Nelle notti, c’è Nick, di cognome Nolte

11 Nov

 

Nicki, vieni a me…

Nick Nolte…

 

Nick Nolte: ritratto d’attore, o della sua furenza nell’aurora
Un Uomo rugbysta, arpionò se stesso senza taumaturgico buonismo, nella fantasiosa evasione dalla grettezza in cui s’aggrottò, per grinze che lo rapiron del suo “rapinarla”

L’osceno si mescerà, intorpidito fra ombre fugaci, a volar sinergico entro diademi che l’intingono d’una decadenza “moribonda”, da ubriacone che si liqueferà in sé, alle maliardi origini ove la sensualità peccaminosa s’intreccerà alla Luna, per danze “leviatane” d’insondabili abissi del Piacere, ludico nell’intraprendenza che, irosa, dondolerà tra furtivi occhi incendiari e una mistica visione del suo delirio più “balocco”.

Tepori ermetici che si squaglian, nella “divelta” nudità d’oasi ove la felicità dell’anima fu scarnificata da abominevoli urla a “svezzar” l’attimo fuggente della loro imperiosità, dello Sguardo “amniotico” fra neon che s’abbacinavan di sogni dalla dormienza “cheta”, fors’era morigeratezza di crepuscolari dissolvenze, o le “insolvenze” con un’anima incatenata al suo famelico & fiammeggiante incanto, o solo (auto)inganni.
Di famelicità sbiadita nel pasto dell’agghindata lussuria borghese. L’esposizione, espoliata, di “foglie” che “squittivan” nel vento, nelle repentine, o alla serpentina, estasi vagabonde d’un etereo Inverno dal Cuore estivo. Senza proibizioni restrittive, o “bavagli” a cellofanar le “palpebre” dal nitor “svagato”.

Caduhi, “imbruniremo” ove il tramonto “verdeggerà” in strazianti tormenti, l’afflizione s’appiccicherà con sollazzevole “vergogna”.
Ah, la vergogna di se stessi, primo passo per elider i crepitii gioviali delle giovinezze “eterne”.

Vergogna è un ebefrenico snervato d’avvilenti “genitorialità” che lo “adultizzaron” con perentori “Dai, cresci, dove hai messo le palle?”.
Vergogna, è “lui”, che s’atteggia, insuperbito, in raggiri a circuir il prossimo, per plagi alla sua anima, e le sue geriatriche analisi d’anale pornografia.
È “lui”, che scarabocchiava la sua inutilità, “psicotizzandola” in un'”avorio” sempre macchiato dall’ipocrisia godereccia, per “sbrecciar” in verginelle da concupir per un godimento “svelto quanto immondo”.
È la sua ignominia che “nobilizzava” chi lo “discerneva” saggio, e precipitò, poi, in un mare di guai, ai primi “rintocchi” d’un adattamento che non più s'”allatta”, sebbene solo lo “alletti”.
È la sua sguaiatezza che schiamazza e s’attornia di puttanelle per “benefici” sfoghi, o le fighe più addomesticabili dalla sua retorica “immalinconita” nell’erotica “maledettistica”.

È l’ignoranza cafona di chi non ha mai aperto un libro e “vanaglorieggia” di “scibile” citazionistico, col clap clap pronto all’uso per quattro imbalsamati del grande schermo, alcuni da schernire, altri da “incenerire”, altri da “arianizzare”.
È, per questa e altre mille ragioni, che un Idiota di tal fatta, così sfatto, deve rassettarsi il bavero a asciugar la sua bava, perché io son e sarò lava “inferocita” come un guascon Nick Nolte.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1.  48 ore (1982) La vita non è una partitella “a tenzone” fra gonzi, son strade “innaffiate” d’asfalto ruvido che non “pneumatizza” neppur le gomme da masticare, anzi, n’è mastice.
  2.  New York Stories (1989) Creazioni di “creta”, anima avvilita, sola, torrenziale “in piena” o alla Jack… “torranceiante“.
    La nevrosi dell’artista. L’ispirazione di chi ansima, però respira.
    Oblitererà un viaggio per le “lagrime”, ma seppellirà la putredine con le sue “redini”.
  3.  Cape Fear. Il promontorio della paura (1991) La classe media è “a mezza via”, fra la giustezza della giustizia, e le bugie dell’omertà.
    Il matrimonio è un’altra maschera, e i figli si “crescono” nel rispetto delle “regole”. Ma, irregolare, nella “stuzzicheria” della trasgressione, “lo” trastulla per la collega, con moine “simpatichine”.
  4.  Affliction (1997) Relitto, il suo “delitto” a se stesso.
    Morirsi dentro, o spaccar la faccia a chi ti vuol spezzar le gambe.
    Afferrarlo per il “cravattino”, il “fratellino” e sputargli in viso che è una merda! Come tutti gli altri!
  5.  La sottile linea rossa (1998) Incassare tanto, da perdersi nella follia d’una guerra personale, impartire ordini per bombardare le ultime speranze per una “medaglia”.
  6.  La colazione dei campioni (1998) L’immensità del “fallimento”, in “ghingheri” nella dignità smutandata che se ne frega.
  7. Warrior (2011) La stereotipia dell’alcolista, che eppur si muove, non muore e si commuoverà.
    Applauso! Retorica in grande stile, da cane rabbioso.

 

 

 

 

 

Tags:

Leave a Reply

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)