Posts Tagged ‘La grande bellezza’

Questa genia di furfanti che si credono geni, questa grande bellezza…


13 Apr

Debito di sangue

Space Cowboys

 

Molta gente, la maggior parte non sa che significa, o per dirla alla Totò de I re di Romache significhi… genia, che da dizionario vale a dire, dico, vale a dire accolita o stirpe di persone spregevoli, cioè gentaglia, senza articolo determinativo la davanti perché la… nobiliterebbe femminilmente.

Che poi anche sulle donne avrei da ridire, da obiettare, da polemizzare, nel mio stile, falotico per antonomasia.

 

Su “donna con le palle” crollerebbe qualsiasi gentiluomo… Stefa’ l’hai voluto tu, eh? In ordine sparso: la tua vocazione civile ai tempi dell’università non se la ricorda nessuno; molti invece ricordano personalmente un’altra tua vocazione che si esprimeva a quei tempi, ma si consumava nei bagni dell’università… La storia ufficiale del partito l’hai scritta perché per anni sei stata l’amante del capo del partito. I tuoi undici romanzi pubblicati da una piccola casa editrice foraggiata dal partito, recensiti da piccoli giornali, vicini al partito, sono romanzi irrilevanti, lo dicono tutti, questo non toglie che anche il mio romanzetto giovanile fosse irrilevante, su questo ti do ragione. La tua storia con Eusebio: ma quale? Eusebio è innamorato di Giordano, lo sanno tutti… da anni pranzano tutti i giorni da Armando, al Pantheon, sotto all’attaccapanni, come due innamoratini sotto alla quercia. Lo sanno tutti e fate finta di nulla. L’educazione dei figli che tu condurresti con sacrificio minuto per minuto: lavori tutta la settimana in televisione, esci tutte le sere, pure il lunedì, quando non si manifestano neppure gli spacciatori di popper. I tuoi figli stanno sempre senza di te: pure durante le vacanze, lunghe, che ti concedi, poi hai per la precisione un maggiordomo, un cameriere, un cuoco, un autista che accompagna i ragazzi a scuola, tre babysitter… Ma insomma… come e quando si manifesta il tuo sacrificio?! Queste sono le tue menzogne e le tue fragilità. Stefa’, madre e donna, hai cinquantatré anni e una vita devastata, come tutti noi… Allora invece di farci la morale… di guardarci con antipatia… dovresti guardarci con affetto… Siamo tutti sull’orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che guardarci in faccia, farci compagnia, pigliarci un poco in giro… O no?

(Gambardella/Toni Servillo)

 

Che dire? Io, fra i tanti libri che potete trovare nelle librerie online, scrissi anche Una passeggiata perfetta, “romanzetto” giovanile irrilevante, tanto irrilevante che successe il finimondo. Perché da “investigatore privato” della mia anima, scandagliai, scorticai, devastai un sacco d’ipocrisie sulla mia persona, al che attorno a me crebbe la paranoia, una psicosi talmente piccolo-borghese, da “dottorini” alla Eyes Wide Shut, che fui visto come Amleto, un menestrello senz’arte né parte in piene crisi deliranti da protagonismo e con manie complottistiche. In realtà, come il grande Jim Morrison, ero già morto nella rinascita, come nel finale della Grande bellezza..è solo un trucco…

Ah, il chiacchiericcio…

Personalmente, l’unico complotto che ho mai visto nella mia vita è stato il rinnegare per tempo immemorabile la mia anima, contraffacendola per far piacere a coloro che da me, vivendo spesso da recluso, probabilmente da “escluso”, si aspettavano che da pari mi comportassi, cioè da illuso e “tonto”, e che il mio allontanamento dalle frivolezze adolescenziali, da quel periodo immaturo di ripicche, pettegolezzi, caccia disperata alla figa, per gli altri, non per me, quell’età in cui quasi tutti si credono geni sulla rampa di lancio e invece, scontrandosi poi con la vita adulta, si svelano per quelli che sono, paurosi, incerti, sempre prodighi di consigli e mentori ma invero mentitori biechi della propria coscienza, bravi a far gli “spauracchi”, bluffando dietro falsi profili coi quali possono offendere e anche ottundere chiunque, pensando che tanto saranno impuniti, nell’alterigia “allegrissima” di bullismi degni del periodo deficiente che viviamo ormai da anni, sarebbe volata via, attutita dal mondo che va avanti, accetta gli affronti vergognosi, se ne fa una ragione e procrastina ancor sé stesso/a, spudoratamente vivendo nella “castrazione” delle sue potenzialità.

