Posts Tagged ‘Un boss sotto stress’

Uomini e lupi, L’uomo lupo, Benicio Del Toro/Wolfman, Lon Chaney Jr. e il mito (?) della licantropia, anche clinica


30 Jan

cape fear de niro

La società cambia a vista d’occhio e torneremo alla normalità dopo il Covid e la sua relativa pandemia?

Ah, mi dolsi parecchio in queste quarantene protrattesi sin allo sfinimento. Ma fui in passato sfibrato sebbene nacqui raffinato, perfino crebbi incompreso e diffamato, perennemente affamato in mezzo a tanti morti di (s)f… ga, sì, morti nell’autolettiga, soccorsi dall’ambulanza in quanto già deperiti e defunti nell’anima, sì, dentro prematuramente imputriditi, sfiniti e in manicomio presto sbattuti, anzitempo (dis)umanamente finiti. Poi sedati, stigmatizzati, semmai tardivamente dimessi quando in verità vi dico che, fin dalla nascita, ebbero e conservarono sempre un atteggiamento dimesso. Recitando la confessione religiosa prima della santa messa (sana?), svolgendo lavori umili da messi e, sensualmente, malmessi. Sì, messi malissimo. Lionel Messi invece è benissimo messo, campione di razza pura. Non credo canina, sicuramente calcistica.

Secondo me, Messi non è solo argentino. Ogni cognome che finisce con la i è infatti d’origine siciliana, emiliana oppure toscana, dunque Lionel ha ascendenze italiche, è un ibrido, un oriundo, un uomo che non sa probabilmente coniugare il gerundio e non conosce il mundio. Ovvero, secondo il vecchio diritto germanico, il mundio è il potere domestico esercitato dalla famiglia oppure dai crucchi che lo sconfissero nella finale di Coppa del Mondo, vale a dire del campionato di Calcio per conquistare la Coppa… del nonno o di tu’ babbo morto?

Sì, Messi non è mai stato campeón del mundo.

Ma gioca nel Barcelona allo stadio Camp Nou. Mentre il Real Madrid gioca al Santiago Bernabéu.

Che c’entra questo coi licantropi?

C’entra poiché Messi è uomo dalla barbetta simile a quella di Wolfman.

Sì, in Messi sono ravvisabili i tratti lombrosiani, cioè enunciati dall’italiano criminologo Cesare Lombroso, fisionomici e anche fisiognomici, dell’uomo permaloso, ombroso quando gli avversari lo falciano, di falli, poco graziosi. Al che, Messi, assalito da rabbia cagnesca alla pari di un cane pastore tedesco, detto volgarmente cane lupo, diventa lupesco. Anche volpesco.

Da eterno golden boy apparentemente timido, vulnerabile e indifeso, bullizzato come Michael J. Fox di Voglia di vincere, ecco che Messi subisce una metamorfosi pazzesca e mette tutti i difensori a garrese in virtù dei suoi dribbling suadenti e micidiali da metaforica, animalesca zoofilia combattiva, no, paragonabili alle feline movenze leonine, no, alle imbattibili serpentine basculanti d’un distinto, egregio e quasi grigio alano dal signorile portamento assai elegante.

Ora, secondo il succitato Lombroso, chi possiede i tratti del volto assai marcati… è da Messi smarcato dopo averlo vanamente braccato? Messi è immarcabile e, a mio avviso, Lombroso fu un lebbroso ad affermare così superficialmente che ogni Michael Rooker di Henry – Pioggia di sangue si possa riconoscere dai lineamenti spigolosi del viso. Sì, Lombroso fu vergognoso, parimenti delittuoso, oserei dire criminoso a inventare tali fantomatiche teorie criminologhe del tutto aleatorie, quasi velleitarie, di certo scabrose e pericolose. Per esempio, dopo aver visto Henry, Nanni Moretti di Caro diario pensò orribilmente che il suo regista, John McNaughton, necessitasse di cure da psichiatra de La stanza del figlio. Se avesse invece visto e assaggiato il seno di Uma Thurman ne Lo sbirro, il boss e la bionda, avrebbe dimenticato in fretta Laura Morante. Non curandosi il fegato amaro, da notte in “Bianca”, tagliando in modo certosino un certosino, no, il Mont Blanc per addolcire le ferite del cuore e dell’anima, leccando amaramente un barattolo di Nutella in confezione gigante.

Sì, De Niro amò Uma Thurman non solo nella finzione.

