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L’eroticus Pennywise, parte seconda


27 Jun

Diciamoci la verità.
Provarono a normalizzarmi con ogni strategia, conducendomi anche da svezzanti donne di malaffare ma non mi smossi, nonostante incontrai una ragazza normale che voleva lo stipendio.

Acquiescenze e dormiglioni a rubacuori invero poc’amanti della vita.
Decadentista, il Pennywise è ardito, rinomato in giullaresco “sfarfallare” nel bel mezzo di tal lor sparlar vano. Che stupida vanità, questi qua…
Salta come un maledetto d’ignota ma tangibile irritazione, tocca “cauto” sulla provocazione “legittima”, in quanto elevò le borie altrui alle sue serene glorie. Mai senile, giovanissimo. Non sarà, per quanto v’ostinerete a subissarlo di gelosia cattiva, adescato da “ambulanti” sirene.
Egli è balena bianca, arcobaleno lucido. Non puoi ucciderlo!
Innaffiato nel suo sparirti accanto, gira di qua e di là, menestrello dello sbrodolar fra cere orrende in castelli “principeschi”, ne smussa le prosopopee e col vento a prua vola notturno ad altro suo divertito, sbruffone sorriso che, in barba a tutti, non abbocca, non è un liofilizzato ma un rizzo colorato impressionante, tatuaggio ferreo e scostumato trucco sol che denudato dalle “nobili” nomee di massa dei ritoccati… Burocrati!
Di cui altezzoso se ne infischia di “fosco” allegrissimo. Ah, i tutori!
Fra le disumane sconcezze, gli abomini perenni, le reiterate ma oscurate, quotidiane, insistenti violenze, ne svela i “nascondigli”, a pianto mesto dell’aspirarli nel sogno stesso ch’essi affliggono d’illusoria sete e abbuffate mai soddisfatte. Affastellan parole su parole nel cinguettio ispido d’ipocondrie e altri alibi della scema consolazione, immaginari dolori per pan-ace-e invero… solo che sciocche siete, immolate al rubicondo (s)fregiarsene.
Ma il Pennywise che, di tal giornalieri imbrogli, n’è Egli stesso “sotterfugio” allo spuntar della Mezzanotte vera, incarna questa dissipatezza davver poco eroica, “pecora nera” dinanzi ai vilissimi usurpatori. Rifulge in Cielo, s’erige al buio come diamante a(l)itante!
A Luna eretta o calante ma splendente a scovarne le mutande.
Bevono sghignazzanti, s’ingozzano di sbronze ed escrementizi altri malati parti generano negli orridi geli tramandati.
Il Pennywise sghiaccia i gelidi.
Il Pennywise, floreale a non svender la sua faccia nel contrabbando degli attriti sociali ipocriti, volteggia a corte nello sfottere la stessa tovaglia (im)bandita sui mendaci florilegi. Al bando, sì, le cene dei cretini.
Coloro che (s)cremarono e infornarono a puntin’ dei puntigli su sudati denti senz’alcuna soavità.
In pastiglie si “posan”, pavoneggiandosi, ad apparecchiar lo smercio falsario, fluidificano la tetraggine in sguaiate “golosità” che, del solare, han perduto anche l’ombra coscienziosa.
Farlocchi, il Pennywise non è un allocco. Pensavate d’averlo sepolto vivo ma dalla bara scaturì il suo fantasma.
Chi troppo dorme, a lungo si risveglia. Un trillo acuto, acustico e acutissimo fra noiosi perditempo, più che altro perdenti della loro “tesa” esistenza e dei malintesi su finti tessuti dalle maschere intoccabili.
Lunga vita al Pennywise. Evviva chi ha il coraggio di sparare la verità!
Ah ah! Oh, rimbomba!
Il Pennywise non lo smonti, il Pennywise è giocattolaio contro i matti.

Questa è la sinossi, da me scritta. Avevate dei dubbi?

E ora spacchiamo tutto!