Perché l’Italia, incurabile, insalvabile, è un Paese piccolo borghese. Le donne adesso si esibiscono su Instagram, sfoderando il peggio della loro volgarità ma, se sfacciatamente fai loro apprezzamenti sinceri quanto la loro mancanza di finezza, ti sputano in faccia le offese più schifose. E poi scopri che sono consulenti d’immagine, P.R. forse solo delle loro ancor sguaiate laidezze, “formalizzate” in foto piccanti, esuberanti, provocanti, celate dinanzi al caporedattore delle loro ansie devastanti, davanti al quale sono invece integerrime o solo malate di disturbi da mal di pancia che abbisognano di Enterogermina.

Gli uomini oramai vanno presi per quelli che sono sempre stati. Dei cascamorti, dei sapientoni da manuale delle Giovani Marmotte, che discettano di Cinema, politica, Arte e poesia sempre in termini astratti, e poi non saprebbero neanche filmare i lor (r)atti in contatto “dialogico” con la tazza del cesso “diegetico” delle loro virilità da nani o solo da onanisti. Ma non onanisti puri, vivaddio la masturbazione, no, masturbatori di cazzate degne di quello di John Holmes.

Di mio, oggi pomeriggio mi stavo recando al bar. C’è il matto del quartiere, anima pia, idiota, che tutti i giorni scende dall’autobus, afferra le cartacce dal marciapiede e le getta oltre i recinti delle abitazioni private. Poi ride… l’altro giorno, davanti a tre ragazze, si è tirato giù i pantaloni e comodamente se l’è grattate. Ma non l’ha fatto per dare scandalo, né per “eccitarle”. L’ha fatto perché gli prudevano e candidamente doveva “scrollarsele”.

Che sia un genio costui?

So solo che stasera mangerò con la forchetta. Molta gente mangia i polli con le mani e anche con le cattiverie, ma io non son manesco, esco, eppur gli stronzi con me stanno freschi… vanno a prender per scemi la loro sorella.

 

Il mondo, d’altronde, si divide in due categorie: quelli che fanno un lavoro per essere ammirati, dunque i giornalisti, gli psichiatri, i direttori di azienda, e quelli che vivono sapendo che questi qua mentono…

Categoria Clint Eastwood, che non sai mai se è un comunista, un fascista, un fancazzista o uno che odia il razzismo.

E nel dubbio te lo piazza in culo ancora.

Insomma, siamo pieni di Jeff Daniels di Blood Work, un poveretto invidioso e rosicone, che tanto prima o poi viene scoperto, fa una figura di merda immensa, anche se ti fa venire un infarto e te la combina sporchissima. Fino a prova contraria, non è ancora nato chi possa dirmi come stare al mondo, se a me il mondo piace viverlo da Falotico. Che poi il mio mondo non venga capito, è un problema che riguarda le persone paranoiche. Credo di essere “idolo” per questo, a differenza della massa di pecoroni coi loro luoghi comuni e le loro limitatezze. Il prossimo film di Eastwood si chiama The Mule, ho detto tutto.

Siamo uguali.

 

di Stefano Falotico

L’addio patetico di addio al Calcio del Tottone


29 May

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Ieri ho assistito a una “vergogna”. Sì, tante lacrime piovute da un cielo agghiacciante ove le frasi sperticate d’elogio si son sprecate come granelli di sabbia senza mare. Totti lascia la Roma dopo venticinque anni di “onorata” carriera. Ha vinto solo uno Scudetto ed è stato lo zimbello per via della sua sesquipedale ignoranza su tutto, dimostrandosi però “guerriero” di “valore” e inanellando colpi di classe indiscussi. Ma da qui a versar commozione da parte di Verdone Carlo ce ne passa. Uno spettacolo (ig)nobile, a simbolo di un’Italia che si affida a questi eroi di cartapesta, buoni a intascarsi altri milioni di Euro per “zoppicare” in campo con la pancetta e il “rutto” libero.

