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JOKER è il film più importante di sempre, siamo stanchi di Tarantino e dei solipsismi vari


21 Sep

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E non voglio sentire ragioni.

Non voglio sentire, per esempio, Federico Frusciante delirare e obiettare in merito. Innanzitutto, durante la lavorazione di questa pellicola, ne disse peste e corna, inconsapevole che non fosse un cinecomic.

Ma Fede è perdonabile per via della sua natura da livornese ruspante che, appunto, non la manda a dire.

Ma è victorlaszlo88 che a raffica sta vomitando cagate a iosa.

Victor furoreggia su suoi capelli da Angelo Branduardi. Sì, se Angelo cantò Alla fiera dell’est, Victor per du’ soldi di tremila visualizzazioni in più, cazzeggia a tutto spiano, trolleggia da saputello nerd, sostenendo che l’ultimo film di Tarantino sia un capolavoro assoluto quando invece, a confronto, Un dollaro bucato con Giuliano Gemma/Montgomery Wood e I quattro dell’apocalisse di Lucio Fulci con Fabio Testi e Tomas Milian sono talmente trash da superare di guilty pleasure quest’immonda scemenza di Quentin.

A cui consiglio, onestamente, solo un piatto di fagioli da Terence Hill de Lo chiamavano Trinità. Poiché non deve più scoreggiarci certe cagate.

Sì, fu proprio Tarantino a inserire nelle retrospettive dei western all’italiana di serie b, in Sala Perla, al Festival di Venezia di molti anni or sono, queste perle scult.

Sì, prima che morisse, vidi Giuliano Gemma dal vivo vicino all’Hotel Excelsior. Leccò un gelato. Poi, senza dare nell’occhio, lanciò il cono in mare, continuando a camminare con signorilità e portamento da Clint Eastwood dei poveri.

Sua figlia Gemma è comunque una gran figa. Le scrivo spesso su Facebook ma lei non mi fuma. Notai immediatamente il suo culo liscio, notevole, gustoso e vellutato in Scarlet Diva della sua amica Daria Argento.

Ah, bell’amica. Guardate la scena “pasoliniana” da Sodoma… nel film succitato e poi ditemi se è un modo onorevole di omaggiare un’amica…

Victorlaszlo88 sostiene inoltre che Mike Moh sia identico al vero Bruce Lee. Ma che dice? Non era uguale, anzi diversissimo, perfino suo figlio Brandon.

Rispetto a Mike Moh, è più simile a Bruce Lee il nero del semaforo di via Prati di Caprara. Il quale, se non gli dai un Euro per averti lavato i vetri, si contorce in gridolini isterici, appunto, da Bruce Lee incazzato forte.

E ti spacca il cofano col solo potere del palmo della mano.

Victor afferma altresì che Margot Robbie sia la fotocopia di Sharon Tate. Ma de che?

Margot sembra appena uscita da Baywatch.

Ah, la mia figa preferita di Baywatch fu Marliece Andrada. Sono cazzi miei.

Ma non perdiamoci in donne bombastiche. Tanto Hugh Hefner di Playboy è morto e il puttanaio aumenta lo stesso a dismisura più delle nottate nella mansion di Hefner stesso, no, non Charles Manson, di James Caan. Sì, non lo sapevate? James Caan fu un conclamato puttaniere. Fra un Padrino e Rollerball, si rilassava con le bagasce rifornitegli da Hugh. Un uomo da Funny Lady.

Sì, Joker è il film più importante del mondo. La storia di uno che potremmo ribattezzare lo sputtanatore di tutti. Un genio.

Ma finiamo(la) con Tarantino.

Mr. Marra sostiene nella sua video-recensione di C’era una volta a… Hollywood che l’arte sia l’escamotage che l’uomo ha trovato per sopperire alla noia, per rendere il mondo più colorato di quanto in realtà non sia. Il mondo non è così bello come al Cinema.

E se invece ribaltassimo tutto?

Con un atto di coraggio potentissimo?

Per millenni l’uomo ha pensato che vivere in un certo modo, cioè schiavo dell’epoca in cui visse e sublimare la tetraggine e le noie nell’arte per ovviare alla sua tristezza esistenziale, perlomeno ai suoi momenti bui, per colorare la vita sua e altrui, significasse essere un artista.

E se invece l’arte moderna e contemporanea fosse oggi come oggi compiere il passo veramente evolutivo?

Cioè rendere la vita di noi tutti un’arte stessa? E, anziché migliorarci nell’arte, dunque in tal caso nella finzione, trasformare la nostra intima verità in arte mondiale?

Questo Joker lo fa.

Dice la verità. E dice con potenza immane che così non possiamo andare avanti.

Questa società è disagiata, disastrata, piena d’ingiustizie poiché l’uomo ha voluto che fosse così, mentendo per conservarne lo stato sbagliato, colmo di disparità.

Cioè, ha desiderato che il mondo fosse brutto e lo sublimassimo, per esempio, nel Cinema, lasciando la quotidianità triste alle nostre vite stesse.

Così facendo, abbiamo solamente creato più solitudine, più virtualità fallace. Ovvero il mondo è una menzogna, un inganno in quanto noi stessi ci siamo auto-ingannati, credendo che comportandoci così il nostro personale mondo sarebbe stato accettato da noi stessi.

E, in questa planetaria balla, è presto spiegato perché la gente sia depressa.

Semplicemente perché ha sublimato soltanto nell’arte la non accettazione della sua umanità.

È dunque l’umanità che deve diventare Arte maiuscola.

Mi spiego meglio.

Ora, parliamo di Arthur Fleck. Todd Phillips e lo sceneggiatore Todd Phillips non ci spiegano di quale “malattia mentale” soffra Fleck. Un po’ la stessa cosa che fecero Martin Scorsese e Paul Schrader con Travis Bickle di Taxi Driver.

Travis è schizofrenico, è un uomo affetto da disturbo borderline, è solo depresso, arrabbiato, incompreso o crede, illusoriamente, che salvare una prostituta minorenne dai papponi sarà la catarsi redentiva del suo male di vivere?

No, Travis salva Iris ma continua a essere Travis. Non è cambiato. Mentre Fleck si ribella ai soprusi. Rimanendo Joker in quanto così è nato. L’ha solo scoperto.

