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Marliece Andrada, Playboy


15 Jun

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Caccia-turpe in pedalò nero nel Novembre verde su Estate alle porte nel “mio” da “infermiere” a rosse “croci(ate)”

Nella mia vita, fui “vivacizzato”.

Afferraron la mia capa i caporali e l’immersero a mo’ dei sommergibili sovietici. Così, russai sott’acqua, fra un sottaceto Saclà di mie “olive” nel “pesto”, impestato anche imprecando,  e guardai il Mondo da un oblò, come il circo(lo) vizioso di Gianni Togni, mangiando troppe caramelle in fondo all’amaro.

La colpa fu di Luna.

Luna l’incontrai allupato ma mi spelò, e il soliloquio non fu goduto plenilunio, bensì livido.

Al che, riemergendo, il capitalismo americano indagò nel “Pentagono” dell’ottuso mio poliedrico castrato.

L’FBI patenti m’affibbiò ma, affabulando, eh sì… la mia dura fibra e l’inguaribile sfiga, teneramente m’ottenebrai ancora(to).

In spiaggia adocchiai Andrada Marliece, la miglior bionda in bikini baywatch del mio supercar oramai cazzaro.

Ammiccai ma m’ammaccò. Manco il petto d’un Hasselhoff afoso nell’ingrigito andato d’erogeno agitato. Stopposo!

Eppur, a puttane non andai. Piluccando, agghiacciato mi “scaldai” e lo dimenai.

Non venni, sovvenuto altro svenimento. Sì, più che le sue “coppe”, nessun Sole ma solo gelato.
Accoppato, me le appiopparono di “mani”.

Consolandomi di masturbazione virtuale, virai ove vivo adesso.

Vivo? Meglio di te. Mi pari morto da un pezzo.

E ricorda: se tu spupazzi, calcola anche il debito della tua panza.

Su tal stronzata, che ha ragione da vendere, non mi svendo.

Al massimo, per carità, ti darò una “carezza” e la Caritas ti sarà “sangria”.

Si sa, il sagrestano nasconde l’ostia. E, fra un di-vino e un calice alzato, il prete innalza i canti delle calienti più “fedeli”. Nuziali?

Già, le cagnoline osanna nell’alto delle sottane, e ammansisce nel “rabbuiarlo” mentre i bambini vengon abusati in un catechismo già molto “educativo” del gran porcile collettivo.

La sposa di bianco s’agghinda, il padre la consegna all’altare e poi dice al marito imminente un lapidario: “Sono cazzi tuoi, invero mia figlia è Al Pacino di Cruising”.

Lui non capisce l’allusione a quel che “sotto” gli entrerà in cul’, cambiando i connotati suoi e le notti “bianche” a fine dei “gioghi” dominatori,  Le chiede un’omelia esplicativa. Che “sboccato!”. Durante la messa, esige già “metterla”.

Lei gli suggerisce di pazientare e prima “inanellarla”. La gente celebra il matrimonio, già tacciabile di peste e corna per tradimento da guardoni in compagnia di quelle del “borgo”, predicando bontà sulle bonazze, appaiate in congiunzioni eterne a dispetto delle (con)sorti che van in brodo davanti al poster(iore) dello gigolò Richard Gere attempato m’ancor “fattibile”, mai “fallimentare” ché Richie ha lo sguardo dell’uomo “verace” e impossibile… “fal(la)ce, di martello “pneumatico” in tal vuote su piogge mestruali e meteoropatiche d’afasia depressiva come il bagnato nel ciottolato della prostituta color “cioccolatino”.

Il Mondo è questo.

Tua sorella lo vuole?

Ah no?

Non ne avevo…
Il dubbio.

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