E io rimasi disgustato quando, in Nonno, questa volta è guerra, Uma si appella a De Niro, definendolo papà. Tanto di cappella, no, di cappello? Di falsità a cui (sc)appellarsi.

Veramente, davvero tutto ciò ha dell’abominevole. È più schifoso di Nick Nolte di Cape Fear – Il promontorio della paura e dello stesso De Niro/Max Cady. Uomo, il Max, che si acculturò, partendo dalle avventure, per l’appunto, di Max il leprotto e poi diventando il lupus in fabula.

Nell’edizione integrale del film appena menzionatovi di Scorsese, Juliette Lewis si fa… leccare il dito da De Niro. Secondo me, esiste una versione meno allusiva. In cui Juliette si fa leccare… sappiamo cosa. Una cosa rosa?

Ma ebbe ragione Orson Welles ad affermare che le scene di sesso esplicite non funzionano nei film “normali”.

Di mio, comunque so che il ragazzino di Ken Park, dopo essere stato “imboccato” da Maeve Quinlan in una scena più spinta di quella fra Vincent Gallo e Chloë Stevens Sevigny in Brown Bunny, divenne presto uguale a Larry Clark.

Larry Clark di Kids docet e la Sevigny (ap)prese tutto subito in modo precoce? Allora, Larry soffrì, forse ancora soffre, di un disturbo non tanto dell’apprendimento, bensì dello “svenimento?”.

Vai immantinente, Larry, di ammosciamento?

Ah, la Sevigny. Donna per cui venire subito al sodo, cioè al liquido granuloso, donna svenevole, donna per cui svenire, attrice e femmina a cui non darei né do o darò una lira.

Sì, vedo molti uomini lupi mannari in cerca di cacciagione sui viali. Molti di essi vanno con tope, no, tipe alla Sevigny, donna che in alcuni momenti sembra pure una pura come Chloë Grace Moretz, in altri pare invece un maschione come Nick Nolte.

Siamo sicuri che la Sevigny non sia Felicity Huffman di Transamerica e poi siamo certi che Dustin Hoffman di Tootsie non fosse in verità Robin Williams di Mrs. Doubtfire?

Di una sola cosa sono cervo, no, sono certo. Lon Chaney Jr. è l’unico attore della storia del mondo ad aver interpretato l’uomo lupo, Dracula, Frankenstein e la Mummia.

Al resto non credo. Per esempio, non credo a Freud. Penso che avesse ragione de Niro. Sì, di Terapia e pallottole e di Un boss sotto stress.

Il complesso di Edipo è una stronzata inventata da gente come Billy Crystal.

È normale? Con quella faccia…

Di mio, sono trasformista come Chaney Jr., versatile come De Niro, polivalente come Robin Williams, dovrei riallenarmi alla polisportiva per non mettere su la panza di Russell Crowe di The Mummy e ai mammoni ho sempre preferito il Mammut e film da “Oscar” come Son & Mommy.

Inoltre, debbo esservi sincero. Al plenilunio, non divento come Anthony Hopkins e Benicio Del Toro di Wolfman e non vado in cerca di donne come Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti.

A volte, ho sonno, altre volte riguardo Non ho sonno di Dario Argento, rileggo un giallo di Carlo Lucarelli e in passato mi allupavo per Selvaggia.

Lucarelli? No, Selvaggia e basta. Non so a tutt’oggi il suo cognome. Me ne fotto. Se non vi sta bene, mettetevi a pecorella smarrita. Presto inculata.

Basta con le porcate, evviva le scrofe, no, le belle strofe e anche le prose prosaiche.

Comunque, Ana de Armas è una zoccola. Una lupa che però allupa! E questo è quanto. Ora, sbranatemi.

 

di Stefano Faloticofrusciojoe don baker cape fear frusciantefrusciante 2

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ana de armas

Cape Fear (1991) - Max Cady (Robert De Niro)

Cape Fear (1991) – Max Cady (Robert De Niro)

Un boss sotto stress, recensione


02 Aug

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Ecco che ricomincia la terapia. Seguito dello spassoso Terapia e pallottole, nel 2002 approda nei cinema il seguito, Analyze That, ancora una volta diretto dal compianto maestro delle commedie leggere Harold Ramis, e interpretato nuovamente dall’affiatatissimo duo formato dal grande Bob De Niro e dal raffinato Billy Crystal, attore con la sordina di prodigiosa levità.

Non fa scintille come il primo, ché era fresco e originale, e sapidamente mesceva Woody Allen tritato in salsa “volgarotta” con Martin Scorsese diluito in più “cervellotica” baldanza.