Devastato da tanta indecenza, riguardo questo.

 

di Stefano Falotico

L’ultima partita der PUPONE, che “grande bellezza”


27 May

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Ebbene, domani Domenica 28 Maggio 2017 sarà (forse) l’ultima volta che Francesco Totti indosserà la maglia della Roma. Un “uomo” che ha visto passare 3 papi, 6 sindaci e varie circonvallazioni, divenendo l’idolo pasoliniano perfino delle prostitute. Sì, le vidi piangere dinanzi alle sue prodezze come fossero state pagate da Berlusconi in un festino in Parlamento. Si svestivano e “allegramente” gioivano dirimpetto a un uomo Colosseo, no di classe colossale. Urlando “goal” a ogni “ficcata” di lor amanti “fendenti” come l’ambidestro del nostro “divo”. Totti, uno che di fregne se ne freg)i)ò parecchio/e, dalla De Grenet alla Blasi, sciorinando la sua “cul-tura” da personaggio classico romanaccio che non ha mai frequentato il Ginnasio ma soprattutto in “quelle” ha fatto molta “ginnastica”, superando Falcao a grosse falcate e non ricordandosi quando fu ucciso Falcone. Insomma, er PUPONE.

Un doveroso “omaggio” per questo suo last match di fine maggio. Un uomo di piumaggi.

di Stefano Falotico01093401

La grande bellezza, racconto ero(t)ico


27 May

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Salve, sono Gambardella. In questo pullulare pusillanime di scribacchini che vogliono “vergare” pagine “sudate” di passione, ove imperano le sfumature di grigio, anch’io voglio cimentarmi in un racconto “piccante”, dunque peccante, perché ricordiamolo viviamo nel Paese dei moralisti e dei benpensanti, quando è invece al “pen” pen(s)are che dovremmo darci. Voglion votare i grillini ma è ai femminili grilletti che dovrebbero “innalzarlo”. Spassionatamente, con un po’ di malincuore e giusta serenità antitetica a questo sentimento malinconico ch’è la mia notevole pigrizia, posso ammettere, anche se vorrei solo “metterlo”, che, nonostante le mie mille mortificazioni patite e il mio ego un po’ partito, nessuno è riuscito ad abbattere il mio senso gioviale, affabile, (dis)umano nei riguardi della vita. Sapete… tentativi ostracizzanti di volermi annettere alla comune massa volgarotta, e cercarono di “castigarmi” in un lavoretto all’insegna della demagogia più spicciola per “curarmi” dal mio invero innato bisogno di creatività, di sapidità euforica del mio animo sguinzagliante tra la foll(i)a. Così, per qualche tempo immemorabile m’addolorai e, “pun(i)to”, quasi mi convinsi che avessero ragione. Ma io sono appunto anima libera, che canta fuori dal cor(p)o, e vive di sue estasi esistenziali al di là delle mer(l)e esistenze “pie” e conservatrici di “valori” fasulli e fallimentari come la filigrana di uno zingaro proprio falsario. No, non mi avranno, e (r)esisterò in un altro(ve) tutto personale, “baionettando” di libri appunto liberi, di miei momenti estemporaneamente metafisici, addentrandomi nelle braci viscerali del tenebroso mio “stronzo” a cuor aperto. Sì, con questa frase son stato ermetico, ma fa parte del mio (t)essere. Ah, son tutti alla mediocrità tesserati e si plastificano in vite odoranti solo il dio denaro, per lo squallido compromesso dell’accettabilità sociale. Dio me ne scampi dalle socialità e da questi sorrisi ipocriti che pretendono tu ti conformi all’idiozia generale per un esasperante buonismo che in verità, vi dico, scontenta tutti. Allorché, fra i miei polmoni innaffiati di gaudio, anche se taluni ignoranti mi piglian per “gaio”, scrivo di quest’avventura trasognata, fantasticata, del mio uccello fanatica.
Ella stava seduta sul divanetto di una sauna, no, sala d’aspetto e, pettoralmente, mostrava il suo basculante balconcino mobile, lustrandosi le gambe carezzevolmente con le sue mani delicate da signora poco angelicata. In quell’accavallamento di ormoni, “rinvenni” le sue cosce muscolari, già pronte a “prostrarsi” al mio “coso” (t)irato. Mi avvicinai in modo felpato, infatti indossavo un felpino, e felino adocchiai le sue movenze felliniane. Donna di grandi curve abbondanti, su cui Valentino Rossi avrebbe “disegnato” le sue giravolte rallistiche, sgommando a velocità “liscia” delle sue “gomme” pneumaticamente dense di corpi cavernosi enfiati, dilatatisi nell’acceleratore forse di un’eiaculazione precoce. Sì, di lì a po(r)co l’avrei “oliata”, nel seder inchiappettata di mio “gusto”, e sarei “ribollito” così come l’aroma del caffè “vien su” mentre “lo” mandi giù. Ella stette al “giogo” e, cavalcandomi “a singhiozzi”, ebbe il suo “duro” affare, no, da fare, mentre io me la facevo di tutto gel e poco gelo. Scaldandola, ebbi maniera di “pittarle” il mio “amore”, circumnavigando la sua pelle di profonda gola “schitarrante”, forse solo di colpi di tosse scatarranti per via del “fallo” che mi (re)spingeva poc’ardimentosa ma via via comunque più carnosa.
Poi, andammo a mangiare una pizza a Canosa. E parlammo delle “imprese” del Canova, gustando un siciliano cannolo mentre dei ragazzi vergini si fumavan le canne.
Ah sì, il Festival di Cannes.
Ricordate: forse non sono intellettuale di spicco ma di “spacco”, sicuramente di “sticchio”.
Non sono distinto ma d’istinto e lì dentro “la” tingo. Non canto Tenco ma un po’ triste mi mantengo.
Ora, balliamo il tango, e poi ti toglierai, ti toglierei il tanga.

