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Leonardo DiCaprio fu agli Uffizi, il Falò è giocondo in quanto anche La Gioconda! Ah ah!


20 Jun

Nel mondo, vi fu anche da Vinci. Voi, invece, cosa vinceste? Siete vinti, qualche volta avete vinto? Il Falò è un vincente? No, ma avvince.

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Abbiamo un grosso problema in Italia. Tutti si credono artisti e invece non lo sono, sono proprio giocondi


14 Jan

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Solo io lo sono. Ah ah. Questo mi pare evidente, palese e riconosciuto anche dal Vaticano. Il Papa, infatti, mi ha contattato per scrivergli l’Angelus. Voleva che edulcorassi, con qualche mio tocco di classe cazzuto, il suo discorso troppo dolcemente ecumenico. E potessi dare una pennellata di maggiore sintassi realista alle sue stronzate buoniste.

Gli ho risposto che non ho tempo, a differenza di Michelangelo, per facilitargli il papato. Affrescando le sue “cappelle”. E che ho da mangiar la pappina.

Sì, mostro un mio libro a una mostra ma non nel senso di presentazione, appunto, di qualcosa in vetrina, bensì come femminile di mostro, cioè un cesso di donna. Ah ah. Cioè non le “opere d’arte” di Cattelan, vendute a caro prezzo ai fessi, grazie alle quali Cattelan si è comprato ventimila bagni nuovi, ma quelle donne diarreiche. Le merdose. Si trovano in ogni angolo delle topaie, sì, son tope da biblioteche che si credono gran signore ma invero vi dico son più zoccole di Marina Ripa di Meana. Una che provocava Sgarbi con le sue merde d’artista.

Una di queste è venuta a rompermi il cazzo, ieri sera.

Ripeto, le ho fatto leggere la sinossi del mio libro per chiederle umilmente se le piaceva.

Al che, con toni cattedratici da maestrina tu mi stufi, si è posta così.

– Chi l’ha scritta?

– Secondo te, chi l’ha scritta?

– Non dirmi che l’hai scritta tu.

– Sì, io sono il factotum. Sono io il curatore delle sinossi.

– Tu dovresti essere il curatore del tuo asino, figliolo. Ci sono troppi aggettivi. È impresentabile.

– Adoro lo stile massimalista. Barocco, eccessivo, caricato. Mah, Baricco. Tu invece ami lo stile minimalista?

– Io adoro lo stile.

– Sei una stilista, quindi, mah, pensavo che fossi una critica letteraria. Insomma, sei una donna da prêt-à-porter. Sì, mi sembravi Charlotte Rampling di Portiere di notte, invece mi hai denudato e pure sbattuto le porte in faccia.

– Ehi, ma che dici? Sei pazzo?

– Sì, talvolta sì. Soprattutto se qualcuno mi sbacchetta. Sono io che uso il bianchetto sui miei aggettivi, nessuna può “aggettivizzare” le mie opere. Le mie opere sono indescrivibili. Dobbiamo essere oggettivi, non puntigliosi sugli aggettivi.

– Nel senso che sono talmente brutte da essere inclassificabili?

– No, sono talmente belle ma così tanto belle in maniera inversamente proporzionale alla tua bellezza.

– Cioè?

– Cioè, secondo il calcolo delle proporzioni, Mariangela di Fantozzi, in confronto a te, è Monica Bellucci. Volevo usare un aggettivo dispregiativo di troppo ma avrei peccato di eufemismo.

– Senti, testa di cazzo. Chiariamoci molto bene. Tu quanti libri hai letto?

– Non lo so.

– Non lo sai perché ne hai letti davvero pochi, credo.

– Tu invece sai quanti ne hai letti? Cos’è? Finto che hai di leggere un libro, metti la crocetta? Arrivata a quota mille, sarai ospite del nuovo telequiz di Gerry Scotti, intitolato Per essere sapienti bisogna aver frequentato La Sapienza. Dai, saputella. Vedi di crescere.

-Dimmi, stronzo. Quali sono i tuoi scrittori preferiti?