Ma diverte, nonostante tutto. E le critiche che (ci) furono alla sua uscita sono, “riviste” oggi, immeritate e forse troppo smisurate.

Paul Vitti è in carcere ove, non resistendo alla dura vita carceraria, entra in un forte esaurimento nervoso che lo fa precipitare in un allucinante stato catatonico misto a momenti eclatanti d’euforia in cui, “infantilizzato(si)”, canta a squarciagola e senza freni inibitori le canzoni più celebri di West Side Story.

Con tutta probabilità è un artifizio, una messa in scena atta a volersi liberare della condanna. Nonostante tutto, viene affidato alle cure del dottore psichiatra di Manhattan Ben Sobel, che ora abita alla periferia ricca di New York, in una villetta home sweet home. In custodia cautelare, però Vitti contravviene alle disposizioni, tenta “disperatamente” di coprirsi dietro lavori onesti per dimostrare, con esiti nefasti e fallimentari, il suo reintegro sociale, ma la sua indole è sempre costituita da un temperamento criminale, eh eh, assai poco curabile. E, infatti, nella sua libertà vigilata, anziché attenersi alle prescrizioni e al programma di “cura”, orchestra di nascosto maneggi per ritornare sulla scena.

Ne nasceranno delle belle, fra equivoci “svolazzanti” e solite battute a raffica di mesta compostezza, non troppo spinte né infastidenti lo spettatore esigente.

Spettatore che deve accettare la “farsaccia” senza troppe pretese, accontentandosi di uno svagato spettacolo di circa due ore, ammaestrato da Ramis con elegante “discrezione” che non dà nell’occhio ma, spesso, ammettiamolo, induce al sorriso con gioviale nostra disarmata partecipazione.

 

di Stefano Falotico

L’ultimo dei romantici libertini, da oggi in libreria “cinematografica”


26 Jun

De Niro Analyze That

Ora, fratelli carissimi della congrega e fanatici delle mie mirabolanti (peripe)zie, donne che mi corteggiano di cor(o), forse “lungo” e forse “cortino”, da oggi è in vendita il mio ultimo capolavoro. Opera d’oro, d’un cuor maestoso, che s’immerse nei pleniluni ludici della sua sazietà spumosa per (ar)ender le lune insaziabili di voluttà, e ben, di pene, vi sta! Ah ah!

Il Falotico intrepido e cavalleggero, con mestizia vagabonda in mezzo agl’immondi, decreta un’altra sua aurea risorsa, risorgendo e non abbeverandosi, “allunghiamo” senz’abbreviarle, alle sorgenti “fiacche” dei vigliacchi carnali che mostran, che mostri, sol le chiappe chiare. Per me, per Lui, cioè me medesimo di persona(lità), la vita non è un p(i)atto di spaghetti né un (a)mar()o, ma un “piano” andante con mo(l)to di spade, poiché v’infilo e, infilzando, della mia nobile mente corazzata e scorrazzante, non come la vostra scoreggiante e scoraggiata, vado avanzando defilato eppur presente-immor(t)ale su caffè schiumosi e fori(eri) di ribalderia gagliarda. Siete desertificati, sfigati, mentre io gusto il dessert. Questa, non quieta, è cos(ci)a bona e g(i)usta. Cari ga(ll)i, mi servo il tè fai da me, auto-pubblicando dirimpetto ai vostri pub(i) e dunque sorseggiando la vostra malasorte, fregandomi le (s)o(r)che. Cari (s)por(ch)i, ecco la mia Excalibur innalzata d’osanna in mia san(t)ità dinanzi allo sfacelo, che gelo, dei vostri “uomini” col gel(ato) sui (ca)pel(l)i. Le donne, le s(c)o(po), vi attizzano e il mio è appunt(it)o… (cavalle)rizzo. Oh, issa(lo).

Esse ululano, che lupe, cari volponi di (v)u(l)ve, e voi, (s)freg(i)ati, “schizzate” e (non) scop(pi)an le risse, talvolta le rosse, anche le mor(t)e. La mortadella, la carne!

Al podio, un uomo senz’inibizioni, che fa buon viso a cattivo drago, essendo Lui stes(s)o un (dr)agone.

Io copulo, non copio, a me la copp(i)a, taglio e inculo.
Cucitevela!

Donna, vai a cuccia in cucina!
Uomo, è scucito, attacca(ti)!

Anal(yze) that. A fette, non abb(a)iate fretta.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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