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Dario Argento è tornato alla regia e io son tornato a essere quello per cui sono nato


17 Mar

argentotop

 

Ora, sento dire da voi di questa generazione che definire Maestro il signor Dario Argento significa peccare di generosità. Di troppa magnanimità. Perché Argento, al massimo, secondo voi, è un discreto artigiano e uno che da più di trent’anni non ha più girato un grande film.

In questo posso darvi ragione. In effetti, Dario, essendo figlio di un’altra epoca, così tanto è stato innovatore e rivoluzionario della stessa in ambito cinematografico, quanto, non sapendosi rinnovare nei suoi, diciamo, canovacci a loro volta passatisti e anacronistici, ha poltrito in un modo di fare Cinema forse sorpassato, senonché macellato da giovani resisti certamente più svegli. Come se fosse stato colto spaventosamente da un sortilegio stregonesco alla pari della sua eroina di Suspiria. E si fosse incantato, in senso lato.

Ma arrivare a dire che l’appellativo maestro bisogna adoperarlo soltanto per gente come Hitchcock, lui sì, oh, maestro vero della paura, delle ossessioni umane più profonde, perverse e recondite, mi pare alquanto irrispettoso.

Come disse, infervorato e adirato a morte, il giornalista calcistico Franco Ordine, quando a Controcampo, la platea a furor di popolo urlò che Figo era una scamorza, Ordine, con urla disordinate e molto arrabbiato, richiamò appunto all’ordine. E declamò, dico declamò, oserei dire sbraitò, gridò un…ma  sapete di chi state parlando? Di un pallone d’oro. PORTATE RISPETTO!

Quindi, si rivolse a Piccinini e gli disse: – Piccinini, ma perché io devo parlare con dei piccini?

 

Ah ah. Invero, questo non lo disse ma lo dico io. Ah ah.

Un momento comunque, oserei dire, epico.

Dunque, a chi, con ignoranza abissale dice che Dario Argento è un semi-cazzaro, io dovrei suonargliele.

Ma lo perdono perché è incosciente. Sì, non ha coscienza di chi Argento è stato negli anni settanta. E di cosa ha rappresentato, non soltanto a livello cinematografico.

L’unico, insuperabile “folle” che ha avuto il coraggio spropositato, dunque ammirevole allo spasmo, di scardinare totalmente i canoni vetusti del Cinema italiano. Fregandosene di quel Cinema amarcordiano, dunque bolso e felliniano, ripiegato su patetici ricordi di gioventù, sul farlocco concepir la Settima Arte come un diario di memorie personali a magnificazione del proprio piccolo mondo sempliciotto e provinciale sin all’osso. Sì, Fellini aveva rotto.

Non fraintendetemi. A Federico riconosco meriti immani, oserei dire disumani. Ma il Cinema italiano, parimenti alla statunitense New Hollywood, appunto, dei seventies, doveva fare il salto di qualità.

Ovvero emanciparsi da storie, sì, belle, lodevolissime del neorealismo, dalle tragedie del dopoguerra ed esplodere, oserei dire, fiammeggiare turbolento in maniera artisticamente invereconda e potente.

E allora ecco che Dario fa una cosa che nessuno, perlomeno quasi nessuno, aveva fatto sin a quel momento.

“Parlare” di storie dell’orrore, aprirci gli occhi sull’incubo chiamato vita.

Se negli States, il grande John Carpenter inventava e tirava fuori dal cilindro il suo archetipico psicopatico per eccellenza, cioè Michael Myers, con Halloween, datato 1978, il signor cazzaro Argento, come dite voi, aveva già girato “filmetti” come L’uccello dalle piume di cristallo4 mosche di velluto grigioProfondo rosso e, appunto, Suspiria, datato 1977.

Vero? Ora io che dovrei farvi? Spaccarvi la capa e accoltellarvi alla mannaia, no, maniera di Myers?

No, sono clemente e vi scagiono da ogni colpa, figlia della vostra smemoratezza, della vostra avventatezza, della vostra impavida, diciamocelo, scemenza. Ah ah.

Sì, Dario Argento, peraltro, sta preparando, a essere precisi, una serie. Ancora le riprese non sono iniziate.

E in streaming, forse su Netflix, la vedremo.

Se dite che Netflix non è il futuro, pigliatevi il drivein. E smettetela.

Sì, dovreste veramente finirla. Andare al cinema è bello, è bello gustarsi i grandi film sul grande schermo.

Ma lo ribadisco, senza vergogna. Le sale d’essai son sempre meno, soppiantate oramai da un ventennio abbondante dalle multisale. Che hanno un parcheggio spazioso e poltroncine confortevoli. Ma devi sorbirti mezz’ora di pubblicità, la folla che, mangiando patatine e popcorn, non capisce niente del film e ti distrae con la sua sguaiatezza.