 

Morale: chi s’illude che con l’arte cambierà il mondo, si sta fregando. M’ha sempre stupito, a tal proposito, una cosa che disse Pasolini quando gli chiesero se lui si sentisse orgoglioso di essere considerato un uomo importante. Lui rispose… no.

La vanità dura un battito di ciglia, poi si ripiomba nell’oscurità e si sublima nell’arte la consapevolezza di essere diversi da una modella che ottiene due mila mi piace sulla sua nuova foto su Instagram e n’è contenta da matti/a, tirandosela.

È un’idiota.

Poiché non ha capito che in verità all’altro non frega un cazzo di lei.

E s’è fatto solo una sega.

Come l’ultimo film di Tarantino.

 

In parole povere. Potrei pure adorare la sciocchezza di Tarantino ma, se Tarantino domani morisse, continuerei ad amare solo la sua opera.

La vita era la sua. Non la mia.

Credo che manco a sua moglie sbatterà un cazzo. Tanto, ne troverà un altro.

 

Finisco con questo.

Non vi racconto balle.

 

Tempo fa, due psichiatri disputarono nei miei riguardi similmente a Will Hunting:

 

– Hai letto che cosa ha scritto questo ragazzo? Devo subito aiutarlo e inserirlo in un ambiente giusto. Per valorizzarlo. Deve laurearsi e mettere su famiglia.

– No, stai sbagliando. Si chiama manipolazione.

 

 

di Stefano Falotico

JOKER & la Critica snob


12 Sep

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Ebbene, dopo tempo immemorabile, ho comprato di nuovo la nostra rivista FilmTv.

Su suggerimento di un mio amico, mi sono precipitato in edicola.

Gli ultimi numeri da me comprati son stati quelli riguardanti gli speciali dedicati all’immane John Carpenter.

Essendo io l’autore del libro John Carpenter – Prince of Darkness, non posso esimermi dall’essere inevitabilmente attratto da tutto ciò che riguarda il maestro. Compresa, ovviamente, la super-deluxe edizione di uno dei suoi massimi capolavori, rieditata in fastoso Blu-ray di prossima uscita. Vale a dire il 31 Ottobre. Che ve lo dico a fare? La notte di Halloween.

Sebbene, debbo esservi sincero, questa festa pagana, da noi importata abusivamente, essendo noi figli della cultura ellenica-saracena limitrofa a quella mitteleuropea, non appartiene al nostro background e m’ha sempre puzzato di esterofilia peggiore di quella di Alberto Sordi di Un americano a Roma.

Ora, vi domanderete voi, che c’entra Joker con questa colorita prefazione? È stato un preambolo che, a prima vista, parrebbe poco in linea col discorso che qui, in totale umiltà, m’appresto a stilarvi, distillarvi, oserei dire a impartirvi. Che vi sia di monito come il severo cartellino giallo di un arbitro. Ché, mettendo freno alle vostre alzate di testa, ai vostri giochi più che balistici, sì, da ballisti, possa avvisarvi e avvertirvi se ancora, a causa della vostra fallacità, ah ah, commetterete sbagli clamorosi. Amputando film più potenti del sinistro del grande Bonimba, ovvero Boninsegna.

Film imprendibili che cerca(s)te di parare. Dunque stroncare! Ma, con le vostre critiche lentissime, imbarazzanti, appari(s)te soltanto più rincoglioniti di quel buffone di Gigi Buffon. Uno che oramai ha la schiena a pezzi ma non se la sente di ritirarsi. Poiché, se lo fotografano assieme alla sua iper-scosciata Ilaria, deve ottemperare al ritratto del maschio di sana e robusta, fisica costituzione. Deve cioè apparire sempre figo poiché lei è figa. Capisc’?

Dunque, non vuole mollare la presa anche se non ne prende più una. Fu un portiere magnifico, grazie alle sue parate vincemmo il mondiale del 2006. Ma dovrebbe guardarsi adesso allo specchio e ammettere che i suoi riflessi non sono più quelli di una volta.

Inutile tirarsela… da maschione quando sei al massimo, oggigiorno, pur sempre un marcantonio ma anche un bel coglione.

Gigi, lascia perdere. Hai fatto il tuo tempo. Dedicati a una carriera da commentatore e da opinionista. Poiché, ora come ora, come portiere sei molto discutibile. E combini papere a tutt’andare.

Ecco, tale metafora lungamente calcistica voglio qui applicare a quei critici un po’ superati che, sul nuovo numero del cartaceo di FilmTv, con enorme, scandalosa supponenza liquidarono il capolavoro di Todd Phillips, appioppandogli voti alquanto bassini. Figli soltanto della loro mentalità assai retriva, per non dire leggermente cretina.

Non me ne vogliate. La mia stima nei vostri confronti non muta. Come cantava De Gregori, non è da un calcio di rigore che si giudica un giocatore, come sostenuto da Checco Zalone nei riguardi di quel matto di Cassano, invece, non è da uno sputo all’arbitro che si giudica se sei un signore. Ah ah.

Sì, Giulio, Giona e Luca, siete qui sul banco degli imputati. Si scherza, eh. Non arrabbiatevi mica.

Poiché voi, impuntandovi sul Cinema d’una volta, con i vostri voti assegnati a Joker, senz’offesa, in questa settimana vi siete un tantino sputtanati.

Voi assai celermente rifilate sgambetti scriteriati al Cinema forse troppo veloce, troppo avanti rispetto ai vostri difensivismi da coloro che, barricatisi nell’esegetica cinematografica passatista, adottano puntualmente il catenaccio più oltranzista, intollerante e, per l’appunto, troppo moderato ed equilibrista.

Stando appunto sulla difensiva, non esaltandovi più di tanto, anzi per niente, dinanzi a film che, spiazzando le vostre certezze, v’hanno colto in contropiede, mandandovi in fuorigioco.

Qui, io v’ammonisco affinché possiate seriamente meditare sul vostro sensazionale errore e tornare sui vostri passi.

Giona, dico a te, sei un critico di risma bravissimo ma, stavolta, ti sei approcciato a Joker con troppa imperdonabile superficialità. La tua erudizione non t’ha salvato dalla mia simpatica punizione. Hai peccato, insomma, di tua esaltata vanità in tal caso da trombone.

No, il tuo misero 5 manco per il cazzo ci sta. Che film hai visto? Poi, concludi la tua breve disamina, il tuo sintetico trafiletto, dicendo che è meglio Endgame.

