“Il gatto nero” di Edgar Allan Poe, by Stefano Falotico

25 Mar

Una tempesta, un vulcano, una montagna riscaturita da ignoto, irrazionale miracolo.
Questo è costui, il sottoscritto e al “nulla” di paragonabile ascrivibile, cioè Stefano Falotico, l’Uomo che superò l’Inferno, vide(o) coi propri occhi l’infinita cattiveria del Mondo, superstizioso e ancora retrogrado nella mentalità oscurantista.
Ma, con indelebile e imperscrutabile classe “sott’acqua”, eccolo qui riemerso “in sacrificio per voi”, un notturno di lusso e di tutto punto combattivo.

Varie afasie furon proprio afa alla mia “umidità” e, “fannullone”, mi buttai via, gettando il Tempo come se non volessi viverlo o addivenirne al suo disegno. Così, mi dipinsero “immobile” nell’elogio della mia “follia” senz’orologi.

Per giunta, d’illazioni e deduzione accomunata alle “intuizioni” più sciocche, anelarono affinché agognassi “ghigliottinato”, immiserito del me più valoroso.

Lo so, inutile dannarvi, nacqui già bello, di Scienza infusa e mai “imboccato”, mi bocciaste ma io risbocciai in mezzo alle bisbocce del mio birbante conturbantissimo. Infatti, indosso un cappello alla cui sommità v’è un tulipano che dispensa saggezza e perle.

Altro che pera cotta, avete di fronte un Uomo al cui confronto il Cristo è un patetico guitto delle san-t-ità. Egli cadde, tentato da una Maddalena arpia, ma io, nonostante donne stupende m’offrirono le loro grazie “floreali”, non m’abbindolai al porcile. Svezzato fui da una bionda adamantina che protesse il già “teso” mio Cuore fiammeggiante e propenso alle “farneticazioni” più falotiche per non commettere i vostri “falli”. Sì, voi sbagliate e vi pentite solo di Domenica mattina nella “benedetta” poi, mentre intingete la manina, “scrutate”, sottob(r)anco e di sottecchi, le sottane delle su(or)ine di sbirciatina nel frattanto, a “fratturarvelo”-scisso, dell’ammirare la Croce di colui che è a-sceso.

Ma mentre porgete la vostra adorazione al figlio di Dio, so che qualcosa, là sotto, “sale”.
Perché quella della prima “fila”, che figa, è entrata in chiesa con una minigonna a “tirarsela” da finta monaca, Ella è allusiva e voi ve n’illudete nel luogo ove potete poi confessare il “peccatuccio”, senza che nessuno possa vedervi né “toccarvi”. Abside! Io vi subisso! Abbassatevi!

Lo so, sono il vostro confessore, venite (d)a me e riceverete la Grazia di Lei, che ve la darà gratis et amore. Già, è una prostituta che mente mentre, meretrice impunita, sempre puttanissima, in “cuor” suo sogna di peccare ancora. E di “accogliervi” dentro la sua “chiave” del “Paradiso”.
Ve ne fornicherete, lo so.

Basta con questa “recita parrocchiale”. Ipocriti!

Sono migliaia di anime, miei sfigati. Mi scambiaste per il micio “Sfigatto” di Ti presento i miei… i miei son gioielli di voce e intonazione senza “tonache”.

Io, qui per voi, fratelli della congrega, leggo con superba (in)differenza, “Il gatto nero” del grande Edgar Allan Poe.

Edgar sapeva che non c’è niente di “normale” e “diagnosticabile” in un genio.
Oggi, voi pensate d’incastrarlo, ma Lui è già oltre e v’ha (s)fregato, appunto, di fusa, miei “fusi”.

Ora, “allego” per voi le prime righe di tale leggendario, epocale, POE-tico racconto.

