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In Italia, i servizi giornalistici fanno schifo, molto meglio un bel servizio a queste ottime giornaliste


10 Dec

Selvaggia Lucarelli

Sì, in Italia, presso i giovani va di moda il lavoro del collaboratore giornalistico. Anch’io svolgo questo servizio, districandomi fra news e trailer, e dispensando, con originalità, acume irraggiungibile, competenza puntigliosa, efficacia stilistica e proprietà di linguaggio da sapido tuttologo, il mio utile quotidiano.

Sì, ambisco a un grande Quotidiano.

Nella mia vita, per molti anni m’è mancata la quotidianità. E mi reclusi in una vita da autodidatta molto sulle sue. Talmente sulle sue che persi perfino me stesso. Qualche mese fa, l’ho ritrovato. L’avevo appoggiato, per distrazione, su una mensola della cucina.

Sì, in Italia va forte il giornalismo. Perché, superate le lotte di classe, essendoci emancipati dal proletariato, ogni giovane ambizioso vuol far carriera, scrivendo articoli.

Sì, oggi come oggi chiunque, anche se non dotato di Laurea, desidera guadagnare soldi, scrivendo di tutto e di più.

Alcuni, pochi invero, sono seri e ben informati, dunque diffondono prestigiosa informazione coi fiocchi.

Altri, i più in realtà, scrivono fake news per gli allocchi.

Ad esempio, alla RAI sono una vergogna. Oramai non seguo più il “canale di regime” da una vita.

Sennò, mi devo sorbire V. Mollica che, visto che lo pagano profumatamente per fare pubblicità poco occulta, idolatra e magnifica ogni cazzata. E, mentre la sua panza cresce fra scarpette e molte molliche fra pizzaiole e pinzimoni, il Cinema va a puttane, a discapito dell’esaltazione di una cultura di massa per massaie.

Notizie date con estremo ritardo, pedanti, distillate con una retorica vecchissima ove ti vorrebbero far credere che l’ultimo film di Pieraccioni sia una pietanza raffinata da cineasta insuperabile.

Campare, scrivendo, è durissimo. Io aspetto ancora 800 Euro da un sito per cui ho collaborato, andato in fallimento. Dunque, posso prendere tutte le ricevute di prestazione occasionale e bruciarle assieme all’anno vecchio.

Ho intanto inviato la mia domanda d’iscrizione all’ODG. Ma non esiste più la DC. E pare che assumano, nei quotidiani “seri”, solo gente che vota il padrone fascista e che a stento conosce l’abc.

Sì, articoli redatti sotto dettatura, anzi, sotto dittatura.

A questo punto, credo che sia necessario da parte mia fare mente locale.

Il lavoro del giornalista cazzuto è qualcosa di molto difficile da realizzare. Non basta una laurea per arrivare a certi vertici, devi essere figlio del direttore, un raccomandato con tanto di timbro postale, oppure una bella donna con un paio di cosce da scriverci qualcosa nella sezione Spettacolo!

Sì, un belvedere, indubbiamente. Ma, a ben vedere, le giornaliste appunto più in gamba… e meglio retribuite sono quelle che, senza peli sulla lingua (mica tanto), disinibite sanno scosciare con eloquenza e non abbisognano di una dotta parlantina. Sì, che ce ne facciamo del colto eloquio dinanzi a queste cosce che parlano da sole?

Nel corso degli anni, che io mi ricordi, le giornaliste più “accreditate” son state anche delle fighe bestiali.

Verso i sedici anni, andavo matto per F. Bertelli. Quella di RAI 3. Adesso è invecchiata ma all’epoca, fidatevi, m’informavo sui morti nel Biafra solo per resuscitare dalla mia depressione galoppante grazie alle sue gambe allineate al mio volerle essere cavalcante.

La Bertelli era una figa sesquipedale.

Mi faceva impazzire anche E. Guarnieri. Una che iniziò, dopo averla data a Berlusconi, con Casa Vianello, ove appunto faceva la parte della passerona che il “tonto” Raimondo voleva trombarsi in assenza di Sandra Mondaini.

Poi è passata al TG5. Ma prima che dimagrisse troppo, ah, questa Guarnieri era tutta da guarnire…

Oggi, va forte T. Panella. Una la cui voce è peggiore di Crudelia De Mon ma le cui gambe sono più eccitanti di quelle di Sharon Stone.

Ma non perdiamoci in gambe e sgabelli.

Il chiodo fisso del mio “martellino” fu S. Aquino. Lei non mostrava molto le cosce ma aveva un paio de bocce che, anche se eri stato bocciato cinque volte, non te ne fregava un cazzo.

Anzi, ti fregava eccome.

È sempre quello a fregarci.

Lo sanno bene quelli che adorano Selvaggia. Scusate, non mi ricordo il cognome. Lei guadagna sui cazzi vostri.

E ho detto tutto.

Ma come cazzo ha fatto questa Selvaggia a diventare così ricca e famosa?

No, sbagliato. La domanda è: quanti c… i si è fatta?

Quando si dice una che lavora duro…

 

Morale della favola e della fava: la balla secondo cui chi guadagna molto è stato più in gamba degli altri, eh sì, non è vera. Devi essere stata solo più in gambona delle altre. Molto più brave, come ogni donna amante delle coccole, ma meno …ole.

 

Io, fratelli, vi dico la verità. Il resto è un troiaio.

Fidatevi.

Ed è per questo che molti vorrebbero mettermi in manicomio. Perché loro si vendono e io no.

 

di Stefano Falotico

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