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Il grande Cinema e l’Arte pura sono sempre autoreferenziali e onanistici, mi stupisco di come molti non l’abbiano capito


14 Jul

Mona Lisa

Da tempo, scrivo per un sito ma non so se continuerò a scrivervi perché, all’improvviso, dopo le fatali, fatate sinergie che si erano create con chi lo gestisce, la magia si è spezzata.

Perché gli propongo i miei scritti e, puntualmente, li boccia. Ma non perché siano scritti male, tutt’altro, è proverbiale la mia cura nel redigerli, la puntigliosità nel cercare sempre, per quanto mi sia possibile, termini pertinenti all’emozione che tento di descrivere e trasferire nero su bianco e trasferire anche nell’anima di chi, semmai, la leggerà.

Il caporedattore ritiene che i miei scritti siano autoreferenziali, e non possano interessare granché a un “pubblico” vasto.

E mi trova in disaccordo su tutta la linea. Gli chiedo che senso voglia dare al suo sito, se quello di una raccolta diaristica di vita vissuta e filtrata dall’ottica dei suoi autori, oppure se desideri uniformarlo a una linea “editoriale” di storielle fumettistiche, di storie che, per quanto spassose, divertenti, originali e colorate, lasciano invero assai poco nell’anima dei potenziali lettori.

Lui mi dice che, semplicemente, devono esservi scritte delle storie ma non devono essere personali. Assolutamente.

E io:

– Ma tu pensi davvero che anche il più spicciolo, frivolo intrattenimento puro non sia autoreferenziale? E figlio di colui che l’ha creato?

Ti parlo di Cinema, perché mi riesce bene. Pensa a John Carpenter. Ora, tu mi dirai che lui non è autoreferenziale. E io ti rispondo che invece è uno dei più autoreferenziali che io conosca. Le sue storie sono “mascherate” da altro, ma tutti i suoi fil sono delle invettive, dei j’accuse chiari e inequivocabili sulla società, e nei suoi film tornano sempre gli stessi temi. L’amore tra diversi, le specularità fra buoni e cattivi che cattivi non sono, il labilissimo confine sulle moralità falsamente imposteci dai potenti, che vogliono tenerci nell’ignoranza e in scacco dietro dettami subliminali trasmessici ingannevolmente, sul libero arbitrio e sulla realtà illusoria che realtà invece lo è solo del distorto pensare comune ricattatorio, ad esempio.

Quindi, Carpenter è autoreferenziale al massimo, così come lo è Woody Allen, così come lo è Paul Scharder, che cambia le ambientazioni, il nome e il lavoro dei suo personaggi, li ubica in spazi-tempi apparentemente lontanissimi fra loro, ma rimane fedelissimo a sé stesso, lui più di altri perché, della Fede fraintesa, equivocata, personalissima e trascendentalmente concepita, è maestro superbo. Che piacciano o meno le sue opere, sono turbative, spiazzanti, e incentrare su uomini spesso soli, sbandati o perversi, malati o crocifissi dalle loro intimissime, intoccabili, rispettabilissime afflizioni.

Ve lo vedete Paul Schrader che dirige un film con Paola Cortellesi? La regina tristissima dell’italiota ruffianeria e della “carina” stronzaggine? Suvvia.

Cambiano le storie, ma Tim Burton continua a fare lo stesso film da una vita. Un film sui diversi, film sulla marginalità, sulla grande bellezza delle anime che si sentono un po’ straniere in questo mondo uniformato e globalizzato, ove tutti pare che siano ossessionati nel parlare la stessa anonima, incolore lingua del cuore. Che orrore!

E, come già detto, la dovreste finire di disdegnare Sorrentino perché secondo voi è estetizzante, pedante, aneddotico e altre puttanate che devo stare a sentire. Perché il Cinema di Sorrentino è di Sorrentino. Se non ti piace non lo guardare ma non mi venire a dire che Garrone è meglio perché è più “umano”. Ma vai a dar via il culo!

Garrone è ancora più autoreferenziale di Sorrentino! Se è per questo!

Carmelo Bene ha fatto un film dove si scrive le lettere d’amore da solo, pensa te… e Branagh rende Hercule Poirot un personaggio di Shakespeare!

