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Playlist definitiva su Martin Scorsese: parlo per me, voi (de)scrivete la vostra Shutter Island, ah ah


05 Jul

jodie foster warhol

gambardella la grande bellezzaIn questo pezzo, vediamo se siete colti, troverete una bella anafora.
Ripetizione dello stesso termine con una sottilissima sfumatura.

Ecco, a pochi giorni dalla diffusione pubblica della mia recensione (anche in video) su Shutter Island, da me reputato un film concettualmente sbagliato e approssimativo in molti punti, neanche a farlo apposta, Federico Frusciante, sul suo canale YouTube, ha inserito la sua review Patreon del medesimo, identico film.

Pura casualità. Le nostre opinioni, in merito, sono assai divergenti sebbene collimino in molti punti.

Io “postai” la mia rece… in tempi non sospetti. Quindi, non posso minimamente essere accusato d’insospettabilità, ah ah, no, di aver fatto come sovente, ahimè, mi accade, il bastian contrario per puro spirito provocatorio.

E a proposito di purezza, mie schifezze… ah, La grande bellezza.

Fatto sta che, tralasciando le opinioni diverse a riguardo del succitato film di Scorsese, direi di partire da quest’immagine iconica di Jodie Foster. Apparsami in un gruppo Facebook di Cinema soltanto qualche giorno fa. Stranamente, da me mai vista prima. Dico stranamente poiché è/fu firmata da Andy Warhol e, raramente, di lui m’è sfuggito mai, se preferite, mi sfuggì, un solo suo ritratto. Sì, qui Andy ritrasse Jodie in tutto il suo splendore da ninfa purissima, ambiguamente perversa con tale suo furbetto sguardo ammiccante e vagamente, impercettibilmente perverso. Propendente, oserei dire, verso un civettuolo, seduttivo fascino incommensurabilmente castissimo da innocente Lolita già forse contaminata nell’anima… che bella bimba.

La purezza incarnata, priva d’ogni Hardcore schraderiano, forse post Taxi Driver?

Quando è stata scattata questa foto leggerissimamente ritoccata?

Tanti anni fa, esattamente un anno prima che su di me incombesse un ricovero da “manicomio criminale”, prim’ancora che, superando ogni vetta inimmaginabile della forza psicofisica più umanamente concepibile, mi scagionassi da ogni infondata accusa immonda delle più discriminative e stigmatizzanti, maggiorando la mia mente ed elevandola Al di là della vita, innalzandomi in una sorta di Bringing Out the Dead fatalmente miracoloso per me stesso resuscitato come Cristo il salvatore, quattamente indisturbato, pur essendo già, da tempo immemorabile, imputato di essere una persona disturbata e disturbante, più che altro recalcitrante ad omologarmi al porcile di massa, spesso nauseante e inducente a una sartriana repulsione verso le frivole socialità carnalmente edonistiche e facete, mi recai alla multisala di Rastignano, situata in provincia della mia natia Bologna, per assistere a un sottovalutato film per la regia di Neil Jordan. Ovvero Il buio dell’anima.

Stando alla generalista Wikipedia, luogo ameno ove imperano le banalità più mal assortite, spesso redatte da studenti che, dietro piccoli loro contributi sbrigativi, allestiscono semplicistiche sciocchezze figlie del loro relativismo tipico delle loro esistenze misere, perlomeno circoscritte alla loro età, per l’appunto, ancora inevitabilmente confusionaria e a farsi, in quanto ancora scevre del dolore e anche del piacere più umanamente, empaticamente sentiti, la pellicola di Jordan è stata (psico)analizzata all’acqua di rose, come si suol dire, entro la brevità di un’idiozia immonda peggiore del più sciocco proverbio del mondo. Che è… rosso di sera, bel tempo si spera.

