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Nemici sul grande schermo, amici nella vita reale, cornuti al cinema e sposi nella realtà: Stallone, Dolph Lundgren, Brigitte Nielsen, Van-Damme, Bolo Yeung, Michel Qissi e la lettera di Hopper di Stranger Things


06 Aug

van damme yeung

Ecco, partiamo dai due amici per antonomasia. Talmente amici che se lo danno in culo vicendevolmente, in senso metaforico, in C’era una volta in America. Ovvero Bob De Niro e James Woods.

Talmente amici, praticamente fratelli di sangue, platonicamente innamorati l’uno dell’altro, anche se non omosessuali, da fottersi reciprocamente in maniera epocale, oserei dire epica.

Chi dice donna dice danno. Fu tutta colpa di Deborah.

Poi, in Casinò, successe la stessa cos(ci)a.

Sam Rothstein/De Niro perde la testa per Sharon Stone/Ginger. Potete biasimarlo? Sharon era appena reduce da Basic Instinct. Parlavamo di una super figa che, quei tempi, non necessitava del cervello di Matt Damon di Rounders per battere quello stronzo di Teddy KGB/John Malkovich.

Sì, a Sharon sarebbe bastato aprire le gambe e te lo do io The New Pope. E te lo do io, Sharon, le tue nuove poppe di mastoplastica.

Comunque, se facevi l’amore con Stone di quei tempi d’oro, saresti impazzito. Saresti diventato Malkovich di Nel centro del mirino.

Sì, l’avresti mirata, ah, ammirabilissima, quindi lei ti avrebbe fatto volare lassù come in Con Air. E poi ti saresti schiantato a Las Vegas.

Ah, vedete che il discorso torna? Ah ah.

Non perdiamoci in Ginger e gingerini, torniamo a De Niro e James Woods.

In Casinò non sono amici. Ma mandano a puttane tutto non solo per colpa di Joe Pesci ma, appunto, a ca(u)sa di Sharon. Una puttanona.

Nella vita di tutti i giorni, De Niro e James Wood sono amici per la pelle. Si stimano tantissimo.

Vi basti vedere questo video:

Ecco, in Rocky IV, come tutti non sappiamo, Rocky Balboa/Sylvester Stallone e Dolph Lundgren/Ivan Drago si odiano a morte, anzi vogliono ammazzarsi, picchiandosi come bestie.

Ivan stava con Brigitte Nielsen nella finzione. Nella realtà, era la moglie di Stallone.

Comunque, cara BRIGITTA, te lo posso dire senza peli sulla lingua? Al signor Marion Cobretti, il Cobra, io se fossi stata in te, cazzo, avrei scelto Dolph.

Dolph Lundgren, alto un metro e novantasei!

Ora, Stallone in Rocky IV riesce a battere Dolph. Sì, perché è un film di fantascienza, diciamocela.

Stallone è alto 1,77 m.

Sinceramente, molto concretamente, a Dolph sarebbe bastato il mignolo sinistro del suo Golia per scaraventare per aria il Davide di turno.

Comunque, da allora Sly e Dolph sono amici. Invero, dobbiamo essere in questo caso un po’ più precisi.

Dolph Lundgren, caduto in disgrazia, contattò Stallone, leccandogli il culo affinché gli desse una particina nei Mercenari…

Le cose andarono così. Dolph era indebitato, doveva pagare il mutuo della sua villa. Al che telefonò a casa Stallone. Rispose la moglie di Stallone, Jennifer Flavin.

– Pronto?

– Ciao Jennifer, sono Dolph.

– Dolph chi?

– Come chi? Non mi riconosci?

– No, non so chi tu sia. Signore, perché chiama a quest’ora? Sono le due di notte. Mi sa che ha sbagliato numero.

– Guardi, signora, sono Lundgren. Io e suo marito siamo, diciamo, amici.

– Ne è sicuro? Conosco bene gli amici di mio marito. Non mi ha mai parlato di lei. Scusi, esattamente che desidera?

– Ecco, è lunga da spiegare. Onestamente, ho bisogno di lavorare.

– Ah, guardi, si rivolga all’ufficio di collocamento. Mio marito non è laureato in psicologia assistenzialistica. Ora, la prego di lasciarmi dormire. Altrimenti, la denuncio. Le sono stata chiara?

– Mi dia solo cinque minuti. Le spiego tutto.

 

All’improvviso, Stallone rincasò. Sì, era andato a ubriacarsi con Arnold Schwarzenegger al Planet Hollywood in compagnia anche di Bruce Willis.

– Cara, che sta succedendo?

– Caro, c’è un povero cazzone che sostiene di conoscerti. Te lo passo.

– Pronto?

– Ehi, vecchio filibustiere, come stai? Da quanto tempo…

– Sei Dolph?

– Eh certo. Chi sennò? Sly, sono nella merda. Mi devi dare una mano.

 

Adesso, dopo il secondo capitolo di Creed, Sly e Dolph stanno pensando a una serie televisiva da produrre…

Ho detto tutto.

Passiamo invece ora ad altri tipi muscolosi, presieduti da Muscles from Bruxelles, il Jean-Claude più famoso, forse di tutti i tempi, da non confondere con quel troione di Jean Val Jean. Pornoattore che guadagna un milione di volte di più di una persona normale.

Lui ha capito tutto. Mentre voi state a sbattervi su un libro di filosofia orientale per cercare di risolvere i vostri problemi psicologici dinanzi alle sempre più stressanti, impellenti richieste della società occidentale così massacrante, Jean se le sbatte tutte. Si va da quelle francesi a quelle tedesche, dalle asiatiche alle americane, dalle canadesi perfino alle piemontesi, dalle campagnole a quelle della Campania.