Eh no, qui hai trollato di brutto, Giona, hai toppato.

Luca e Giulio, invece, ora dico a voi. Acclama(s)te Ad Astra, stronzata galattica, in quanto siete fidi scudieri di James Gray e mi sottovaluta(s)te con tal vostro prosopopeico fare fanfarone quest’opera immensa di Phillips?

Eh già, mi sa che dovete cambiare prospettiva. E vi dirò anche altro. Dove vsionaste questo film?

Al Festival di Venezia? Mah, a me viene il dubbio che, piratato, lo trafugaste da uno dei produttori della Warner Bros e l’abbiate perciò guardato su un televisore a dodici pollici in b/n degli anni sessanta, prima appunto dell’avvento della New Hollywood.

Se andate alla Comet, vi tirano dietro un tv al plasma della Philips. Con una sola L. Con 50 Euro in più, prendete comunque quello della Sony, è meglio. Fidatevi.

Ah ah.

Ma io vi perdono e qua vi dono l’assoluzione. Per questa volta, vi do da recitare cinquanta Ave Maria e tre Pater Noster più una sberla da Don Camillo.

Alla prossima, non passa. Non transigerò.

Parola di Arthur Fleck.

Un uomo che conosce il Cinema, la vita, anche la figa migliore poiché ne passò così tante che ora se ne fotte altamente.

Sì, ne vidi di tutti i colori. Ebbi sfortune tragicomiche ma sono ancora sveglio, in palla per sapere che Joker è veramente un capolavoro e Zazie Beetz una gnocca mai vista di colore. Zazie colora le notti più cupe, malinconiche e tenebrose grazie al delizioso, eccitante tocco del suo caliente, profumato splendore.

Dio mio, tenetemi fermo. Ah ah. Le voglio saltare addosso, non si può vedere da quando è figa.

Se mi venite a dire che non è così, vi siete rimbambiti come Murray Franklin/De Niro.

Eh già. Usiamo il passato remoto!

Chi vide Joker in anteprima mondiale a Venezia seppe che Arthur Fleck/Phoenix, dopo una vita in cui lo prese platealmente in culo, trovò il coraggio di ribellarsi con furia ai tre manigoldi stronzissimi e bulli in metropolitana.

Quindi, assalito da una forza miracolosa, si precipitò ad abbracciare la sua bellissima Zazie/Sophie Dumond. Non oso pensare a cosa successe, in quella sua notte da ingordo lupo scatenato, fra lui e Zazie.

Un amplesso più devastante della bomba di Hiroshima. Chiamalo scemo… ah ah.

Da quell’orgasmo rinascente, Arthur divenne come Re Artù.

Artù fu il re, Joker è il Principe.

E ora per nessuno ce n’è.

Al momento, nella mia vita affettiva, sentimentale, forse pure sessuale… qualcuna c’è. Una o due o tre? Chissà.

Ma ancora lei, la prescelta, non ha estratto la mia spada dalla roccia.

Vediamo se ce la farà…

Quanto devo aspettare? Sto impazzendo.

Ah ah.

 

Morale della fav(ol)a: Arthur, dopo quella notte, superò ogni sua lentezza, venendo… no, divenendo impetuoso e uno straordinario buffone irresistibile mentre Gigi Buffon, nonostante da anni scopi Ilaria D’Amico, diventa sempre più tristo e polentone.

 

di Stefano Falotico

VENEZIA 76: come da mia profezia, ovviamente avveratasi, JOKER ha vinto il Leone d’oro!


07 Sep

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E se lo è meritato. Poiché è il film più importante degli ultimi dieci anni.

Sì, che emozione indimenticabile aver assistito all’esclusiva anteprima stampa di uno dei massimi capolavori del Cinema quanto mai odierno.

Lo dissi subito che era un capolavoro. Scrivendone in tempi record la recensione.

Ora, tempo fa rinominai il mio canale YouTube, ribattezzandolo JOKER MARINO.

Son uomo sensitivo? No, forse no. Sebbene il mio intuito sia indiscutibilmente sovrumano. Io percepisco cose e anche cosce, ah ah, che al comune mortale sfuggono. Poiché lui è appunto mortale, dunque ancorato a una visione terragna della vita, afflitto da perenni gelosie nei confronti del prossimo, ossessionato dai soldi e dal sesso. Dalla ricerca smaniosa, spesso anche egoistica, volgare e opportunistica di procacciarsi la materia prima…

Dunque, essendo auto-centrato animalescamente in tale suo scarnificarsi per addivenire ad attimi di felicità che poi manco si gode, preoccupato com’è affaristicamente dalle sue carnali, putrescenti ambizioni, ecco, talmente occupato dal suo miserabile lavoretto, dai deliri solipsistici del suo cervello piccolo, dalle sue fisse complottistiche per cui, ponendosi al centro dell’universo, si concentra soltanto sui suoi ragionamenti assolutamente protesi al soddisfacimento del proprio ego da padrone incontestato, oserei dire testone, del suo suprematismo da idiota incarnato, da idiot savant convinto di essere un genio inconfutabile, perde di vista la complessità del reale, non riesce a captare le sfumature, è mostruosamente manicheo, agganciato a (dis)valori scolastici e retrogradi in quanto, avendo lui ricevuto un imprinting (dis)informativo uniformato al suo stesso essersi irreggimentato nelle certezze dogmatiche, imprigionato com’è nell’improntare l’esistenza a sua immagine e somiglianza, afflitto dalla cosiddetta “vita sua”, espressione che potremmo tradurre col badare soltanto squallidamente ai cazzi propri, tirando a campare fra truffe e prese per il culo al prossimo, essendosi specializzato nell’arte d’arrangiarsi alla bell’è meglio, circondandosi solamente di amici che servono e riveriscono la sua leadership da testa di minchia, poveri diavoli che lui plagia a volere delle sue umorali voluttà, ecco, della vita non capì, non capisce e giammai capirà nulla.

Ridendo come un baccalà, come un quaquaraquà.

Costui, essere infingardo con la puzza sotto il naso, passa il suo tempo libero a denigrare chiunque gli capiti a duro, millanta d’essere superiore a tutti, offende qualsiasi persona che non la pensa/i come lui.

Accusa di pazzia il primo che incontra per strada, vede matti dappertutto.

