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JOKER sarà da Oscar? Ma davvero Arthur Fleck è fan di Shannon Tweed?


06 Aug

vendetta shannon tweed

Inizio a scrivere questo pezzo alle 2 e 44 di oggi oramai avviato. Ovvero il 6 Agosto del 2019.

Ecco, non mi va più di scrivere nulla.

Vi lascio a questi due linkhttps://www.geniuspop.com/blog/index.php/2019/08/il-caso-thomas-crawford-mi-fa-un-baffo-sognai-per-anni-cindy-crawford-e-shannon-tweed-ma/

https://www.geniuspop.com/blog/index.php/2019/08/de-gustibus-non-disputandum-est-anche-se-i-miei-gusti-son-sempre-quelli-giusti-soprattutto-in-fatto-di-cinema-e-di-donne-tu-invece-sei-una-locuzione-vetusta-che-meriti-la-distruzione/

Soppeso alcune considerazioni e, dinanzi a me, si staglia il buio rischiarato da tale luna già sbiadita in un sole sbadato che le soffia addosso.

Se penso alla follia ch’è stata la mia vita, penso altresì che, dopo aver gustato a codesta tarda ora un gelato Cucciolone, potrei gettarmi anche giù dal balcone.

Tanto, come dice il grande Tom Cruise di Collateral…

ehi Max, un uomo sale sulla metropolitana qui a Los Angeles e muore.

Sì, se m’ammazzassi in questa notte d’inizio agosto, chi se ne fregherebbe di me?

Liquiderebbero la faccenda come fanno con quei titoli estremamente superficiali dei telegiornali di Mediaset:

ragazzo depresso non è riuscito a far fronte alla vita e ha deciso di farla finita. Fu in cura in un centro di salute mentale.

Sì, un epitaffio lapidario che, nella sua brevità sconvolgente, avrebbe sintetizzato schifosamente la mia vita in poche parole scarsamente esaustive.

Della serie… chi s’è visto s’è visto, condoglianze. Quando finisce il funerale? Suvvia, stasera devo andare a fare l’aperitivo. Si muove il prete a dare l’estrema unzione?

Che grandissimo film, Collateral. Lo vidi al Festival di Venezia del 2004. Non riuscii però, in quell’occasione ad avvistare Tom Cruise. Arrivai tardi all’imbarcadero. Ove gli attori scendono dai motoscafi-taxi per farsi fotografare, accedendo poi al Palazzo del Casinò ove tengono la conferenza stampa. Salendo poi sull’attico per il photocall.

Non lo vidi neppure in passerella perché la prima di Collateral, in Sala Grande, come sanno gli habitué del festival, si tiene mezz’ora prima della proiezione per il pubblico al PalaBiennale.

Anche in Sala Grande può accedere il pubblico, diciamo, normale. Cioè quello meno abbiente. Non c’è bisogno di essere dei vip per guardare il film nella stessa sala ove sono presenti il regista e gli attori principali.

In Sala Grande, ad esempio, ho visto tanti film, tanti attori. Che io mi ricordi… vidi dal vivo Sylvester Stallone e Ray Liotta di Cop Land, erano però assenti Harvey Keitel e Bob De Niro, vidi New Rose Hotel alla presenza di Abel Ferrara e Asia Argento. Assenti Christopher Walken e Willem Dafoe. In compenso, Abel e Asia, ubriachi marci, infatti a stento si reggevano in piedi, diedero spettacolo da morti viventi.

Ho visto Julianne Morre di Far from Heaven. Fu una visione meravigliosa. Lei indossava un vestito nero trasparente. Le si vedevano tutte le gambe e il suo culo immenso.

Ne vidi tante…, no, tanti.

Tom Cruise lo vidi, assieme a Nicole Kidman, per la prima mondiale di Eyes Wide Shut.

Federico Frusciante, su Facebook e nei suoi video, continua a sostenere che Tom sia un nano, non solo di statura, cinematograficamente parlando. Gli dà dell’incapace.