 

di Stefano Falotico

Toni Servillo sarà Berlusconi per Sorrentino, e Berlusconi come sarà a Sorrento? Riflessione falotica


09 Apr

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Credo che Silvio Berlusconi abbia sempre rappresentato la mia nemesi. Lui, uomo gioviale, di grana grossa, che si è sempre “addolcito” con “gentili” signore di “bocca buona”, pie a elargirgli pompini a tutto gas(ato). E lui accondiscendeva con indubbia cialtroneria della sua sfacciataggine ero(t)ica da “cavaliere” distinto, mentre io sono un asceta d’istinto. Non uno stinco di san(t)o ma nemmeno uno da tanti pezzi di “sticchio”. Sì, Berlusconi… se ne “avallava” di vallette, piluccando con godimento inesausto da vero maialino che fu premiato da altri italiani porcellini a divenire premier. E dire che, quando costui fu eletto, io compravo la rivista francese Premiere e, mentre lui “calcava” le passerone, io sognavo una passerella, invero conducendo una vita da San Francesco che parlava non tanto al suo uccello ma decantava i passerotti. Oggi, sul davanzale del mio balcone, s’è poggiato un piccione, caro Berlusconi, che hai fatto carriera grazie ai picciotti e, nonostante tu di altezza sia sempre stato un piccino, leccavi tutte le tettine e i balconcini. Il piccione mi ha chiesto del cibo ma a me non son rimaste nemmeno le briciole, cari (b)ricconi e sono uno scrittore che vive delle sue ispirazioni, mentre Silvio, a ottant’anni suonati e a mille ani trombati, continua con le “pressioni”, riducendo l’Italia alla fame mentre lui “le” sorseggia, e LORO ne succhiano… con tanto di aspirazioni. La vita è un percorso a spirale, non sperate in altro. Non mi puzza l’alito e non ho la puzza sotto il naso, eppur amo La grande bellezza.

In verità vi dico che, stufo delle mondanità, mi son dato alle mondine. E cavalco l’onda mentre Silvio vien sempre più macchiato di cattiva onta. Insomma, scrofe, son un uomo non servo dello Stato, ma forse ho la stessa cadenza meridionale di Servillo.

Ed è un piacere cadere, cari cascamorti.

 

Stasera ci sarà un’altra festa, io non vi andrò come al sol(it)o, ma mangerò e guiderò una Fiesta.