La stronzata di Wikipedia, invece, è la seguente:

col passare del tempo, le ferite del corpo guariscono, ma non quelle dell’anima che faticano a cicatrizzarsi: in Erica nascerà un forte desiderio di vendetta che la spingerà a farsi giustizia da sola, interessandosi anche alle ingiustizie capitate ad altri vicini a lei.

Deduttiva e scontata scempiaggine inserita, certamente, da un ragazzo o da una ragazza sprovvisti della cultura cinematografica appartenente alla New Hollywood più stratificata e perciò complessa. Giovani inconsapevoli di soffrire di varie complicazioni difficilmente curabili, cioè dei precoci… inculati, poco addentro, per l’appunto, la veridicità più viscerale e senziente della loro stessa esistenza troppo immatura, troppo acerbamente impura ed esaltata per poter, con cognizione di causa, dissertare in ambito non solo ermeneutico, bensì più sincero soprattutto nei riguardi di sé stessi. In quanto, falsificando la propria coscienza nello svenderla all’apparenza più saputella, si palesano soltanto tristemente come biechi menzogneri auto-bardatisi nella finta, saccente boria di presuntuosi universitari, oserei dire untori, con la bava alla bocca e le cazzute, ridicole ambizioni a mille più cretinamente fottute.

Questi ragazzi non ce la faranno. Prima o poi crolleranno dinanzi all’orrore kurtziano della loro già avvenuta Apocalypse Now.

Lo so per certo, per vissuto personale poiché, oggi come oggi, io deambulo come un ectoplasma. Che vaga, gironzolando da zuzzurellone. A volte sono un po’ cafone, a volte critico i bugiardoni e non credo agli psicofarmaci con tanto di relativi bugiardini.

Dovrebbero, per esempio, finirla di puttaneggiare su Instagram, esponendo smorfie e boccacce che hanno poco a che vedere sia con la sana goliardia del Boccaccio che con l’immacolatezza stupenda della Foster sopra citata. Indubbiamente, eccitante.

Incarnazione della gioventù a farsi, in fiore a divenire e ad accoppiarsi, a copularsi, no, ad accorparsi nella graziosa forma artistica di un’intellettuale d’indubbia naturalezza e potenza carismatica impari, dannatamente bella e sensualissima nella lucida nitidezza delle sue mille, ipnotiche espressività fortissime dalle sfumature più soavemente cangianti e, per l’appunto, limpidissime.

Il buio dell’anima non è un grande film. È giustizialista e ovviamente non regge il confronto minimamente con Taxi Driver.

Anche se potremmo giocare di simpatici parallelismi meta-cinematografici. Se Jodie Foster/Iris non fosse stata salvata da Travis Bickle, se non fosse stata liberata dalle grinfie di quegli avidi speculatori del suo corpo da minorenne schifosamente sfruttata, forsanche stuprata, prima o poi avrebbe afferrato una 44 Magnum. E, a mo’ d’Ispettore Callaghan, no, di Scorsese nel suo cammeo devastante, anziché rivolgersi alla moglie fedifraga che tradì Martin con un ne(g)ro, in piena notte si sarebbe diretta, forse con taglio da mohicana da Chiara Ferragni che scelse il barbiere di Fedez anziché la parrucchiera di tua sorella, verso il covo del magnaccia Harvey Keitel/Sport.

Sfondandogli la porta, puntandogli la pistola alle palle e urlandogli:

– Sai come riduce un uomo una 44 Magnum fra le cosce?! Dovresti vedere come riduce un uomo, fra le gambe, una 44 Magnum. Sì, io t’ammazzo. Che posso fare, oramai? T’ammazzo, eh sì, t’ammazzo.

 

Sì, Jodie Foster non simpatizza molto per gli uomini. Infatti, è lesbica. Ah ah.

L’unico per cui simpatizzò fu Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti. Ovvero un genio fottuto che la liberò dalle falsità ipocrite di un mondo (s)porco.

