Posts Tagged ‘Mindhunter’

I fratelli Sisters, i Blues Brothers, basta coi Bundy, coi banditi, con le storie di serial killer, dobbiamo darci alla follia buona, non a Bonnie e Clyde, bensì alle balle, alla musicale banda


05 Apr

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Alle donne b… di cl… e.

Sì, donne belle, non stupide, stupende, donne per cui diventi buono, sì, ti doni alla grandissima, diventi clemente.

Cavolo.

Finalmente, a 39 anni di età, a pochi mesi dal compirne quaranta, ho finalmente compreso una verità sconvolgente. Sì, non assomiglio molto a De Niro, bensì a Joaquin Phoenix.

Questa è bella, è bellissima.

Invece è così.

A causa di farmaci appesantenti il mio bellimbusto, un anno fa ero diventato quasi tarchiato. Parecchio robusto, quasi onestamente un uomo come quello lì, Augusto, uomo di ottimo gusto che però non piace al sesso muliebre. Questo è ingiusto. Augusto non è un bovaro ma un bue di taglia, uomo che, se cammina per strada, provoca un bel trambusto. Sì, oltre a spaccare il marciapiede per via del suo peso piuttosto spacca-tutto, Augusto, uomo cannone, induce le donne magre come i grissini integrali che lor mangiano con l’aceto del loro cinismi, ah sì, a deriderlo come un cane bastonato, a non desiderare il suo latrante, lupesco affusto. Donne cagne, sì, irriverenti e screanzate, donne rudimentali e non educate all’uomo sovrappeso però peso massimo di testa enorme che spinge di suoi neuroni spesso fraintesi. Uomo teso, Augusto, reso quasi cerebroleso per colpa di donne coese a fargli il culo poiché è grasso e non grosso…

Sì, Augusto è un genio ma le donne badano soltanto all’apparenza. E, a forza di pesanti rifiuti, Augusto diventa sempre più chiuso, un uomo angusto. Tutta la sua scienza va a farsi fottere e lui, depresso a morte, esplode in crisi di rabbia partorite dalla sua scarsa immunodeficienza di fronte a queste donne piene di scemenza.

Di mio, assomiglio a Joaquin Phoenix. A proposito, che fine ha fatto la pornoattrice Lauren Phoenix?

Ah, faccia da scema come poche, culo invece che nemmeno le più porche.

Culo che comunque puoi avere solo se hai una Porsche. Eh sì, questa vuole i soldi. Solo allora sa farti sgommare. Sa rendere un uomo afflitto dal vuoto pneumatico, sì, un derelitto che non sa più cosa sia il suo manubrio ritto, un uomo che scivola sulle curve pericolose più bagnate. Donna che ama il pesce frittissimo… schizzante in pa(de)lle caldissime.

Al pari di Gioacchino in alcuni film, io vivo a cazzo mio. Trascurato, con la barba incolta, faccio le smorfie alle smorfiose con un doppio mento alquanto evidente e alcune espressioni da imbambolato-demente.

Sì, il fascino di Phoenix consiste in questa faccia magnetica. Ché non sai se è Ted Bundy o Bugs Bunny.

Un orsacchiotto oppure un Joker. Un giocherellone, uno iellato, un coglione o un volpone.

Io invece la smetterei subito con questi film sugli assassini seriali.

Se parliamo di Manhunter e Il silenzio degli innocenti, di serie come Mindhunter o True Detective, di disamine psicologiche affatto banali, ci stanno eccome.

Ma è oramai una brutta moda imperare, monopolizzare tutto con queste pellicole psicologicamente alla buona. Un campionario di truci nefandezze, di sbudellamenti da Robert Rodriguez, visivamente ineccepibili ma contenutisticamente vuote più di una persona dissanguata.

Sì, film senz’anima, senza cuore, esangui. Come se i registi di questi abomini avessero donato i globuli rossi della loro cineastica celluloide smorta e mortifera a qualche AVIS.

Basta anche coi film pietistici sull’AIDS, sui concerti Aid, sulla CGIL, sulla USL, sulle follie mentali e quelle cerebrali, su quelle sessuali e su quelle transgender.