Sì, si va da Kendra Lust a Valentina Nappi in un batter d’occhio e anche di qualcos’altro.

Valentina è di Scafati, in provincia di Salerno, mentre Jean è un uomo (di che?) che ha dieci motoscafi grazie al fallo, no, fatto che ha sciacquato la sua “lingua” nell’Arno.

Ah, lui se ne fotte, scialacqua…

Come no? Se vi dico che è così è così. Sì, Jean è un poliglotta, conosce tutte le lingue del mondo. Approfondisce anche con studi e ricerche minuziose.

Sì, passa le sue giornate a connettersi ai siti delle Escort internazionali. Legge attentamente tutti i loro profili:

– Hi, Samantha, where are you from? JE VOUDRAIS ficcart’! Se po’ fa’?

 

E va pure a mangiare, ogni sera, alle migliori trattorie ove cucinano il vostro pesce fritto con tanto di linguine e inguine allo scoglio, forse pure allo scolo. Senza sconti.

Come fanno, peraltro, Van Damme e Bolo Yeung. Dunque, poveri stronzi, finitela con le rivalità, i pettegolezzi, le invidie e le gelosie.

Sembrate delle donnette da circolo del cucito.

Se ci si fotte pure fra amici, Senza esclusione di colpi, farete la stessa fine di Edward Norton di The Score.

Se vi dico che è così…

Comunque, alle lettere di San Paolo ai Corinzi, preferirò sempre quella di David Harbour di Stranger Things 3.

Dissi che era troppo mielosa.

Ma io sono un bugiardo conclamato.

Dopo averla vista, ho dovuto spendere tremila Euro per i Kleenex.

 

di Stefano Falotico

FILM IN TV – Casinò, di Martin Scorsese, Mercoledì 22 gennaio. ore 23.15, Premium Emotion


22 Jan

Come i Sentieri Selvaggi riportano, che io correggo di e accentate male:

 
La febbre dell’oro, settanta anni dopo. Senza la poesia, la tenerezza e la malinconia del vagabondo di Chaplin, perché sostituite ormai dall’avidità, la violenza e l’arrivismo senza limiti. Sam “Asso” Rothstein e Nicholas “Nicky” Santoro sono i protagonisti di questa velocissima cavalcata all’inferno senza ritorno, un biglietto di sola andata all’interno dei meccanismi del Sistema che ha fagocitato e riscritto il Sogno Americano, senza chiederne il permesso.

Il primo è il nuovo gestore del Tangiers, l’immenso Casinò che regna sul deserto circostante, mandato dai boss per triplicare i profitti e gli interessi delle famiglie mafiose nel territorio; il secondo è il suo braccio destro, una scheggia impazzita e senza controllo che contribuirà all’inarrestabile declino di questa tragedia moderna a tinte fosche e nerissime. Nerissime, nonostante lo sfarzo e la vivacità di questo mondo incredibilmente colorato provi (inutilmente) a nascondere il rosso del sangue con le sue luci al neon e le attrazioni da luna park. Più che un seguito (o un rifacimento) di Quei bravi ragazziCasinò ne rappresenta l’ideale prosecuzione, il punto di non ritorno dell’estetica scorsesiana, forse mai (più?) a questi livelli: quasi tre ore di narrazione a rotta di collo nella quale voci e punti di vista si alternano senza soluzione di continuità, costantemente accompagnate da un commento sonoro magistralmente integrato in un montaggio arditissimo e spericolato. Ecco, spericolato, non a caso: Casinò rimane ancora oggi un esempio di cinema monumentale appunto perché grande, sotto qualsiasi aspetto.

L’affresco enorme e smisurato di un mondo (anzi, di una civiltà) dalle dimensioni talmente macroscopiche che tre ore di film riescono appena a sfiorarne la portata: Las Vegas come una Disneyland degli orrori, una roccaforte circondata da quel deserto sconfinato in cui poter nascondere e seppellire i propri peccati. Quasi un organismo a sé stante al cui interno scorre il verde dei dollari, mentre invece il rosso del sangue (quello vero) ne rappresenta la pelle, lo scudo protettivo fatto di terrore e violenza tramite il quale è possibile perpetuare il proprio controllo sull’universo intorno.

Un grande film sulla fine del mondo, sotto alcuni aspetti assimilabile a quello che due anni dopo sarà il Titanic di James Cameron: il racconto per immagini del crollo di una mastodontica cattedrale dalle fondamenta fragili, popolata da esseri umani che sono già inconsapevoli testimoni della catastrofe imminente. Uno dei grandi capolavori degli anni Novanta, poi preso a modello da moltissimi ma mai eguagliato nella sua assoluta perfezione filmica, nonché impossibile da pensare con nomi e volti diversi: dalla coppia incarnata da Robert De Niro (che nello stesso anno partecipava anche a Heat di Mann, un momento irripetibile) e Joe Pesci, alla tormentata Sharon Stone che qui per la prima volta dimostra di essere veramente un’attrice. Non è vero che, dopo Casinò, il cinema di Martin Scorsese non è più stato degno di nota, ma allo stesso tempo è vero probabilmente che non ha più posseduto questa irresistibile potenza deflagrante e sanguigna, fatta forse eccezione per Al di là della vita e Gangs of New YorkAspettando, ovviamente, The Wolf of Wall Street

 

Titolo originale: id.

Regia: Martin Scorsese

Interpreti: Robert De Niro, Joe Pesci, Sharon Stone, James Woods, Alan King, Kevin Pollak, L.Q. Jones

Durata: 165′

Origine: USA, 1995

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