende mai gli antibiotici contro chi, a priori, assume atteggiamenti idolatrici, scagliandosi contro il contemporaneo cosiddetto malcostume cinematografico.

Sì, fa molto cinefilo cazzuto affermare in totale baldanza che Netflix sia attualmente la rovina della Settima Arte.

Di questo ne siete sicuri? Io vi vedo solo più tristi e scuri. Già mi espressi tempo addietro sull’argomento e ora voglio solo liquidare la questione in maniera brillante, bollente e aromatica perché fra pochi munti devo bermi un caffè della Nespresso.

Ora, chiariamoci. Sono un drogato di cappuccini e cioccolate calde. Sì, come sono buone le calde, no, le cialde della Ciobar.

Mentre so che molti di voi si riforniscono di “tazze” fatte in casa acquistate da un nostrano Pablo Escobar.

Sì, dite agli altri di sgobbar e ve la tirate da intellettuali che si danno un gran da fare. So bene invece che i vostri son soltanto intrallazzi ruffiani ove prostituite, da viziosi, la vostra dignità morale per mettere a fuoco solo e sempre di più le vostre capricciose, maniacali voglie di scopar’.

Sì, davvero, un troiaio mai visto.

La dovreste finire poi di pontificare e sacramentare, dicendo che viviamo in tempi bui. Imbrodandovi in disfattistiche pose iconoclastiche davvero falsissime.

Siete pieni di soldi, di baiocchi e vivete nel Paese dei Balocchi. Suvvia, giù le maschere. Fate come Robin Hood.

Prima vi nascondete nella retorica sinistroide per apparire come pensatori moderni ed ecumenici, buoni e solidali ma vi attenete a ogni più triviale, frivola moda.

Siete più fake di una dolciastra pubblicità del Buondì Motta. Siete come questa brioche. Golosi e fotogenici, ricoperti di glassa, invero stopposi e stupidamente smargiassi.

Insomma, denigrate i ricchi per ottenere voti dai poveri. Poi però prendete i giro i poveracci, in quanto siete solamente degli avari ipocriti.

Sì, attaccate Netflix.

Vero, Netflix produce tutto, non ha un impianto regolatore. Ma vogliamo parlarne degli “appalti abusivi” della Warner Bros?

Capace di passare da Clint Eastwood alla Suicide Squad/Joker con Jared Leto? Questo è uno smottamento tettonico da massimo grado della scala Richter per un casino qualitativo assai poco idealistico bensì “terremotistico”.

Terremotistico (non) esiste in italiano? Sì, hai ragione ma son anche stanco dei tuoi sgrammaticati discorsi qualunquistici. E ti correggo subito.

Sì, abbiamo comunisti che ce l’hanno col capitalismo e poi mettono su i Patreon per un imprenditoriale, fintissima virtù culturale.

Invero, per diventare più ricchi in maniera parimenti micidiale a Iervolino che vuol far ora concorrenza a Netflix con TaTaTu. Roba da bambini.

Ma smettetela. Vi vedo bene col tutù.

Chiariamoci. True Detective è una grande serie ma è altresì inferiore a The Night Of. E, se dite di no, è perché Matthew McConaughey, sessualmente parlando, spinge di più rispetto a John Turturro.

Ma non baratterei, miei batteri, mai uno Steven Zaillian e un Richard Price con questo Pizzolatto. Ah ah. Non c’è price, prezzo. Che pezzo!

Insomma, dovreste dirla tutta.

Sì, fate i moralisti, i moralizzatori, oserei dire i demoralizzatori, dunque i demonizzanti demolitori.

E dite che Sharon Stone in Basic Instinct non sappia recitare.

Potrebbe essere vero. Ma come qualche giorno fa io dissi: conoscete uomini a cui non piaccia Sharon Stone di Basic Instinct? Esistono secondo voi?

Certamente, non lo metto in dubbio.

Ci sono. Infatti sono in un centro psichiatrico.

Ah ah.

Dunque, aveva ragione Paolo Sorrentino. Sì, Berlusconi è un corrotto, lo è sempre stato. E andava con quelle…

Come diceva Andreoli, no, Andreotti: il potere logora chi non ce l’ha.

E voi non avete i soldi per produrre The Irishman, le serie di David Fincher e compagnia bella.

No, mi sa che avete solo le chiacchiere populistiche.

Così è.

In fondo, siamo proprio sicuri che io sia un’Alda Merini in abiti maschili? Cioè la madre di Matt Dillon e Mickey Rourke in Rusty il selvaggio?

Ci mettereste la mano sul fuoco?

Io non avrei mai scherzato col diavolo…

Conosce le verità del mondo e non è mai assolutistico.

Netflix è il male?

Non ne farei una questione tragicomica da Divina Commedia.

 

 

di Stefano Falotico

Non si scherza con Jesus/Turturro, si scherza eh, poiché John è come il grande Guglielmo


29 Mar

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Eh sì, sono sempre più simile anche al mitico John.

Attore di una versatilità pazzesca. Capace di essere amico di Scorsese, di Spike Lee, dei fratelli Coen, il mitico Jesus Quintana, uno dei cammei più straordinari della storia del Cinema.