Ci vuole il Cinema di genere di una volta, Cinema di superba genetica realizzato da geni coi coglioni, mica questo Cinema sterile, questo Cinema malato, psicopatico, amorfo. Seminale soltanto di altre cazzate.

Ci vuole un tipo alla John Landis su faccia da culo alla Gioacchino.

Un Cinema che t’inculi.

Un Cinema che non abbia bisogno di presentazioni, di spiegazioni, di perifrasi diegetiche, un Cinema dallo sguardo folle ma al contempo profondo come quello di Phoenix e soprattutto del Falotico.

Uomo che non si buca, buca lo schermo ma forse solo quello.

Ah ah.Joaquin-Phoenix-Joker

 

di Stefano Falotico

McConaughey è una bella faccia di culo e Laura Pausini e Vasco Rossi non si sono ancora suicidati?


21 Nov

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E ancora, e ancora, e ancora…

Sono stanco un po’ di tutto tanto la gente non cambia e nemmeno io.

Le mie idee sono sempre più radicate, tetre, cupissime.

E soprattutto non ho intenzione di cambiare. Mi piace starmene solo perché solo, appunto, in solitudine posso ammirare gli sconfinati panorami della mia anima, lontano dai consigli idioti e dalle scempiaggini di massa.

Poi, con grande cautezza, vellutatamente indosso la mia giacca di pelle e m’involo nella notte nitidamente aggrappato al mio cuore decadente.

Sono stanco dei luoghi comuni di questo Paese. A me ne hanno dette di tutti i colori. Io non appartengo a nessuna generazione, a nessun tempo, non sono collocabile in nessun inserimento “psico-sociale”.

Totalmente estraneo alle vostre baggianate e più la gente mi offende e più, nel laconico sudore della mia anima freddissima, mi fortifico nel buio gioviale ai cazzi miei.

Sì, appartengo a quella generazione chiamata X ove un imbecille come Kurt Cobain detenne il controllo mentale di molti ragazzi balbuzienti ed ebefrenici che angariati, torturati, vessati da genitori che volevano avviarli e sistemarli ancor prima che potessero assaggiare l’odore del loro ventre, in stomachevoli deliri solipsistici elessero a Dio questo pagliaccio da circo.

Non cambio idea neppure sulle donne. La penso sempre più come Kemper di Mindhunter.

So che per questa mia netta affermazione, anche in tempi non recenti, mi son piovute su Facebook discriminazioni sessiste, attacchi sfrenati alla mia virilità e tutte le donne, queste donne tanto patetiche come Emma Bonino, hanno sferrato offese indicibili contro il sottoscritto.

Le donne, come sostenuto peraltro da Bukowski, sono esseri sostanzialmente stupidi che scelgono i loro uomini, quasi sempre, in base alla forza economica che tali uomini possiedono.

Perché le donne sono tanto poetesse a parole, retoriche oltre ogni dire, ammalate di buonismo sin dalla nascita per colpa di educazioni distorte, cagionate da troppi film Disney visti da codeste durante l’infanzia più tenera, periodo nel quale s’innamorarono di Lady Oscar e de La principessa Sissi, idolatrando la virtuosa Grazia Deledda e poi rinnegando ogni verginità pura a favore del primo puttaniere, coperto di una maschera sociale da bravo ragazzo, che le ha illuse con un mazzolino di rose ipocritamente teso… solo a deflorarle.

Da allora, da quando cominciarono a comprendere la potenza lor sessuale, hanno capito le facilissime logiche del mondo. Discettando da gran signore dietro un raffinato tailleur e poi intimamente preoccupate solo di pararsi il culo, sposandosi l’imprenditore iper-cinico che, semmai, le maltratta, abusa di loro e le prende platealmente per i fondelli. Ma almeno ha i soldi per garantire loro quella stabilità “armoniosa” da vacanze in Costa Azzurra. E soprattutto permette loro di tirarsela da gran fighe, con le bocche a culo di gallina, tre ore di palestra e pilatestapis roulant e altre amenità, come dico io, di sorca.