Mi son sempre saziato da virtuoso triviale e retrocedo nella “realtà” solo quando ne usufruisco in modo ammuffito. Del poster di Kate Moss in denudato ardor mio nello spezzarle la “lancia” a tanga di Tania, vado “liscio” d’altro libro

Sì, io librai nella fantasia, lavorai in Pinacoteca coi quadri dei pittori bolognesi, animati in mio “pennello proibito” su cherubini di Natura ambigua e, birichino, mi propongo bibliotecario per la libreria ove, di scrivania in manici di “scopa”, potrò scrivere “potente” in quanto patria potestà senza molti attestati ma preso a testate dai fidanzati “nulla osta”, gelosi osti da “mancia salata” per colpa del mio “articolo” scandalistico che, dopo averle sfilato i sandali, salì nei conti in sospeso di Lei che lo soppesò, detto anche “Farmi il culo dell’anello di fidanzamento da me tradito, dunque sarò sbudellato come al Colosseo in un farmi… a fett(ucc)ine alla romana”. Un farmaco tranquillante? No,Maciste nella valle dei farmacisti, famoso peplum di stronzata sesquipedale, “incentrato” di tal trama: Maciste scopre delle cisti, e da Vergine diventa il Cancro su ultime botte d’Ariete a donne cornute, perlopiù delle Madonnine-povere criste. Esagera, e lo fermano con dei neurolettici da chi troppo non va in bianco a letto ma le allatta nella stalla come Barabba. Non funziona e chiamano Sansone, al fine che glielo rimpicciolisca da discendente “parabola”.
Rasato, però denutrito della sua forza, quindi emaciato, giunge con una Samsonite a casa di un bell’abbronzato Maciste, e sfodera dalla famosa valigetta simil Mary Poppins delle troie col trolley. Sansone, deluso dal taglio di capelli alla Full Metal Jacket, fu castrato dai filistei ma non gli spaccarono le tempie, nonostante il temp(i)o crollato. Da allora, si vendicò come Jack lo “squacquerone”, adescando ogni topina per poi ridurla a formaggino.
Maciste: – Che cazzo vuoi, Sansone?
Sansone: – Un look alla Steve Reeves.
Maciste: – Non sono un barbiere, amo anche quelle barbute, mio sbarbatello.
Sansone: – Sono in missione divina. Devo punirti.
Maciste: – Allora, scendiamo nell’arena. Non aver fifa, tu che adesso solo sniffi da tossico e non annusi nessuna figa. Ora sei da lazzaretto, non da Dalila Di Lazzaro. Una che resuscitava anche i morti. “Alzati la gonna e camminava rinato”.
Sansone: – Accetto la sfida. Ti dimostrerò che non sono uno sfigato. Anche se m’ammazzerei, sono peloso, ho altre sei vite. Come i Gatti di Vicolo Miracoli prima che Franco Oppini si prodigasse al suicidio annunciato, sposando Parietti Alba. Una che ti svela, sveltona, la Notte di scopate sgambate e da “sgabello”. Con “quella”, Franco vide la Luce ma non più il Giorno. E fu sera e non fu mattina… Insomma, un Pippo Franco de Il Bagaglino.
Maciste: – Fai l’umorista? Sei un vignettista? Ti brucio come un pessimo fumetto. Avanti, usciamo.

Maciste e Sansone se le dan di “Santa” ragione. Crepano entrambi nonostante l’intervento delle ambulanze con le sirene… nel deserto dei tartari.

Che c’entrano i farmacisti? Sono la Croce Rossa d’insegna sonnambula.
Salvano il salvabile ma alle volte non bastano le aspirine.

