Posts Tagged ‘Big Jane’

Oggi esce il teaser trailer di Tenet, il nuovo film di Christopher Nolan: meglio il Cinema di Michael Cimino e Christopher Walken de Il cacciatore o forse no


19 Dec

big jane cimino

Oh, fra poche ore uscirà la nuova, super Megan Gale. No, mega puttana, no, quella è Megan, no, mega puttanata di Nolan.

Ora, chiariamoci, la sparo subito grossa. Quindi, se volete picchiarmi a fine scritto, sarà troppo tardi. Fatelo subito, prima che possa risorgere come Christian Bale di The Dark Knight Rises.

Altrimenti, un pipistrello poi aleggerà nella notte e sarà il vostro The Punisher peggiore.

Ecco, dicevo… l’unico grande film di Nolan è InsomniaRemake di un film inferiore e non voglio sentire ragioni.

Insomnia, insomma, questo noir ambientato fra i ghiacci dell’Alaska con un Al Pacino macilento, emaciato, distrutto e un Robin Williams nel suo primissimo ruolo da villain. Dello stesso anno fu One Hour Photo.

A me spiace davvero tanto essere stato frainteso. Molta gente credette che il mio essere trasgressivo e anticonformista non significasse vedere la vita da altri punti di vista come Williams de L’attimo fuggente, bensì essere disturbati e invidiare le esistenze altrui.

Sono davvero rammaricato di essere stato scambiato per un voyeur alla Seymour Parrish.

No, giammai invidiai le vie degli altri. Altrimenti, più che invidioso, sarei stato masochista. Nell’uscire con persone, appunto, da me invidiate. Perché mai?

Per soffrire, farmi del male in maniera, questa sì, socialmente pericolosa soprattutto per me stesso?

Per farmi il fegato amaro?

No, più passa il tempo e più sono convinto di essere molto simile al compianto Robin Williams.

Come Joker, infatti, conobbi attimi di melanconia, anche di espressiva catatonia, figli di una depressione immane. Ma la buttai a ridere come Patch Adams.

Ci sono tanti bambini che muoiono di fame o di Cancro e non passeranno neanche brutti momenti di tristezza…

Moriranno troppo presto e allora mi piaceva fare ridere tutti da Sbirulino. Peccato che mi scambiarono per il clown di Pennywise.

So che ci sono le guerre. Fortunatamente, io non andai mai al fronte. Né credo che vi andrò. Obiettai infatti di coscienza e svolsi il servizio civile nella Cineteca di Bologna. Fu allora che approfondii la mia passione per la Settima Arte.

Conobbi tre ragazzi, pressoché miei coetanei. Con uno di loro legai parecchio. Si chiamava Marco… si chiama ancora, penso, anche se non lo sento più da parecchio. Da Facebook, però, ho saputo/seppi che ora è sposato e si è laureato. All’epoca, difatti, dopo le superiori, non essendo stato riformato né iscrivendosi all’università, fu chiamato alla leva…

Prima di allora, finito che ebbe di diplomarsi, suppongo che avesse avuto almeno un’annata dannata da Martin Sheen di Apocalypse Now.

Ogni lunedì mattina gli chiedevo:

– Sabato sera, hai scopato?

– No, questo sabato, no.

– Ah, come mai?

– Non è andata bene.

 

Al che, lui mi chiedeva:

– Tu invece hai scopato?

 

Domanda retorica più di tanti film bellici assai brutti come We Were Soldiers.

Sì, a quei tempi ero vergine. Poi mi sverginai. Infatti, da allora successe un manicomio.

Ma chi se ne frega. Sono un giullare, ho una bella voce radiofonica e quindi Good Morning, Vietnam.

Chi se ne fotte se trascorsi anni da Williams de La leggenda del re pescatore.

In verità, tali anni miei di follia furono meravigliosi. Solo i folli possono essere poeti. Quando ti normalizzi come la maggioranza, prevale il lato edonistico, egoistico, carnale e oramai non più falotico…

Va a farsi friggere ogni stupendo delirio di superomismo e la vita diviene soltanto una cantilena di noie.

Dio è morto, diceva Nietzsche.