Anzi, chiede agli altri di mostrarsi e di dimostrare perennemente qualcosa. Lui vuole appurare…

Sì, costui è un catechista, un Savonarola, un falso essere schifoso.

L’unico che però non guarda allo specchio è lui stesso. Poiché, credendosi costui al di sopra della legge, considerandosi boriosamente il re del mondo, dunque essendo tonto forte, non sa ancora che io l’ho denunciato.

E fra qualche mese gli arriverà una bella lettera di risarcimento. Poiché, non pago delle calunnie che sparse in giro, è pure inconsapevole della sua malattia mentale.

Cioè, è psicopatico ma dice agli altri di essere schizofrenici deliranti paranoidi.

Detto ciò, torniamo a Joker.

Un film importantissimo. Un devastante pugno allo stomaco.

Un colpo da Muhammad Ali.

Un colpo da Oscar… Wilde.

Wilde fu citato da Sergio Leone in Per qualche dollaro in più:

Le domande non sono mai indiscrete. Le risposte, talvolta, lo sono.

Sarebbe come dire… com’è possibile che un uomo come Arthur Fleck sia diventato così forte?

Poiché Joker ama le odissee. Soprattutto di James Joyce e tutti i suoi sbagli furono l’anticamera della scoperta.

Gli altri ora sono rimasti dei bambini, mentre lui è adesso troppo veloce.

D’altronde, a produrre Joker è stato Bradley Limitless Cooper.

Ho detto tutto…

 

di Stefano Falotico

 

VENEZIA 76: tifo da stadio per JOKER, sapete perché? Andate a lavorare, barboni e sguatteri. Il Principe non lavorerà mai!


07 Sep

jokerSì, vado di sproloqui. Basta con la storia che bisogna parlare in modo lineare di probo eloquio.

Depauperiamo! Siamo paperini, miei topolini.

Ah ah.

Sì, come saprete, se preferite… sapete, sarà presto diramata la lista completa dei vincitori della 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Trasmessa in diretta sulla Rai, Venezia 76 si concluderà col plateale, doveroso trionfo del film più bello dell’ultima decade?

Un capolavoro bellissimo e nerissimo, un pugno allo stomaco devastante rifilato alle panze del pubblico di massa e ficcato in bocca a ogni ipocrita stolto e ottuso di questo sistema marcio.

Ove, se non più ottemperi, sottomesso, remissivo e sussiegoso, castigato e nanizzato, regredito all’infanzia, agli ordini imperiosi d’un mondo tetramente allineato allo squallore perbenistico, al conformismo politicamente corretto invero assai fascista, se con pazza gioia non ti doni all’impazzimento collettivo in cui il motto è mai lamentarsi, giammai piagnucolare, bensì esibire vanagloriosi la fierezza del proprio altezzoso portamento superbo e molto alterato, dagli umori sempre stabilissimi e mai alterati, altrimenti ti dicono che sei socialmente pericoloso, quindi un mondo nella sua originaria purezza adulterato in cui impazza la ferale brutalità cinica scagliata in viso agli invisi, (de)strutturata in comportamenti sottilmente violenti fatti d’ammiccamenti smorfiosi e false maschere perennemente allusive riguardo il fatto che, per l’appunto, se non ti attieni alle prescritte, dure regole imposte e impostate, in modo assolutamente non elusivo, sarai escluso e semmai, se azzarderai a far sentire la tua voce fuori dal cor(p)o, verrai pure sbattuto a dovere in prigione o in manicomio recluso, un mondo abusivo tremendamente cattivo nei confronti di chi, volente o nolente, probabilmente indolente, ancor oppone resistenza e, nella sua stoica resilienza, non vuole arrendersi, un mondo facinoroso proprio contro chi non è violento, un mondo che ti sfratta se non t’adatti agli abiti di chi abita dentro le sovrastrutture classiste, costruite secondo il piano regolatore del cemento armato allestito nelle menti prefabbricate dal potere che sta alla base del vertice piramidale.

Un mondo ove, per far buon viso a cattiva sorte, chi più chi meno tutti s’adattano, vivendo così così.

Tra attimi assai fugaci di euforia, buonismi auto-ingannevoli e magre consolazioni di finte stime reciproche, di sorrisi di plastica esposti affinché l’altro, vedendoti apparentemente contento, possa benvolerti, accoglierti nel suo gruppo ridanciano, spensierato, carnascialesco, frivolo e mondano di balli e can(t)i.

Di superficialità carnale offerta a disprezzo, paradossalmente, di chi non ha saputo vendere la sua merce per non prostituirsi al porcile e mettersi alla mercé di che?!

A quanto vieni? Ah, quella donna non ha prezzo. Per forza, è una troia che pochi si possono permettere.

Ah ah.

Non siamo alla merceria, siamo fra le calze delle porcherie, delle edonistiche corbellerie ove siamo stufi della retorica della ruffianeria!

Ha fatto bene il Joker a infilarvelo. Stanco dal non essere calzante a questa società di mezze calzette stronze.

Sì, come quella dell’allenatore del Bologna, Mijajlovic. Quando era al Torino, quando un giornalista gli pose la domanda se fosse dispiaciuto del momento d’impasse d’un suo giocatore, replicò con la classica, insopportabile frase di circostanza da facile applauso, la cosiddetta frase giusta ed “epica”.

Del tipo… non ha niente di cui disperarsi, cosa dovrebbe dire allora la gente comune che si alza alle 4 del mattino e lavora durissimamente sino a tarda sera, riuscendo a stento ad arrivare a fine mese?

Lui è un viziato, noi che facciamo questo lavoro, eh sì, siamo dei privilegiati. Dunque, non accetto da parte dei miei giocatori alcun tipo di alibi, aborrisco le depressioni e gli attimi loro tristi.

Sì, panem et circenses, intanto Mihajlovic nel suo ambiente sguazza e il pubblico di lavoratori è talmente ottuso da volere che queste disparità non solo si cementino, bensì aumentino.

Che MAIALOVIC che siete! Ancora a sfottere Ugo Fantozzi e sua moglie, la Vukotic!

Ah ah!

Poiché, dinanzi a falsità immani del genere, pure la gente applaude!

Quindi, caro Sinisa, la predica populistica vada a farla a sua sorella.

