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I nonni di David O. Russell erano di Ferrandina, i miei genitori di Pomarico, insomma siamo materani, cumpa’


07 Sep

Cape Fear Tornabuoni


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Cape Fear

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Sì, la nonna, o forse il nonno di David O. Russell era di Ferrandina, paesello lucano, assai limitrofo a quello che ha dato i natali ai miei genitori. Ovvero, Ferrandina che io conosco benissimo.

Avevo e ho tutt’ora il caro prozio Nicola lì, assieme a sua moglie Isa. In realtà, appunto, zio di mia madre.

E ho dunque due procugini, tale Michele, che adesso fa l’operaio non tanto lontano da me, dalle parti di Modena, e Leonardo. Che ora si è sposato ma conserva il fascino anomalo di un bel guaglione cresciuto a pizzicotti e panzerotti.

Sì, a Ferrandina ci sono un sacco di botteghe di panzerotti. Specialità di quell’entroterra brullo ove la gente, fra una sagra paesana dedicata al santo patrono e domeniche nei corsi, in cui le ragazze si fanno belle per cuccare qualche terrone, col solo potere della passeggiata sculettante, va a mangiare i panzerotti, ripieni di prosciutto crudo e mozzarella fumante, il tutto coccolato e oserei dire accudito dalla pastella morbida esterna, roba squisita da leccarsi i baffi, come quelli di Burt Reynolds, morto ieri.

Zio Nicola è un uomo ch’è andato sempre molto fiero della sua Alfetta, guadagnata col sudore della fronte nei cantieri ove, da Roddy Piper di Essi vivono (e infatti da giovane poteva fare il pugile, e combatté anche qualche incontro un po’ wrestling), metteva su mattoni. Ascoltando, fra calcestruzzo e qualche scoreggia, Nino D’Angelo.

Sì, più volte tentai di dargli consigli musicali un po’ più alti. Ma lui mai ne volle sapere:

– Chi? JIMMO Morrison? Ma che è? Un pazzo, un drogato, un capellone, un puttaniere. Guarda invece Nino. Lui, uomo dalla grande anima… vero scugnizzo da popcorn e patatine. In lui vibra il partenopeo sincero che ama, lui ama. Lui corteggia la donna con la sua voce angelica, da biondino magrolino, e poi fa all’amore quando il sole al tramonto, calando sulle pendici del Vesuvio, lo rende focoso e amante vulcanico. Grande uomo, Nino!

 

Sì, i miei invece erano appunto di Pomarico. Paesaccio pieno di chiese, ove le ragazze ascoltano Vasco Rossi e i boys sognano le vite spericolate. E non lavorano mai. Facendosi crescere la panza. “Identici” a Steve McQueen. Proprio spiccicati…

Durante le vacanze scolastiche, andavo a far visita ai miei discendenti. Ero l’idolo. Un felsineo, dunque un “forestiero” in terra sua eppure non sua. Sangue di quella regione ma allo stesso tempo natio della patria dei tortellini, Bologna. O, se non vi piace il termine natio, nato a Bologna. Va bene, così?

Ero già esperto di Cinema e uno dei miei must, al bar, era recitare i pezzi dei critici.

– Stefano, cosa disse la Tornabuoni di De Niro in Cape Fear? Dai, recitami le sue parole e fammi la faccia di Bob. Me fai morì! (e qui da ragazzo della Basilicata diventava Christian De Sica).

– De Niro è stupefacente, un demone ripugnante per bestialità malvagia, per paranoica scaltrezza da leguleio, per la pazzia mistica che lo induce a sentirsi investito d’una missione redentrice, per volgarità e astuzia violente, per la fisicità possente e per la gelida furia che lo possiede; l’immagine odiosa d’ogni nostra paura profonda.

– Sei un genio. Forza, che cazzo fate, idioti. Offritegli da bere.

 

A Pomarico, tutt’ora campa il fratello di mia zia, ex amica di mia madre, che si è sposata il fratello di mio padre. Che casino.

– Dove sei stato, Carmine?

– Sono andato a prendere ripetizioni di Latino da Gigi il professore.

– Guarda che Gigi non è laureato.

– Ma che dici? Insegna Latino e Greco.

– Sì, ma non è professore nel senso esatto e istituzionale del termine. Non si è mai laureato. Ha fatto il Classico, ma ha mollato dopo poco l’università.

– Davvero? E come fai a saperlo? Gigi è il bibliotecario comunale. Ed è un uomo coltissimo. Gigi è un professore. Poi, che cazzo ne sai tu che vivi a Bologna?

– Io so tutto…

 

Ricordate: il Genius sa…

Siete voi che non sapete mai un cazzo.

Insomma, tutto il mondo è paese.

E io sono il re!

di Stefano Falotico

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