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VENGONO FUORI GLI ANIMALI PIÙ STRANI, LA NOTTE


17 Jun

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Robert De Niro

Robert De Niro

Dal sito Caffè Scorretto che non linko apposta, perché non è mio e quindi un giorno potrebbe anche decadere e il link non funzionerebbe più.

Trovatelo nel net. Vi basta digitare parte del titolo di questo scritto, il mio nome e cognome, et voilà. Ognuno lo interpreti come vuole.

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Mi sveglio. Bologna è imbattibile per quanto concerne l’afa. Sì, in questa città si patisce il caldo come in poche altre città italiane. Bologna non è ventilata dal mare, è incassata fra le colline, è claustrofobica e lo smog nelle giornate torride si appiccica addosso e strozza i polmoni. L’aria diventa irrespirabile e un senso ancor maggiore di compressione asfissiante pervade le membra e le intirizzisce. Al che, appena ridestatomi dopo una notte comunque abbastanza insonne, mi specchio. Il caldo è una naturale forma dimagrante, brucia i grassi e infatti ho perso già qualche chilo da quando questo battente, imperterrito caldo si è fatto tanto insistente. Sono le dieci di mattina. La gente sta cominciando ad andare al mare e la città si sta svuotando. Mi affaccio alla finestra e, come volevasi dimostrare, non scorgo anima viva, nonostante sia giorno oramai inoltrato. Scorgo solo qualche vecchietta che cammina anchilosata con le borse della spesa, che per l’appunto suda sette camicie.

Vado a prepararmi un caffè anche se, con questo caldo, la caffeina, che è un eccitante, non è proprio l’ideale. Ma di prima mattina un succo di frutta non aromatizzerebbe il mio innatamente ribollente come invece io desidero che avvenga sempre. Amo essere reattivo, e il caffè sa donarmi la giusta carica di sano nervosismo scattante. Perché domare le ansie quando si può essere ben equilibrati in vigorosa destrezza? Mentre, a torso nudo, con indosso soltanto i pantaloni dello sgualcito pigiama, eroso un po’ dalle zanzare, avidamente sorseggio il mio caffè rovente, ecco che squilla il cellulare.

È una ragazza delle mie parti che ho conosciuto per caso su Instagram. Fra noi due non c’è niente, e come potrebbe esservi qualcosa? Io, melanconico e con l’anima perennemente in trambusto, lei, florida ed estatica, per così dire, sempre solare e gioiosa. Ma forse, proprio in virtù delle nostre antitetiche differenze caratteriali, lei è rimasta attratta da me, e mi scrive continuamente messaggi in chat. Dice che non ne può più del suo ragazzo, uno spregevole industriale arricchito che la tiene in scacco e la sfrutta soltanto per la sua bellezza. Ma lei è disoccupata, ha perso i genitori dallo scorso anno, e quel suo ragazzo ritiene che, nonostante la maltratti e la umili, sia l’unica persona che le permette di vivere. Sta con lui perché ha questo qui fa soldi a palate, ovvio, me l’ha confidato, e al momento non ha alternative. Meglio farsi mantenere da uno così che patir la fame o davvero ridursi a elemosinare qualche spicciolo sui viali delle prostitute. Io non condivido il suo atteggiamento, credo che farebbe bene a cercarsi qualche altro, meno ricco ma decisamente meno stronzo. Questo con cui sta, a quanto pare, si comporta esattamente come un pappone. Sta con lei soltanto per via della sua purissima bellezza, ma non la considera neppure. E la tratta da sguattera. Soltanto per andarci a letto e godersela.

