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Attori rinati: John C. Reilly, un gigante, in tutti i sensi, che non sarà mai una star


18 Sep

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Eh sì, John C. Reilly è un grande. Al pubblico di massa, nonostante tutti i suoi credits all’attivo in tanti film perfino molto importanti, non è che il suo nome dica molto. Sì, allo spettatore medio il nome di John C. Reilly è perfino misconosciuto. Questo tipo di spettatore è il classico uomo poco cinefilo che aveva già visto John C. Reilly da qualche altra parte… ah sì, questa faccia da simpaticone non gli è nuova. Non si ricorda mai e poi mai come si chiama ma sa che è bravo, in gamba. Sì, una faccia assai caratteristica quella di John ma non da copertina, sicuramente non un sex symbol per cui, una volta che lo vedi in un film, prendi subito nota del suo nome perché è un uomo mirabilmente bello, fotogenicamente magnetico, sensualmente attraente, fisicamente appetibile. No, niente di tutto questo, assolutamente.

Ecco, dico anche che se dovessi morire domani, oppure se il pianeta Terra fosse travolto da un’ecatombe apocalittica e dovessi recapitare in eredità dieci nomi d’attore da salvare nella memoria della settima arte a un eventuale, sopravvissuto mio successore appassionato di Cinema, no, sono sincero, John C. Reilly non rientrerebbe fra i dieci actors da tramandare, conservare e ricordare per l’eternità cinematografica, non comparirebbe affatto nella lista degl’indimenticabili da salvaguardare, da rivedere e riamare infinitamente semmai su Marte o in un’altra galassia, dopo il sopraggiunto, funereo terribile cataclisma.

Nel senso che non è, senz’ombra di dubbio, Marlon Brando o Bob De Niro, non è Mitchum e non è neanche Sean Connery.

Detto questo, John C. Reilly sa il fatto suo e meriterebbe finalmente maggior successo.

Questo simpatico orsacchiotto rubicondo, simile a Yoghi dell’Hanna-Barbera, è nato a Chicago il 24 Maggio del 1965.

Ed è il quintogenito di sei figli, concepito da una madre di origini italiane e un padre dalle discendenze irlandesi, nati però entrambi negli States.

John ama recitare fin d’adolescente e comincia, come quasi tutti d’altronde, col Teatro.

Al che da subito inizia a inanellare tutta una serie di particine minuscole in film, più o meno riusciti, di grandi registi: Vittime di guerra di Brian De Palma con Sean Penn, che ritroverà nell’immediato successivo, bruttino remake Non siamo angeli con De Niro per la regia di Neil Jordan e in Stato di grazia, quindi Ombre e nebbia di Woody Allen, Hoffa – Santo o mafioso? di e con Danny De Vito e Jack Nicholson, L’ultima eclissi di Taylor Hackford con un’allucinata e allucinante Kathy Bates. E vari altri, fra cui The River Wild – Il fiume della paura di Curtis Hanson con un’energica, intrepida e avventurosa Meryl Streep.

Ma è nel 1996 che John incontra il suo mentore per eccellenza, lo straordinario Paul Thomas Anderson. Che gli dà tre ruoli decisamente più corposi (e non mi riferisco alla stazza) e consistenti in Sydney ma soprattutto in Boogie Nights e Magnolia. Anche se poi, invero, i due non lavoreranno più assieme. Mah…

Al che, non nonchalance da far paura, sempre però per ruoli secondari, il suo faccione e il suo fisico corpulento saltellano di qua e di là in una serie innumerevole di film, spesso di registi interessantissimi o di pregiatissima scuola come Martin Scorsese per Gangs of New York e The Aviator, Walter Salles per Dark Water, Sam Raimi per Gioco d’amore (un po’ anteriore rispetto a questi, va detto per la precisione), Robert Altman per Radio America, Roman Polanski per Carnage, qui già in un ruolo da co-protagonista.

E nel frattempo si becca la nomination all’Oscar per Chicago di Rob Marshall.

Eppure il novanta per cento della gente continua a dimenticare il suo nome e non sapere chi sia.

Questo invece potrebbe essere, una volta per tutte, il suo anno.

È stato iper-acclamato in The Sisters Brothers di Jacques Audiard, premiato con Leone d’Argento alla miglior regia all’ultimissimo Festival di Venezia, e prossimamente lo vedremo in due ruoli storici. Come mitico Watson in Holmes and Watson con Will Ferrell e come il leggendario Oliver Hardy in Stanlio e Ollio, biopic sul duo comico più grande di sempre.

 

Dai, John!

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di Stefano Falotico

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