Pacino & Cannavale

05 May

Digressione che dovete saltare se al mar di mare non volete “affondare”. La Donna “al largo” merita il canotto. Dopo c’occuperemo del “cupo” cipiglio del Cannavale, attore “teatrale” che a me pare un melodramma napoletano amaro!
Io so(g)no, poiché son sempre desto e non m’arresto fra chi, nel “lecito”, è sconcio per “conciare” a sua pelliccia d’animale! Sono Io che investo su di me e ti rivesto di par “parere” nel murarti fra le pareti!

Prefazione ironica, “drammatica” in linea con gli sfottò di massa, ove si abusa del prossimo a violenze psicologiche reiterate dal non ritirare mai la mano, anzi a infilarla di coltello nella piaga solo a “plagio” di noi che dovremmo piangere, invece sonanti “rideranno” di modo nostro nelle lagrime versate di sangue!

Tempo di “alta marea” cinematografica, piattezza per sale prossimamente deserte, rinfoltimento invece del “grande schermo” per costumini da “quattro dimensioni” quatte quatte nel mio nuotarle “sott’acqua”, che limpida visione!

Questa è stata una cattiv’annata cinematografica. Sempre “figa”, come no.
Moscia come tre mosconi al bar di un nullafacente eterosessuale in apparenza una roccia che pur vuol farsi il commendatore roco ottantenne con la camicia “profumo” tal stronzata-etichetta(ta): “La cravatta odora di mattino levigato nel cappuccino sciolto a te contessa scremata dello zuccherarmi i bottoni marroncini su noia annodata da slegare in modo aperitivo-appetitoso”.

Pochi titoli d’annotare per le nostre notti affamate di Cinema… anche perché d’altra fame moriamo “in bianco”.

Questa la lista di ciò che m’è piaciuto:

1) Jimmy Bobo, Stallone in Hill dei tempi d’oro cazzuti.

Fine.

Il resto, qua e là, quattro stellette, ma nessuna mi dà… il “cinque”.

Meglio tornare all’ovile del vecchio Sly spaccamascelle senza rompiballe d’ordinanza formato “Tornita per muscoloso più tamarro di me il nervoso sparacazzate da eclissare con calci volanti in mezzo inculanti all’addolorarlo e non dorarla in Luna ululata a due”.

Sì, quando una Donna mi piace, divento un boom tequila della mia anguilla liscia nel bum bum di tambur battente, soprattutto al mio “abbattuto” ma carro “a(r)mato”.

Cazzo tanto scazzato. Più che altro, tanto a(tt)izzato quanto azzannato.

Ah, le donne sono come la stampante.

“Ficchi” la carta e selezioni i colori vivi per dar… vivacità alla tua anima “annerita” ma loro preferiscono fotocopiarti di delusioni opache come il primo paragrafo d’un romanzo venturo, narrante di voce castrata dentro, come no, varie sventure “provocate”… dall’invocarle ma non molto “imboccarle”. Che sventole!

Sul ponte sventola bandiera…

S’intitola “Le epiche epopee del mio marinaio in poppa, perché il singolare è meglio del plurale”. La pippa a te psichiatra di pipe! Ti viene il Pepe? Vai Beppe, vai!

Sottotitolo: “Sempre sotto, inteso nel senso sfigurato senza seni, inseminai d’autoerotismo appaiato all’applauso soddisfacente come loro, le seducenti eppur ad altri più sull’attenti”. Attraenti? Sono il Tenente!

Vi do… l’anticipazione. Se mi deste… l’anticipo, potrei scrivere il resto dato che, come dice il detto appunto, se non te la dà, perdi l’ispirazione a lungo non andare, e non c’è poi più da fare…


Capitolo 1

L’abbronzatura del mio ronzio, Riace rimase sbronzo come un dissanguato branzino “al dente”
 
Vado al mare, prime cosce bollenti da guardare dopo tante attrici “ammirate” di virtuale “impalpabile”.

Ma tocco… di nuovo il fondo, tentando un approccio con una meno porcina delle altre.
Meno pia ma da spioncino! Capolavoro di abbordaggio e di spionaggio! Sotto il vestito, c’è tutta la pistola subacquea!
Un pulcino che pulsa(nte)! Impermeabile quarzo!

