Siamo tutti “mostri” di noi stessi, per gli altri o nell’altro(ve)

20 Oct

 

E non c’è mai il due senza il tre, dunque il terzo.
Sì, un bel terzetto di libri, ah, il bibliotecario della Rizzoli ce l’ha ben ritto quando “spazzola” i “capelli” alle mie copertine, le spolvera anche quando fuori piove e lui indossa lo spolverino.

Sì, l’anno scorso mi cimentai con una (re)visione del “Frankenstein” di Mary Shelley, questo Prometeo moderno molto “meteorologico”.

È vero, Prometeo “plasmò” l’Uomo, ma la Shelley lo “degenerò” in una creazione-creatura tutta sua, personalissima.
Come il mio libro, ispirato più al film omonimo di Kenneth Branagh che alle fantasie adolescenziali della poco “educanda” Mary.

Che ricordo ho di quel film, “denirizzato” nel suo miglior 1994?
Ah, mi sfuggì al cinema, lo “rinvenni” comperandolo in VHS, e me lo trangugiai di buona lena in una timida mattinella uggiosa.
M’appassionò fin da subito, questo Bardo muscoloso che vien sventrato dalla morte “ingiusta” della madre, che studia indefesso “kilometri” di Cultura, tanto da esserne divorato, rubarsi la vita e decidere d’offrire un’opportunità in più, sacrilego, a un “eroe” da Lui designato, anzi disegnato. Un Bob De Niro ancora nel suo neo più nero e “pungente”, fisicamente possente anche sotto “fiumi” di latex.
Spaventevole “mostro” buono che la violenza degli omini, o “ominidi”, renderanno cattivo.

La sua ribellione, com’anche Morando Morandini ben ci “rammenta”, è la reazione di chi si sente respinto, la rabbia furiosa d’una “diversità” che non c’è, la paura oltre i suoi stessi confini che si tramuta in delirio.

 

Se Mary Shelley fu coraggiosa a inventarlo, perché Stefano Falotico doveva temere e spaurirsi, appunto, di reinventarlo?
Con uno Sguardo-occhiolino al Cinema, e qualche (auto)citazione.

 

Il mio Frankenstein…

 

Buttarsi nella lettura di questo romanzo è concedersi un tuffo negli angoli bui dell’animo umano attraverso lo spirito, immutato, di due “mostri” letterari. Un Frankenstein e un Dracula attuali, odierni, come non si sono mai letti. Certo, si corre il rischio di essere riduttivi definendo quest’opera una semplice rivisitazione del romanzo di Mary Shelley: il Frankenstein di Stefano Falotico va ben oltre, ricrea il mito donandogli anima nuova e sentimenti moderni. Giocando con le parole, sfruttando in pieno le potenzialità di un linguaggio ricco di sfaccettature, giostrando le lettere, smuovendo significati, l’autore crea di nuovo il personaggio e la sua storia. Il risultato è un romanzo che ha il ritmo musicale della poesia e una poesia che acquista lo spessore del romanzo; la stessa suggestione accompagna anche il breve racconto che precede Frankenstein, un Dracula che si fa leggere con gli occhi di oggi. Eppure il fascino e lo spessore dei due “eroi” rimane estremamente fedele all’originale. Uno stile innovativo per due miti letterari, un mix che lascia aperte mille porte all’interpretazione, affidando al lettore un ruolo di assoluto protagonismo.

 

Quanto “orrore” filtrato, e non, c’è in quest’opera maestosa, sì, m’insuperbisco perché “mi vale”.
Persino un Dracula furbetto & birichino.
Memore, forse, d’un altro maestro delle mie letture “infantili” o forse già nell’altro(ve) ancestrale.
Decisi anche di filmar “neri” estratti…

 

 

(Stefano Falotico)

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