Ed è stato bravissimo in The Night Of, superandosi ancora con Il nome della rosa.

Sono molto simile a John, passo dalle monografie su John Carpenter ai libri erotici, vado di palo in frasca, mica come voi che vi nascondete tra le frasche, ah, state freschi, so giocare a bowling, in tutti i sensi, sono un po’ alla Johnny Depp e un po’ come Buster Scruggs.

Sparatevi questa video-recensione.

Come John, ho origini mezzo pugliesi e mezzo della Basilicata, son nato a Bologna e ho fatto l’amore da Trieste in giù.

Leggo Umberto Eco e anche James Ballard, guardo un film francese e poi amo una thailandese.

Insomma, non si scherza con il Genius.

Ah ah. Sono un trasformista.

Alla prossima, amici.

E fate meno i bastardini. Eh eh.

 


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di Stefano Falotico

When They See Us, una serie che aspetto con ansia


16 Mar

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Mi spiace che si fa gran parlare di serie decisamente brutte, iper-sponsorizzate e invece si sia trascurato il notevole teaser trailer, innanzitutto, di When They See Us di AvaDuVernay.

Regista che, personalmente, non è che mi stia simpaticissima. E, sebbene io non l’abbia visto, da quel che sento, deve discolparsi per quella ciofeca kitsch de Nelle pieghe del tempo. Film costosissimo che doveva far sfracelli e invece è stato subissato dalla Critica. Da tempo amica intima di Jane Rosenthal della TriBeca di Robert De Niro, assieme al signor Bob, alla stessa Rosenthal e a Barry Welsh, si è lasciata produrre quest’affascinante serie Netflix, della quale abbiamo avuto qualche giorno fa un primo assaggio visivo.

Il trailer, stringatissimo e ridotto all’osso, è sinceramente bellissimo.

When They See Us sarà una serie di soli quattro episodi di cui, statene certi, sentiremo parlare. E infatti, ripeto, mi stupisco che questo primo filmato di lancio sia passato abbastanza inosservato.

Tant’è che Netflix Italia non ha ancora rilasciato quello della versione, appunto, italiana, nemmeno sottotitolato. Il cast è notevole fra giovanissime promesse e nomi affermati come la bellissima Vera Farmiga e John Leguizamo, fra la stangona Famke Janssen e quel bravissimo Michael Kenneth Williams che avevamo avuto modo di apprezzare in una serie, però firmata HBO, secondo me fra le più potenti degli ultimi anni, The Night Of. Parimenti a The Night Of, peraltro, anche in questo da me molto atteso When They See Us abbiamo a che fare con un caso eclatante d’ingiustizia atroce. Se però in The Night Of la storia era figlia della pura fantasia di Richard Price, straordinariamente sorretta dalla regia puntuale e cattiva di Steven Zaillian, qui parliamo invece di un caso giudiziario fra i più sconvolgenti e scandalosi della storia. Eh sì. I cinque di Central Park. Una delle più oscene mostruosità mai avvenute sulla pelle di cinque ragazzi che hanno passato i migliori anni della loro vita fra le sbarre e, soltanto dopo un quarto di secolo, sono stati scagionati dalle pesantissime accuse e dichiarati innocenti. Storie che, ahinoi, succedono ancora. Fra equivoci di portata mastodontica e tristissima, tragicomica e perenni, impuniti torturatori ove l’indagato a vita può essere, che ne so, anche di un futuro premio Nobel e la persona moralmente più sana del mondo, ma qualcuno non ci sta. Perché è una sadica capa tosta. E sulla base di pregiudizi, di allarmanti visioni distorte, non desidera mai fargliela passare liscia. Provocando una un “tanto a chilo” per indurre a sbagliare ancora. Storie allucinanti, miserevoli e agghiaccianti. Storie da denuncia e da risarcimenti pesantissimi. Che, purtroppo, non hanno niente di miracolistico ma, onestamente, hanno tanto di angoscioso, repellente e devastante. Sì, purtroppo o per fortuna rimango fra quelle poche persone convinte che prima d’incarcerare qualcuno, sulla base di pochissimi elementi partoriti da deduzioni approssimative, psicologicamente circostanziate e circospette, bisognerebbe, con estrema cautela, indagare a fondo.  Per appurare la verità. Solo allora, dinanzi a prove evidenti e schiaccianti, si può procedere. Altrimenti è un orrore, una terrificante limitazione della libertà delle più aberranti e schiavistiche, una stigmatizzazione non solo fisica, un pasticcio mai visto. Prima di parlare e sputare sentenze, appunto, a casaccio, bisognerebbe ben conoscere tutto. Vederci chiarissimo. Anziché seppellire il vero sotto un cumulo di scemenze, di tremendo occultamento, di plateale insabbiamento politicamente corretto, di idiota buonismo utopistico.

Buona giornata.

Parola di un duro, di un amante del Conte di Montecristo. Libro che scommetto molti di voi non sanno neppure che esista. Ah, misere, inutili parole al vento… che triste(zza) come direbbe chi vuol mentire perché gli fa comodo tacere o non volerne sapere… tanto la vita va avanti. Forza, coraggio!

Sei un grande… sì, e altre frasi fatte di circostanza.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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