Gli uomini sono pure peggiori. Il novanta per cento sono degli animali imborghesiti. E pur di mantener caldo l’uccellino e sfogarsi dopo una giornata dura, be’ cazzo, son stati disposti a disfarsi di ogni dignità mascolina, si son effeminati nei gusti. E allora è capace che quelli della mia generazione hanno amato alla follia L’ultimo bacio, una delle più grosse bischerate di sempre, e poi andavano dagli altri ragazzi a sfotterli, vomitando loro che erano sfigati, meno(a)mati, e si struggevano nelle loro amarezze da Leonard Cohen.

Per molto tempo della mia vita fui scambiato per Benicio Del Toro de La promessa.

Mi spiace deludere questa aspettativa, son sempre stato quello di Traffic.

Non credo alle dolciastre banalità. E spesso appaio troppo buono, indifeso e vulnerabile.

Appaio così, invece son sempre stato tutt’altro.

 

E la dovrebbero smettere Vasco Rossi con la sua La verità e Laura Pausini, una povera zoccola scema, a mendicare la simpatia dei frustrati con le loro canzoni di merda.

C’è un grande problema nella società. La gente, rimbambita da troppe visioni patinate e televisive, confonde il romanticismo con la romanticheria. Con le stronzate.

E mangia le caramelle Tic Tac che rinfrescano la bocca. Si rinfrescassero i cervelli.

 

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di Stefano Falotico

Le migliori serie televisive e il mio video cult da fantasma di Bob


17 Nov

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Stranger Things

Stranger Things

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Ebbene, devo ammetterlo, sebbene qualche insegnante di semantica-semiotica cinematografica del DAMS o scuole affini mi rimprovererà tosto. Le serie televisive mal le digerisco.

Perlopiù la maggioranza di esse.

Sono profondamente convinto che, nonostante molte di queste, invero assai poche, possano essere ottimamente costruite, con sceneggiature perfino ingegnosamente architettate, e farcite di personaggi carismatici, affascinanti o solamente interessanti che, senz’ombra di dubbio, attraggono la nostra curiosità, siano allestite inconfutabilmente al fine di un solo, primario scopo. Quello d’intrattenere. E basta.

Non vi è Arte.

Basti vedere il nuovo format adottato ad esempio da Netflix. Ieri sera, ho visto con molto piacere, divertendomi da matti, il primo episodio de Il metodo Kominsky. Una serie che, se manterrà il ritmo dolceamaro dei suoi primi trenta minuti, scanzonato, nostalgico, leggerissimo, potrebbe ascendere presto tra le mie preferite. Ma questo lo saprò soltanto a visione completata delle sue dieci “puntate”.

Ecco, ogni episodio de Il metodo Komisnky dura appena, appunto, mezz’ora. Alcuni, dando io un’occhiata veloce ai minutaggi dei singoli “spezzoni”, non vanno addirittura oltre i venti minuti. Roba che non fai in tempo a guardare i titoli di testa che già sei arrivato a quelli di coda con un brevissimo intermezzo di qualche sketch fra Michael Douglas e Alan Arkin.

Gli episodi invece di Maniac durano singolarmente non più di quaranta minuti.

Ciò per dire che il livello di attenzione dello spettatore medio, quello a cui punta Netflix, si è notevolmente abbassato.

Un tempo, come da me già detto, la gente si piazzava sul divano e, su RAI 3, ai primi di Gennaio, quando spesso lo programmano, si guardava per intero C’era una volta in America, col solo spazio pubblicitario fra il primo e il secondo tempo in cui andava a dissetarsi e si fumava una sigaretta, oppure recandosi in bagno a fare un po’ di “acqua”.

La gente era abituata alla contemplazione, alla splendida “lentezza”.

Oggigiorno invece i ritmi troppo frenetici giocoforza impostici dalla società non ci permettono di soffermarci troppo sulle cose. Ché poi bisogna guidare la macchina nel caos cittadino.

Dunque, si è adottato questo formato, appunto, velocissimo, d’immediato consumo. Tanto per farci passare un po’ il tempo libero.