Quindi, per l’amor di Dio, non mi venite a dire che costoro sono onanistici. E raccontano storie. Le loro storie… anche quando tratte da altri.

Anche Jim Morrison lo era, onanistico, tutti lo sono. E confutare questa verità mi sembra assurdo.

Provate a vedere meglio i film, a leggere tra le righe un libro e lo capirete.

 

– Vedi, Stefano. Sì, lo sono, ma ci raccontano storie che possono essere prese per quello che sono, cioè delle semplici storie.

– Cioè per delle idiozie.

– No, sono appassionanti.

– Non vedo cosa ci possa essere di appassionante in una storia senz’interesse, e l’interesse nasce dalla visione, esplicitata o meno, che l’autore ha infuso alla storia stessa, per quanto banale di primo acchito possa sembrare. E se, invece, sono storie e basta, queste sì che sono fini a sé stesse, tediose e prive di alcun significato. Non veicolano nessun messaggio ed è come leggere un articolo di giornale di cronaca, rosa o nera che sia. Storie senza personalità e senza sguardo, oggettivamente insulse, senza prospettiva. Giornalistiche, non artistiche.

Quindi, è giustissimo che Falotico non si svenda, e scriva storie personali. Perché tutte le grandi storie sono personali. Sempre.

Pensate a qualsiasi grande film e poi venite a dirmi, dopo avervi riflettuto attentamente, se non è figlio dell’anima del suo regista.

Quindi, per piacere…

Non rendiamo questo mondo piatto e tutto uguale.

 

Ora, vi scrivo comunque una storiella.

Il gatto era sul tetto e fece la popò, che cadde dal camino e sulla testa di un bambino scivolò.

Il papà, davanti a quella popò e al pianto del suo bimbo che frignò, se ne fregò e andò a mangiarsi un babà.

Fine della storia.

Che storia di merda.

 

 

di Stefano Falotico

Mi son commosso davanti a me stesso e ho riso tantissimo


07 Jul
CAPE FEAR, Robert De Niro, 1991, © Universal

CAPE FEAR, Robert De Niro, 1991, © Universal

Improvvisamente, nuovamente, scopro che piaccio moltissimo alle donne. Ora, non dovete dar retta a tutte le panzane che vi rifilo. Io ne ho avuta qualcuna, anche se ho sempre avuto il dubbio che non fossero donne. Non è che erano delle cangurine? Sì, ci sono, vivono in Australia e, pur d’incontrarmi, hanno attraversato l’oceano, zampettando fra le onde. A parte gli scherzi, fu dilettevole sperimentare la parte affettiva di me, spesso da me stesso rinnegata. Quando mi do, so di soffrire molto, perché l’amore vero richiede sacrificio totale e significa accettare il gioco, la sfida, con sfacciataggine estrema. Allora crollano i pudori, i residui dubbi si sfaldano, la maschera scivola e le incertezze devi lasciar da parte se vuoi “sfondare”. Ecco, qui ho calcato la mano, e so di aver peccato. Mi perdoni, padre, mi assolva con tre Ave Maria.

Sì, mi ricordo di tantissimi anni fa quando “scelleratamente” mi masturbai, al che in tutta fretta mi recai alla basilica di San Luca, perché talmente “grande” fu il mio peccato che andava obliato in un’abluzione quasi battesimale, per estirpar la colpa e far sì che m’intingessi nella purezza profonda del mio esser spoglio davanti a Cristo, in remissione sincera.

Ricordo i patimenti mistici di quelle giornate deliranti, sospese fra l’adulazione all’aldilà inattingibile e la carnalità adolescenziale unta e bisunta. So che all’epoca i brufoli s’addensarono sulla mia pelle efebica, e rammento ancora come la “rammendai”. Sì, ne faccio qui ammenda, e vi chiedo scusa se in quel periodo mi presentai con quella faccia simpaticamente escrementizia.

Da anni immemorabili, non credo a Dio. Perché soltanto un pazzo potrebbe credere a un’entità superiore che domina i destini di poveri disgraziati, qual siamo noi tutti, in questa condizione umana che spesso ci rattrista e penar ci fa tra dilemmi, il proceder lemme lemme e la flemma, appunto, davanti a una donna elegante per non apparire troppo surriscaldati. Sì, conservate la calma quando lei accavallerà in modo birbante, e annuite solleticanti eppur maliziosi dirimpetto alle sue pose così vogliose. Attendete l’attimo nel divenire e poi verrete di tutto venare, no, peccato veniale. Eh sì, i vasi dilatatori…

Lo conoscevate il verbo venare? Ah, ma andate sverginati, no, svernati!