– Ne ha combinata un’altra delle sue. Adesso sono in ospedale, al traumatologico. Ho il viso cosparso di lividi.
– Non l’hai denunciato? Che aspetti?
– No, non voglio beghe. Ho detto ai dottori che sono caduta dalle scale.
– Hai paura di lui?
– Certo. Lui è un uomo molto potente nel suo ambiente. Se lo denunciassi, non avrei prove in mano, e sarebbe poi lui a rovinarmi del tutto. L’unica cosa che posso fare è lasciarlo, una volta per tutte. A costo di morir di fame. Ma ha oltrepassato ogni limite. Ha varcato ogni soglia moralmente accettabile del pudore. E dire che, quando mi stringe nelle sue braccia, mi chiama… la sua bambina. E mi sussurra dolcemente all’orecchio che io sono la luce dei suoi occhi. Ma non credo sia la scelta giusta, in fin dei conti…
– Che bastardo!
– Senti, quando puoi vieni a trovarmi.
– Va bene. Dove ti trovi?
– Al Rizzoli. Mi hanno fasciato tutta la faccia e dato dei punti di sutura, e rimarrò qui per settantadue ore.
– E poi dove andrai? Non hai una casa.
– Andrò dove mi porterà il cuore.
– Davvero non ti capisco. Ti ha picchiato e non è la prima volta che succede. Eppure tu non ti decidi a lasciarlo. Sappi che è un figlio di puttana. Un aguzzino, uno strozzino delle anime. E tu devi quanto prima allontanarti da un farabutto del genere. Ti sta solo sfruttando, lo capisci?
– Certo.
– Adesso lui dov’è?
– Ah, sarà certamente in giro con qualche sua amante.
– Con qualche amante? Ma che dici? Tu quindi non sei la sua unica donna?!
– Ci mancherebbe. Ne ha tante sparse dappertutto.
– Capisco le tue difficoltà economiche ma non puoi continuare a farti del male. Devi allontanarti da lui, senza aspettare un istante in più. Scappa, vattene via!
– Sì, è un maledetto. Ma, sai, io sono irresistibilmente attratta da lui.
– Come fa ad attrarti un manigoldo così? È una sanguisuga. Un mostro.
– Lo so…

Le ore vengono scandite dalla più apatica monotonia, il caldo batte sempre più robustamente e decido di prendere la macchina e fare un giro a zonzo per la città. Esploro in lungo e in largo, dal mio abitacolo, i quartieri periferici, percorro su e giù la tangenziale, e alla fine sosto nel parcheggio dell’aeroporto. Stranamente, nonostante sia già periodo di ferie, non è affatto affollato e non vedo partire nessun aereo. Ma, fermo qui, seduto nella mia macchina, medito e rifletto infinitamente. Le nuvole nel cielo si stanno pian piano addensando via via più nere, e da lì a poco comincia a piovere con violenza. Il classico acquazzone di questo periodo? No, questa mi pare proprio una tempesta destinata a durare sin a tarda notte. Rimango in macchina, mentre la pioggia si abbatte sulle strade. Sono un uomo senza meta, mi sento uno straniero in questa città di decumane e portici, di chiese antiche e di grigissimo cemento armato. Anima senza una precisa direzione, non sbandata però, estremamente cosciente nella sua folle lucidità profetica…

Accendo il cellulare e mi collego a Instagram. Sì, questa ragazza l’ho conosciuta su Instagram, è molto bella, un angelo biondo, ma fin da subito mi è parsa diversa dalle altre. È come se possedesse ed emanasse un’aura di leggiadra pudicizia, di sensuale candore innocente. Invece, guarda queste qui… si scattano selfie in pose molto provocanti, quasi tutte in abiti succinti e perfino si compiacciono quando ricevono apprezzamenti spinti e volgari. Anzi, più spinti sono i commenti che ricevono e più vanno in brodo di giuggiole. Impazza l’esibizionismo più edonista, il culto dell’apparenza sta maledettamente vincendo, siamo dominati da una casta sguaiata di manichini che, artefatti, si mettono in mostra per i loro assurdi 15 minuti di celebrità. Quasi tutti e tutte scrivono che sono degli influencer. Influencer di che? Del mercimonio estetico di massa? Della bassezza elevata a stile di vita? Della bellezza gridata e plastificata, patinata e falsa dell’appiattimento totale a canoni omologati del consumismo frivolo e mendace di un’umanità così tristemente vivandata e sputtanata? Ma pare che questo sia il gioco che va per la maggiore e chi non s’adatta a quest’andazzo rimane tagliato fuori. Preso a mali parole, offeso e trattato da poveretto. Tutti coi visi lindi, coi fisici modellati, muscolosi e con finti sorrisi stampati su gote e pose che aspettano soltanto dei like. Per sollazzarsi nel più fetido eudemonismo. Come se la felicità si comprasse, svendendosi al ludibrio carnale e stupidamente ludico. Ah, questo mondo va ripulito da questa zozzeria spacciata per giustezza e contentezza. La vera bellezza sta anche nella savia, creativa inquietudine, non nel bugiardo buonismo. Non nelle sciocche gentilezze e nei modi ruffiani. Ma tutti, anche i più temerari, son stati vinti da questo nuovo, osceno modello di vita. E prima o poi crollano e si adattano a questo piacere plasticato. Sì, plasticato, come se li drogassero e impasticcassero di cazzate, dell’ossessione per la ricchezza, e via dicendo. E io a quello lì dovrei fargliela pagare. Non può usare questa ragazza soltanto per i suoi porci comodi. Non può rimanere impunito. Ma non siamo in Taxi Driver, non posso recarmi a casa sua e sparargli nelle palle. Questa è la vita reale e i giustizieri della notte, nella vita reale, fanno una brutta fine. Son presi soltanto per pazzi pericolosi, per invasati e disadattati. Bisogna che adotti una strategia diversa. Non so ancora quale ma la notte mi porterà consiglio. Forse.

