Archive for June, 2014

Il gioco di Gérard


06 Jun

Il gioco di Gérard. Un libro di Stephen King? No, quello è Gerald. Qui, parliamo del grande, grossissimo Depardieu, un attore pachidermico eppur a me piace epidermico, alle donne di più

di Stefano Falotico

 

Fra tutti i più grandi attori del mondo, sempre poco spazio vien dato a Depardieu. Andando a scorrere tra la sua filmografia, c’è da rimaner basiti. Cosa non ha girato costui?!

Di tutto e di più per questo francese che s’è emancipato da un’adolescenza mariuola, sì, a Parigi e dintorni, quand’era molto giovane, commetteva furti, un truffaldino, insomma. Ma la passione per la recitazione lo salvò dal carcere assicurato ove credo che, fra le sbarre, ben poco avrebbe allietato la bellissima panza che da sempre esibisce, una “protuberanza” laida eppur che a lui dona perché di nasone deforme emana il fascino dell’elefantiaco sex symbol senza tempo. Sì, sempre più obeso, ma le donne ancor se lo (con)tendono. E lui le stende, anche se, così messo, come fa a metterlo? Un sessappiglio innato nonostante la taglia dei pantaloni incontenibilmente aumenti. Un attore sproporzionato e molto dotato. Allorché, Abel Ferrara l’ha sfruttata, a mo’ monumentale della carnalità totale, nel suo Welcome to New York, dai critici acclamato!

Sì, Depardieu è oggettivamente brutto, fisicamente osceno, un gobbo di Notre-Dame che arranca eppur mai (si) stanca. Stacanovista attorialmente, dà sempre a tutti gli altri un gran distacco. Con “stacchi” di cosciotti di “polle” che lui fa arrosto grazie agli occhi “biascicanti” quel gustoso, simpaticissimo “Donna, ti mangerò meglio di queste crêpes che ingurgito nel mio stomaco debordante eppur mai sazio. Io sarò per te dolce e salato, ricoprendoti di zucchero nel papparmela a tutt’andar fra un canto libero della Marsigliese e la pubblicità italiana del pomodoro”.

Io sono l’uomo Gérard. Apparentemente, sono un cesso eppur con le donne, non so perché, ho s(ucc)esso. E ne sono un ossesso.

Sette film ove Gérard fa un baffo all’omonimo porcellino del libro di Stephen King. Sì, Gerald fu un marpione di giochi d’adulti troppo spinti con la mogliettina in quella villa nel Maine. Ella, col classico calcio lì piazzato, lo respinse tanto d’ammazzarlo.

E, durante la notte, “ammanicata” al letto, con un cadavere accanto sempre più puzzante, marcì di paura, consolandosi solo nella fantasia d’esser agguantata dall’animale volpone Gérard, la sua fantasia proibita, la fantasia che ogni donna non confessa eppur, alla vis(i)ta (in)aspettata di Depardieu, nonostante il suo panzone, non si sa come mai ma le “mani”… tremano di brivido.

Non mi credete?

Ecco sette film ove il nostro le fa da padrone, ah ah! Entrando di soppiatto. Chiatto eppur acchiappante.

Green Card

Ciao maschio

Novecento

Cyrano de Bergerac

La signora della porta accanto

Lui portava i tacchi a spillo

Mio padre, che eroe!

Mica tanto. Più che altro, un erotomane.

Italian Psyco dei Dvd, vedi il capolavoro, non toccarlo, e poi muori


05 Jun

 

di Stefano Falotico

In una società sporca, il vero uomo è il maniaco dei Dvd sacri, “intoccabili”

Sì, credo che siete quasi tutti marci. Marciate ma secondo me siete già marciti. Meglio il martire, cioè me. Un uomo alien(at)o, che proviene da Marte per combattere la società dei vostri “gradi(ni)” militari con fantasia senza esclusione di colpi marziali. Altro che Altare della Patria. Er(et)to a sbottonarvi le patte, miei puttanieri.