– Nessuno. Ho i miei libri preferiti ma i loro autori non si sono mai ripetuti a quei livelli. Solo una o alcune delle loro opere sono perfette. Le altre no.

– La perfezione non esiste ed è meglio così.

– Invece esiste, seppure sia raro trovarla. Vorresti contestare la Mona Lisa solo perché tu non ti senti gioconda e ti piace fare la snob, dicendo che il Da Vinci poteva fare meglio?

– Infatti, poteva fare meglio. È un capolavoro ma, in linea teorica, poteva essere meglio.

– Ecco, in linea invece molto pratica, tu che fai nella vita?

– Pensavo lo sapessi. Sono una critica.

– Critica di che?

– D’Arte. Io ho studiato Arte.

– Ah sì? Quindi, hai studiato Arte e vuoi contestare il mio artista?

– Tu non sei un artista. Lo so perché conosco l’Arte.

– Quante opere hai realizzato tu?

– Io? Nessuna. Io valuto le opere. Non le realizzo.

– Ah, capisco. Tu quindi te ne stai stravaccata a giudicare il lavoro degli altri e il tuo lavoro sarebbe guadagnare nel lanciare giudizi sul lavoro, bello o brutto, del prossimo mentre ti gratti la figa. È un bel lavoro, sai?

– Senti, porco di merda. Io sono una seria. Per chi mi hai preso?

– Per quello che sei.

– Tu mi hai dato della puttana.

– No, ci mancherebbe. Ti ho dato di peggio.

– Ora, ti denuncio.

– Perché ho fatto una critica oggettiva alla tua vita?

 

Ebbene, dopo insulti voraci telefonici e tramite Messenger scagliatimi dalla povera disgraziata che m’ha ingiuriato in preda a crisi isteriche da Villa Baruzziana, famosa e infausta clinica psichiatrica dei colli bolognesi a cui manco accederebbe perché, sì, costei è pazza ma in tale villa accettano solo pazze decorose e non pazze che potrebbero rovinare la reputazione e gli equilibri dei veri malati di mente, bisognosi soltanto di calma e tranquillità, ah ah, l’irrecuperabile villana, appunto, m’ha detto che, se è vero che il mio scrittore preferito è Dostoevskij, lui si sarebbe rivoltato nella tomba a leggermi. Perché il Dosto dava importanza al contenuto e non alla forma.

– Ah sì? Sì, sai, credo che tu abbia ragione. Il suo contenuto, e infatti con quel disagio doveva contenersi, sennò diventava come te, era che siamo destinati all’inquietudine se esseri senzienti e profondi. Al che, invece che scrivere romanzi di cinquecento pagine, pieni di sottilissime descrizioni, avrebbe dovuto semplicemente scrivere un lungo telegramma con questo contenuto… la vita fa schifo, ogni giorno medito al suicidio. Cercasi una tomba al cimitero ma il becchino di San Pietroburgo m’ha detto che non ci sono posti per seppellirmi sino al prossimo anno. Quindi, se mi ammazzo, mi seppellirò vivo. Devo aspettare almeno una pompa funebre più in linea col mio pensare in grande.

 

Ecco, io dico. Perché fate le maestrine senza aver provato a fare niente? È troppo comodo giudicare. Anche io lo faccio. Quando recensisco un film. Ma, quando lo recensisco, provo sempre a immedesimarmi, almeno, nel punto di vista del suo regista. Che, secondo i miei canoni, può essere sbagliato ma è comunque già molto apprezzabile e lodevole perché, a differenza di chi giudica e basta, ci ha messo la faccia. A costo di rimediare figuracce.

Ho detto tutto.

Io ho un solo plateale difetto. Sono molto pigro. Ma se mi fate girare i coglioni, se non vi vado a genio e volete fare i fenomeni, vi sistemo a regola d’arte. Poi, non piangete se ho fatto il “teppista” delle vostre idiozie. Sì, uso lo scalpello. Un ritocchino qui, uno lì e vi pietrifico.

Il quadretto che verrà fuori non sarà però da Louvre Museum. Ma da museo delle cere. Non dovete arrabbiarvi. Non vogliamo mostri in giro. Ma solo mostre. Quelle belle, però.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

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