Devo esservi onesto. Io non sono un campione nel corteggiamento, anzi, spesso mi faccio sopraffare dalla figa, no, foga, imbarazzato esito talmente tanto da indurre la mia preda a mollar subito la presa e a mollarmene una. No, non una sberla, proprio una scoreggia che sdegna la mia esagerata cautezza. Perché la donna media ama l’uomo arrogante che, già imbestialito dalla sua sensualità dirompente, procace, a dir poco avvenente, è zotico e gorgheggia infoiato l’amplesso subito desiderato, ponendosi già troppo accalorato. Le donne dicono che uomini così a loro fanno sesso, a me fanno schifo. L’amplesso va pacatamente desinato, gustato con l’antipasto sfizioso di una chiacchierata che può durare per ore. Sì, perché più durano le frottole, più fra una banalità filosofica e l’altra si mordon le frittelle, tese solo a farlo diventare terso, tesissimo e fritto, no, ritto, più lei non si accorgerà che avete “sbottato” precocemente. Ah ah. Che spiritoso che sono, sono un discolo.

Nessuna donna, ma anche nessun uomo, crede che io abbia 38 anni, anzi, a Settembre ne farò trentanove. Vorrei farmene quaranta, ma trentanove mi spettano di giusti ani, no, anni. Perché, quando mi sbarbo e non assumo robaccia antidepressiva che appesantisce il mio ventre, sembro un trentenne a dir molto.

Invero, la mia apparenza non mente sulla reale età anagrafica ma credo che chiunque, guardandomi nell’anima dei miei occhi, scorga che sono giovanissimo. Non son vergine ma il mio sguardo emana lucentezza viva, scevra di ogni corruzione adulta. Sì, esprimo romantica dolcezza anche quando me la tiro da stronzo. Perché non si addice alla mia natura genetica, estetica, esegetica del mio cuore, essere un figlio di puttana. Sì, alle volte sbraito, do di matto, molto meno rispetto a prima, anzi oramai mai, perdo facilmente la pazienza e sbrocco, ma non perché sono una schiappa e un brocco, perché sento troppo e mi è complicatissimo gestire il turbinio abissale delle mie emozioni voraci, veraci e anche, non so, trovate voi un aggettivo che faccia rima baciata con la mia sibillina autenticità smodatamente limpida e pugnace.

Sto riguardando tutti i Blu-ray che avevo comprato e mai avevo visto. Film che avevo già visto ma non ancora in Blu-ray.

Sto rivedendo Cape Fear e i suoi contenuti speciali.

Sto parlano del remake di Scorsese, sì, il promontorio della paura.

Ecco, a chi saltò in mente di affibbiargli questo sottotitolo? Promontorio è stupendo. Potevano tradurlo anche con cima, capo, sommità, sai che merda…

Vi devo essere obiettivo. So che vi stupirà questa mia affermazione, ma Cape Fear è un ottimo thriller con ambizioni metafisiche, ma non è un grande film, per niente.

È sorretto da una suadente colonna sonora, riciclata penso, sì è così, e lo sceneggiatore Wesley Strick ha cancellato troppi eccessi della prima versione, ma non ha tolto alcune scene che secondo me sono fastidiose. Come quando (in tv raramente passa integralmente) De Niro mangia la guancia di Illeana Douglas. Abbastanza vomitevole e di cattivo gusto. Max Cady è uno psicopatico ma non sino a questo punto così barbaramente mostrato.

No, non è un grande film. Ma comunque va guardato in lingua originale. Con tutta la stima per la buonanima di Ferruccio Amendola, la voce originale di De Niro, con le giuste intonazioni, i tintinnii lievi della testa e la pettinatura leonina così ben “acconciata” alle sue ottimamente cadenzate corde vocali, rende appieno giustizia alla grandezza della sua interpretazione.

Poi, perché citate quella frase… imparerai che vuol dire perdere?