Le serie televisive, in generale, fanno esattamente questo. Sono storie che, a mio avviso, potevano essere sintetizzate, senz’assurde digressioni superflue e onestamente noiose, senza siparietti poco funzionali alla vicenda narrata, al fulcro sostanziale della trama, in due ore e mezza, al massimo.

Questa regola vale per ogni serie televisiva. Anche per quelle migliori.

Ecco, non essendo un patito di serie tv, appunto, non ne guardo molte. Ma le scelgo oculatamente in base ai miei gusti. Vado d’istinto. Decido di sorbirmi tutti gli episodi di una serie, semmai uno o due a sera, dopo aver vagliato scrupolosamente.

Posso dunque dire che il mio sguardo è “limitato” e forse avete ragione voi a sostenere che le serie televisive siano oramai il futuro non solo della televisione ma del Cinema.

Detto ciò, sono soltanto cinque le serie televisive degli ultimi anni che mi hanno quasi del tutto appagato e reso fiero di averle viste. Quelle per cui ritengo di non aver buttato del tempo prezioso nel visionarle.

Partiamo dal quinto posto per arrivare al primo.

5) Stranger Things. Sì, tutto vero. Non inventa niente, ricicla il sincretismo culturale anni ottanta, soprattutto, e ripesca da Spielberg, Joe Dante, perfino da Wes Craven, e chi più ne ha più ne metta.

Ma la miscela è ottima, commovente, è una serie che davvero ti riporta indietro nel tempo. Come Ritorno al futuro di Zemeckis.

Promossa appieno.

4) Marvel’s The Punisher. Oh, finalmente Frank Castle, dopo tante trasposizioni orrende, e mi riferisco a quelle con Dolph Lundgren (!) e Thomas Jane, trova nel volto roccioso di Joe Bernthal la sua mimesi perfetta.

La serie è violentissima con tanto di scena in cui The Punisher sfonda gli occhi del suo eterno torturatore e finale in cui macella il cranio dell’amico traditore figlio di puttana.

Ma, a parte qualche eccesso, funziona a meraviglia.

3) Mindhunter. Gli episodi di Fincher sono stupendi. Zodiac incontra Il silenzio degli innocenti.

Qualche luogo comune di troppo sui serial killer rovina l’amalgama ma la serie spinge, eccome.

2) True Detective, prima stagione. Non è assolutamente perfetta. Anzi, più la riguardo e più i monologhi di Rust, che tanto mi avevano impressionato la prima volta che li vidi, mi paiono costruiti, artefatti, e Pizzolatto mi sembra un tizio furbissimo, bravo ad accattivarsi, con pessimistico maledettismo, le simpatie dello spettatore hater del mondo.

Come per tutte le serie televisive, ribadisco, la storia poteva durare molto meno e se ne poteva fare un film. Semmai di tre ore. Molti risvolti e molte parentesi sono esagerate, la serie è dispersiva e alla fine ciò che resta è appunto la forza interpretativa di un McConaughey nel suo ruolo della vita e gli ultimi venti minuti.

Con la discesa nel covo di Carcosa, la resurrezione cristologica di Rust e i due amici di tutta un’esistenza che meditano su questa brutta faccenda. Da lacrimoni.

1) The Night Of. La perla per eccellenza. La prima puntata è qualcosa di magnifico. Abbiamo Fuori orario di Scorsese che incontra la penna di Richard Price. Sin alla lenta, mostruosa esplosione di un equivoco giudiziario spaventoso.

Ma anche in questo caso, come The Guardian disse bene, sebbene The Night Of rimanga a mio parere un capolavoro, la serie si perde un po’ per strada con una storia processuale abbastanza convenzionale da Perry Mason e John Grisham e smarrisce molta della carica della prima puntata.

Il finale però è da brividi e salva i pur minimi difetti enunciativi.

 

Ecco, personalmente, per quanto riguarda Gomorra, Narcos, Westworld in particolar modo, come dice il vecchio Jack Burton… basta, adesso.

Mi hanno scassato u’ caz’.

Ovviamente, ho trascutato apposta Twin Peaks Il ritorno. Che non è una serie televisiva… è la storia della mia vita. Soprattutto quando Laura Palmer torna a casa…

E urla di paura perché questa sua vita è stata tutta un immane incubo terrificante.