Ora, Tom Cruise non è un attore ai livelli di Marlon Brando ma dobbiamo essere sinceri. È un grande.

Soprattutto suoi due personaggi sono per me memorabili.

Il suo edonista-maschilista guru di Magnolia e, appunto, il suo Vincent di Collateral.

Come hanno fatto questi due uomini a ridursi così?

Il primo, Frank T.J. Mackey, ha sublimato i traumi, credendosi un dio del sesso. Poi alla fine crolla dinanzi a suo padre, uno stronzo che gli ha rovinato la vita, ma pur sempre suo padre. Un po’ come De Niro del Frankenstein di Branagh.

Vincent, a tre quarti di Collateral, sembra Paolo Crepet. Quando, nel silenzio e nel brusio della notte losangelina, confida a Jamie Foxx che i figli non hanno colpa se sono diventati le merde d’uomini che sono. È stata colpa dei genitori che hanno riversato le loro aspettative sui figli, caricandoli di troppe responsabilità quando forse i figli, non ancora coscienti della vita adulta, aderendo ai (dis)informativi precetti istituzionali dagli adulti impartiti loro, si sono lasciati condizionare malamente. Non rispettando le loro anime per non scontentare i padri e le madri, rinnegando le loro indoli nel castigarle pur di farli felici.

Genitori i quali, come Nick Nolte di Cape Fear, colpevolizzarono le adolescenze ribelli, ovattandole nell’ipocrisia, solamente perché temettero che i figli potessero soffrire quanto loro.

Agirono in buona fede, pensando di fare del bene. Invece, punitivi e troppo repressivi, frenarono gli istinti sanamente fiorenti dei loro figli più belli.

Mi ricordo che, verso i quindici anni, assunsi la fluoxetina.

Come esattamente sostiene Wikipedia: la Fluoxetina è un farmaco appartenente alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina utilizzato, al pari degli altri SSRI, per il trattamento di disturbi psichiatrici di varia natura come depressione maggiore, disturbi d’ansia (disturbi ossessivo-compulsivi e attacchi di panico) e bulimia; viene però sempre più utilizzato offlabel anche per altre patologie non prettamente psichiatriche come il disturbo disforico premestruale e l’eiaculazione precoce, solo per citarne alcune.

Sì, è vero. Ma come mai assunsi questo farmaco?

Ecco, mi ricordo che all’esplodere della mia adolescenza, cominciai a provare turbamenti superiori alla media. Sì, subito dopo le scuole medie.

Tante cazzate furono dette sul mio conto. Cioè che lasciai, a quei tempi, gli studi perché mi andò male un tema d’italiano. Dico, ma state scherzando?

Avevo nove in italiano. Piuttosto, quel luogo liceale di fighetti altolocati già così volgarmente marci dentro, con le loro continue allusioni di natura bulla a sfondo sessuale, mi costernò.

Da allora, divenni fan di Robert De Niro. Per me Taxi Driver fu illuminante.

Travis Bickle, quest’uomo che sparisce nel buio, che comincia a vedere la vita nella sua nudità sepolcrale, che respira i vagiti delle sue ipocondrie torbide.

Sopraggiunsero anche i miei deliri da lupo mannaro. Sì, tutti i film a tematica notturna mi eccitavano.

Si andava da I guerrieri della notte, appunto, di Walter Hill a Fuori orario sempre di Scorsese.

Ero una creatura a metà strada fra Giovanna d’Arco e Kevin Costner/Robin di Locksley.

Avevo disdegnato la compagnia dei miei coetanei, viziatissimi e corrotti come lo sceriffo di notte, ah ah, no, di Nottingham.

Al che, nel putiferio delle mie melanconie profonde, arrivò a casa mia una lettera da parte dello Stato secondo cui, a breve, mi sarei dovuto presentare all’esame di leva.

Sì, ora non c’è più la leva obbligatoria, io la feci.

