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Il Principe (non) detta legge: basta con gli accampamenti… di scuse, vedete davvero di creare un mondo migliore, partendo dalle fondamenta, anzi, dai fondamentali


11 Jun
CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

Sì, mi son stufato. Oh, io mi stufo e scaldo, non solo di rabbia, quando arriva Ottobre, le caldarroste nelle stufe. Che, profumate, rosolando ben arrostite, emanano una fragranza che entra dritta nelle mie narici, che a loro volta inalano quella gradevolezza della castagna che poi ingurgito nelle mie labbra già saporite per mia natura gustosa.

Sì, bando alle ciance, son uomo stuzzicante, quando son in forma mi rendo squisito, stimolo l’appetito delle donne, che mi mangerebbero in un sol boccone, son sfizioso al loro palato e di lingua lecco con avidità succulenta.

Ah ah.

Sì, io parlo a ragion veduta, come si suol dire. E se dico ciò che vi sto per dire è perché io so, l’ho provato sulla mia pelle, ho conosciuto stati alterati della mia mente così abrasivi alla mia anima, afflitta e sconsolata, che ora non patisco più la pigrizia sconsiderata dell’uomo medio inconsolabile che mangia solo acida insalata, colui cioè che sempre scuse accampa. E ti sfancula, stronzo, con le sue dita medie. Più che vegetariano è un vegetale.

Sì, la sua vita non ha scusanti, eppur è corroborata dalla continua testardaggine e dalla più bugiarda scusante. Appena entra a contatto con una realtà che non sa affrontare, come faceva la volpe con l’uva, dice che l’uva è acerba, e che lui merita il “meglio”. Cioè l’immobilità del suo pensiero stabilizzatosi nella mediocrità più egoistica, pusillanime, soprattutto menefreghista. E rinuncia ai piaceri veri della vita, imperterritamente procrastinando il piacere in una dimensione paradossalmente repressa in cui si sente felice. Assurdo, no? Sì, l’uomo medio si auto-inganna in continuazione, ed è incurabile.

Quando era adolescente, costui rifiutava l’amore, sostenendo che lui era superiore a certe smancerie, era già “elevato”. Elevato tanto che non lo “elevava” mai. Preferendo la compagnia di libri, ottimi, per carità di Dio, ma la teoria, anche la più nobile, è bella quando la si applica, perché altrimenti diventa triste retorica, una stupenda argomentazione priva di vita sentita davvero, vissuta, compenetrata… disanimata, è solo disamina sterile, sterilissima come può essere un florido, gagliardo uccello… tarpato.

Io parlo con cognizione di causa, sì, passai tempo infinito, sterminato che ancor oggi mi lecco le ferite, a fissare il soffitto, immaginando un mondo migliore e castigandomi nel più assoluto mutismo. E, tra il dire e il fare, c’era di mezzo il mare. E patii immensamente la mia lontananza da coetanei sicuramente meno intelligenti di me ma certamente più direttamente godenti (ah, godenti è magnifico) l’odore della suzione, sì, succhianti la linfa vitale orgasmica e soprattutto succhiati da ninfe, forse plebee, volgarotte e zoccoline, ma senza dubbio utili a un fottuto pompino. Sì, anch’io dovevo spomparmi, essere diciamo così più invogliato, imboccare quelle “spremute” e lasciar che il succhiotto, no, il succo spruzzasse, no, gioia sprizzasse.

Ora, prendiamo Cape Fear. Chi non l’ha capito, lo rispediamo dalle suore. Che poi anche le suore…

Max Cady è pazzo, questo è fuor di dubbio, ma tanto sano non è neanche il Bowden. Lui se la spassa con le amanti e relega la moglie al ruolo di marionetta, reprimendo la figlia e colpevolizzandola solo perché ha fumato marijuana. Quando lui fan ben di peggio e si comporta nel quotidiano in maniera mostruosa. Si professa credente, non solo della Holy Bible che rinnega a piacimento, ma del Sesto Emendamento. E poi non difende a dovere, sì, un uomo macchiatosi di un crimine orrendo, lo stupro, ma perfino contribuendo a far sì che la sua sacrosanta pena venga prolungata. Inaccettabile, imperdonabile. In parole povere, il Bowden è un porco. Che campa coi soldoni sulle disgrazie altrui. E sta impartendo alla figlia un’educazione farisea e bigotta. La tratta come una bambina quando vuole lui e le compra il gelatino, poi si turba quando vede le sue gambe in bella vista con lei che indossa soltanto un paio di slip da ragazza innocentemente impudica.

Tornando invece a Cady, in carcere è impazzito più di quello che era già prima, ma in qualche modo la durissima esperienza carceraria l’ha illuminato. Perché, dopo tanto errare, sia nel senso di aver commesso mille orrori ed errori, sia nel senso di aver vagato nella perdizione, rinsavisce. Fino a un certo punto. Perché è libero ma è accecato dall’odio e da una voglia inconcepibile di vendetta nei confronti del suo avvocato che ritiene essere il principale responsabile dei suoi patimenti. In questo è pazzo, Cady. Ma, nella sua folle lucidità, è l’involontario salvatore della figlia di Bowden. Le fa capire che sta equivocando la vita, e che i suoi studi sono, sì, nobiliari e corretti, ma che le sta sfuggendo il piacere dalle mani. E dopo lo rimpiangerà soltanto perché voleva la vita “sana”. E la sprona a leggere Miller perché o lo legge subito, in pieni suoi turbamenti adolescenziali, oppure poi non solo non avrà più il tempo di leggerlo ma non lo capirebbe neppure, non lo godrebbe. Perché sarà semmai sposata, con le bollette da pagare e lo stress di un lavoro impiegatizio e frustrante. E allora addio vita selvaggia, addio ai sogni di libertà, addio alla purezza del godimento un po’ euforico com’è lecito e bellissimo che sia a quell’età.

 

– Stefano, e dire che io pensavo fosse solo un buon thriller.

– Infatti tu non hai capito un cazzo, non solo del film ma della vita.

– No, io ho capito tutto. Guarda questi. Che infami. Stanno sempre a divertirsi e a ballare. Ma chi dà loro tutti quei soldi? Io sono un tipo da Essi vivono.

– Guarda che Essi vivono non è un film contro il piacere della vita. Anzi, tutt’altro.

– In me vige lo spirito guerriero dell’uomo che si spezza ma non si piega.

– Sì, anche quello del tonto. E, in questo tuo vigere, continua pure a barricarti nell’accampamento. Un insediamento, alla lunga, masochistico.

 

L’altra sera ero in giro per strada. Al che si avvicina una…

 

– Posso offrirti da bere?

– Ma per l’amor di Dio. Sai chi sono io? Io sono laureata in astrofisica nucleare e in ingegneria aerospaziale.

– Ok, come vuoi. Hai visto in cielo? Guarda come la Luna, nella rifrangenza trigonometrica dei suoi crateri asimmetricamente lucenti, irradia la sua luce pallida su noi mortali che viviamo in palazzi di cemento armato e ci armiamo nel fare sempre stupide guerre. Dico, continua così… Ammira e fatti ammirare. Ottimo! Mi serve una statuina nel presepe, mi manca la scema del villaggio.

 

 

di Stefano Falotico

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