Sì, come la mia vita. Ve ne avevo già parlato di questo?

Sì, a un certo punto, similmente a The Night Of, chi mi stava attorno mi ha fissato negli occhi.

E, allucinato da quel che vide, urlò fra il meravigliato, lo sbigottito, l’incredibile materializzatosi ancora.

Sì, qualcosa di tragicamente lynchiano.

 

 

di Stefano Falotico

Netflix, i pro e i contro


18 Sep

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La questione Netflix, e già mi espressi in merito mesi fa, torna prepotente dopo che Roma di Cuarón ha vinto il Leone d’oro all’ultimo Festival di Venezia e Sulla mia pelle, sullo scabroso caso Stefano Cucchi, nonostante l’esigua distribuzione in sala, sta spopolando su tale piattaforma di streaming. La numero uno, con buona pace di Amazon Prime Video, che dovrà faticare non poco per reggerle la concorrenza, Hulu abbastanza scarsina, e via dicendo.

I detrattori di Netflix sono tantissimi, così come i ferventi sostenitori, ai quali si è aggiunto il nostro esimio David Cronenberg con le sue recenti dichiarazioni. E a cui dobbiamo certamente ammettere nientepopodimeno che Martin Scorsese col suo The Irishman. Film che scatena in me un hype da manicomio e che, purtroppo, a quanto pare non uscirà prima del prossimo anno. Azz.

E fra pochissimi giorni sarà disponibile alla visione mondiale l’interessantissima, almeno sulla carta, prima che possiamo vederla, serie Maniac con Emma Stone e Jonah Hill. Ora, permettetemi a tal proposito una severa digressione. Non ho dubbi, dopo True Detective, sulle capacità registiche di Fukunaga, ma girare una serie sulla “pazzia” può essere un bell’impiccio. Perché è sempre difficilissimo, e di questo Fukunaga credo ne sia ampiamente conscio, poter intrattenere con gusto e allo stesso tempo filmare qualcosa che non sia pacchiano, superficiale o stupidamente innovativo sulla pazzia, appunto. La pazzia è qualcosa di delicatissimo, che non può essere a mio avviso spettacolarizzato, non è roba per il grande pubblico, a meno che non si girino schifezze, appunto, psicologicamente poco introspettive, bensì filmetti per teenagers col manuale sulle psicopatologie delle Giovani Marmotte. La pazzia è qualcosa di tanto, sì, affascinante, quanto pericoloso, cinematograficamente parlando. E io, pur considerando Il silenzio degli innocenti un grandissimo film, gli preferirò sempre Manhunter. Perfino Mindhunter. Sì, in questo caso parliamo di serial killer, ma in fondo lo psicopatico assassino seriale altri non è che la degenerazione malata di una persona disturbata. E non dico altro per non peccare io stesso di banalizzante, lapidaria grossolanità. Mi basta però dire che, come sostenuto giustamente da Wendy Carr/Anna Torv, l’agente “stressorio” sta alla base del peggiorativo esplodere della “tensione”.

È così. Una persona calma, pacata, sensibile e retta moralmente da sani principi, può impazzire in seguito a spiacevolissimi eventi rovinosi, e franare, inferma, in atteggiamenti criminosi.

Ma non avventuriamoci in disamine sulle alterare anime. Ché non basterebbe l’intera biblioteca di Alessandria per raccogliere tanto scibile “psicanalitico”. E nemmeno quella di Alessandra, donna che non ha mai letto un libro in vita sua, però scopa da mattina a sera con tutti e non gliene sbatte una minchia. Sì, Alessandra non ha una biblioteca nella sua camera, però nella sua camera gli uomini la “sfogliano”, leccandosi il pollice tra una girata e l’altra, per meglio “inumidire” la “lettura” del suo corpo.