Il gatto nero
Per il più folle e insieme più semplice racconto che mi accingo a scrivere, non mi aspetto né sollecito credito alcuno. Sarei matto ad aspettarmelo in un caso in cui i miei stessi sensi respingono quanto hanno direttamente sperimentato. Matto non sono e certamente non sto sognando, ma domani morirò e oggi voglio liberarmi l’anima. Il mio scopo immediato è quello di esporre al mondo pianamente e succintamente una serie di semplici eventi domestici, senza commentarli. Le loro conseguenze mi hanno terrorizzato, torturato, distrutto, ma non tenterò di spiegarli. Per me hanno significato nient’altro che orrore, ma per molti sembreranno meno terribili che barocchi. Si potrà, forse, trovare qualche intelletto che ridurrà il mio fantasma ad un luogo comune – qualche intelletto più calmo, più logico e molto meno eccitabile del mio che possa cogliere nelle circostanze che io evoco con timore, nient’altro che una normale successione di cause ed effetti naturalissimi

Il resto, dovreste conoscerlo. Se ve lo siete scordato, rileggetelo.
Come? Non ce “l’avete?”. Com’è possibile.

Mi ero precautelato con cura, affinché lo compraste e lo studiaste a memoria. Sudatevelo!
Invece, non avete svolto il vostro compito. Gravissimo! Pessimo! Neanche la masturbazione mentale! Fate proprio schifo! Avete mollato anche il delirio? E che vi rimane? Il lavoretto da quattro bagascie? Vergogna! Andrete, non nelle gonne, ma nelle gogne, altro che vigne! Io vi sono il Vinavil!

Ma fui o non sarò migliore del Cristo? Quindi, Io vi perdono e vi offro un’altra possibilità.

Adesso, andate su ibs.it e scegliete l’edizione che più vi aggrada.
Se non v’alletta la lettura su cartaceo, a pochissimi Euro, quasi a zero, potete scaricarlo in eBook.
Fra l’altro, allo stesso prezzo, oltre al “Gatto…” vi sarà data in “regalo” l’opera omnia di Poe.

Se non avete neanche i soldi per questo, eh già, la crisi che non permette neanche un “caffè”, lo leggerò qui per voi:

Ascoltate le modulazioni delle mie frequenze e godetene tutti.

Ora, scambiatevi un segno di Pace.

Ricordate: so, in quanto sono un subacqueo.

E, nell’acquolina in bocca, la salsedine è una nave che va, ove non si sa, un po’ qui e un po’ “lì”.

Ove “att(r)acca” e mette l’ancora, ancora in riva al mar’, mentre l’orizzone, calando, le abbassa il costumino con calma per poi spingere veliero.

Tre film, numero perfetto, inutile eccedere, che valgono il “candelotto”.

A cui aggiungiamo un quarto che è da dieci e lode.

Applauso!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Quei bravi ragazzi (1990)
    Questo Liotta insuperabile, timido, alle prime armi, come si suol dire, in sordina, “sordo” nel senso che va per la sua strada da capra. E, da bimbo complessato, a criminale “sganasciato”, in mezzo a stronzi veri. Questo Liotta che capisce tutto, che spacca la faccia, che gioisce per le rapine, poi si tira indietro, questo Liotta che lotta.E, alla fine, dopo una mezza vita da serpe, fa il Serpico di turno, e denuncia da “pentito”. Sbatte i compagni in galera e si “gode” la pensioncina “anticipata”. “Bellissima”, con tanto di pantofole e giornalino in mezzo alle motoruspe, su sorriso amaro “ruspante”.Questo Joe Pesci strepitoso che cazzeggia a tutto spiano, spara e sbotta, sputtana e va a puttane completamente. Uccide, singhiozza, s’ingozza di “manicaretti” di sua madre, nella realtà quella di Scorsese, “donna coraggio” a “spronare” i “bravi” a combinarne delle “belle”.
    La cena dei tre figli di puttana è da morire dal ridere per non piangere.
    Sì, Pesci scatenato ironizza e strizza l’occhio, intanto c’è un cadavere “pulp fiction” nel baule.

    Quando (non) si dice che Tarantino s’ispirò a Scorsese, è giusta blasfemia al sapore sentito dire che ha il suo perché. Diciamocela. Tarantino copia e non vale un mezzo Scorsese di questo film.
    Così è. Vaffanculo!