Lei ora soffre di leucemia. Me ne dispiaccio. Ma perché mai io dovrei impietosirmi nei suoi riguardi in modo maggiore rispetto alla solidarietà da me riservata, appunto, a un comune mortale ammalatosi dello stesso suo male?

Eh no, i divi, gli allenatori calcistici, i VIP vengono pure biasimati e compassionevolmente compresi.

Agli altri solo le compresse!

Anzi, con tutti i pochi soldi che rifilano a questi nababbi, i poveretti, abboccando ai loro giochetti, non hanno più un Euro nemmeno per pagarsi il caffè del distributore automatico dell’ospedale ove, tra una flebo e un riso in bianco, hanno trovato la forza di alzarsi da lettino e di recarsi alla macchinetta in pigiamino. Almeno, per bere qualcosa di caldo che possa brevissimamente alleviare i loro dolori intercostali assolutamente impietosi.

Sì, consapevoli che assai presto moriranno, non hanno più un soldo per cure mediche migliori poiché i loro risparmi li sputtanarono per pagare gli abbonamenti a Sky o per dilapidare il compenso delle loro lavorative settimane al fine di poter guardare in curva il centravanti di sfondamento Ronaldo!

Cazzo, hai visto che GOAL?

E vai di autorete!

Il Joker invece vi cacciò una punizione a palombella da Mariolino Corso.

Sotto l’incrocio dei peli delle vostre vite fake e traverse.

Anzi, volevo dire traviate.

Andate a lavorare, barboni!

I geni devono fare i principi.

 

 

di Stefano Falotico

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Il JOKER di JOAQUIN PHOENIX: Character Study


03 Sep

joker phoenix

Che cos’è innanzitutto un character study?

Sarebbe da chiedere a quei folli psichiatri così supponenti che, in diagnosi superficiali assai sbrigative, specie quando c’è di mezzo la giustizia che, a sua volta, preferisce agire repentinamente senz’appurare approfonditamente, emettono giudizi lapidari capaci, nell’arco di una misera mezz’oretta in cui l’hanno eseguita, semmai leggendo nel frattempo le notifiche lampeggianti sotto un desktop col logo della Fortitudo, di rovinare tutto il libero, propulsivo potenziale a rinascere d’una persona che, semplicemente, per sfortunate circostanze, fu giocoforza obbligata a ribellarsi furibondamente, reagendo ad affronti e bullismi reiteratisi troppo a lungo.

Come si suol dire, lo scherzo è bello finché dura poco. Quando, invece ostinatamente, scelleratamente persevera nel protrarsi in maniera interminabile e infermabile, poiché nessuno interviene e intervenne a porgli un netto, radicale freno duramente, dall’apparente burla giocherellona si può passare al tentato omicidio o, peggio, all’istigazione al suicidio di un’anima Joker-iellata che, non essendo riconosciuta uguale e conformata ai dettami di massa, non essendo allineata alla carnascialesca cantilena stolta dei luoghi comuni propagati e tramandati di generazione in (de)generazione da una prosapia d’inestirpabili uomini immondi, non essendo ascritta semmai a un gruppo sociale per via d’una sacrosanta, vivaddio, natura inesorabilmente connaturata alla sua alterità troppo dissimile rispetto a un mondo appiattitosi nel pregiudizio e nella svelta supponenza plebiscitaria di una collettività malsana, un’umanità adattatasi alla retorica, ai verdetti esecrabili della propria facile boria merdosissima, un’umanità che impietosamente non solo non prova compassione o s’impietosisce ma perfino nella sua fallacità chiarissima volgarmente insiste, non recedendo dalle sue intransigenti (im)posizioni fasciste, ecco… dapprima quest’anima osteggiata, vilipesa ed emarginata nel silenzio s’ammutolisce, nella melanconia a prima vista pacifica e innocua s’intristisce, nell’amarezza e nell’arrendevolezza, nella mancanza di capacità reattiva si svilisce e nell’abbattuta autostima, dai farisei impostori, dai facinorosi imbattibili impunemente e ignobilmente scalfita, poltrisce o forse soltanto le sue rabbie ancor inesplose tremendamente, segretamente patisce.

Ecco, Joker, a detta dello stesso Todd Phillips doveva essere un potente monito scagliato in barba a questa società oramai irredimibile e barbarica. Che, edonistica, alle gioie più meschine ed egoiste incita, al solipsismo più menefreghista istruisce e ragiona a compartimenti stagni schematici, bigotti e qualunquistici.

Ebbene, Phillips c’è riuscito. Sì, a creare un’opera figlia della New Hollywood che, attingendo dalle cupe atmosfere malinconicamente oniriche di quei tempi tristi o forse soltanto rivoluzionari e stanchi delle baggianate ecumeniste di John Lennon e compagnia bella, combatté il pacifismo.

Sì, può apparire ossimorica quest’affermazione in termini, appunto, contradditoria.

Non dovrebbe infatti la pace regalare serenità e armonia? Non sempre, anzi, quasi mai la pace totale crea universale felicità perdurevole.

Viviamo in tempi ove impera l’ipocrita buonismo, ove tutti si scattano selfie a trentadue denti col drink in mano ma io, dietro questa contentezza tanto ostentata, dietro questa deflagrazione d’allegria a prima vista contagiosa e, appunto, disarmante, scorgo incurabile tristizia allarmante.

Sì, non siete felici ma vi hanno chiesto di esserlo a tutti i costi, costi quel che costi e voi abdicaste, rinunciaste per comodità ai vostri intimi credo inviolabili per non sentirvi diversi e guardati a vista. Cosicché, omologandovi all’andazzo ridanciano e frivolo, al solito putiferio carnevalesco, caciarone e chiassoso, politicamente corretto e improntato agli ordini impartitivi dalla pubblicità dei dentifrici e degli shampoo al balsamo, sembrate adesso tutti dei perfettini manichini appena usciti da un estetista che vi ha reso carini…

Sì, una società da Brazil di Terry Gilliam in cui chiunque, per non sentirsi escluso, (s)fatto come uno stampino, è uguale all’altro in tale processione di uomini e donne schifosi ma esteriormente bellissimi.

In Sala Grande al Festival di Venezia, ah sì, Joker io vidi.