Sì, i primitivi inventarono Dio poiché spaventati dall’immensità dell’’universo a loro ignoto. Tale superstizione popolare crebbe e si evolse, generando la maledizione del cristianesimo.

La gente di oggi, comunque, non crede più a nulla. Soltanto a Natale fingono di essere buoni e parsimoniosi. Poi, il giorno dopo è un martire/io. Da cui, appunto, Santo Stefano.

Ove, ogni dì, leggi gli “spogliatoi” di Facebook. In cui tutti si mettono in mostra e in vetrina per non spararsi in testa.

Dunkirk è stato partorito da un matto. Poi, che c’entra Orizzonti di gloria? Perché vi ostinate ad accostare Nolan a Kubrick? Kubrick era un pessimista-umanista. Un misantropo amante dell’umanità.

Sì, Stanley amava l’uomo ma fu anche troppo realista per non poter discernere la verità.

La paura, l’orrore, le mostruosità come in Arancia meccanica, i padri orchi come in Shining o quelli talmente “educatori” da aver smorzato le ambizioni dei figli, tarpandone le ali, come in Barry Lindon.

Non andartene docile in quella buona notte,
i vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno;
infuria, infuria, contro il morire della luce.

Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta
perché dalle loro parole non diramarono fulmini
non se ne vanno docili in quella buona notte.

I probi, con l’ultima onda, gridando quanto splendide
le loro deboli gesta danzerebbero in una verde baia,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

Gli impulsivi che il sole presero al volo e cantarono,
troppo tardi imparando d’averne afflitto il cammino,
non se ne vanno docili in quella buona notte.

Gli austeri, prossimi alla morte, con cieca vista accorgendosi
che occhi spenti potevano brillare come meteore e gioire,
s’infuriano, s’infuriano contro il morire della luce.

E tu, padre mio, là sulla triste altura maledicimi,
benedicimi, ora, con le tue lacrime furiose, te ne prego.
Non andartene docile in quella buona notte.
Infuriati, infuriati contro il morire della luce
.

Così recitò Michael Caine la poesia di Dylan Thomas in Interstellar.

Così invece scrissi io nel capitolo tre del mio libro Dopo la morte:

Inizio a ricordare e m’immergo in una nostalgia laconica

Un pervadente senso, quasi macabro, di solitudine sta insudiciando le mie ossa d’un languore che mi strozza in respiri affannati, e sembra che non sia più affamato, in mezzo a un mondo che inesorabile cammina indisturbato, avvolto dalle sue frenesie, e in mezzo a tal disordine che par organizzato e imperturbabile accuso uno stordimento inesausto. Al che, son costretto a riposare, a stendermi sul letto, accasciato, e la notte si fa fosca anche quando fuori brilla il giorno e s’illumina di gente che fa della giovialità, anche finta e mortifera, il suo senso all’esistenza. Io, invece, nel seno, sì, nel suo grembo profondissimo, affondo, poco empatico col prossimo e soffrente l’enormemente lacerata mia anima spaccata di confuse emozioni che furiose ribollono, e sdilinquiscono poi veloci in bramosa voglia di baciare una donna e profumarla col mio calore, d’inondarmi di letizia gaudiosa e festante, mentre devo constatare l’amarezza costante, i bagliori intermittenti d’un implacabile dolore, d’un disagio acuto che si fa acustico nella nera opacità di dì senza brio. Avvolto da un passato che squartante mi dilania e violento mi recide in un bagno di sangue della mia anima incupita e ancor sbadigliante. Sì, perché m’incendio nei dubbi permanenti, perenni, e soffoco senza forze in lacrime nervose d’una mia alterità inguaribile. Sì, diverso per nascita, o solo destinato a un cammino inverso, tra la folla che tranquilla gioisce e contro di me, non adatto a questo ruffiano corteo di pagliacci sempre sorridenti, arridenti, fetenti, stupidamente inveisce. E non si frenano i tormenti, la mia voce del cuore singhiozza negli attimi di bellezza in cui d’armonia umorale restauro quel che scorgo ancor pungente, tremendamente lacerante.