    Questo De Niro, un anno prima di Cape Fear, un irlandese italoamericano, un Butcher antecedente le gang di New York. Che fa il mentore e nessuno mi toglie dalla testa che voleva fottersi, nel “vicolo”, Lorraine Bracco, prima di Gandolfini da Soprano…

    Infatti, finì in analisi da terapia e pallottole.

  2. Casinò (1995)
    Chi paragona questo film a quello sopra, appena citato, deve solo che andare a “far impazzire la maionese” delle sue cervella. Qui, Scorsese, sceglie una scorza “dura”, Sam Rothstein, un De Niro versione elegantone e brillantissimo che, a ogni “cambio” di scena, indossa abiti diversi. Nei ragazzi vestiva Armani, qui si dà all’alta moda d’un film che non bada alle mode del gusto medio.S’innamora di Sharon Stone, conclamata zoccola. Bona è bona, superfighissima, tanto da rovinarlo.
    Glielo s-tira del tutto nelle corse della sua cavalla, infatti De Niro si darà all’ippica!Pesci “gioca” d’“adulto” bambino al terzo incomodo e se la scopa vicino al comodino.

    Se la fa di botta, ma fa il botto!

    E incasina tutto. Finisce bastonato, su De Niro “suonato” che perde tutto, peggio di C’era una volta in America.

    Ce la vogliamo dire?

    Altro che Orson Welles!

    Questo è il film più grande del Mondo.

    Lynch David vada dallo psichiatra, subito.

  3. Risvegli (1990)
    Sorpresone!Il “mio” medico come me lo spiega questo?Mah.

    Increduli nel mio Credo.

    Avevo ragione io.

  4. Shining (1980)
    Ora, questa vita da romanziere non rende molti soldi. Urge assolutamente, quanto prima, un lavoro più redditizio. Basta col muso e il mugnaio!
    Occupazione “tranquilla”, lontano dalla gentaglia. Ove possa concentrarmi e continuare a scrivere in santa pace di Cristo, senza rotture di coglioni. Devo, al massimo, controllare le tubature e i “commenti” da filtrare sul mio canale “YouTube” ove, una volta su dieci, c’è lo stronzo che provoca.Provoca ma fa la figura dello scemo.
    Sono più scemo io, sì, lui è Jim Carrey e io Jeff Daniels.
    Sono doppiamente imbattibile.A lungo andare, sto perdendo la bussola. L’Inverno si protrae e perdo ispirazione. L’apatia ritorna e non scatta la molla, anzi, m’ammoscio con occhi da pesce lesso. Circola poca aria e perdo anche i capelli. I flaconi del Bioscalin aiutano a rinfoltire il “lupo col vizio”, ma si “spelacchia” anche la voglia di figa. Divento un triste figuro, più che altro.

    Il referente Adecco, agenzia lavorativa della minchia, beve solo il cappuccino a Crespellano.
    E sta mandando a troie quelli in attesa.
    Lui mescola il cucchiaio e gli girano pure le palle.

    Bella questa. Questa è bellissima!

    Mio figlio è matto, si crede sensitivo e infatti mi raffredderà del tutto. Mia moglie fa schifo alla monnezza, recita bene ma è una strega, eroticamente parlando. Con costei, il cesso dei cessi oltre il water, ci vogliono mille chili di Viagra. Meglio farsi una bevuta col “maggiordomo”.

    Il maggiordomo è uno psicopatico assassino, non bisogna dargli dunque troppa confidenza. Altrimenti, camminare assieme allo zoppo, ti rende appunto pazzo. Zoppo no, io zappo. Male che può andare, mi darò la zappa sui piedi.
    Tanto a che serve camminare in questo Mondo?

    Solo un altro bicchierino per tirarmi su il morale.

    In poche parole, il mattino ha l’oro in bocca.

    Dai, mettiamo su “Nebraska” di Springsteen.

    Qui, finirò congelato.

    Prendiamo armi e bagagli e via da quest’Overlook Hotel.
    Si fotta il direttore che m’ha assunto.

    Meglio finire barboni che nel “ginepraio” degli orrori.

    Adesso, chiedo la pratica di divorzio e spedisco mio figlio dalle suore.

    Poi, continuo a fare Jack Nicholson.

    Jack, si sa, ci dà.

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