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2019: Fuga da questo mondo di sogni che invero non più sogna, W Carpenter ed evviva il Genius-Pop!


10 May

In-the-Mouth-of-Madness

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

newyorkfalotico

 

 

 

 

 

 

E ora la sparo fenomenale!

Sì, mi piacerebbe essere eiettato dal Gullfire al centro della Grande Mela di questo mondo ghettizzante che esclude e dunque reclude, recrudescente, coloro che non si adattano facilmente ai suoi parametri fascisti e parafrasare, traslare questo celeberrimo incipit di uno dei capolavori del grande John Carpenter all’interno di tal folle società imprigionata, lobotomizzata fra le sbarre edonistiche di Instagram ove la regola basilare, adesso, per avere follower, anzi, con la s plurale che fa tanto unanime imbecillità poco pluralistica bensì omologata alla cretina grammatica scolasticamente più elementare per procacciarsi fan, cioè perfetti sconosciuti semianalfabeti a cui tu metti like e loro parimenti corrispondono di altrettanti cuoricini stupidi, recitando e declamando in piena notte, turgidamente cupissima e infettata dalla luna più barbaricamente tetrissima, con la mia voce narrante, un devastante monito contro quest’umanità a dir poco costernante e oramai sprofondata nell’idiozia altissima, cioè nella più miserabile, pusillanime, egoistica celebrazione folcloristica di manichini esibizionistici:

«2019: l’indice di deficienza non solo negli Stati Uniti raggiunge il 400%. Quella che un tempo fu la libera città di New York e l’umanità ellenica diventa il carcere di massima sicurezza per l’intero globo terrestre. Un muro di cinta di 15 metri viene eretto lungo la linea costiera di Jersey, attraverso il fiume Harlem e giù lungo la linea costiera di Brooklyn. Circonda completamente l’isola di Manhattan, tutti i ponti e i canali sono minati. La forza di polizia statunitense, come un esercito, è accampata intorno all’isola. Non vi sono guardie dentro il carcere. Solo i prigionieri e i mondi che si sono creati. Le regole sono semplici: una volta entrati, non si esce più».

Sì, una regola ferrea che non vale solo per Nuova York.

Una volta iscrittivi su Instagram, siete fottuti.

Ma soprattutto chi non s’iscrive appartiene di diritto anticostituzionale al mondo degli emarginati e dei vinti.

Sì, oggi per vincere e avere amici, peraltro virtuali e soltanto voyeuristici, dovete farvi cento autoritratti al giorno come dei pirla, inserendo i seguenti tag irrinunciabili:

#love, #photooftheday, #followme, #like4like, #instadaily, #summer e stronzate varie.

Sì, anche se sarete in pieno inverno al Polo Nord, anzi, al Polo Sud come in The Thing, se non volete rimanere soli come dei cani al pari di Kurt Russell e Keith David, guardandovi negli occhi, pensando… ci siamo salvati dall’omologazione che tutto assorbe ma ora che facciamo, c’inculiamo a vicenda, ecco, ficcate… la foto di voi sul cesso al buio con l’hashtag: #chicagodinotte.

Come in una celebre, pessima battuta di Pierino/Alvaro Vitali.

E vedrete che, pur essendo delle merde d’uomini, tutte le donne più fisicamente bone ma più vuote di un water di un albergo senza clienti, appunto, vi cagheranno.

Che bellezza di mondo, eh?

Come abbiamo fatto a sputtanarci così?

Quando è partito questo delirio escrementizio?

In quale superomismo becero da Essi vivono?

La gente non legge più i libri e pensa perfino che Il seme della follia sia una malattia genetica tramandata per colpa di un commento sbagliato.

Sì, oggi, se sbagli intonazione in un commento, ti arrivano addosso altri commenti molto nobili:

ammazzati, ritardato.

Oppure: sparati in bocca ché non sei Iron Man, seguito da #avengerssupercool.

In tale Fog crescente, in questo The Ward allucinante di morti viventi, fra questi Vampires ridicoli, in questo Grosso guaio non solo a Chinatown, mi tengo stretto il mio Distretto 13.

Il mio isolazionismo pop. So che mi accerchierete, voi, brigatisti della morte disumana, voi, edonisti con le vostre macchine infernali come Christine, voi bimbi insensibili da Villaggio dei dannati, so che le mie saranno le Avventure di un uomo invisibile, parecchio inviso, ma ci tengo alla mia “diversità” da Starman.

