Il Cinema e la nostra vita risiedono in uno sguardo, puro trip lynchiano a base di Heat

16 Apr

velluto blu rossellini

 

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

THE STRAIGHT STORY, Richard Farnsworth, Sissy Spacek, 1999, ©Buena Vista Pictures /

Una delle lezioni principali di Psicologia (se non mi credete… non mi credete e basta) è questa:

il futuro psicologo deve immediatamente, dimenticandosi del suo modo di ragionare, cancellare sé stesso e imparare a entrare in empatia col paziente.

Soltanto una volta che avrà scandagliato a fondo la sua anima, dopo che il paziente gli avrà rivelato il suo inconscio, può avvenire il transfert. Che può essere istantaneo o succedere dopo cento sedute.

Se invece lo psicologo, dapprincipio, ragiona con la sua mente nel giudicare l’anima a lui esterna, cioè quella del paziente, lo psicologo è pessimo, cioè da manicomio. E necessita di un trasferimento.

Ah ah.

È così.

Tutti noi abbiamo vite diverse. Uno entra in coma, che ne so, a 25 anni e si risveglia dopo trent’anni.

La sua vita, la poca rimastagli peraltro, sarà giocoforza diversa da chi a 25 anni aveva realizzato Quarto potere. Perché Orson Welles a venticinque anni era solo all’inizio del suo rivelato prodigio. E anche del suo pancione che sarebbe cresciuto a dismisura.

E forse Orson invece ha accusato acciacchi e sintomi quasi da demenza senile a età decisamente avanzata.

Mentre tuo fratello è diventato schizofrenico a 13 anni e a cinquanta si è risvegliato dal suo torpore.

Una donna ha dieci figli e un’altra donna sua coetanea invece è lesbica. E non ha adottato nessun figlio.

Un altro non ha affittato neppure un film a noleggio.

Tu sei un operaio che ama Shakespeare mentre quel professore universitario ama Michelle Hunziker. E fa solo i cruciverba. Perché è laureato in Fisica e della Letteratura non gliene frega nulla.

Tu invece sei letterato ma non conosci Mishima.

Mishima era un genio. Questo è poco ma sicuro, assodato.

Così com’è conclamato che, parimenti a Kurt Cobain, si sia suicidato. Mishima si è ammazzato con un suicidio rituale, Cobain invece solissimo. Forse nello scantinato.

Non era uno scantinato? Allora era un uomo fortunato che però era tormentato più di uno scalognato.

La domanda che dobbiamo porci è perché si siano entrambi suicidati.

 

Maramao perché sei morto?

Pane e vino nan t’è mancate…

La ‘nzalate sté all’uerte

Ninghe Nanghe, peccé sì muerte?

 

Già, Mishima perché sei morto? Eri da tutti acclamato come un bell’uomo e soprattutto come scrittore di alto borgo.

Cobain eri belloccio, se non ti andava bene l’amor di Courtney Love, sai quante altre stronze a cui potevi “suonarle?”.

Ah ah.

Sono morti perché, arrivati a un certo punto, hanno capito che qualsiasi cosa avessero fatto e ottenuto, già, la loro vita non aveva più senso.

Avrebbero potuto vincere cinquemila premi ed essere osannati da chiunque, avendo gioie a bizzeffe, soldi a palate (che già comunque avevano) e perfino tante “patate”.

Ma la loro anima si era spenta.

E non vi è rimedio alcuno quando si giunge a questo stato o stadio. Insomma, due uomini poco ultrà! Ah ah.

Come forse non v’è soluzione per noi tutti. Solo una squallida continuazione…

La vita è una perenne illusione. Finché esiste questo sogno, trasfigurato semmai nelle arti, nella Musica e nel Cinema, esiste l’orizzonte, lo sguardo oltre il quotidiano mondo invero tanto immondo.

Finita l’illusione, spentasi l’anima, puoi avere anche tutto il mondo ma il tuo stesso mondo non ha senso di esistere.

 

Morale della favola: siamo tutti fottuti dalla nascita, siamo vivi solo perché continuamente illusi.

Illusi che domani lei s’innamorerà di noi, illusi che invece lei andrà con un altro perché non la sopportiamo più ed è meglio che s’innamori di quell’altro. E ti chieda il divorzio. Sennò è un casino.

Illusi semplicemente che la vita non sia Mulholland Drive.

O forse lo sia perché c’illudiamo appunto che sia un capolavoro indiscutibile e unanime.

E invece è solo Twin Peaks 3, un profondo, straordinario incubo pazzesco.

Ugualmente un capolavoro.

Per me lo è, per altri no.

Per te la tua vita è bellissima, per me no. Per te la mia vita è bruttissima, per me è Isabella Rossellini di Velluto blu.

Insomma, spesso deliro più di Lynch.

Ma il bello è questo. Non posso essere davvero De Niro. E nemmeno vorrei esserlo. Fra qualche giorno inizia il suo Festival. Sai che palle…

Da cui il famoso delirio denirante.

Anche pacinesco.

E, in queste dune di elucubrazioni da Strade perdute, ecco, ci sta il netto, assonante andate a…

Comunque, per farla breve, secondo voi in questo preciso istante a cosa sta pensando il signor Lynch?

Forse sta pensando che deve aprire il frigorifero e bere una Coca-Cola. Potrebbe essere…

Mentre credo che voi stiate pensando che io sia pazzo. Forse l’avete sempre pensato. Io ho pensato la stessa cosa di voi. Credo di sì.

Da cui il celeberrimo Una storia vera.

In questo scritto mi sono superato.

Se non mi danno il Nobel stavolta, vado a farmi un viaggio col trattore. Fermandomi anche a una buona trattoria.

 

 

di Stefano Falotico

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