Dice in effetti You’re gotta learn about loss. Che potremmo tradurre più appropriatamente con hai da imparare sulla perdita. Sul senso della perdita. Perché in galera Cady ha perso la sua anima. Non soltanto degli anni.

E lui non dice… roba tipo… ci voleva qualche vizio per ricordarmi che sono un uomo.

Uomo, virilità e il concetto di perdente appartengono alla nostra cultura italiota. Alla nostra folle visione fra bianchi vs neri, fra vincenti e vinti. Roba tutta fottutamente, laidamente italiana. Lui dice… per ricordarmi di essere umano. Perché sì, Cady ha stuprato e si è macchiato d’infamia, ha lordato la sua coscienza, ma ha perduto soprattutto la sua umanità. Ed è per questo che è un fan di Nietzsche e di altre teorie superomistiche che comunque lui distorce a piacimento.

Sono dettagli importantissimi, cazzo.

Ora, vi siete accorti che è forse l’unico film di Scorsese che indugia sui tramonti rosati e le stelle cadenti?

Perché la fotografia è del lynchiano Freddie Francis. E The Elephant Man e Una storia vera vi dovrebbero dire qualcosa in merito.

È in questi scorci che Cape Fear diventa metafisico.

Perché il significato intrinseco della vita è nel profumo delle stelle.

Perché ci svegliamo ogni mattina, nonostante tutte le sfortune del mondo, e continuiamo a emozionarci? Perché, come sostengono Freud e Jung, fin dalla nascita possediamo una sorta di coscienza sociale figlia della nostra genetica emozionale? No, una grande balla.

Perché Dio non esiste, ma credo fermamente che esista qualcosa che ci rende unici. Qualcosa di profondamente inquietante, a ben vedere, che non ci permetterà mai di essere delle scimmie, neanche se lo volessimo.

E io non posso essere pazzo neppure se m’impegno dannatamente talvolta per sembrare tale.

Da tempo poi, devo confidarvi, che sono terrificato dall’idea della morte.

Forse, siete troppo occupati nelle vostre competizioni balorde e nelle vostre stronzate ignobili quotidiane per capire ciò che sto cercando di dirvi da una vita.

Oggi muore un tuo amico, domani la donna che ami o ti eri illuso di amare, domani i miei genitori, ieri i miei nonni. E noi perdiamo, giorno dopo giorno, qualcosa.

Quel qualcosa che ci rendeva simili a Dio. Nella nascitura onnipotenza della nostra innocenza.

 

T’insegneranno a non splendere. E tu splendi, invece.

(Pier Paolo Pasolini).

 

In verità, noi tutti siamo già uomini quando abbiamo tredici anni ma siamo obbligati, giocoforza, a nanizzarci perché non abbiamo indipendenza economica, i genitori ci attanagliano perché pensano che una vita programmaticamente corretta sia quella sana, nessuna quarantenne farebbe sesso con noi, non sarebbe moralmente lecito, veniamo imbrigliati da retorici retaggi e ricatti scolastici per essere indirizzati…

Un’immane, orrenda ipocrisia. Come quella di Nick Nolte.

Voi non smettete di guardare alla vita con la vostra poesia.

E non avrete più paura di niente e di nessuno… anche di uno che guadagna centomila Euro al mese e v’impone sadico e smargiasso la legge del più forte…

Adesso vi mando a cagare e mando a fanculo anche me stesso. Ah ah ah.

 

Buonanotte.

Buona visione.

 

 

di Stefano Falotico

E filosofeggio pure meglio di voi


03 Jul

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Oh, è da una vita che mi sgolo. Molti per cultura intendono l’essere sempre aggiornati sull’ultimo film in programmazione, sull’ultimo disco del cantante tal dei tali, e sul più bieco, commerciale libro appena in vendita. Questa non è cultura, è nozionismo superficiale, becero, qualunquista, informativo e pedissequo. La cultura è ben altro. Saper interagire col prossimo in cerca di dinamiche cognitivo-emozionali, partorire delle nostre coscienze e conoscenze un processo simbiotico-empatico di reciproco scambio interattivo, rendere fruttuose cioè le nostre anime per la suprema esplorazione di noi stessi, fra migliorie, passi indietro, ritrosie e cambi di prospettiva. Questa è la cultura, parola di cui vi riempite tanto la bocca ma siete soltanto dispensatori di fake news della vostra putrescenza e della filosofia dell’ove tira meglio il vento. A che vi serve sapere tutto a livello formale di un film se non avete appreso nulla a livello viscerale? E nella realtà di tutti i giorni non sapete neanche girare un controcampo caratteriale?