Sdraiata sul materassino, me lo gonfia ma, dopo altro rifiuto, userò solo le braccine “su e giù” per non essere affogato nelle sue “bracciate”. Che braciola di maiala ch’è?
Un tuffo dove è più blu! Asciugamano e fazzoletto (de)tergente!

Eh sì, sembrava una poveretta, invece noto che fa l’amore con un cane tenuto al guinzaglio che le regala il collarino mentre “lei” lo cinge fra mani delicate “circoncise” dai polsi pulsanti attorniati nei braccialetti verde “smeraldo” di  suo “fedele” a inondarla-baci di donati “amori” morbosi dalla sprizzante purezza istintiva-(s)tingersi.

Ah, una coppia d’“oro”.

Lei mi sbeffeggia mentre mangia il suo animale sotto i baffi, nella derisione anche di un bambino lestofante col gelato “limonato” della sorellina lattea colorito “crema protettiva” sapore “fragolina”.

Fa un po’ freschino dopo la “calura”, o meglio la cattura, al che comincia a piovere. Prima il Sole brillò “folgorante” ai f(i)ori delle spiaggianti sul raggiante venirne infornate di “dardi”, poi la burrasca fu già annunciata di “annuvolamento”.

Riaffioro!

In pineta, in mezzo a ortiche, orge, ossa spolpate, carni arrostite, trovo una cinquantenne ancora “in tiro”.

Al che, le propongo di far a botte e inalberarmi da incazzatissimo!

Lei fraintende e vuole davvero scoparmi.

Ed è qui che sono cazzi amari.
Il boschetto della boscaiola! Che imboscata!

Capisco che il buco dell’ozono è causa del mio Pianeta alieno.

Ribelli, scatenate il putiferio, spellati voglio che issiate chi eravate, chi siamo lo sappiamo noi! Tu non sei, incarni la carne del vuoto! Nullità!
Tu hai finito di “circondarci”, di circuire col tuo sorrisino da cannibale ammaestratore del circo!
E devi solo cucirti in gabbia, perché ti segregheremo nell’urlo irruente del tuo “leone” ora da noi ammansito di “dolce” non frenarci a vendetta della fiera “feriale” del tuo sbranare con graffi “festosi!”

Ora, basta! Finiamola. Le cattiverie gratuite per troppo Tempo han “accerchiato” i nostri destini, il nostro delfino! immutabili nel loro pregiudizio “forte” da violenti “temprati” alla vita che si “spacca il culo” per “distruggerle” e coccolarle a lor danza invero di morte, come da Salmo del mio Santo lucertola nel mo’ della salamandra fra tali mannaie che io, da mannaro, ammainerò sempre, mordendo non morbido bensì a loro mostri tanto mordaci tanto or lordati!
Smerdiamoli!

Sì, sono impazzito ma soprattutto sparo all’impazzata, a salve di giustizialismo “innocuo” che però ferisce ove la cicatrice “amputarono” d’altri tagli inferti a frattura rimarginata ma di lor giudizio emarginante coi soliti attacchi del branco “inviolabile”, dietro l’arroganza della “compostezza” in lor sussiegosa e rugosissima bo(r)ia da (in)fermi(eri) abbrustolenti!

Arderai di arbusto!

E non me n’addormento ché altre dominazioni alimenterebbero di loro “catena” a fregarsene, così elementari nello sradicare, deflorare la nudità delle anime per inorgoglire solo il privilegio del luogo comune!

Che scempio di florilegi! Se voi aveste letto “Il signore delle mosche”, zitti e mosca v’ammutolireste di tal “ammutinare”, e saettanti rane bibliche avveleneranno il già pruriginoso e falso inamidarvi per “umide”, faraoniche cene d’amplessi. Che fessi!

Dico a te, donnaccia! Che ti divertisti col sadismo più sfrenato a “scherzare” di anonimia appunto con voce in falsetto, nello stuzzicare mentre ridacchiasti col tuo marito ancora “ridente” sul tuo corpo gemente d’unti unguenti, com’acuminasti a derisione a tuo (di)letto pieno di aderita, schiava opulenza! Puzzolente! Delinquenti, tu di biforcuta lingua e il tuo… di “linguine” allo scroto dei coiti da cotti! Ecco gli “spaghetti” a collo nell’a tutta birra di spappolarti!

