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 A RAINY DAY IN BULAGNA, è uscito il trailer del nuovo film di Woody Allen


16 May

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Memorie del sottosuolo di un depresso cronico che guardò tutti i film di Woody

Caro amico,

ti scrivo per dirti che, secondo me, gli ultimi venti film di Allen sono delle grandissime stronzate.

So che sei occupato a corteggiare le tue Diane Keaton e le tue Mie Farrow per potermi dedicare tempo. Ma, appena loro ti denunceranno, soprattutto la seconda, per abusi sessuali, ricordati del movimento femminista del cazzo, il MeToo.

E capirai solo allora che non valeva la pena prendere questa decisione, questa delusione, bensì dedicare tempo alla mia metafisica riflessione.

La vita reale è stressante. Impazza oggigiorno la pornografia. Abbiamo siti come Blacked.com ove neri con membri BLACK+DECKER BDV090 Carica Batteria e Mantenitore di Carica, 6 V e 12 V, cioè che durano con queste bombe sexy un’ora di energia atomica, fanno sesso con Samantha Saint. Una che ha lo stesso sguardo di Scarlett Johansson ma è persa solo nella lost in translation di uomini che non conosceranno mai la malinconia di Bill Murray.

Horsemen come Jason Brown, Rob Piper, uomini che senza dubbio non hanno mai meditato al suicidio come Allen in Manhattan.

Loro, sì, non si sono mai sdraiati sul divano, registrando le cose per cui vale la pena di vivere. Citando Marlon Brando. Loro si son fatti registrare pene con donne stupende da Bulli e pupe.

Titolo del filmaccio: Le cosce per cui vale passare per King Kong.

Donne biondissime come Samantha, Brandi Love, Natalia Starr, Cherie DeVille, insomma uguali a Naomi Watts nel film sul gorillone di Peter Jackson. Solo di faccia però. Il resto è tutto rifatto e palestrato con proteine anabolizzanti.

Solo che, al posto di un amore puro da belle e la bestia, hanno scelto di essere ricordate come Cheeta.

Donne certamente fisicamente superiori a Mariangela Fantozzi per il Loris Batacchi/Andrea Roncato di nome Manuel Ferrara che non vive però in Romagna ma vive non facendo un cazzo da mattina a sera però facendosele tutte.

Mica come quel coglione di Ugo Fantozzi/Paolo Villaggio.

Certo, Manuel è uno che ha capito tutto.

Ah, perché pensare quando si può solo penare in quel senso lato? Sì, oggigiorno il Cinema di Woody Allen non lo guarda più nessuno. La gente si è svenduta, gli uomini al posto del cuore hanno un monolito, le donne non leggono più libri. Tanto hanno capito che basta rassodare i glutei per godersela.

Chi sono io? Il mio motto è uguale alla celeberrima massima onanistica di Woody:

non condannate la masturbazione. È fare del sesso con qualcuno che stimate veramente!

In questo mondo di polli e tacchine, di salsicciotti e cosciotti di galline, è meglio il mio wurstel anche alla Wudy. Sì, è uno schifo, guardate. Dio è morto, Marx pure e anche io non mi sento molto bene.

Era meglio se fossi rimasto vergine a vita. Almeno sarei passato per santo. Invece, se mi ammazzo, diranno che non gliel’ho fatta. Ah, certo, per farsi Samantha devi avere gli stessi soldi di Woody Allen.

Eh già, sono proprio un uomo che mille ne pensa e nessuna se ne fa. Ma se la tira con qualità.

Sì, il mio è un j’accuse imperioso contro la società, contro tutti.

Dal primo all’ultimo. E oserei dire senz’eccezione alcuna.

Sono misogino. Non mi sposerò mai. Quasi tutte le donne sono delle puttane.

Gli uomini, pure.johansson match pointmanhattan

 

di Stefano Falotico

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The Mask, da zero a mito, Kevin Spacey, senza maschera (?), da Oscar a sottozero…


03 Nov
THE USUAL SUSPECTS, Kevin Spacey, 1995

THE USUAL SUSPECTS, Kevin Spacey, 1995

Dopo lo scandalo Weinstein, si è scatenato il putiferio, com’era inevitabile. E non c’è giorno che passi che nuove “allegations” non emergano, colpendo nomi prestigiosissimi del firmamento hollywoodiano. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Dustin Hoffman, accusato di troppi palpeggiamenti. Ma, sicuramente, il nome che la fa da padrone è Kevin Spacey. L’attore, due volte premio Oscar, è stato accusato da Anthony Rapp di aver abusato di lui quando aveva 14 anni. E, nel giro di poche ore, come tutti oramai sanno, le accuse non sono finite certo qui. Un artista, adesso quarantottenne, su Vulture ha dichiarato platealmente che Spacey è un pedofilo, e si è scagliato contro l’interprete di American Beauty in maniera decisamente forte e insopprimibile.

Come accade in questi casi, su cui io mi astengo dall’esprimere un giudizio, la delicatezza degli argomenti e la loro scabrosità vengono affrontati in maniera gossipara, dunque assai superficiale.

Leggo articoli che vergognosamente difendono il comportamento imperdonabile di Spacey, definendo i suoi atti semplicemente come delle “normali” voglie di un uomo di potere. E liquidando gli accaduti definendo il tutto come un’imbrogliona messa in scena, una caccia alle streghe per screditare un uomo molto invidiato. Spacey, come sappiamo, dopo la prima accusa, ha fatto coming out e, sbagliando i toni, azzardando questa mossa inopportuna, ha dichiarato la sua omosessualità al mondo intero, facendo confusione fra pedofilia e sana diversità sessuale. Insomma, ha sbagliato in maniera clamorosa e non ha fatto altro che attirarsi ulteriori odi, da parte di chi non aspettava altro, non solo a Hollywood, per vederlo infangato, rovinato.

Netflix, dopo queste notizie, ha sospeso la produzione di House of Cards, la CAA ha licenziato Spacey, e la Sony Pictures ha ritirato la campagna dell’Oscar per la sua interpretazione in Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott. Mentre ancora non sappiamo cosa ne sarà del biopic su Gore Vidal che è attualmente in post-produzione con Spacey come protagonista assoluto.

Insomma, io non mi pronuncio in merito ma questi scandali ci aiutano a comprendere, come se già non lo sapessimo, quanto oggi si può essere miti e Re Mida e domani, non solo nessuno, ma ignobili esseri umani.

Addirittura, su Twitter, c’è chi si diverte a scegliere tutti i personaggi maniaci di Spacey, da Seven a I soliti sospetti, da Mezzanotte nel giardino del bene e del male a The Life of David Gale, etc, scrivendo che Spacey è stato un depravato non solo in molti film ma soprattutto nella vita reale.

E che, guardandolo sullo schermo, avremmo dovuto intuire prima che non recitava soltanto dei ruoli immaginari.

Un triste mondo. Che dire?

 

di Stefano Falotico

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