E tutti, mentre festeggiano, io infesto. Speriamo non m’investano… non voglio investimenti né investiture, io sono la iattura. Non amo neanche tanto vestirmi. Ma, per non aver pagato la Fiesta al supermercato, mi arriverà la fattura in questa degli animali fattoria.

Insomma, sono un factotum.

Alcuni mi chiamano fallito, altri mi chiamano Falotico.

 

Sì, Berlusconi ama il mar di Sorrento e tu ami sorrata.

SET DEL FILM "LA GRANDE BELLEZZA" DI PAOLO SORRENTINO. NELLA FOTO TONI SERVILLO E CARLO BUCCIROSSO. FOTO DI GIANNI FIORITO

SET DEL FILM “LA GRANDE BELLEZZA” DI PAOLO SORRENTINO.
NELLA FOTO TONI SERVILLO E CARLO BUCCIROSSO.
FOTO DI GIANNI FIORITO

 

di Stefano Falotico

The Irishman di Scorsese e la mia analisi (a)sociale alla Gambardella, questa è grande bellezza


26 Feb

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Oggi, in questa domenica pensierosa e penosa come sempre del mio esser scosceso, discendo che ho ragione su molte cose, anche su molte cosce, profittando della “levigatura” che combacerà col mio (prepu)zio, in “ottemperanza” al triangolo sacro del mio godimento. Sì, è una frase delirante, frutto del mio cerv(ell)o dislocato in una zona erogena, forse solo eremitica da adoratore della solitudine masturbatoria. Essendo un genio, dotato di un uccello fenomenale, posso criticare la Notte degli Oscar, che premierà le adorazioni banali e buoniste dell’amore, dei balletti e dei canti. Meglio il mio cane che scodinzola di neuroni affilati nel “disturbante”. Sì, mentre bevo un caffè al bar, turbo e adocchio donne chiacchieranti, gustando la mia misoginia misantropica da uomo di barbetta (in)colta. E spasimo per un culo che, nella segretezza della mia stanza, diverrà materia di sfogo, sì, una bella figa. E io, nonostante venga attaccato da ogni parte, “lo” att(r)acco di bella vita alla Happiness. Sì, ho conosciuto fessi che han lavorato in tutta la lor miseranda (r)esistenza facendo i facchini e poi hanno costruito attici felliniani per un “secret garden” poco springsteeniano delle lor fantasie proibite da Otto e mezzo. Rimpiangendo i culi perduti, più che altro (da) deperiti, e fantasticando sui lor sogni inf(r)anti. Patetica borghesia che davvero si domanda se Gibson Mel sarà il regista di Suicide Squad 2 e vive da Passion di poveri cristi. Vanno compatiti e che la lor mediocrità agghiacciante patiscano, in remissione della lor vita da messi… Meglio colui che volò sul nido del cuculo, uomo come me alla Nicholson, ghignante e luciferino di Anjelica beltà un po’ alla Huston. Con una faccia fra il torvo alla Scarface e il Pacino che ripugna i bacini. Eppur Al sarà Bufalino, mentre Keitel sarà Hoffa. Uffa, sbufferete voi, un altro crime movie di gangster. Sì, un C’era una volta in America su Frank Sheeran, uomo che ne vide di cotte e crude e non fu mai cotto, ma crudissimo di freddezza lapidaria, da sicario di uomo che non doveva chiedere mai un altro si(ga)r(o). Un signore che non andava provocato e la cui vita fu una merda. Ma un uomo di parola, uno che non credeva alle austerità di questi studenti odierni “brillanti” che non si sa cosa s(t)udino, lontano dalle false nobiltà di questi contemporanei facinorosi del “benessere” psicologico. Un uomo che teneva dentro, ruminava, “imbrogliava” perfino sé stes(s)o, corroborandosi della sua “gigantesca” malvagità. Insomma, io non sono come Frank l’irlandese ma non ascolto neppure Ed Sheeran. Un britannico ma dai nonni alla “valle verde”. Uno che giochicchia con le melodie mentre io aspetto di giocare con una che (non) me la dia. Per carità di Dio, che non esiste, me ne scampi… Meglio esser scapolo e grattarsi le scapole. Ah ah.

Insomma, leggendomi, avrete capito che non sono un fanatico dell’umanità ma di De Niro sì.

