Coltivo l’orto, cari orchi

22 Dec

Ciao, sono sportivo, bello indubbiamente, atletico quando m’alleno e non allento. Sexy, simpatico, cazzaro se “vien” la convenienza dell’eveniente per “svenarlo”.

Scrittore però anche poeta e romanziere, fra le stoviglie della mia mente a far lotta di detersivi e malessere, ipocondria e anaconda sensualmente, di sesso ne vado valoroso nonostante l’orgoglio possa marcir in quest’Italia di marci(a).
Ho marcione… in più, ingrano la quinta e voglio una con la sesta. Eppure, amo la Settima Arte.

Il mio nome è Falotico, lo Stefano che non t’aspetteresti, che di McDonald’s è Duffy Duck di bacon sganasciato ma inaffidabile nonostante indaffarato “innaffi”. All’occorrenza, bibita gassata nel frizzantino a letto, ove riverisco anche la “serva” che non n’è mai, del mio, scevra. Io brandisco lo “scettro” e son spettrale anche quando “lo” vedi.
Ingarbuglio la tua testa e “là”, al buio, s’abbaglia.
Abbaiamo vicino all’abbaino. Non pensiamo alle abbazie, ché la zia prega Padre Pio ma anche lei fu pulcina di gatta che covò.
Nessun mi scoverà, e scoperò.

Insomma, ci stai? Non pretendo molto. Solo qualcosa… in più.

La febbre non passa nonostante le passere.
Ora, contatto il medico, è una donna. E tocca nelle zone ammal(i)ate.
Poi urla “Che schifo!”, perché l’altro paziente è lì che non ha totoianamente pazienza ma è trasfuso nel sangue di Andrea, fumettista defunto bolognese, di fungo atomico per “scoppiarla” anche lui.

Gli sollecita la sala d’attesa, dandogli una mano per il “teso”.
E intanto “sale”.

Poi, mi presenta la “porcella”. Salatissima.
Meglio l’insalata.

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