Un evento che conserverò eternamente nella mia memoria. Sì, ancora forse non me ne rendo conto. Io assieme a un paio di migliaia di persone, sono stato fra i pochi fortunati al mondo a vedere uno dei massimi film degli ultimi dieci anni alla sua prima per la stampa. Che culo, ah ah.

E qui ancora spoilero in quanto sono uomo spoglio che tutti polverizzo.

Di Arthur Fleck non ci venne detto di quale malattia mentale soffra.

Notammo solamente che è affetto da un’esagerata ilarità smodata spontaneamente stupidissima. Meravigliosa!

Sì, una risata lontana dagli applause telecomandati e dalle risatine dell’ex Zelig ove spesso le battute in effetti facevano ridere ma altre volte facevano davvero piangere ma per cui la gente, sapendo che apparteneva al pubblico pagante, quindi probabilmente sarebbe stata pure inquadrata per i pochi istanti di celebrità catodica, rideva ugualmente. Eh sì, così se mi vedono nella replica registrata i miei figli, i miei amici e parenti, eh già, penseranno che me la sto ridendo da matti.

Sì, le persone sono pazze. Molti ragazzi venderebbero la loro madre come Anna Maria Barbera (che non è sposata all’impomatato direttore della Mostra, Alberto Barbera), eh sì, povera donna che a causa d’una vita difficile piena di sacrifici divenne appunto grassa e brutta, buttandola a ridere come la Sconsolata, suo nome d’arte, pur di avere una cena a base soltanto d’insalata o da salami con Vanessa Incontrada.

Vengono fuori gli animali più strani… la notte, diceva il profetico folle Travis Bickle di Taxi Driver.

Il mondo non è cambiato più di tanto. I cinquantenni stanno a casa d’estate mentre la moglie è in vacanza e sono talmente fedeli che, in assenza di quest’ultima, non la tradiscono con la prima sguattera incontrata in un bar. No, portano la fede al dito. Al massimo, si collegano, liberi da occhi indiscreti sul sito blacked.com.

Poiché, come dice l’imbecille detto italiota, non è mai vero tradimento anche se è stato un onanismo praticato con sentito, voglioso ardimento.

Però questi uomini pasciuti ed economicamente sistemati, cazzo, scoprono che la moglie non è andata a Rimini con le amiche come invece lasciò supporre loro.

E fanno la fine di Martin Scorsese sempre di Taxi Driver.

Ah ah.

Eh sì, la moglie fu stufa di tutti i suoi gelidi inverni da professoressa “tu mi stufi”, altezzosa e sempre tirata in tailleur da dottoressa Wendy Carr di Mindhunter (e ho detto tutto…), al che si diede a una seratina con Lexington Steele o con un mandingone come Dredd, uomo col martellone a riempire il vuoto pneumatico della donna da lui stantuffata per sbiancarla da una vita, più che nera, ingrigitasi nella noia più bruciante da strega-megera.

Ah ah.

Vedo giovani d’oggi assolutamente incoscienti che s’improvvisano commedianti da cabaret per 15 minutes di popolarità esibiti in bettole frequentate da Emil Slovak e Oleg Razgul di 15 minuti – Follia omicida a New York.

Sì, con Ragzul che li filma, brindando alla Vita è meravigliosa di Frank Capra, per poi spedire il tutto al Maurizio Costanzo di turno, ovvero Bob De Niro/Murray Franklin.

Sì, giovani inesperti, totalmente inconsapevoli di essere pagliacci d’avanspettacolo che, dopo aver inventato due barzellette che hanno fatto sganasciare soltanto la cerebrolesa bagascia con cui stanno, si credono Murray.

Non De Niro, però. Quello de Lo sbirro, il boss e la bionda.

L’uomo saggio da Broken Flowers che potrebbe tranquillamente ingropparsi Scarlett Johansson di Lost in Translation ma sa che Scarlett è ancora giovane, è una bimba. Forse lei si divertirebbe, anche lui, parecchio.

Ma poi, dopo che saranno venuti entrambi, cosa davvero tangibilmente ne sarebbe concretamente venuto?

Lei, a lungo andare, infatti, stando con un uomo molto più maturo, si rattristerebbe poiché lui ama Leonard Cohen e L’uomo che non c’era dei fratelli Coen mentre a lei, in fondo in fondo, piace ancora fare la troia, la Black Dahlia. Divertendosi a sfottere i ragazzacci che adorano le fighe di plastica come Black Widow.

Sì, la classica tipa laureatasi a pieni voti, col suo bagaglio dunque anche sessualmente da 110 e lode, dunque una che pensa di essere già arrivata e, prima di dartela affinché tu possa inserirglielo, pretende che tu la posso inserire come Harvey Weinstein…

Ah ah.

Ecco, verso metà del film Joker, questo Fleck malato non si sa di cosa, se di disturbo borderline, di deficit cognitivo, di complesso di Edipo, di schizofrenia ridens, ah ah, di psicosi compulsiva o forse solo di mal di schiena ipocondriaco grazie al quale si fa passare per invalido, rubando i soldi allo Stato, viene ferocemente aggredito in metropolitana da tre storpi nel cervello.

Questi tre minorati mentali assai robusti fisicamente pensarono d’aver di fronte a loro Ugo Fantozzi con una maschera da carnevale di Viareggio, invece scoprirono che Arthur Fleck non volle più lasciarsi infinocchiare come Tom Cruise di Eyes Wide Shut.

Sì, esasperato da una società di potenti che, per rincoglionirti e tenerti lontano dal loro porcile, ti fanno credere, con la suggestione psicanalitica e l’ipnosi alla tua debole ipofisi, che non avrai mai una donna con la mask veneziana, compie una trasformazione inaspettata, impressionando perfino la psicologa presso cui era in cura.

Sì, la psicologa di Fleck pensò, essendo lei donna che capisce tutto, che Fleck fosse un ragazzino timido come Jean-Louis Trintignant de Il sorpasso e invece scoprì che ebbe sempre di fronte il figlio di Bruce Lee, cioè Eric Draven…

Eh sì, al povero Fleck, gli uomini e le donne col cervello grande, ah ah, fecero credere che lui persino fosse cieco o che, perlomeno, soffrisse d’una visione alterata rispetto alla norma della realtà.

In un baleno, Fleck fu stanco d’essere sempre servile e di rispondere a un bocca al lupo o un odioso, falso in culo alla balena… prego, grazie, crepi.