E, in modo mellifluo, implicitamente le lanciò tale messaggio inequivocabile:

– Clarice, fottitene. Odi, senti ancora il lamento di quei poveri animali scannati? Piangono ancora prima di essere macellati? Secondo te, ce la faranno tutti? Oppure impazziranno come Dente di fata di Manhunter? Hanno ancora i denti da latte. Allattali, no, allettali.

– Dottor Lecter, ho ancora dei brutti incubi. Li sento ancora.

– E che cazzo, ‘sti cazzi, Jodie. L’Oscar per Sotto accusa e per il film succitato da noi girato assieme allora non sono serviti a farti venire le palle. In effetti, hai ragione. Sei una donna. Con la gonna!

Ti capisco. Porta avanti con fierezza la tua femminilità e anche la tua diversa sessualità. Basta che non ti affili al movimento MeToo. È un movimento della minchia. È peggio di un circolo di cucito.

Sì, è pieno di donnacce che l’hanno preso solo nel didietro. Anzi, mi correggo. Non l’hanno preso in questo posto neanche dalle amanti del loro stesso sesso.

Sì, chi se l’incula queste qui? Si fottano!

– Gli uomini sono pure peggio.

– Ah, Clarice. Lo so bene. Altrimenti, perché m’avrebbero sbattuto qui, secondo te? Ah, ma io me ne sbatto!

– E che/i sbatte, dottor Lecter? Al massimo, può tirarsele sul catalogo di Postalmarket che le regala, a mo’ di sfottò, il Dr. Frederick Chilton.

– Sì, il direttore di questo manicomio ove m’hanno (in)castrato e inchiappettato, eh già, è un puttaniere semi-pedofilo. Altro che Chilton. Quello pensa alle children.

Per esempio, una volta m’accorsi che stava ammirando, con sguardo malandrino, una tua foto, cara Jodie.

– Quale foto?

– Quella dello spot Coppertone?

– Davvero? Ma allora è peggio di Miggs.

– Direi assai peggio. Almeno, Miggs/Stuart Rudin è un povero disgraziato quasi quanto George Noyce/Jackie Earle Haley di Shutter Island.

– Colui che ha interpretato il reboot, molto brutt’, di Nightmare nella parte di Freddy Krueger che fu dell’imbattibile, mitico Robert Englund? Attore che, alla pari di Anthony Perkins di Psyco, fu rovinato da un ruolo così comico, no, iconico? Appena la gente vedeva Anthony, no, non lei, Hopkins, bensì Perkins… pensava:

sì, è molto bravo ne Il processo. Ma siamo sicuri che non si sia inventato tutto? Visti i suoi trascorsi?

– Sì, Clarice, una situazione kafkiana da Fuori orario.

Povero Perkins. E povero Englund. Povero anche me! Uomini totalmente bruciati.

Ci vorrebbe Charlton Heston de L’infernale Quinlan per ripristinare un po’ di giustizia in questo mondo di falsi e di figli di zoccola.

– Ha ragione, dottore. Anche quello de I dieci comandamenti.

– Sì, pure quello de Il seme della follia.

– E di Ben-Hur, no?

– Scusa, Jodie/Clarice. Ti piaceva, per caso, Heston?

– Era oggettivamente un bell’uomo.

– Jodie, mi viene un dubbio. Posso farti… una domanda? Permettimi l’indiscrezione, la mia piccolissima investigazione.

– Chieda pure, dottore.

– Non è che per caso tu e Mel Gibson avete trombato?

– No, perché? Siamo stati soltanto colleghi di lavoro. Non dubiti. Posso mettervi la mano sul fuoco.

– Sì, per l’appunto, la mano sul fuoco… Perdonami, Clarice. Ho diffidato della tua buona f… a. Scusami, volevo dire, Fedez. No, fede.

– Dottore! È impazzito?

– Che io sia pazzo mi pare ovvio. Che tu sia lesbica non è invece tanto chiaro a tutt’oggi, eh.