E poi lo so… vi celate nel buonismo ma siete malvagi. Finitela col metter foto in cui ciucciate la Nutella, leccaculo che non siete altro, voi altri. Di mio, ho da badare alle vostre badanti che voglion rubarmi la banana, sventolandosela fra le gambe come una bandana. Sì, sono un topo che ha le sue zoccole da pelare. Che bandite. Mettiamole al bando? No, a novanta, ma che lavino come si scopa fin all’ultimo pelo. Io dom(in)o a mio com(m)mando! E non corrodano il mio roditore. Io sono erudito, evviva le mie pulite dita! E t’addito! Sbucciassero le patate! Che (ci)polle. Che cazzo piangono? Volevano i cazzi? E si beccassero gli amari. Io vado al mare! A mostrar le lor inchiappettate! Basta, schiappone. E tu, chiatta, con chi chatti? Sei solo una vecchia ciabatta! Pigliati la scarpetta! Fa sughino. Succhia! Dev’essere bianco, anche se lo vorresti far… negro. Accontentati di questo e non rompermelo. Non mordere, affamata!

Sì, sono un maniaco… dell’igiene, e finirete tutti in qualche centro mentale, miei malati. Io v’educo a base di lavande gastriche su strappamento dei coglioni che alle donnette vostre sfoderate di “cosce”. Evviva l’azione centrifuga. Io plano sulla società a mo’ di elicottero e, di leva cambiante i vostri connotati, alzo la leva e di cloche non vi offro nessun’altra chance, cotonando le vostre teste bacate sempre coi contanti in testa per un paio di collant, dunque da “bucati”, con dell’emolliente shampoo e bagnoschiuma deodorante su vostre ascelle (s)pezzate. Spericolato, dall’alto v’abbatto, io, l’elevato, io l’evirandoti, io mai avariato ma spruzzante dalla fresca aria.

E guai a chi mi tocca la collezione di Dvd. Deve prima andare in bagno, detergersi e, solo allora, otterrà, sfiorando tal capolavori untouchables, l’eccitata erezione dell’uomo che non deve chiedere mai. Ha già il Dvd che vale tutta la sua (s)figa.

 

Sleepers alla padre Bob(by)


04 Jun

di Stefano Falotico

Di solito, per quanto concerne il Cinema, gran risalto vien dato alla “dicotomia” relazionale, spesso disfunzionale, fra madre e figlio. Hitchcock banalizzò la psicopatia col suo celeberrimo Anthony Perkins che, “castrato” da una madre a “imbalsamarglielo” come il “pappagallo”, aveva sviluppato un’indole guardona un po’ troppo violenta. Sì, credo che Psyco sia un film enormemente sopravvalutato. Da contestualizzare alla sua epoca, indiscutibilmente fascinoso e tutt’ora di bianco e nero avvolgente, seduttivo come la “follia” di Norman Bates che nel suo motel ne combinava, sconciandole, delle “belle”, una sotto la doccia di coltelli profumati di epocale suspense, sì, d’avanguardia. In ciò, certamente, il film ha il suo valore, ma non è affatto il lodato capolavoro a cui van tutti a par(l)are quando si fa riferimento ai precursori, come zio Alfred, del genere thriller. Perché proprio tanto eccelso e già “classico” di modernità anticipata nella sua ineccepibile forma, oltre il mero, “spensierato” intrattenimento, quanto a mio avviso così stupido. Come dire: il complesso di Edipo genera sempre mostri. Eh no, caro Alfred. Se fossi campato, da Woody Allen avresti imparato una cosa ben peggiore, che provoca genio malinconico associato alla sua tendenza, che nessuno psichiatra riuscì a curare, per la ragazzine, come sua cinesina insegna, cagionatrice del divorzio “inestimabile” fra Woody e Mia Farrow. Mamma mia, ah ah, è il caso di far ammenda perché la madre di Woody tanto spermatozoico lo sgrav(id)ò di dubbio seme paterno.

 

Ecco, sul padre invece porrei questa mia, così partorita.

Il padre ha, secondo me, un ruolo ben più “pregnante” nel processo formativo del pargolo. Di come, spesso tramandandogli il maschilismo più bieco, rende i figli a sua immagine e somiglianza, riversando loro tutto il suo fallimento, affinché non diventino fall(it)i come lui. Eh sì, che “fallo”. Che orrore! Anziché indirizzarli a una sana educazione improntata al libero arbitrio, ne arbitra già il raddrizzamento. Mah, e provocò solo figli meno rizzi della sua (im)potenza. Complimenti. Gli stringo la mano, anche se poi vado a pulirmela perché è molto sporca, mio padre porcellino. Ah, volevi dei vincenti da salvadanaio e hai intascato sol la presa di coscienza che la lor retta via (non) hanno (ap)preso. Che buco!