Ce l’avete il fegato!? Sfigati sarete voi! Facce da Sfinge! Ecco la sdentata, ecco come ti pietrificherai, pentendoti, e implorerai della tua ribaltata piramide! Pente-cost(ol)e!
E tu eri un figone? Ah ah!

A te ch’accusasti con l’intransigenza d’un caporale coi “diritti” di uccidere in maniera “fredda” ché solo volesti scaldare la rabbia al fine di spegnerla con sedazioni per “rinsaldarci” al tuo “intenderla” che non offre saldi!

Ecco il sandalo di Mosè! Ecco lo “spartiacque” del tuo bagnarle! Ti piace il musetto?

A muso distrutto, rotto mio bastardo!

Dei tuoi ricatti, dell’urto al non ascoltarci! Mio vello, svelto svelati!

Adorami!

Siamo in guerra! E si combatte, maledetti vermi borghesi!

Come vi crogiolate di abbuffate, fra cellulite, sbattere in cella e cellule di celluloide che i vostri neuroni neanche carpiscono. Non possedete le iridi per la magia iridescente del Cinema, miei insipienti!

Noi siamo sapidi, noi siamo la lapide al vostro presumere da “somari!”.

Meglio i sumeri! I celti, le accette! I barbari dei barbosi!

Le sal(s)e affollate, tutti vestiti “in riga”, su poltroncine della carreggiata che “scoreggia” fra popcorn(a) e altre patatine di porcata alla “maionese” sudicia in ketchup piluccato da drogati del Sesso imbevuto come Coca… della “cann(ucci)a”.

V’infilziamo noi di rimpinzate!

Ecco le pinze! Quante donnicciole, coi “pizzetti” su mustacchio per il virile muschio dei selvaggi mucchi, di pizze in faccia saran “capricciose!”.

Fottetevi, sarete aggrediti a fiotte!

Appiccicose! Appicchiamo!

Chiaro, figli di mignotta!?

Questo come me lo sorseggi?

La sorte meglio della tua s(p)orca!

Dopo tale poema, di cui non frega a nessuno, a qualche “fregna” sì da fregare già, è ora il Tempo di (s)parlare di Cannavale!

Sottotitolo: come costui corruppe tutti gli Stati Uniti per interpretare la versione di Americani a Broadway e ora ha assunto le “veci” del figlio di Al Pacino in Imagine

John Lennon sta gridando “Pietà!” ma Cannavale “ci sta”.

Ruolo inizialmente pensato per Jeremy Renner che, dopo conflitti intestinali con lo script, abbandonò il “Padrino” a suo discepolo BobbyDe Niro di Corleone?

No, comunque un siculo sicuro di sé ma molto meno bravo di John Cazale. Da pronunciare in modo banfiano così: “Don Jon(hnson?) cazzell’”.

Ah, rimpiangiamo John. Nell’immediato futuro, dovremo sorbirci Cannavalo, qui detto all’Abatantuono.

Non spenderei molte parole su quest’analfabeta, mi congederò con tali due “da antologia”:

Al Cinema, Michele Placido è uscito col film Il cecchino.

Al che, avvicinai la mia vicina di casa per chiedere di vederlo assieme d’occhiolino.

“Lo” vedrò malissimo. Il marito ha un cognome da morirci secchi: Cecchini.

Per svagarmi dall’ennesimo “trivellamento” sbudellante di mia delusione “a mano armata” (leggi “sega” da s-chiappa “bombardata”), vado in giardino, rado il prato e son lì per cantare… all the people

Ma mi viene in mente come la gente mi rade al suolo. E rimango solo senza patate, ma potato del tutto.

Con te “donna” non ho ancora finito!

Tu mi vuoi raffreddare, invece beccati questa freddura:

– Cosa fai nella vita?
– Impiegata ed esco con le amiche.
– Mah, sarà.
– Perché?
– Pensavo impiegassi molte minchie entranti. Si chiama “bustapaga” di shopping.

Ciao.

Ricordate: scioperare rendere l’Uomo un filosofo alla Schopenhauer!
E a Cannavale mille volte meglio la cannella sui canditi di Natale!

Da gustare dopo un primo di cannelloni!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Palle in canna (1993)
  2. I cannoni di Navarone (1960)
  3. Una canzone per Bobby Long (2004)

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