– Perché mai?

– Secondo me, Jodie bella, fra te e Bob De Niro, a distanza di vent’anni da Taxi Driver, ci fu, diciamocela, una segreta scopatella. O no?

– Ma no?! Ma che va pensando?

– Scusa, non dovevi essere tu a dirigerlo in The Kingdom of Big Sugar? Detto anche Sugarland.

– Sì, più di una decade fa.

– E come mai non l’hai più diretto?

– Lui era sposato e non s’è fatto un cazzo.

Uhm, capisco. Però, vedi… Bob ha ora la sua età, certo, ma ha divorziato dalla moglie. Spinge ancora, malgrado tutto. Quindi…

– Quindi… che?

– Jodie, sei un’anima pia. Ha interpretato infatti The Dangerous Lives of Altar Boys. Fai una cosa. Vai a trovare Joker in manicomio. Tiralo un po’ su, ok?

– Sarà fatto.

 

Che c’entra tutto ciò con Scorsese? Ora, non so c’entrò fra Hopkins e la Foster, sicuramente Martin Scorsese è un genius. Secondo me, superiore ad Hannibal Lecter.

E questi sono i suoi sette massimi capolavori. Se non li avete mai visti almeno una volta in vita vostra, farete la fine di Ray Liotta in Hannibal. Appunto!

Avete oramai il cervello fritto e impanato. E, a mio avviso, anche qualcos’altro è tutto impantanato e sempre solamente dentro i pantaloni.

Insomma, ve la tirate e basta. Invece, dovreste amare la grande Jodie Foster a livello di purissima ammirazione e scopare una come Julianne Moore. Offrendole, dopo la notte “sanguinaria”, una dolcissima colazione.

Se non ce la fate, basta che non rompiate più il cazzo. Chiaro, coglioni?

Comunque, prima di sfilare la lista come una gran passerona in passerella, secondo voi perché mai chiesi a Frusciante di recensirmi Smoke e Lo spaventapasseri?

Potrei forse essere io il Keitel del film di Wayne Wang e l’Al Pacino del capolavoro di Jerry Schatzberg?

Oramai non più. Sono cazzi vostri, adesso, eh. Ah ah.

Infine, Keitel fu nel cast di Buffalo Bill e gli indiani mentre De Niro, oltre ad aver fatto il culo a Sport in Taxi Driver, in Heat fotté sia Amy Brenneman che il viscido…

Sì, che capolavoro, Heat. Un film che non è soltanto un western metropolitano ove tutti, chi più chi meno, metaforicamente e non, s’inchiappettano. Per dirla come Il Mago/Peter Boyle… tutti fregati.

Sparandosi a vicenda e tradendosi a ripetizione.

Un film ove, peraltro, l’attrice de Il cigno nero, depressa a morte, non riuscì neanche a farsi… Cioè bucarsi. A tagliarsi i polsi, però, sì. Ah ah.

Cavolo, se Al/Vincent Hanna non l’avesse salvata in extremis, Natalie sarebbe morta.

A causa dei suoi compagni di scuola che la bullizzavano.

Chiamate(mi) Léon.

Questi sono i sette film. A Bologna, invece, c’è Santo Stefano con le Sette Chiese. Vero?

Taxi Driver, Toro scatenato, Fuori orario, Quei bravi ragazzi, Casinò, Al di là della vita, The Irishman.

Ecco, se non v’è piaciuto o piacque oppure mai piacerà quest’ultimo, fatemi il piacere.

Siete retorici e siete froci.

Dunque, non può piacervi Jodie Foster.

Su questa freddura, vi lascio e sgattaiolo nella notte.

Come dice Joe Pesci, in Goodfellas, fanculo a mammata.

Da cui il film Mamma, ho perso l’aereo.

Mentre De Niro, in The Irishman, perse l’unico amico vero della sua vita del cazzo.