In quei due giorni in caserma, m’affiliai a un tizio simpaticissimo. Fra una visita e l’altra, ovviamente, gli parlai di tutti i film con De Niro. Soprattutto di Sesso & potere. In quei giorni, questo film m’ossessionava.

Ah, nelle caserme ci sono i sergenti istruttori di Full Metal Jacket.

Ti spogliano e ti misurano le dimensioni del pene e controllano anche i peli dell’uovo, no, del culo come fanno con Alex di Arancia meccanica.

Sì, tutti i ragazzi entrano nello spogliatoio per essere presto loro stessi degli spogliat)o)i.

Cosicché, optai per il servizio civile. Io obietto sempre. Dinanzi ai guerrafondai pazzi e abietti, io mostro loro il poster de La sottile linea rossa.

M’assunsero in Cineteca. Arrivai che facevo pena. Ero infatti ancora afflitto da manie e cazzi vari.

Lì mi sbloccarono. In particolar modo un tizio, uno che era il contrario di me. Tanto io infatti ero perfettino e pulitissimo, tanto lui era uno scoreggione che badava al sodo. E mi obbligò a fare un lavoro davvero duro.

Finito che ebbi il servizio civile, totalmente riformato… come uomo, richiesi l’amicizia ad alcune persone.

Non l’avessi mai fatto. Cominciarono a insospettirsi della mia metamorfosi, m’adocchiarono malignamente e addivennero, nelle loro congetture tardo-adolescenziali, che fossi schizofrenico e soffrissi di teorie del complotto.

Ma che cazzo combinarono? Ero in casa solo a gustarmi quella gnoccona di Shannon Tweed e stavo scrivendo i miei primi libri.

M’ero già elevato dalle cazzate dei ragazzini.

Al che venni emarginato in malo modo, in maniera screanzata, vile e villana.

Capito? Questi erano rimasti fermi al me che ascoltava a dodici anni Eros Ramazzotti e fantasticarono di sana pianta. Ah, la dovevano piantare subito e finirla di fumarsi l’erba.

Per loro ero un bambino. Un’assurdità raccapricciante.

Quando infatti ebbi le prime ragazze e dissi loro che stavo facendo la mia vita in santa pace, risero di me, urlandomi: chi, tu con una donna? Tu sei matto, questo ti vuole entrare nel cervello? Lo capisci almeno che sei matto, cervellino piccolo di uno scemino?

 

Partii in quinta, ricevendo denunce a raffica.

Successe, diciamocelo, quella che senza se e senza ma ha un solo nome: tragedia.

Ma io sono io.

A proposito di Tom Cruise, anche in Nato il quattro luglio e in Jerry Maguire è bravo forte.

Dunque ora, mi rivolgo a questi psicopatici.

Come vi siete permessi di offendere la mia sessualità, la mia intimità e i miei dolori, i miei umori, le mie sensazioni e i miei primi carnali amori? Io, a differenza vostra, non m’ero mai permesso di giudicarvi.

Vi ho scarrozzato per mezza Bologna e voi mi maltrattaste, m’offendeste, mi riempiste delle peggiori offese, voleste punirmi con le più stupide reprimende.

Foste, siete e rimarrete eternamente dei criminali.

Mentre io ho dimostrato a tutti che sono come Liam Neeson di Schindler’s List.

Per anni abbracciai la vostra filosofia di vita fascista e nazista. Perché, soprattutto in Italia, la gente ignorante ragiona come i gerarchi. E tramanda quest’ideologia malata ai figli. Chi non s’attiene alle regole, va bruciato vivo…

Come Oskar Schindler, da anni ho compreso che questa gente non merita niente.

Ci sono tanti diversi in questa vita, tanti “ebrei” ritenuti lebbrosi da questi maniaci esaltati.

Ne posso salvare tanti.

Adesso, vi mostro anche un video.

Ad anni di distanza dal misfatto scandaloso, c’è un tizio nell’ombra che mi sta ripetutamente provocando per rifare la porcata che ai miei danni perpetrò anni fa.