E così sia.

Che vi benedica, fessacchiotti.

All’uscita di The Irishman, se non vi piacerà perché lo riterrete, come il mio linguaggio, troppo “violento”, vi regalerò un orsacchiotto e un leccalecca. Per ricordarvi che dovete stantuffare la vostra bella, zuccherandovi di male, no, di miele. Andiamo a caccia, mentre voi andate sempre ad acacia.

Insomma, bambolotti, sappiate che la vita non è una pasticca antidepressiva.

Che voglio dire?

Quello che ti metti in bocca, mignotta. Mica cazzi…

 

Che grande bellezza…

Non sono uno scemo, ma Shame.

 

di Stefano Falotico

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La grande bruttezza


10 Sep

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Immaginate questo scritto nel “candore” sopraffino della voce scandente “terrona” musicalità alla Servillo, e fruitene quando le albe vi sembreranno tramonti e un tramonto non v’emozionerà più così come fu la prima volta e ora “penate” su quella che è stata l’ultima… zoccola che pagaste.

Di mio, non amo il sesso, credo che sia una delle mie “regioni” per cui mi allontano da questa società così tanto di esso ciarliero, società vanagloriosa di uccelli e di coloss(e)i. Sempre ce l’hanno in bocca.

 

– Donna, tu bevi tutto.

– Non è vero. Sono molto sveglia.

– Allora succhialo.

 

Vado in giro per questa Bologna decantata da Carboni Luca e noto che ancora esistono non solo i carbonieri, i carbonari, ma anche i carabinieri. Si acquattano sotto i ponti e fanno la multa anche a chi ha il mutuo, rendendo queste persone, indebitate, per lo stupore agghiacciante, mute.

Di mio, non muto, son sempre malinconico e un po’, diciamocela, da manicomio. Ma il mio atteggiamento nei confronti della “figa” è encomiabile. Molte, in tempi (sos)petti, mi s’avvicinarono per “attentare” all’incolumità del mio uccello. Ma tutte, senz’eccezione alcuna, ricevettero in culo… dei cal(i)ci. Le disdegno con gran portamento e bizzarro abbigliamento. Queste sono delle “spogliatoie”. E qui son (totoi)ano.

Uomini, non sapete cosa vi perdete quando, dopo giornate “dure” di lavoro, senza ori tornate a casa e loro volevano solo dei “gioielli”. Non datevi pena di teste matte se non potete soddisfarle, fatevela… questa pugnetta che ammira lo “scodinzolare” dell’uomo frust(r)ato.

Di mio, passeggio pen(s)ando questa.

In tal società, se non fotti l’altro/a, vieni considerato un ritardato. Se non rubi, alimenti le dicerie di chi pensa che per campare, appunto, sei un ladro. Onesta-mente, mi pare tutto (b)rutto.

 

Parlano sempre e si parano.

Di mio, par(l)ai. E vivo come mi pare. Non ti pare? Allora ti piace.

 