 

di Stefano Falotico

 

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WHEN THEY SEE US, il devastante pugno allo stomaco di Ava DuVernay, un plateale, giustissimo j’accuse potentissimo


02 Jun

amici de filippi

Stronzata del giorno:

Massimo Giletti è in verità Richard Gere. Come no?

Invero, vi è poca Felicity quando si incontrano donne stronze come la Huffman se siete solo piccoli grandi uomini come Dustin Hoffman.
giletti gere

Programma di educazione civica

Introduzione: nella mia vita ho sempre sognato di essere Bruce Willis di Trappola di cristallo ma non avrei mai immaginato di essere Die Hard.

Inno alla monumentale resilienza di un uomo che combatté l’ipocrisia delle persone e ora non gli danno neanche la medaglia al valore.

Che umanità di scarso cuore, che pusillanimità di gente dall’infido decoro, che persone perfide. Ma, come un infrangibile porfido, come un inscalfibile diamante pietrificato da questi uomini di pietra non più mi fido e proseguo nella mia (r)esistenza da costoro, gli impostori, domata eppur indomabile. Recalcitrante alle loro reprimende, non faccio ammenda dei miei sbagli e or tutta la scabrosità rammento. Per filo e per segno.

In quanto, come la strofa di una celeberrima canzone di Donatella Rettore, son sempre più splendido splendente. Anche se sempre meno i soldi spendo, mie scrofe.

Perché son parco? No, perché non ho il portafoglio dei porci.

Sì, chi da piccolo adolescente non sogna di essere come lo spaccone spacca-tutto Bruce Willis?

Uno alla Demi Moore che gliela dà facile perché con quella faccia da schiaffi qualsiasi sventola vorrebbe sigillarti duramente e in maniera eroticamente, sensualmente cristallina nel grattacielo delle sue svettanti, muliebri forme vertiginose, armandoti, no scusate, amandoti nella lietezza impudica e idilliaca di una stanza da letto calda e accogliente, motteggiando e “notteggiando” sulla bellezza morbidamente vellutata della vita graziosa, Già, dopo aver con codesta femmina provocante e maliarda, oserei dire piccante e delicata, fatto l’amore in modo smagliante con la sigaretta in mano fumante tanto stuzzicante e ancor ribollente del profumo delle pelli fragranti, roventi da amanti ardimentosi e ardenti, ti senti un uomo fra le labbra al dente che conosce l’odore del proprio sangue focoso e fremente.

Ma nella vita capisci che, più che unbreakable, potresti anche essere Glass e i tuoi occhi, a causa di troppe delusioni provocateti da donne apparentemente languide, inumiditi e tristemente illanguiditi, come vetro di Murano son ora incorniciati alla tua bella statuina di cera legnosa come il mogano. Non amate le donne dolciastre di glassa.

Sì, dopo pene d’amore e patimenti, dopo tante botte perpetrateti, prima eri un uomo spiritoso con la battuta perennemente pronta al vetriolo. Adesso, langui ruvido come carta vetrata nella solitudine più vana soltanto per colpa di una per cui eri follemente innamorato con la quale bramavi di giacere smutandato sul divano, che t’ha lasciato in verità soltanto malinconicamente esterrefatto perché solo, non tanto sola soletta, un altro si è fatto, rifilandoti la sola…, lasciandoti fritto e sposato, no, spom… to.

E t’ha pure diffamato, in parole povere sputtanato.

Oramai la frittata è fatta.

Ecco allora che, se non riesci a reggere alla batosta pazzesca, potresti trasmutare arrabbiato in James McAvoy la bestia, irosamente proteso verso un(a) life style manicomiale da hater con multiple personalità animalesche, poco sane e sante. Cristo santo!

Nuovi Anthony Perkins di Psycho pullulano infatti nelle strade e tu li adocchi malevolmente, giudicandoli frettolosamente in un gioco altrettanto a sua volta ipocrita di voyeurismi più scandalosi dello sguardo penetrante di Hitchcock Alfred.