Stavolta però dall’altra parte non c’è più un ragazzo timido, c’è un uomo che in tribunale lo incenerirà.

Distruggendolo completamente.

Ora, peraltro, alla luce dei fatti, sono tutti dalla mia parte.

JOKER sarà un grande film. Perché queste cose non devono mai più succedere. Dobbiamo vivere tutti felici, lontani dai ricatti stolti, dalle malvagità e dai bullismi degli idioti.

I più grandi registi viventi sono anche dei filosofi, Cronenberg docet, post alla Tarantino


17 Mar

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C’è un film che, come un fulmine a ciel sereno, per l’ennesima volta mi ha stupefatto, rivedendolo.

Scanners. Era da un’infinità di tempo che non lo vedevo. E mi ha scioccato nuovamente.

Non tanto per la celeberrima scena dell’esplosione del cranio. Che, a esservi sinceri, quando la vidi a 15 anni o giù di lì, oh, non mi fece dormire la notte. Alla sua prima visione, dapprima rimasi agghiacciato, tumefatto appunto nel cervello. Spappolato e pietrificato. Mi lasciò di sasso.

È una delle scene più violente di sempre. D’una cattiveria inaudita.

Michael Ironside, nel suddetto film è Darryl Revok. Uno psicopatico a piede libero. Più volte internato ma che è sempre riuscito a farla franca per via dei suoi telepatici poteri paranormali.

Insomma, un fuori di testa assai pericoloso.

E alla fine del film capiamo che lui e il personaggio interpretato dal dolente, “poveretto” Stephen Lack sono fratelli.

Figli di un padre degenerato che, sino a quell’istante, ci era stato presentato come uno psichiatra filantropo. Che voleva alleviare le sofferenze e i disagi clamorosi di Lack.

Invero, costui scopriamo ch’è una sorta di Dottor Frankenstein e i suoi due figli, tanto anomali e anormali quanto potentissimi, sono stati originati da un involontario esperimento scientifico di natura scellerata.

Come per tutti i grandi film e le opere magne, nell’analizzare il valore capitale di questo film mastodontico, possiamo adottare varie chiavi interpretative. E tutte impeccabilmente funzionano.

Potremmo prenderlo per un thriller pieno di suspense perfino con scene rocambolesche d’inseguimenti in macchina. E avrebbe il suo grande perché.

Oppure, elevando un po’ la nostra esegetica, possiamo scandagliarlo scena per scena e addivenire che si tratta, così come succede spesso per i capolavori, categoria alla quale Scanners appartiene di diritto, inconfutabilmente, di un film profondamente metaforico.

Sul potere della mente, sul condizionamento, sulla forza persuasiva della supremazia ideologica. Eh sì.

Chi vince, in questa società, non è tanto quello più forte fisicamente, questo film è un chiaro, incontrovertibile schiaffo in faccia all’edonismo. Una monumentale ode all’Inland Empire.

Il fisico si può rompere, può venire danneggiato ma, con un po’ di robusto, energico allenamento, con sana abnegazione e un doveroso trattamento, con un pizzico di riabilitazione eseguita a regola d’arte, ecco che dei patimenti corporei, amico, non più ne risenti. E non più ti lamenti.

Se invece sei un demente, la vedo molto dura, sai? Non saprai ove ti colpiscono, oscurato dalle tue distorsioni e, se per un attimo di chiarezza illuminante, ti ribellerai, scalciando, ti sederanno.

Sì, senza la mente, hai voglia tu ad aver il fisicone ardente. E per mente non intendo essere laureati in Fisica. Mens sana in corpore sano dicevano gli antichi. Anche se poi non ho mai capito perché quella civiltà, tanto tosta a parole e a filosofia apparentemente imbattibile, sia stata soppiantata dalla nostra, oramai improntata al culto di qualcosa che è l’antitesi di Qualcuno volò sul nido del cuculo, detta sinceramente.