Sì, Sabrina Ferilli era imperatrice a me l’“ammiratore” quando, adolescente, “esalai” nel “sognarla” poco ascetico eppur “gozzovigliante” da “poppante” immolato a suo seno imperioso e oggi decadente. Care principesse sul pisello, non ci sono cazzi che tengano più del mio. Il materasso lo sa. Infatti, è sempre bagnato dalla mia pipì.
Me la faccio nelle mutande? Sì, solo quando sono pigro nello sfilarle quel filino di vestito a mo’ di “filotto” da biliardo. Anche da bile, essendo tu un bidone. Aiuto, la badante mi fa da balia. E abbaia anche! Che bidet questa vita!
La dobbiamo smettere coi moralismi. Retrogradi, aggiornatevi ed aggradatevi d’abbuffate nello scivolare esaltati al mar “tempestato” di donne, nella cui levigatura dorata di gambe chilometriche, estasianti in avvilupparti la gola in permeato già madido di secchezza carezzevoli sulle labbra dolcificanti all’innalzato clamor “vacuo” del riempitivo a mo’ di perdigiorno, vi seccherete. Per altre secchiate alle secchione e un gavettone a una tettona. Non contenetevi, sboccati porgete lor boccali di bocche e doratene le già bionde con docce rinfrescanti d’arsura saliente al salato degli amplessi calienti.
Sprofondate, e vibrerete “fluttuanti” in orgasmi “lucidanti”. Sì, sono Lucignolo, miei “usignoli” ne siam assetati di voli “pindarici” in tal sguazzar “annuvolati da pensierosi” e quindi umorali in una serenità atmosferica della burrasca su un (a)temporale issarci estivi anche nell’Inverno dei ricordi maligni e poco perciò a strizzarci in femmine “levitanti” il nostro “leviatano”. Ah, anche anali osate, osannate l’osé, e non rinnegate il piacer’ del toccare con semplice ma efficace schizzare, ondanti e venenti in saponi detergenti, acque bollenti che prima intiepidiscono la miscela dei “rubinetti” e quindi a Lei, di getto, esplodono in dighe ché sei figa oceanica, immensità del Cosmo e comodo ti entra senza Condom ma Condor, uccello rapace, di tutte sbrananti sullo sbrinar l’impudicizia delle troppo assidue inibizioni, mia gabbianella.
Sì, Uomo, aziona il “panettiere” che sempre hai dileggiato, credendoti d’altra “cresta” e gettando le molliche al “rovo” per “perdenti” da rovi(nare).
No, so che anche tu, “intellettualotto”, dietro quel paio di occhiali, vorresti “appaiarti” col tuo palo nell’ingrandimento a contatto. E piover su di Lei, sudato, in rugiada gocciolante un dissanguato abbracciarla con tattili tattiche ed erettile nella na(u)tica.
Sì, tu che fingi di amare il Cinema “elevato”, sei solo come tutti… un bassotto per le cosce di Tania Cagnotto. Quand’Ella si tuffa, plani nell’immagine umida del suo costumino rizzante da santarellina, che salto dal trampolino, a ogni “abboccante” tuo volerle schiumar sui boccoli in coccole vertiginose, massaggianti di tanta Donna su cui anche il più “tosto” Ercole vorrebbe “colare”, patendo le vertigini del suo muscolo per quei quadricipiti. Le sue caviglie, sottili, delicate nello “scioglimento”, abissali perdizioni a immolarci per la muliebrità di questa delfina. Finissimi piedi da solleticarci in circumnavigazioni da squali.
Solo tu, non vuoi squagliarti. Sei un guaglione di piccolo taglierino, tira fuori la quaglia e arrostisci il pollo tuo di pelle amante della Donna natante. Ah, come rosoli! E innaffi di vino rosato!
Tania, io ti voglio con zoom e zampettare a circondar il tuo petto nell’impettita Cagnotto che, durante l’atto impuro, diverrà con me cagna, per poi allargare e allagarti.
E di cuccagne, a torso nudo, mia rana per il Principe dorsale, sarai stile d’una staffetta in te “staffilato” in albero maestro. A poppa al vento! Col timone di te che imbarchi e sei crociera di sc(r)osciate.
Affilati a me, affida le bollicine al bollore. Che effervescenza!
E vedrai come nuoterai da campionessa su mia faccia da pesce lesso.
Insomma, Tania, dammi il tuo cellulare a cristalli liquidi, e solidifica la “tastiera” del mio touch mai “incrinato” mahard appena il tuo pezzo… appare nello screen e io non posso che adorar la tua schiena da crema solare, ondulando come uno splash.
Sei perfetta, neanche un grammo di cellulite, quante stalattiti quando attillata “stiri” di carpi(a)to.

Che c’entra Kate Moss? C’entra tutto. Si fotografa anche Lei a bordo piscina, e il mio pisellino diventa accrescitivo. Fa buchi da tutte le parti, me ne affogo. E sbraccio con foga.

Johnny Depp lo sa. Quella sua oggi faccia da eunuco ha conosciuto un monte (stavolta siam passati alla rocciosa recitazione dopo il volto liquido da espressivo, che stella questo marinaio!) di dossi, dolls e giocatrici di volley fra undolly e una pecora.

E si fa pur dar del Tonto!

Non ci crede nessuno!

Winona Ryder può garantire il tuo indiano a cavallo davvero selvaggio.

Fidati, Johnny.
Oggi, sei una merda, sia come uomo e sia come attore.

Rivogliamo Dead Man!

Meglio Daryl Hannah. Doppia di Ah, prima h davanti poi didietro di urletto.

Eh eh.


 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Splash – Una sirena a Manhattan (1984)
  2. The Lone Ranger (2013)
  3. Pirati dei Caraibi 4. Oltre i confini del mare (2011)

Genius-Pop

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