Torniamo a Netflix. Ribadisco quanto già dissi. È molto romantica, nostalgica, nobilissima l’idea della sala, semmai di paese, con le lucine e il proiettore arrugginito che riprogramma il capolavoro epocale di turno. Con la pellicola che salta e il macchinista che, sudando come una bestia per non essere licenziato, in tempi da record, attacca tutto con lo scotch e fa ripartire la magia. Ma dobbiamo attenerci alla realtà. Sai, donna, hai dovuto aspettare mezz’ora a cazzeggiare col cellulare prima che iniziasse nuovamente il film. E, sinceramente, sei preoccupata che, in quest’intervallo, tuo marito, ch’è rimasto a casa, sia riuscito a scopare la vicina di casa. Sì, ah ah, hai voluto tu che ti tradisse perché da tempo non sai soddisfarlo, non ci sai fare, e gli hai fatto il regalo di compleanno. Da anni ambiva alla vicina. Ma sì, ti sei detta, che se la scopasse pure. È un pover’uomo, lavora come un negro. Concediamogli questo “extra”. Ma non hai voluto, appunto, assistere al tradimento e così sei andata a vedere un film di fantascienza al cinemino, lontano 50 km.

Al tuo ritorno, tutto deve essere a posto… deve essere stato un tradimento “perfetto”. Ove tu sai che lui ha fatto quel che c’era da fare, e lui sa che tu sai, non hai visto nulla, e domani è un altro giorno. La vicina però, non contenta di essere stata anche lei accontentata, potrebbe bussarti alla porta per chiederti lo zucchero che ha finito. E questa sua poca mancanza di tatto, donna, ti farà incazzare assai. E scoppierà la tragedia.

No, questa scusa non regge a favore di Netflix. No, per niente, ah ah.

Però, ecco, ieri mi è arrivato il Blu-ray de La cosa. Ci sono film che debbo avere. Sì, li bramo e li faccio eternamente miei. Almeno finché non morirò, ché poi li regalerò a qualcuno, e quel qualcuno toccherà il disco sensibilissimo, immacolato, senza neppure un graffio, con le mani unte di prosciutto.

Però non è che, ogni volta che c’è un film capolavoro, possiamo noleggiarcelo o comprarcelo. Tu sei figlio di Montezemolo?

Io no. E pagare il noleggio innanzitutto costa. Poi, il film lo puoi tenere al massimo 48 ore, quindi non puoi rimandarne la visione, anche se ti viene la febbre a quaranta. Sennò hai pagato per l’anima del cazzo. E peraltro devi sorbirti tutto il traffico della città per portarlo indietro.

Sì, questo giova a favore di Netflix.

Ora, capisco che, se siete gestori di una videoteca, vi stanno girando le palle. Ah, se tutti si abbonano a Netflix, non è vero che nessuno noleggerà più. Perché Netflix ha un catalogo molto limitato. Ovviamente, però, i noleggi caleranno e il piatto piangerà.

C’è anche da dire che le major guardano al guadagno, agl’introiti, sono delle troie. E oramai finanziano quasi solo esclusivamente film sui supereroi, ché incassano da Dio.

C’è qualche casa di produzione, al giorno d’oggi, che finanzierebbe, ad esempio, Apocalypse Now?

Non è un film commercialmente affidabilissimo. Potrebbe spaccare il culo ai botteghini come esser visto da quattro gatti.

Netflix invece se ne frega. Su un film che va malissimo e che non guarda nessuno, altri 9 non solo vengono visti ma rivisti. Basta scorrere col mouse, e ti rivedi mille volte la tua scena preferita.

Che poi The Irishman sarà un capolavoro o una delusione immane, senza Netflix non avremmo mai potuto saperlo. Semplicemente perché la Paramount, che inizialmente doveva produrlo, alla fine si è tirata indietro. Facendo questo squallido ma onestamente realistico ragionamento…

Sì, Scorsese è molto amato, De Niro e Pacino sono due leggende, ma un film sui gangster, sul tempo, in cui i protagonisti hanno più di settant’anni, invero quasi ottanta, verrà cagato?

Al che intervenne Netflix e disse: ok, quanto viene? Quasi duecento milioni di dollari? Tieni, Martin, ecco i soldi.

Non voglio più sentire stronzate su Netflix, intesi?

E non solo su Netflix. Anche sui materassi Permaflex. Secondo me sono più comodi quelli della Eminflex.

 

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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