Un abominio disumano, volere dei modellini al piacere suo che non ebbe, perché a lui andò malissimo.

Di mio, posso solo dirvi che mio padre è un grand’uomo. Se non fosse stato per lui, oggi non sarei uno scrittore ma non “starei” soprattutto qui. Su tale immonda eventualità “omicida”, un altro padre, invece, che dal mio fu severamente punito in tribunale, perché sconfinò d’efferati insulti in un’età in cui la mia giovinezza andava invece doverosamente rispettata, credo che ancora abbia dei profondi incubi notturni in cui, roso da un senso di colpa pazz(esc)o, si domanda “chetamente” come ha fatto a nascere. Non si è ancora sparato, comunque, tal losco padre criminoso. Sì, un durissimo.

Su tale (sua) imbarazzante domanda, però, già fu imbrattato di figuraccia da miserabile. Ora, però, deve darsi una risposta. E, sul restare scioccato, senza parole, “comodamente” ride da pagliaccio, piangendo tremende, ahia che dolore (poverino), lacrime da coccodrillo.

Sì, da mio padre ho/a appreso una lezione importantissima. Mai far sì che un estraneo, troppo “cresciuto”, voglia renderti un nano come la sua famiglia.

Frankenstein di Mary Shelley

Un rapporto pur sempre paterno.

Il momento di uccidere

Carl Lee Hailey/Samuel L. Jackson non si fermò dinanzi allo stupro della figlia.
Un film reazionario?

Forse invece da rivalutare. Per riflettere. Al posto suo, siete sicuri che avreste mantenuto i nervi saldi?

Il petroliere

Il capolavoro di Paul Thomas Anderson si può interpretare in mille ottiche. Una chiave analitica è proprio il rapporto fra i due. Quasi alla Barry Lindon.

Sleepers

Padre Bobby.
La scena, in cui Jason Patric confessa a De Niro le violenze, rimarrà negli occhi per sempre.

The Mask alla Jim Carrey, poveri cazzoni, sfoderate il ghigno che spinge


03 Jun

 

di Stefano Falotico

Come siamo diversi, tutti a lor modo eterogenei, variegati, ano(r)mali, strambi, colorati, animali, alcuni grigi e non sfumati, altri neri ma il cupo fa colpo, siamo delle maschere colanti mascara…

Sì, siamo tutti (s)fatti a mo(n)do nostro, alcuni ti amano per quel che sei, altre ti voglion cambiare perché non hai i soldi per “soddisfar” i loro “appetiti”, alcuni invece ti elevano in gloria. Molti desideran che dalle palle mi levi e, di buona lena, lavori ogni dì appena il gallo fa chicchirichì. Eppur di notte sto sveglio in tante donne senza vesti e non è tanto ron ron ma brum brum, alla faccia vostra che m’invidiate di bromuro.

Tempo fa, scrissi un libro sulla solitudine. Una donna lo lesse e mi diede dell’uomo triste, una mi disse che scrivevo da Dio, un’altra, dopo la lettura sconvolgente, cambiò nei connotati, divenendo un’extra-terreste. Secondo me, venne e basta e, non essendo mai prima “venuta”, si sentì così tanto al settimo cielo da assumere delle orecchie da Star Trek. Vedi alle volte? Da strega frigida, bastò un po’ di “strudel” per (di)struggerla. È rimasta depressa e oggi se la tira di borsetta alla Mary Poppins. Non si dolga. Con un poco di zucchero, la pillola va giù e il mio in lei non va lì. Mangio più gustosi tiramisù. Sì, alcune san coglierti in “fragrante”, altre ti rendon più sol(id)o e pensan solo a un pene senza c… i per la testa da lor chiappe chiattissime al mare nel mostrar i seni cadenti. Questa è tristezza, volere i soldi per spassarsela di ghiaccioli da imbarcate, non il mio libro sulla solitudine. C’è del fascino in questo mio, incentrato sull’eremita che vive da Re Mida. C’è dell’intoccabile desiderato, assiderato, senza molto sedere ma comunque tutti gli domanderanno: “Ma come fai a vivere così? Beato te, che culo”. Sì, sai che roba. Di mio, faccio la spesa, di umorali afasie soppeso il mio malessere, molto stress che “cucino” con del purè. Via però queste fritte patate da me. Meglio il tè. Fa’ tu. E dammi del lei. E come sta Leo? Leo chi? DiCaprio? No, Leo, tuo nonno. L’avevo lasciato che stava con una zia, non è che finito in ospizio?