In un mondo senza più religione, io sono ancora fra quei pochi che si pongono dubbi teologici, cosmogonici. Ovvero se dio e il diavolo siano la stessa persona come ne Il signore del male.

Mi domando perché vivo e perché noi tutti viviamo così.

Mi domando se siamo solo dei Fantasmi da Marte di una società ridotta peggio d’un martire, alienata, disintegrata come ne La Fin Absolue du Monde.

Sì, è per questo che John Carpenter è uno dei più grandi geni non solo della storia del Cinema.

E questo libro, me ne frego delle vostre invidie, è forse il migliore, a livello mondiale, sul Maestro.

Compratelo e ricordate:

tu leggi Sutter Cane?

Ah ah!

carpenter falotico

 

di Stefano Falotico

cigarette burns

Ho terminato il mio libro in inglese su John Carpenter per la distribuzione globale, che dio me la mandi buona, che fa(lo)ticata!


13 Mar

MV5BYTg5YWFmM2MtZmQ1YS00ZmM4LWE4ZDQtZWJmNTBhZGFmMjIzXkEyXkFqcGdeQXVyMjUyNDk2ODc@._V1_

Ah, son morto di fatica. Stavo collassando. È stato un lavoro improbo, immane, oserei dire universale anche se la distribuzione sarà soltanto globale. Soltanto? Be’, sì, su Marte credo che non ci siano degli uomini. O invece sì? Atto di forza docet!

Ecco, come sapete, amici carissimi, da qualche mese è disponibile alla vendita sulle maggiori catene librarie online il mio libro monografico in italiano, John Carpenter – Prince of Darkness.

Un libro che ognuno di voi dovrebbe avere vicino al comodino. Per una lettura profonda in notti insonni. Ove, divorati dai vostri demoni interiori, contorcendovi in spasmi d’amore per una ragazza che vi piace a morte ma che continuamente vi manda a quel paese, facendo infuriare le vostre budella, ah ah, potrete immergervi in questa lettura illuminante. Consolandovi nel navigar fra le stelle della fantasia pura, perdendovi nella notte interminabile del grande Jena Plissken e nella prode virtù ribelle del mitico Roddy Piper di Essi vivono. Un personaggio leggendario. Uno che non sapeva recitare, peraltro nel mio libro lo dico senza peli sulla lingua, ma aveva il suo perché.

CAPOLAVORO!

Sì, lo è, posso vantarmi almeno di questo? È stata un’opera frutto di una personale ricerca infinita, più e più volte riveduta, corretta, passata al setaccio dal mio correttore di bozze. E alla fine ne è venuto fuori un gioiellino sopraffino. Bando alle ciance e alle invidie. È un libro straordinario che non sbaglia una virgola. Concepito, realizzato in maniera indiscutibilmente portentosa, figlia del mio lirismo, del mio enorme romanticismo e anche di quel pizzico di follia che non guasta affatto, anzi, dà pepe alle nostre giornate stanche.

Vero masterpiece intagliato nei capolavori di John.

Un libro altamente poetico elevato a divinazione di Carpenter. Sì! Ma che non si perde in agiografie insulse o santificanti e si permette lo schietto coraggio di affermare che Christine e The Ward non sono grandi film. Sì, non lo sono. Ciò non toglie valore al Maestro par excellence della Settima Arte. E non potete immaginare quanto mi dispiaccia sapere che oramai non voglia più girare film, preferendo guardare le partite di basket dell’NBA. Su, John, non mi faccia la fine di Homer Simpson. Dai dai.

Il Cinema e l’Arte tutta ne risentono gravissimamente. Perché avremmo invece assolutamente bisogno che il il signor John, anche a settant’anni suonati, ci sfoderasse un altro capolavoro. Secco, ruvido, tosto.

Fatto di streghe, di babau, di semi della follia…

E dunque, dopo la parentesi di Il diavolo è un giocattolaio, del quale sto scrivendo il seguito, mi son buttato a capofitto nella traduzione fai da te, appunto, del mio libro sul grandioso John.

Ecco, il mio inglese è buono, sì, sì, affinato da anni e anni di studi autodidatti da topo della mia biblioteca. Fra libri di grammatica, Blu-ray in originale e canzoni rock degli States migliori.

Ma io sono un uomo che non se la tira. E altresì dunque asserisce che il suo inglese non è propriamente oxfordiano. È stata veramente dura.

Sì, mi ero informato. Intendevo inizialmente farmelo tradurre da un professionista, da un madrelingua.