Siete metodici, abitudinari, e guai a chi non la pensa come voi. Fortunatamente, io la penso così.

 

di Stefano Falotico

Gli ilici, gli eolici, gli ellenici, i ciclopici e il mio cam(m)ino agnostico


09 Dec

THOR

 

Ebbene, secondo la dottrina gnostica, detta gnosticismo, da non confondere col mio ambiguo agnosticismo da uomo che soffre agli occhi altrui di “gnomismo” ed elefantiasi quando invero ama il suo titanismo, non corruttibile da nessun falso credo ideologico, ecco, secondo questa “branca” l’umanità si dividerebbe in tre distinte categorie: gli lici, gli psichici e i pneumatici. Ora, prima di spiegare nei dettagli in cosa consistano questi tre “elementi” differenti, dobbiamo appellarci alla Treccani: si può dire sia gli pneumatici che i pneumatici?

È corretto dire e scrivere “lo pneumatico” e “gli pneumatici” (e, con l’articolo indeterminativo, “uno pneumatico” e “degli pneumatici”) ma va avvertito che siamo in presenza di una situazione in cui la regola grammaticale si vede contesi primato e autorità dall’uso vivoRicordiamo che, davanti ai nessi consonantici complessi… la norma prescrive l’uso di lo/gli e di uno/degli…

Insomma, si può dire in entrambi i modi, e sicuramente gli ilici appartengono a quel genere di persone che non sono mai state sfiorate da questo dubbio. Come la mia vicina di casa, bolognese DOC che continua a dire l’orrendo, scorrettissimo LO suocero al posto de IL suocero. Ma è cattiva usanza della sua cattiva educazione linguistica provinciale, e del suo appartenere appunto alla categoria ilica.

Quindi, chi sono gli ilici? Etimologicamente la parola ilico deriva da hyle, terra, quindi l’ilico è un terragno nella sua definizione più “brutale” e repellente. Una persona attaccata ai valori insomma più bradi e materialistici…

Da un sito abbastanza esplicativo in merito alla “questione”, copio-incollo le tre definizioni… apportando un paio di correzioni…

La stragrande parte dell’umanità è costituita dagli Ilici…

Essi nascono, si riproducono e muoiono, vivendo come gli animali, vittime delle passioni: sono schiavi dei pensieri che nascono nella loro mente e degli istinti più bassi.

Ira, odio, invidia, gelosia, cattiveria, avidità etc… si alternano nella loro mente e li dominano completamente.

Non hanno nessun controllo sui loro istinti come la fame o il desiderio sessuale e sono freneticamente sempre alla ricerca del loro piacere personale.

Vivono come se non esistesse la morte in una affannosa ricerca di piaceri e beni materiali.

Sono attaccati al proprio io e vedono “l’altro” quasi sempre come un nemico. Spesso sono capaci di atrocità e crudeltà verso i loro simili e gli altri esseri viventi.

Quando l’uomo Ilico muore, non resta più alcuna traccia di lui, scompare nel nulla.

Una piccola parte dell’umanità è invece costituita dagli Psichici.

Questi esseri umani hanno la capacità di dominare le passioni e i bassi istinti, ma non ne sono completamente liberi.

Hanno la possibilità di indagare le leggi della natura e di comprendere, almeno discorsivamente, le verità superiori.

A differenza degli Ilici, schiavi delle proprie passioni, sono dotati di libero arbitrio: possono scegliere tra il bene e il male e quindi hanno la possibilità sia di estinguersi come gli ilici che di salvarsi.

Le loro forme religiose, qualsiasi esse siano, sono indirizzate al Demiurgo e, come Lui, non hanno nessuna conoscenza o intuizione del mondo superiore.

Dopo la morte, se avranno scelto il bene, non si estingueranno.

In numero ancor più limitato sono gli uomini Pneumatici, spesso definiti semplicemente Gnostici. Questi uomini sono consapevoli che questo mondo è il regno del male, lo disprezzano e non si occupano delle sue vicende.
Definizioni comunque generiche e un po’ alla buona ma che ai profani in materia credo abbiano parzialmente reso l’idea.