Un’umanità mortificante qui infernale vive e arde fra bruciati uomini essiccati, no, eccitati solo dalla virtualità di sogni mostruosamente proibiti da piccolo-borghesi psicologicamente repressi e castrati che, di giorno lavorano rispettabilmente, e di notte si dimenano in webcam furiosamente.

A molti di voi è successo questo, lo so. Chi dice donna dice danno. E chi dice amici spesso non sa che questi si fingono dolci mici e invero son soltanto infidi nemici. Guardatevi le (s)palle da questi guardoni, da questi indagatori della biancheria intimissima della vostra vita fighissima e dunque allo stesso tempo sfigatissima.

Poiché gli uomini e le donne belle son tanto corteggiati quanto parimenti odiati e invidiati.

Così, fra una Giada con gli occhi da gatta, non una gatta con gli occhi di giada, che ti ha trattato da Bambi, tradendo la tua durezza e purezza con un ragazzo che farebbe a tutte le altre ribrezzo e baci di Giuda falsamente amichevoli di gente che doveva esserti a fianco nel momento del bisogno e invece t’ha sfiancato nel fondoschiena come un incazzato bisonte, cornuto e mazziato, beffato e trombato dalla vita non più briosamente e calorosamente ammicchi poiché totalmente ammaccato, avvilito nell’animo sconsolato, spappolato, probabilmente solo immobilizzato dalla caudina forca d’una società ove tutti fanno i fighetti ma in realtà davanti t’allisciano e da dietro, appunto, te lo rifilano, facendoti a fette come Ava DuVernay sostiene a tamburo battente in When They See Us, miniserie stupenda, cattivissima e verissima, ove denuda il marcio d’un sistema fascista assai svelto e qualunquista, in cui  sputtana magnificamente e non tanto allegramente questa cultura trumpiana da deficienti come fosse un’infoiata Spike Lee che dà pugni alle bugie più bruttamente silenti, rompendo a chiunque le ossa parimenti al mitico Bruce Lee e anche a Lenny Bruce, polemista e umorista pure fancazzista, scardinando dalle fondamenta questo sistema burocratico e istituzionalmente inconsistente che vuole arrivare immediatamente a conclusioni affettate, no, appunto affrettate, per chiudere ogni caso, insabbiando ogni porcata mai vista.

Un sistema ove le verità capovolte vengono rigirate a piacimento, che abbatte i ragazzi più stupefacenti e sognatori, un sistema ignobile che va combattuto con tutta la forza grintosa di John McClane, colui che è per antonomasia un genio menefreghista.

Non chiudetevi in casa. Fate ora del casino se avete subito un torto, un bullismo di troppo, una prevaricazione, un’altra sconsiderata esagerazione.

Denunciate, non fatevi intimidire, non fate il loro lurido gioco. A questi non dovete dare più spiegazioni.

Ai criminali va sbattuta in faccia solo una morale lezione da far loro davvero molto, molto male.

Quanti altri casi di ragazzi innocenti, i quali hanno solo avuto la colpa di ribellarsi vivamente ad adulti imbecilli già morti dentro, vedremo semi-lobotomizzati, che ne so, in un centro di salute mentale a venir imbottiti di farmaci semplicemente perché chi sapeva, che schifo, è stato zitto e chi ha combinato quest’orrore, oh mio dio, ancora dietro profili falsi provoca per reiterare il suo crimine orrido?

Oh Signore! Abbi pietà di loro.

Quante altre persone saranno incarcerate per la rapidità sistematica, appunto, di un mondo che vuole vederci chiaro subito e invece, oltre che invisibilmente omertoso, è stato biecamente appunto mostruoso e più criminoso dei sospettati, indagati, processati e dunque rovinati? Ma li salveremo.

Sì, sono cinico come John McClane.