Una società ove ogni valore è stato distrutto, destrutturato, fatto saltare in aria.

E, chi resiste nella nostra società… be’, dice lui che sta resistendo. Invero, la sua esistenza è già fritta. E questo ve lo dico io. Dai, donna, dammi quella frittella. Eh eh.

Senti quello. Continua a dire a tutti che lui se ne fotte. Infatti, è in manicomio.

Sì, stiamo tutti male. Siamo malconci nell’animo nonostante le belle acconciature, è inutile, e questa è una mia frase cult, andare da un ottimo parrucchiere se poi si rimane dei parrucconi.

Cosa? Cosa? Hai letto bene. Ripetiamo, è inutile andare da un ottimo parrucchiere se poi si rimane dei parrucconi. E aggiungo, peraltro, è insulso portare il parrucchino se si gioca nella vita alla evviva il parroco.

In maniera cioè approssimativa, della serie… ma sì, pigliamola a calci. Dove va… va. Basta che vada al tiro a segno. Sì, è lì che finirà se continuerete a fare i cecchini delle vite altrui.

Come sosteneva Martin Scorsese in The Departed, ah, non ci sono molte strade. Puoi diventare criminale e usi la pistola, oppure entrare in polizia e far pulizia dei criminali col silenziatore.

Oppure, fare una vita anonima e spararti nel cuore. Perché diverrai grigio, perbenista. E, invecchiando, non potendo contrastare le giovinezze che ti appariranno troppo strane e non allineate, diventerai un noiosissimo omone polemico, retorico e barboso. E ce l’avrai con tutti. Scandagliandoti contro le donne, accusandole di essere delle poco di buono, desiderando soprattutto che le menti geniali si adattino a una visione oscenamente moderata, quindi frenandole nei loro vivi ardori più fantasticamente creativi.

Insomma, comincerai a ragionare come un cretino, un puntiglioso uomo schizzinoso.

Ah, che bella vita si prospetta. La vita è sempre un colpo in pancia. Oppure, se incontri un poliziotto “caritatevole”, un pugno in faccia e basta.

Come diceva Totò… in galera ti mando. Ed è lì che avrei sbattuto Ironside. Ma pure Iron Man. Ma sì, questo Iron Man, non ho capito, è ricchissimo, fortissimo, indistruttibile, figo da morire e dobbiamo eleggerlo pire supereroe? Ma è una discriminazione classista mai vista. È una vergogna che urla vendetta, Cristo!

E che c… o. Sì, Iron Man non è un pacifista, nemmeno un edonista. Non lo può sconfiggere il più devastante comunismo. Manco i nazisti. Eh no. Come fai a bruciarlo? Ha la corazza d’alluminio, acciaio Inox. Come le pentole di mia nonna. Sì, lei è morta, le pentole no. Anzi, puoi alzare ancora la temperatura e diventano abbronzate.

Sì, fra Oliver e Sharon Stone, scusate, io piglio Sharon. È un’attrice che, a parte Casinò, fa vomitare. Per il resto è tuttora molto buona. Sì, sì, sì. E, se proprio devo sputtanare tre ore della mia vita, almeno è meglio passarle con Sharon, piuttosto che ammosciarsi con Alexander. Come no?

Se ti dico che è così, abbi fede… sì, dopo essere stato con Sharon, ti viene un vocione che manco Jim Morrison e si apriranno The Doors del paradiso.

Almeno la Sharon di venti anni fa. Gran donna.

E qui sono Pacino di Scent of a Woman. Ah ah.

Ma abbiamo perso troppo tempo con gente che non merita. Passiamo a gente che può davvero darci qualcosa. Sì, Sharon può dare molto, eppure anche questi non scherzano.

Cronenberg è un genio. La sua filmografia è impressionante. Lynch anche.

Tu? Insomma, non tanto.E questo è quanto.

Io chi e che sono? Uno come tanti. Non sono Tarantino ma non sono nemmeno quel cesso lì, Costantino.

 

 

di Stefano Falotico

 

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