– Che fai? Nelle vite altrui spii?

– Scusa, non posso far pio pio? Ah sì, Pino. Era l’amante di Leo, no? Come la mettiamo… la zia?

Sì, meglio farsi i propri. E dir che avevo chiesto permesso di toc toc. Forse senza tatto. Ma alcune donne son dei brutti tocchi anche se veston alti tacchi. Oh, chiedi come stanno gli altri e fanno poi star male te. Sospettosi a dir poco, a dirla tutta ho il “bernoccolo” dopo averle prese… al borotalco.

Me le han date… batoste? No, alcune donne guardano al valor della testa, non alle palle degli uomini. Coi testicoli si va poco avanti, fidatevi, “duri”. Farete testacoda a pigliarlo nel didietro. Di mio, ho l’assicurazione in caso di sinistri. Non voto però la Destra.

Sempre a riflettere. Sì, fa parte della mia indole. Non la considero da ribelle ma da bello che… c’è a chi piaccio e a chi proprio non vado giù. Ma d’altronde piacere a tutti è la virtù dei fessi. Ho sempre infatti reputato enormemente strafottenti, per non dire scemi, coloro che spudoratamente si professan geni. Mah, nella mia vita ne ho viste tante… più dei lo(r)dati geriatri, ma la ginecologia si sposa con un po’ di mia stempiatura senz’impianto tricologico. Perché uomo, che perde qualche pelo, altri ne guadagnerà. Indagando nelle “parti intime” con giocosa chirurgia dell’erotismo più addent(r)ante. Son uomo che penetra, a tinte fosche, quelle rosse e di bionde anche s’ubriaca a più non posso, altrimenti mi fanno nero. Sì, son amante ma non così dotato come quelli di colore. E non datemi del vizioso, finitela coi vostri pettegolezzi da circoli. Ah, mi fan olezzo. Ma, si sa, alcuni hanno per me dei ribrezzi, altre con me bacian la brezza. Ci sbronziamo di panorami in cui le stendo e le donne, avvinghiate a mio monumentale comandamento, obbediscono urlando… in queste vostre valli di lacrime, la l(i)ana è pecora che tien desto il “bastone” della pastorizia. Tra fontane ribalde, d’orgasmi abbaiamo, alla faccia dei preti che ammiran gelosi i balconcini dal parapetto dei loro abbaini. Mi gridan che son svergognato e non devo abbassarmeli ma io lo alzo e si sente duramente. Cosa? Il peto!

Meglio Stallone Cobra di Erich Fromm


01 Jun

 di Stefano Falotico

Erich Fromm, da me, riceverà solo botte in quel posteriore!

Sezione manicomio cimiteriale del mio nichilismo frenante solo dinanzi a una zoccola pensante

Sì, son misogino, dichiaratamente sfacciato, credo anche misantropo su cazzone d’ordinanza e, modestamente, mi permetto il luss(urios)o di sfog(gi)are una carrozzeria d’erezione pronta all’uso per ficcartelo nel culo. No, non vado per il sottile, non ho stile, vesto “impeccabilmente” i miei peccati e guai a scassarmelo. Prenditi i trattati sulla tenerezza di Erich Fromm e pulisciteli con carta Tenderly, io mi spazzo(lo) col dentifricio ché, piuttosto di effeminarmi con ‘sta roba per checche, checché ne di(re)te, m’annuso il dito e preferisco un po’ di sana merda a queste leccate per vecchiette da ospizio. Sì, da questo punto di vista, son “frocio”. Ma meglio un ano sbattendotelo che anni passati a prenderlo. Anni fa, infatti, ‘sti falliti m’impiegarono come obiettore di coscienza per far il ginecologo apprendista d’una vacca zietta tutta cagona che, fra l’altro, pisciava fuori dal vaso, urlandomi a viso aperto, e sue cosce divaricate, che non le sapevo asciugare la vagina con dell’emolliente ad ammorbidir le sue incontinenze. E mi diede anche dell’impotente perché, secondo lei, l’infermiere sapeva invece come (s)fotterla, ripulendola a dovere dopo avergliela te(r)sa di brodaglia in men(sa) che non si dica. Al che, sfogliai appunto questo semi-gaio di nome Fromm, che nella vita faceva un cazzo e sapeva sol filosofeggiare da pensatore della minchia, anzi diciamocelo, cazzeggiava e vinse anche premi molto ambiti in a(m)bito letterario che a me par solo, dietro la scrivania, par(l)ato e talare. Solo parlare, bla, bla, bla e il mio sputo alla sua vita da confettino a vederla a pois. Ti sputo! Gran puttanazzone! Puah!