– Ciao, Arthur. Hai preso, oggi, le medicine? Bravo. Il lavoro come va?

– Be’, non mi assume nessuno.

– Non disperare, figlio mio. Vedo che non ti tieni informato. Si sa, la situazione economica attuale è questa. Non sei mica il solo.

. Lei però guadagna centomila Euro all’anno.

– Mi sono fatta il culo. Vedrai che con un po’ d’impegno tutto si metterà a posto.

Viviamo in una società evoluta. Un lavoro adatto alle tue caratteristiche lo troverai. Non viviamo più negli anni settanta ove bastava un diploma per trovare un posto fisso. Oggi, anche per pulire i cessi, devi avere tre lauree in igiene mentale. Siamo progrediti.

– Appunto.

– Eh, ma non disperare. Non piangerti addosso. Forza e coraggio. Basta rimboccarsi le maniche.

Un tempo, donne malate di mente come Frances Conroy non si sarebbero mai sognate di avere un figlio così figo come Batman dal sindaco di Gotham City.

Be’, c’è da dire che lui non riconobbe la loro maternità e si comportò nei loro confronti come Mussolini.

Ma almeno a Thomas Wayne/Benito, tu e tua madre dovete una casa con un tetto.

Sì, è come Trump, Thomas. Sempre meglio di Matteo Renzi che, col suo concetto di dignità, s’è fatto fregare da Di Maio coi suoi utopistici redditi di qua e di là.

Sempre meglio di Salvini, uno che promise e promette mare e monti solo se lavori già alla Rai come la sua ex, la Isoardi.

Mentre a chi ama un’extracomunitaria come Zazie Beetz gli prescrive cure mediche a un centro di salute psichica.

Dimmi la verità, Fleck? Non auto-ingannarti. Senti molto la mancanza di una compagnia femminile?

– No, guardi. Conobbi una che al posto di un ragazzo volevo un modello dei profumi.

– Capisco. Quindi cos’è che ti turba tanto? Non ti piace Joker di Todd Phillips? Reputi che sia un film diseducativo da segnalare al team di Facebook, una giuria composta da Gene Hackman, appunto, di Runaway Jury, formata cioè da uomini e donne che bloccano uno se gli sta antipatico e non corrisponde ai loro background di razza, sesso e religione, mentre lasciano pubbliche le oscenità scritte da uno del loro social?

Che cosa ti angoscia? Il fatto che il novanta per cento della gente legge i libri e acclama Apocalypse Now ma non conosce Joseph Conrad? E alla Conad preferisce la Coin?

È questo che ti dà tanto fastidio? Guarda, stasera prendi il farmaco neurolettico di cui ora subito ti faccio la ricevuta. Vai dal farmacista, ficcati in boccale le pillole da me assegnateti e vedrai che sarai talmente rimbambito che ascolterai anche Meraviglioso nella versione dei Negramaro.

Vedi? Basta così poco per essere un ritardato come tutti.

 

Una delle più grandi tragedie di cui l’umanità abbia avuto e avrà memoria…

Joker, signore e signori, indubbiamente un capolavoro. Il migliore Cinema fintamente mainstream che è anche Arte purissima e celluloide vérité memore perfino di Born to Win e Bang the Drum Slowly.

di Stefano Falotico

JOAQUIN PHOENIX vincerà l’Oscar per il suo JOKER? Paolo Mereghetti invece perché si sente Kyle Chandler di The Wolf of Wall Street?


02 Sep

Joaquin+Phoenix+Joker+Photocall+76th+Venice+O8eGNcizmPXlfallo

Eh già, caro Paolo Mereghetti.

Lei fa sempre così. Rimane, come si suol dire, sul chi va là e puntualmente, come un orologio svizzero, più di tanto non si sbilancia.

D’altronde, lei è un moderato. Credo che appartenga al partito democratico. Dunque, capisco bene le ragioni politico-editoriali che devono averla indotta a scrivere testualmente quanto segue:

La regia prende a piene mani dal cinema di Scorsese («Taxi Driver», «Re per una notte»), tira in ballo con una certa superficialità la psicoanalisi e le rabbie antisistema dei poveracci, ma gli attori sono superlativi. E se Joaquin Phoenix è da Coppa Volpi, Robert De Niro nei panni del conduttore televisivo sfodera tutta la sua arte.

Sì, concordo su De Niro. In pochissimi, me compreso e chiedo venia, citarono Bobby nelle loro recensioni.

Io, a dir il vero, lo citai eccome ma forse non sottolineai adeguatamente la sua caratura carismatica.

Un ruolo minore quello di Bob ma recitato con timing e una presenza scenica da veterano espertissimo.

Un ruolo assai breve ma incisivo e, come si suol dire, centrale. Fulcro nevralgico della pazzia di Fleck.

Mereghetti però che mi scrive?

Innanzitutto, come già detto, non s’è lasciato andare al facile entusiasmo. Semmai, quando redigerà il suo nuovo Dizionario, a Joker le stellette alzerà. Al momento, lei vuole tastare il terreno e s’è mantenuto piuttosto cauto. Anzi, perfino ha azzardato a rimarcare che la deriva, diciamo, populistica del finale non poco l’ha insoddisfatta.

Sì, alla fine o, per meglio dire, nel pre-finale, Joker si ribella furentemente. E diventa l’idolo di Gotham City, celebrato come un eroe coraggioso. Innalzato in gloria dalla gente poco vanagloriosa che brinda ed esulta dinanzi alla forza spaventosa di questo Fleck. Il quale, dopo troppi patimenti e struggimenti, dopo una melanconia mostruosa, dopo tanta crudeltà subita e tanta sua innocenza scalfita in modo ripugnante e imperdonabile, anziché piegare la testa, abdicando al sistema che lo vorrebbe relegato a vita in un centro di salute mentale a prendere le direttive di una psicanalista assai arretrata e bigotta, eh già, piuttosto che assumere psicofarmaci compressivi che eternamente, sin al giorno della sua morte, castigherebbero la sua libido, rendendolo ancora più depressivo, furiosamente divora ogni ipocrisia d’un mondo popolato da stupidi e ottusi miserabili.

Non chiede scusa a nessuno, riconosce di essere sempre stato poco adatto a un mondo ove la preoccupazione dei genitori è quella di avviarti a un lavoro cosiddetto appagante e stabile che possa garantire ai figli quell’illusoria, piccolo-borghese parvenza di felicità giustamente disprezzata e stoicamente denigrata da Pier Paolo Pasolini.