Un idiota, appunto per provocarmi, disgustato dalla mia onestà intellettuale e psicofisica, mi ha da poco scritto: ma perché non ti ammazzi, ti sei mai chiesto perché esisti?

Esisto perché innanzitutto son più bello di te, so che ti girano le palle ma fottiti pure, quindi esisto perché, quando si commette un delitto perfetto, calcolato nei minimi dettagli, potresti non aver previsto l’insospettabile testa di cazzo che non butti giù neanche con le cannonate.

Questo scritto è dedicato a tutti quelli che stanno aspettando? No, hanno aspettato troppo prima di reagire. E poi hanno dato di matto, passando appunto per matti quando i pazzi erano gli altri.

A quelli danneggiati da gente, come impazza di moda oggigiorno in tale collettivo impazzimento e (a)sociale rincoglionimento, che manda commenti anonimi con cui offensivamente va crudelmente, sadicamente a parare puntualmente sulle più triviali, puttanesche battute sessuali volgarissime, ironizzando beffardamente ove non si dovrebbe mai scherzare e spingersi troppo con far becero e osceno.

Sì, un po’ del John Rambo e del McClane John ce l’ho eccome.

Pure profumato…

Carissimi, miei teneroni, son qui con questa epistola a illuminarvi ancora. Finitela con le vostre rivalse, i vostri odi, i vostri insulti da facinorosi e machi da quattro soldi. Basta con le pistole e i moralistici pistolotti.

Ora mi vedete? Cosa vedete?

Uno da prendere di nuovo pel culo o uno contro cui non vi sareste mai dovuti mettere? Basta la verità omettere. Che vi fa pelo contro pelo? Che palle!

Accendiamo la lucina nel vostro cervello malato della seconda che ho detto?

Amici e fedelissimi, vi dico questo perché oramai, ne ho viste così tante, che so come va il sistema.

Quello che persone molto stupide ancora non sanno è invece questo: non amavate gli uomini liberi e vi divertiste a provocarli vigliaccamente per incriminarli ingiustamente, convinti che ogni cosa si sarebbe sistemata per dormire vostri comodi, sereni sogni tranquilli.

Sì, il sogno è bello finché a casa vostra, fra pochissimo, non verrà recapitata di primo mattino una nuova chiamata in tribunale.

Che simpaticissima sveglia.

Cazzo.

Come diceva l’uomo a cui molte persone si rivolgono di domenica nelle loro fintissime preghiere farisee: Qui habet aures audiendi, audiat.

Come dice chi non ha bisogno invece di studiare a menadito il Latino per essere un Dio barbaro: la vita è come una scatola di cioccolatini. Può capitarti anche quello che ti fa giustissima-mente vomitare perché hai capito che sei una merda.

E stavolta t’ha inculato lui, demente. Svuotandoti e lasciandoti come uno stronzo.

Adesso, per piacere, levati dai coglioni.

facebook willis die hard

 

 

di Stefano Falotico

Belén lascia De Martino per Mereghetti!


14 May


 

Notizia vera: Belén Rodriguez lascia De Martino per Paolo Mereghetti

Nelle prossime ore, la notiziona farà capolino su tutti i giornali, e riempirà riviste e quotidiani d’Italia.

L’argentina modella Belén, colei che da noi ha trovato l’America, sculettando alla mercé del primo “offerente”, insomma un’orfana che ci “sa fare”, è da oggi ufficiosamente la nuova fiamma del famoso critico da “Dizionario”, l’eminente Paolo Mereghetti.

Vi narro il retroscena che ha portato, nelle braccia recensorie di Paolo, la Rodriguez “popolana”, molto polla per “troppa carne arrosto”. Anche se, invero, ultimamente ha perso qualche chilo(caloria), che le estorse il “caloroso” Corona dal braccio “destro” della prigione “rugginosa” al ruggito di “Belena è mia, aiutami Moby Dick, la bianca balena! Sono prosciugato in mutande!”.