di Stefano Falotico

Festival di Venezia ti disdegno: sono The Young Pope senza La La Land


31 Aug

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Urge in me questo presente. Avrei voluto usare la coniugazione di passato remoto “urgette” o “urse” ma, come (non) sapete, non esiste. Allora fu urto in me questo sociale, totale rifiuto. Sempre più fiero della mia vita eremitica, da anni (in)consapevoli non mi reco più al Lido, perché questo lor chiacchiericcio non mi par grande bellezza. Gente che applaude Gosling, porgendo leccate di culo alla Stone, mi dà di stomaco. Il concetto di figata non l’ho mai capito. Secondo me è figo un bufalo nelle praterie sconfinate dell’Ovest che “pascola” assieme al suo piccolo, dandogli da mangiare l’aria cosciente della loro fresca, robusta animalità. Caduche le foglie di quelle steppe poi si (ri)posano su un’alce inne(r)vata che, mesta, passeggia “lagrimosa” nella scoscesa sera tranquilla, senza tutte queste mondane scosciate. Sì, Venezia n’è allagata. Donne che tutto l’anno “cacciano” il cibo del loro “erotismo”, zampettando su tacchi a spillo per uomini che, cedendo alle “lusinghe” del loro sesso così “bell’esposto”, maliziosamente (non) celato, crolleranno “colanti” dinanzi a un paio di collant attizzanti per la “gioia” di 15 minuti di cannibalismo accoppiato. Roba per gente carnale e vogliosa di successo… che cessi. Scoppiate… a piangere davanti al mio papa, sono un pappamolla e vi racconto questa. Per via del mio stile di vita autarchico, ai confini con la foll(i)a, la donna del settimo piano, quando mi vede scendere le scale, pronuncia sempre un lapidario “mah”. Come dire: ma questo ci è o ci fa? Lei (non) sa che appena la vedo mollo, appunto, una “sana” scoreggina secca, “calibrata” di sfintere libero come una libellule senza i “cazzi” di queste vecchie donzelle. Acida, frustrata, con un marito geologo che non so se ancora la trivella. Di mio, preferisco le caramelle. Anche la caravella del parlare di ovvietà come se avessi scoperto l’America. Sì, adoro il Sabato sera degli anticipi di Calcio, di questi giocatori al “potassio” che “scuoiano” le palle in pantaloncini “sintonizzati” sullo Sky-line degli abbonati non so se di normale tifo “abbottonati”. Un gioco che piaceva a Pasolini e garba pure a me. Vi racconto quest’altra. Come tristemente abbiamo appreso, è morto il grande Gene Wilder, icona Mel brooksiana ma soprattutto Willy Wonka. Oggi, Mereghetti ha ben accolto La La Land, apprezzandolo per il suo romanticismo sognante schierato a viso aperto contro il cinismo andante. Sì, proprio lui che giustamente stronco Willy Signori e vengo da lontano. Che c’entra? C’è un filo logico in questa cagata, sì, perché leggo il Mereghetti sempre sul water, imparando a memoria le sue stellette quando la merda fa flop, no, pluf. Ecco,ve ne racconto un’altra. Oggi son andato a pigliare… un mio amico. Mi ha confidato che assume delle pasticche che non glielo fanno tirare. Poi mi ha chiesto se anch’io prendo quella robaccia. Io ho assentito, e lui: come fai? I migliori anni della tua (s)figa, cazzo, per la Madonna di Cristo impestato! Devi scopare.

Lo scaricai, dandogli la benedizione e mandandolo a puttane. Di mio la mia vita non va a zoccole, ma per via del “fallo” di essere un san(t)o la gente mi riverisce come fossi Bergoglio.

Detta fra noi, Allah o Dio mi sembrano due idoli messi lì per rincoglionire il popolino.

E questa kermesse, secondo me, può anche andare a farsi fottere.

 

Firmato l’uomo sul cui uccello anche l’acqua santa non può elevarlo.

 

Post scriptum: una ragazza su Facebook esulta dopo la “visione” di La La Land.

Di mio, mi accontento di essere un deficiente migliore dei deficienti “normali”.

 

– Ma Falotico, lei non si fa schifo? Non ha ambizioni.

– Signora “cara”. Si faccia i cazzi suoi. Considerando il suo trucco, mi pare che lei sia proprio una “diva”. E di cazzi, cantando trallallero, va il fil(m)ettino.

 

 

di Stefano Falotico, detto il Papam della Pescarola. Uomo che preferirà sempre una Coca Cola col limone ai limoncelli delle cocainomani.

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I giganti o i gitani?


03 Aug

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In questa società ossessionata dal cul(t)o dell’apparenza, è tutta una lotta fratricida per imporre la propria personalità, come se poi averla significasse essere migliori.

Io non posseggo una “forte” personalità, cambio sempre la traiettoria del mio pen(s)are tra la foll(i)a e oggi sono allegro e anche oggi meno. Sì, meno, da “picchiatore” dei miei (ri)sentimenti, angustiato da tanti ricordi spezzati, sfilacciati che diventano memoria. Non so se memorabili ma comunque appartengono alla mia “memorabilia”, a quel flusso incantato di esperienze, anzi, d’aver esperito, respirato, le mie colpe, se ne ho, espiato, perfino aver il prossimo, nelle sue mancanze e vigliaccherie, spiato. Sì, fui spione di molte vite altrui, soprattutto cinematografiche, “biografizzandomi” in Robert De Niro quando, adolescente, nutrivo il suo “nitrire” e il mio simbiotico a lui sentire. Ora che è senile, mi sento io giovan(il)e. E, come lui, deniriano.