Sì, la maggior parte degli uomini sono Ilici. Sempre preoccupati della loro apparenza, che abominio (!?), vanamente ambiziosi a issarsi e crocefiggersi nella vanità più appariscente e interiormente vuota, vivono come se mai dovessero incontrare la morte e quindi volgarmente calpestano la bellezza, rendendosene schiavi solo quando possono profittarne per vantaggi biecamente personali. Pensiamo a molti produttori di Hollywood. “Designano” una bella donna e le forniscono onori, gloria e una lunga, “prodigiosa” carriera, “usufruendone” a due scopi, quello di scoparsela dietro lerci ricatti psicologici e quello di far soldi attraverso la sua avvenenza, illudendo altri ilici, gli spettatori (in)sensibili, che di quella donna voglion invero “profittarne” solo per contentare le loro voyeuristiche voglie capricciose che loro pensano siano frutto di “pura” ammirazione.

Gli ilici sono smaniosi, ossessionati dal tempo, dalle rughe e dalla “rispettabilità” sociale, prodigandosi scimmiescamente per godere di fintissimi valori che loro credono siano gli unici possibili e incontestabili. Non sono capaci assolutamente di astrarsi dalla realtà, di trasfigurala con l’immaginazione fervida e pindaricamente creatrice, di reinventare il mondo, perché abdicano soltanto all’edonismo opportunistico del vivere tutto, anche le loro emozioni, in superficie. In poche parole, l’umanità è formata da psicopatici inconvertibili. Ah ah. Ossessionati da sé stessi e dal maniacale sesso, afflitti da quella che è solo una loro povertà morale che loro invece vivono, nella loro immane stortura mentale, come concretezza ineludibile, non dobbiamo neppure compatirli altrimenti andremmo ad alimentare ancor di più anche le loro (non) vittimistiche immodestie, le loro arroganti superbie, la loro innata mostruosità, la loro aberrazione, i loro continui, osceni desideri carnalmente cannibalistici di rivalsa e assurda competizione. Essendo così aderenti a una realtà egoistica, che soddisfa solo i loro istinti volubili e affamati di sporco, infame godimento, a noi fatuo, illusorio e meschino, non capiscono il senso della vita, e scambiano gli eletti, i sani, per pazzi, quando della loro estrema, spettrale follia sono totalmente incoscienti. Ma, si sa, nell’impazzimento di massa e nel porcile di questo mondo ancorato all’idolatria della plasticità, della vuotezza emozionale, incapace di sentire e provare empatia, in questa glaciale aridità malata di volubilità, gli ilici sono la razza dominante.

Gli ilici sono in ogni dove e noi, re dei nostri tonanti colpi di fulmine, che c’inducono ad amare imperterritamente la straordinaria bellezza del mondo nelle sue magnifiche rivelazioni, d’infatuarcene e renderlo altissima poesia, dobbiamo allontanarcene quanto prima se vogliamo ambire all’estasi e all’adamantina salvazione dell’anima e della coscienza.

 

Sì, molti dicono che io sia megalomane quando invero sono soltanto un artista realista, romanticamente obiettivo e lucidissimo, un uomo a cui capita, talvolta, di andare in macchina e sentire… un(o) pneumatico sgonfiarsi perché un ilico l’ha bucato nella “pienezza” del suo incurabile stronzo.

Uomini savi, inseguite la retta via del giusto cammino e a Natale bruciate il fuoco nel camino così Babbo Natale si arderà il culetto.

 

E abbiate le corna in testa. Sì, i cornuti sono più cazzuti e cazzoni, in ogni sen(s)o. Lo sapeva la Portman che con quello volava alta. E qui sono ilico, probabilmente eolico, Dio del vento, anche se le donne dicono che sono re del loro ventre. E, nel mentre, non fidandomi di nessun mentore, so che della mia vita e delle mie (s)fighe non mento eppur di quelle scopate la mia mente non rammenta.
Vado ora a bollire le cicorie, mie capre, pecoroni e pecorine. E tu, caro Eolo, vuoi un po’ di sale mio in zucca o preferisci l’olio?

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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