Ma tutti coloro a cui mi sono rivolto mi hanno chiesto delle cifre astronomiche, come si suol dire.
Addirittura uno mi ha proposto, per la traduzione, cinquemila Euro!

Ma che è? Mi ci compro la macchina con quei soldi. Ma manco quella. Mi sta bene quella che ho.

Allora, mi son detto… ah, qui tocca farmelo da solo. Sì, un’altra sfida.

Anche perché i miei libri, pieni di anacoluti, di periodi lunghissimi, di voli pindarici, non sono facilmente traducibili. Neanche David Foster Wallace usava frasi così.

E poi i modi di dire inglesi sono diversi dai nostri.

Quando ad esempio, a proposito de Il signore del male, dico testualmente che il cameo di Alice Cooper ci sta da Dio. Ecco, voi come ve lo tradurreste? Is to die for…? Può andare.

E invece questo è un film che ha fatto scuola? Non mi venite a dire che tradurreste con… has made school.

Quindi, aggiusti una frase e si perde il senso. Oltre al senno.

Ma alla fine gliel’ho fatta. Ho appena dato il VISTO SI STAMPI alla versione international.

Chissà che non me lo compri proprio John!

Non vi fidate delle mie doti?

Questa è la sinossi. Cuccatevela!

His name is John Carpenter, prince of my invincible, stupendous, virulent darkness…

John Carpenter who now, proud and haughty, walks as a giant in the bare today’s cinematographic landscape, still sowing the titanic daintiness of his elegant, poetic beauty. In front of the undisputed master of a possibly lost Seventh Art, I prostrate myself, adoring him, genuflected as a sign of boundless, sacred admiration, drawing on every single frame to carve and inlay my monographic work that is not hagiographic or sanctifying his monumental, renowned greatness, eternally thundering, but it is a portrait objectively analyzing each his immortal and infinitely shining film. Film after film, I dwell in front of every work with surgical precision, at first maliciously to challenge so much magniloquence delicately adamantine, and be able to find possible flaws but then, although I dare to want to find in his works incongruities, director inaccuracies and stylistic rudeness, despite I am tempted by the desire to make corrections to his radical, very high vision, I remain enchanted by his lucid, prophetic, graceful and balanced solemnity untouchable, powerful and irresistible. Because he is John Carpenter and I can only rightly venerate him. I can only give my vivid homage to the prince of darkness, living the ecstatic light of his revealing and magnificent Cinema.

Stefano Falotico was born on September 13th, 1979. Author of fiction and non-fiction, he has published many books…

 

Insomma, come dicono a Roma, ce può sta’? O no? Forse sono davvero Sean Penn de Il professore e il pazzo. O forse il più sano di tutti.

Sì, c’è solo un uomo nel mondo che può fare una cosa del genere.

Anni fa, un mio amico mi disse:

– Che ti sei messo in testa? Di ributtarti nel mondo di tutti i giorni? A te è successa una cosa molto, molto pesante. La gente non capirà. Ti distruggeranno. E morirai suicida.

Hai una sola possibilità. Non rinnegare la tua “follia”. Allevala, amala e portala in gloria.

Questo mio amico forse era Christian Bale di The Fighter.

Credo che avesse ragione. Il mondo è popolato perlopiù da animali, da gente cattivissima, da mostri piccolo borghesi a cui interessa solo che tu lavori, incassi e stia zitto. E io non sono fatto per questo mondo lercio. Può essere bello ed euforizzante all’inizio, ti diverti, ti ubriachi, conosci una ma poi, se non sei stronzo nell’anima, vai giù.

E alla fine prendi troppi pugni, barcolli, svieni e crepi. Massacrato.

Se invece, oltre a essere un fighter, cambi marcia come Stallone in Over the Top, a quel punto, il braccio glielo “spezzi” tu.

C’è poi una differenza sostanziale fra un cinefilo e un Falotico. Io sono pure cinofilo. Sì, i cani mi piacciono.

Il cinefilo medio, altezzoso, borioso, snob, vi dirà che Over the Top è un film di merda.

Abbastanza, lo è.

Ma io dico che è un grandissimo film.

Perché io sono io. E mi emoziona sempre.

Cioè, è un po’ come la scena di 1997: Fuga da New York.

Quando Jena/Snake è nell’arena e ha tutti contro… lo prendono tutti per il culo.

E Jena parte con la mazzata che non ti aspetti.

Sono solo un sognatore?

Sì, certamente. È vietato dalla legge?

Vi è sempre tempo per essere un uomo qualunque. Sai che noia.

Meglio essere Starman.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)