Non ho mai amato Fellini, anche perché mai scattò con lui il feeling. Quelle sue storie provinciali didolci vite vitellonesche mai scatenano in me l’amarcord.

Passeggio come Garmbardella nella mia grande bellezza, sfiorita da tante donne che mi sfiorarono e non volli “forare”, no, far fiorire, disprezzando la loro boccaccesca voglia di mio uccello.

È al cerv(ell)o che bisogna legarsi e accopp(i)arsi, non al bastone della vecchiaia del matrimonio, sappiatelo, infedeli e coniugi cornuti.

Tutti vogliono primeggiare ed essere dei giganti. Siate invece zingareschi e gitani, e apprezzerete le torte di mele anziché le torri di male.

Così sia. Sempre mi sia lodato.

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di Stefano Falotico

Il Festival di Venezia mi angoscia, mi “scoscia”, mi scoccia, sostanzialmente sono come Liam Neeson


03 Aug

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Ecco, non so se avete “colto” Liam Neeson nelle recenti foto che (non) lo ritraggono in giro per New York, i paparazzi non l’hanno “beccato” poiché egli è il fantasma oramai di sé stes(s)o, come dico io, ché non ci sono più da un pezzo, da un “pazzo”, faccio le puzze e mi mangio una pizza nonostante il fegato non “ci sta”, non c’è più, è scomparso, non “lo” vedo tanto bene, infatti, serve “solo per pisciare”, riposi in pace e non si dia “pene”.

Tornando a Liam, fa pena. Smagrito, scavato, macilento, fors’anche flatulento, sebbene lo stomaco sia sparito, spiritato, un (ecto)plasma vicino allo zero negativo, forse positivo, sembra che abbia l’AIDS.

L’eroe degli ultimi action non si muove tanto in forma. E nemmeno io, parafrasando Woody Allen, mi sento bene, eppur mi faccio sentire, forse senile, forse, più che alt(r)o, infantile, probabilmente adolescente, adulto o vecchio, quel che importa è il (porta)mento, chiaro dementi?

Ecco, facciamo un salto… a Venezia? Macché. Vedrei/drò solo (in)visi che si scann(erizz)-ano per una foto con la diva di turno, gir(in)i sfiancati da una vita tutto l’an(n)o sedentaria, assistenti sociali nei supplementari, no, supplenti dei portaborse sotto agli occh(ial)i, gente in caccia della star che non fa una vita da stella, vive sempre nella stalla e poi al Lido si (ri)specchia nel guadagnar un Guadagnino di “fango” sulle guance alla Tilda Swinton per A Bigger Splash di flash(ati). Che schifezz’, che monnezze.

Meglio Milian al Milan, il CalcioMercato impazza, a Settembre saremo nel vivo del campionato. Chi ha comprato l’Inter? Cary Fukunaga, extracomunitario orientale americanizzato, no nation, autore di film “ossuti”, inquietanti, di pancia, di “sfondamento”, di storie tese come un rasoterra alle palle, ma all’ultimo minuto s’è inserito il corto-“brevilineo” The Audition, divertissement costato un occhio della testa di DiCaprio, ché ha un testone che pesa 100 chili, deve dimagrire perché altrimenti si sogna il Pallone d’Oro, no, l’Oscar, eppur mi par imbalsamato seppur dorato, di culetto bronzeo a mostrar le chiappe chiare con la modella che “glielo” ritocca.

Comunque sia, questa è una grande bellezza, non c’è Sorrentino ma preferisco Sorrento a sorrata.

C’è chi è malato di core e chi non va di corpo, chi lo è di mente e chi sempre le prende.

Pig(l)ia(lo), e statt’ bonazzo un po’ sul frocino.

Ora, cari porcini, vi saluto col mio bacin’.

E vaffancul’.

Ma quale moro di Venezia e Leone. Povero agnello d’un Neeson, questo è morto.

Dentro o fuori, basta che (c’)entri.

Che c’entra? Ma ci azzecca! Vincerà Bellocchio!

Sangue del mio sangue!

Sangue_del_mio_sangue_02

 

di Stefano Falotico

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