Sarà, a me son sempre piaciuti i duri, non questi morbidoni per frustrate depresse che, stese a letto, ma non infornate dentro come si deve, leggono ‘ste consolazioni patetiche da chiesastiche solo perché nessuno le scopa come Dio comanda. Ogni giorno, guardan l’oroscopo speranzose di ricevere la classica botta. Ma state tranquille, io non vi scoperò, E adesso, bagascia, a terra scop(pi)a.

Dammi del povero Cristo sfigato e vedrai il Diavolo a infinocchiarti!

Sono questo, mi dispiace se (non) ti piacerò, non sono tenero e m’innamoro solo quando mi sparo le seghe. Da sequoia che, da secoli, fa una vita arida, b(r)ulla, secolarmente circolare a girarci attorno e spezzarti in due, alzandomi poi il bavero, care papere.

Mi (s)piego? Non mi spezzo? Sì, ma tu ti spezzi e me ne frego del tuo disprezzo.

Ecco la “tenerezza” di questo fascio… di “rose” finte. Leggiamo la merdaccia, fatevi del male!

 

Per sua natura la tenerezza è qualcosa di fondamentalmente diverso dalla sessualità, dalla fame o dalla sete. Da un punto di vista psicologico, pulsioni come la sessualità, la fame e la sete sono caratterizzate da una dinamica autopropulsiva: crescono d’intensità fino a quando non raggiungono un punto culminante in cui vengono soddisfatte e, per il momento, non si desidera nient’altro. La tenerezza appartiene ad un altro tipo di pulsione. Non è autopropulsiva, non ha scopo, non ha un punto culminante e non termina bruscamente. Trova il suo soddisfacimento nell’atto in sé, nella gioia d essere cordiali e affettuosi, di prestare attenzione, rispettare un’altra persona e renderla felice. Considero la tenerezza una delle esperienze più gioiose e positive. La maggior parte degli uomini sono anche capaci di tenerezza e non la associano all’altruismo o al sacrificio di sé. Solo per chi è incapace di tenerezza questa costituisce un sacrificio. Ho l’impressione che nella nostra cultura ci sia poco spazio per la tenerezza. Ma quante volte in un film troviamo manifestazioni di vera tenerezza tra i sessi o tra adulti e bambini o tra umani? Infatti non si intende affermare che siamo incapaci di tenerezza, ma solo che la nostra cultura scoraggia la tenerezza, e ciò dipende in parte anche dal fatto che è orientata a uno scopo: tutto ha un suo scopo, tutto ha una sua precisa meta che deve essere raggiunta. Il nostro primo impulso è sempre quello di raggiungere qualcosa. Siamo poco interessati al processo vitale in sé che si esaurisce nel vivere, nel mangiare o nel bere o nel dormire o pensare o provare un sentimento o vedere qualcosa. Se la vita non persegue alcun fine, allora ci sentiamo insicuri, ci chiediamo a che cosa serva. Anche la tenerezza non ha alcun fine. Non ha il fine fisiologico di dare sollievo o una soddisfazione repentina come avviene nella sessualità. La tenerezza non ha altro fine se non di godere di un sentimento di calore, piacere, sollecitudine nei confronti di un’altra persona. È questo il motivo per cui temiamo la tenerezza. Gli esseri umani – specialmente gli uomini – provano disagio quando manifestano apertamente tenerezza. E, inoltre, il tentativo di negare le differenze tra i sessi e di omologare uomini e donne ha impedito alle donne di mostrare tutta la tenerezza di cui sono capaci e che costituisce un tratto specificamente femminile.

 

Sapete che gli dico? Ma vai a dar via il culo!

Appunto!

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)