E la memoria rifluisce detonante perché nel seppellire i ricordi e non far sì che invece emergano, con tutto il loro carico di spine, il loro florido furore e il lor insopprimibile candore, rimembrando e soffrendo il tormentato passato, si può addivenire a una lucentezza catartica, e ripristinare il tempo che, immutabile eppur mutandoti visceralmente imperterrito, colpendo delicatamente meglio ti scolpirà e, nel non più batterti dentro fremebondo, acquieterà le tue voglie iraconde. Sì, ricordo, or che il mio corpo sta smaltendo il trivellamento, oh sì, lo è stato, farmacologico per cui la mia anima fu punita e sedata, affinché non più si ribellasse ma giacesse, imperfettamente linda e falsamente rappacificata, in un limbo sensoriale in cui danzai fra crepuscoli di rabbie sopite e risentimenti sepolti d’un dolore invero ancor nitrente nel suo furioso mortificarsi in questa paciosa e dolce ma falsa tranquillità che appare stupidamente gioiosa agli occhi di chi non sa. E adesso rinsavita agli occhi di chi bellicosamente osò.

E ricordo, e fa male, ma è necessario per acchetare proprio le brame mie vendicative e nel torpore mnemonico ritrovare il perduto mio ardore. Oh, rinnovato cuore, scalmanato t’infrangesti frantumato contro l’omertà pericolosa e fosti zittito nel tuo urlo smodato. Perché arrecava turbamento, perché fu accusato in modo menzognero di esser troppo sincero.

E così come si spegne un cero e poi ribrillando si riaccende, oh sì, rimembro che io c’ero, libero e cervo, anima nottambula in questo psichedelico viaggio ch’è l’esistenza nella sua inconfutabile, imbattibile dolenza.

Respiro con affanno, latro cagnesco in umori ammutoliti da una coscienza che si tacque per non dar disturbo e or veemente rinasce, fluente.

 

Vorrei tanto avere la grinta di Stanley White/Mickey Rourke de L’anno del dragone.

Non credo più nei giocattoli come Inception.

Ma Verso il sole successe qualcosa d’inimmaginabile.

Per voi.

Io l’avevo detto che sarei tornato.

 

Un anno fa uno psichiatria mi disse:

lei ha distrutto tutte le teorie di Freud e Jung. Come cazzo ha fatto?

 

Io sono io.

E sono ancora molto giovane, molto forte.

Avete sbagliato tutti.

Interstellar è un film. Einstein mi fa un baffo.

A proposito, pigliatevi Guccini e ficcatevelo su per il culo.

Siete lenti, siete vecchi, diciamocelo, siete spacciati.

Ah, comunque, ho mentito su Rourke.

John Lone è ora sepolto vivo in bagno e se la sta facendo sotto.

Perché quando arriverò, vedrà il diavolo.

Insomma, può anche suicidarsi. Povero John, si sta ammalando di fobia sociale.

insomnia

 

di Stefano Falotico79965097_10215239166715335_5422108250822672384_o

Malick è tornato a pieno regime, ma Michael Cimino?


28 Jul

 

Michael, se ci sei, batti un colpo!
Un colpo solo!

E che ne sai tu dei ricordi, di quando si scherzava senza pettegolezzi e odi, o “soldi”, senza sgambetti infantili, senza “slinguazzamenti”, senza ripicche e picconate, senza “bavette” invidiose e museruole al prossimo?
Hai mentito agli amici, traditore, volevi depredarne l’anima e “accodarla” alla tua “contentezza” finta-“allegretta” di “grilletto” facilone e “sveltino”.

Di quando, gli anni, purissimi, cavalcavano le onde dell’immaginazione, nessun trauma, nessunissima sfida, nessun “dolore”.

Andava così veloce da avere la sensazione che in qualsiasi momento avrebbe potuto alzarsi in volo.
I suoi capelli le volavano dritti all’indietro in una fiamma dorata di movimento.

(Michael Cimino, “Big Jane”, l’ultima sua opera, “narrativa”).

D’accordissimo!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il cacciatore (1978)
    Cinque amici, nessun “superstite”, un Morto vero, fantasmi.
  2. I cancelli del cielo (1980)
    La vita è un magnifico attimo.
  3. L’anno del dragone (1985)
    Qui, si combatte a muso duro, e non è un gioco da ragazzetti e da fighetti.

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)