Poi, la sala, diciamocelo, ha perso oggigiorno valore. Sì, non sto bestemmiando. Un tempo le coppiette andavano al cinema per potersi baciare, lontane dagli sguardi malevoli dei genitori e del film se ne fregavano. I ragazzi marinavano e, quando ancora c’erano gli spettacoli mattutini, s’infilavano in una sala per passare due ore in compagnia dei loro eroi.

Il Cinema, non scordiamolo mai, è nato come intrattenimento popolare. Le sale erano un luogo di ritrovo, di aggregazione. Questo valore le sale l’hanno perso per tante ragioni.

Quindi, è inutile che vi ostiniate, duri come delle capre a combattere Netflix e Amazon.

E ripeto: portate rispetto per il signor Argento.

di Stefano Falotico

Il fascino dei ladri alla Diabolik? Forse no


02 May

Ieri notte, un mio amico è stato derubato. Ciò è accaduto, qualche settimana fa, anche allo zio di mio padre. Ed è molto strano che tali “invisibili”, spesso impuniti crimini succedano in un periodo “affollato” come l’inoltrata primavera. Di solito, i furti si concentrano, per la maggior parte, durante l’estate quando la gente, appunto, lascia disabitate le proprie residenze ed è facilmente colpibile, nonostante gli installati impianti di sicurezza, i cancelletti o le porte blindate.

I ladri non chiedono permesso, non bussano, se sono bravi ed esperti non lasciano alcun traccia del loro svelto, “furbo” passaggio. Ma svaligiano gli appartamenti mentre, forse, stavi perfino dentro…, protetto dalla “cassaforte” di sogni “tranquilli”. Il tuo cane abbaia troppo tardi, qualcuno scappa nel buio e, quando accendi, spaventato, in preda allo sconcerto e alla paura sbigottente più raccapricciante, la luce, quando stai per rinvenire, semmai ancora in incerto dormiveglia, spalanchi gli occhi e c’è solo da piangere. Atterrito, oramai sono fuggiti col malloppo. E nessuno li ha visti, ben che vada intravisti di sfumati contorni nerissimi, non individuabili a nessuno se non all’innocua innocenza della tua cara bestiolina che ti ha dato l’allarme a furto già avvenuto.

Il Cinema ha sempre nutrito grande simpatia per questi immondi, delittuosi “uomini”.

Nobilitandoli perché li fa spesso passare per gente disperata per cui “tifare”. Persone che, costrette da esigenze economiche “impagabili” a rubare, appunto, vengono quasi eletti a eroi.

Vi racconto questa. Circa un anno fa, il mio condominio fu intimorito da uno strano uomo nero che, “con le scarpe tutte rotte”, veniva di notte a stazionare sulle scalinate. Si mostrava pienamente in volto ma la sua identità non è mai stata proprio identificata. Capitò anche a me di rabbrividire, roba appunto da film… l’orrore di come la realtà può superare, in peggio e in tremolio agghiacciante, i tuoi peggiori fantasmi da Twin Peaks…

Una notte, rincasai a tarda ora. Salii, come al solito in ascensore. Aspettai, come sempre, che pazientemente l’ascensore mi portasse al quarto piano in cui alloggio, quindi aprii un po’ assonnato. E le mie gambe ressero a stento, trattenni un urlo di terrore. Dinanzi a me, comodamente seduto sulle scale del pianerottolo, questo “folle” signore a puntarmi con aria sospetta. Non minacciosa, molto di più. Impaurente data la circostanza aberrante e imprevista. L’imprevisto scatena i maggiori incubi, è l’evento che non avevi calcolato ma che ha sempre risieduto nel tuo inconscio “pacioso” e quindi presto riscosso.

La mia unica preoccupazione fu procedere con calma, come fareste se vi trovaste nel bel mezzo di un bosco e, da Cappuccetto Rosso, vorreste rifugiarvi al sicuro, lontani dal lupo cattivo.

Infilai, senza dar nell’occhio né poter dar segni di agitazione, la chiave nella serratura, aprii delicatamente, quasi “fischiettando” e quindi, lentamente, richiusi la porta.

Nessuno del mio palazzo ha mai scoperto chi fosse quel signore. Aveva l’aspetto di un barbone. Quindi, nella migliore delle ipotesi, poteva trattarsi semplicemente di un poveretto che s’intrufolava fuori dagli appartamenti, trovando riparo dal freddo (anche se era estate, ripeto, e fra l’altro assai afosa) nell’“asilo” protettivo, sotto il “tetto”, dei pianerottoli. O forse invece proprio un ladro che ci stava spiando. S’appostava per studiare i nostri movimenti…

 

Poi, ci sono i grandi furti, le “grandi” rapine.

Ecco qualche esempio.

The Score, Point Break, Caccia la ladro, etc.

“Hitchcock”, il Trailer


11 Oct

 

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