Ieri Notte, Belén e il compagno Stefano, oramai ex, si recarono al “celebre” ristorante romano “Il Satanazzo”, per una cena a base di “Mi fai sangue, fra queste salsicce rosolerò di linguine il tuo salame con del carpaccio, poi ti donerò il mascarpon’ dolcetto con dei piedini da leprotta”.

A pochi metri dal loro tavolo, in posizione hitchcockiana come “stratega” del metteur en scène, di “cenette” da buona forchetta, quel marpioncin’ del Paolino-psycho.

Critico della mutua, divenuto ricco grazie alle sue “analisi” filmiche imbastite di “sveltina” con delle mignottine fra un Crash di Cronenberg sottostimato e una sovrastruttura alla von Trier d’“aria fritta” per genial vender bene il suo “tutto fumo”. Mise, eh sì, a “frutta” la sua scimmia neuronale da “banana” onanista-virtuale.

Ubicato vicino al cantuccio, sgranocchiando dei grissini torinesi con prosopopea destrorsa da milanese orso, Paolo ordinò della “puttanesca” al peperoncino davvero piccante, una damigianina per meglio “pigiare” d’occhiolino finto strabico su gote sbronze e faccia paonazza da stronzo, il filetto verde e “Famo du’ conti” da Conte Max, togliendo il caffè allo scontrino m’aggiungendo la mia battutina “frizzantina” in attesa di “stapparlo” alla battona Belenottera “strappata”. Una che, di “spumante”, ti rende la vita champagne sul “bagnarla” da “botte” di Capodan(n)o.

Paolo, osservando la die(ge)t(ic)a dei due piccioncini, colse la sua fava di fuca e la sua fame di figa. Più che quattro stellette a Il cacciatore di Cimino, proprio un bel volpino per la “cerbiattina”, con tanto di “mirabile”-cerbottana.

Mangiò in fretta e furia, ingurgitando per (“love me…”) tender poi, con calma, l’imboscata da “boschetto” del condimento alla Rodriguez. Sì, anche Robert nella sua mente male-fica, appunto, da Planet Terrona ma abito in Settentrione. Che “torrido” terrore!

Belena trangugiò quelli alla boscaiola infatti, e Stefano sbavò, “adorandola” nel ballerino con un timballo fra le tagliatelle delle sue “cotolette”.

Mentre poi entrambi si ficcarono… in bocca un profiterole, Paolo era già “fuori” nello “strofinarseli” da caldo cioccolataio…

Stefano pagò e “accomodò” Belena a prendere una boccata.

La lasciò sola con le suolette… e fu allora che Paolo la “imbavagliò” e la sbatté nella sua roulotte.

Con pose da sanculotto…, un rivoluzionario per “ghigliottinarla” a gogò in amplessi estremi. A collo se la scopò di bru(t)to alla Bestia. Senza preliminare “alla francese”, ma con quel tocco “nobile” da marsigliese. Libera e sciolto in “lei” legata. Alla pummarola in Coop!

Il suo “marzapane” grondò di “panna montata”.

Lei, inizialmente avvelenata, contattò uno della Sinistra per denunciare quest’anomalo “Corriere della Sera”.

Se si fosse venuto… a sapere che Belena con Mereghetti dondolò le “altalene”-donnaiolo, ne sarebbe andata a puttana di “carriera”.

“Fallo” sta che Belena, dopo il momentaneo shock (e scotch…, sia come alcolizzata che come “adesivo” per “tapparla”…), ha preso la sua definitiva decisione.

Del Paolo, nonostante la “strinse” nell’incoscienza del suo orgasmo “finto”, ha scoperto essere un amante molto più “fra le gambe” di De Martino. Stefano è da “ristretto”.

Perché Mereghetti Paolo dà alla “donna” il Martini con il “fascino” laido della sua “mortadella” l(omb)arda.

“Hitchcock”, il Trailer


11 Oct

 

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)