La notte scende turbolenta e la luna occhieggia dall’alto, minacciosa e arcigna, posando il suo sguardo traslucido. Piove. Comincia a piovere. La pioggia scende giù implacabile. E io non so che fare. O forse sì.

Aspetterò che arrivi l’alba e poi, quando sopraggiungeranno le prime luci del mattino, mi recherò sotto la casa di questo verme.

Continuo a gironzolare, insonne, per questa città. Vengono fuori gli animali più strani, la notte: drogati marci e spacciatori e sfruttatori e questa tristissima Via Stalingrado di tale Bologna fetida ne trabocca. Guarda che ceffi, che brutte facce. Sono la feccia più feccia, la vergogna di questa città e mi stupisco che nessuno faccia niente. Ecco, è passante una volante della polizia, come sempre i poliziotti hanno chiuso un occhio. Ho appena avvistato una prostituta che avrà, su per giù, soltanto sedici anni. Si è fermato un cliente grande e grosso e in quattro e quattr’otto l’ha caricata in macchina. E, nulla, la polizia ha visto eccome e ha lasciato correre. Questa città meriterebbe una bella, potente ripulita. Puzza di lercio e questo lercio è vomitevole.

Ah, ecco il primo Sole che spunta. Bene, adesso vado da questo qui. Tanto so dove abita, me l’ha confidato lei più volte.

Nel tragitto, scorgo una videoteca proprio col poster appeso in vetrina di Taxi Driver. Che coincidenza.

Arrivo davanti al palazzo in cui abita, uno dei palazzi più in vista del quartiere San Donato. Parcheggio, scendo di buona lena e aspetto che scenda. Sì, dev’essere un tipo mattiniero costui. Con tutti gli intrallazzi che ha. Attendo per mezz’ora abbondante, oramai si son fatte le otto e mezza di mattina. Non vedo anima viva. Chiedo al portiere.

– Buongiorno. Sa per caso, di solito, quando va a lavorare quello del settimo piano?
– Non sono informazioni che le posso dare. Poi al settimo piano ci sono cinque appartamenti. Lei a chi si riferisce?
– Non posso fare il suo nome. Ma lei ha capito benissimo a chi alludo. A quel riccone industriale che possiede un mucchio di aziende.
– Guardi, in questo palazzo sono tutti ricchi. Comunque, non dica che gliel’ho detto io. Questo mio lavoro non voglio perderlo, m’intenda… lui è già uscito, molto presto. Saranno state le sette. Sa, io e lui siamo molto amici. Sapesse quante belle ragazze che mi fa conoscere… ecco, mi ha detto che alle nove dimettono quella con cui spesso passa le notti, lei gli ha telefonato e lui è andato a prenderla. Si amano davvero, sa? Non so quando rincaseranno.
– Grazie, buona giornata.

 

Stefano Falotico

 

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