Sì, è lunedì, quindi forse martedì.

Ricordate, figlioli, Essi vivono…

Obbedite dunque a questa società dei consumi ove il valore pro-capite d’ogni singolo individuo non corrisponde affatto alla validità della sua anima connaturata alla bellezza variegata dell’essere noi tutti diversi.

Sì, ciò che importa alla società non è la nostra vera felicità, bensì la maschera appunto sociale travestita da bugiarda dignità.

Dunque, trovi tuo nonno che aggeggia col cellulare, oh, ti casca l’occhio e noti che lui sta guardando un porno.

Ma lui ti risponderà che lo vide solo per curiosità. Come no…

Sì, cosicché se sei una persona affetta e afflitta, si fa per dire, da emozionali alterità, stai tranquillo che sarai emarginato a volontà. Ti diranno pure che non sei sufficientemente volenteroso e che è doveroso che tu non ti sia meritato niente. Sei un mentecatto! Sì, sarai maltrattato da malato di mente. Sarai inviso alla gente, sarai odiato dai coetanei poiché in quella compagnia del cazzo tutti hanno il tatuaggio tamarro e tu invece stai con una ragazza che mangia solo il formaggio.

Sei un topo, un ratto!

Poiché non hai leccato nessuno, non hai mai creduto alla retorica qualunquistica, hai davvero pensato come gli studenti de L’attimo fuggente che non si è brave persone se di professione s’è medici o avvocati.

Sì, il mondo è violentissimo.

Dunque, se come Todd Phillips avrai le palle di girare un film cattivissimo come Joker, uomo senza pelle, troverai il Mereghetti di turno che ti punzecchierà, ammonendoti.

Sì, Il Corriere della Sera paga a Paolo l’albergo al Lido e, per le poche righe di sua recensione scritta col cu(cu)lo, Paolino è capace che prenda 100 Euro a botta.

Dunque, polemico, borbotta, tirandosela da gran signore che odia quelli che sbracciano e fanno a botte.

Ma mi facesse il favore!

Fa il moralista ma mi piacerebbe vedere Paolo, fra qualche anno, ridotto come Clint Eastwood di The Mule.

Te lo do io Il Corriere.

 

di Stefano Falotico

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Perché questa generazione aspetta in maniera febbricitante il Joker con Joaquin Phoenix?


19 Apr

fleck joker

La risposta è facilissima.

Ora, sappiamo invero ancora poco, nei dettagli, della trama. Il Joker con Phoenix, diretto da Todd Phillips, è esplicitamente ispirato alla graphic novel The Killing Joke.

Molto vagamente però. In questa storia fumettistica, si narra che il Joker, prima di diventare tale, cioè il Principe del Crimine, era uno standup comedian di bassa categoria, costretto a esibirsi in bettole e locali di quart’ordine.

Ora, lo sceneggiatore Scott Silver è troppo in gamba perché possiamo pensare che abbia copiato alla lettera il fumetto.

Infatti, già dal trailer e, peraltro, come già anticipato da precedenti rivelazioni, siam venuti a sapere che il Joker si chiama Arthur Fleck e vive con la madre. Che lui cura da un brutto male. Almeno questo è ciò che abbiamo inteso.

Non abbiamo però compreso se la madre sia malata di tumore, di depressione grave oppure d’invalidanti turbe psichiche.

La madre è interpretata da Frances Conroy. Attrice notevole dai lineamenti inquietanti.

Già maniaca religiosa in Stone con De Niro.

Ed ecco che Silver inserisce proprio Travis Bickle di Taxi Driver, Rupert Pupkin di Re per una notte. Per omaggiare De Niro stesso e il suo anfitrione Martin Scorsese. Scorsese, che inizialmente veniva accreditato come producer di questo Joker, invece adesso è scomparso dai credits e non sappiamo se verrà annoverato come finanziatore della pellicola. Staremo a vedere.

Todd Phillips… uhm, è un autore? Troppi pochi film per poterne essere sicuri. Sicuramente è un regista abile e comunque di talento. Uno che in questo progetto vi crede molto. Fermamente.

Poi, abbiamo Murray Franklin/De Niro nei panni di un Mike Bongiorno misto al David Letterman più bastardo.

Per inciso, The Comedian di Taylor Hackford, appunto, con Bob De Niro perché nessuno lo distribuisce in Italia?

Guardate che, a dispetto della media recensoria assai bassina della Critica statunitense, è un signor film. Una commedia dolceamara in stile Woody Allen. Anche se meno acuta.

Voi mi chiederete… Dove l’hai visto? Io vedo tutto. Ho anche il Blu-ray acquistato da Amazon.

Ora, De Niro in questo film pare che incarnerà e rappresenterà, involontariamente, la causa scatenante della pazzia del Joker.

Insomma, un personaggio televisivo paragonabile al Jack Lucas/Jeff Bridges de La leggenda del re pescatore. Con una piccola, importantissima variante. Bridges, in preda al gigionismo, nel suddetto film di Terry Gilliam, aveva incitato un radioascoltatore a spararla grossa.

L’uomo, travisando (torniamo a Travis…) le sue parole scherzose, in una distorsione interpretativa assurda, compiva realmente una strage. Uccidendo a sangue freddo la moglie del professore interpretato da Robin Williams. Il quale, in seguito alla tragedia, impazziva.

Insomma, Bridges era stato l’indiretto responsabile della follia di Williams. Cioè aveva reso Williams un interdetto.

Franklin/De Niro, invece, chiama nel suo talk show Arthur Fleck. E, dopo averlo ripetutamente umiliato con battute sprezzanti di dubbio gusto, Arthur crolla.

Uhm, troppo presto per dire se De Niro sarà la sola causa della follia di Arthur. O se, invece, come quasi sempre accade in questi casi, sia stata solamente la cosiddetta goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Se cioè, oserei dire invero, Arthur già soffriva di forti fragilità psicologiche e, dinanzi all’ennesima batosta potente, abbia perso il cervello completamente.

Un uomo buono, Arhur. Ma non credo affatto tonto. Premuroso e speranzoso, semmai.

Uno che, parafrasando Loredana Bertè, ci credeva, sì.

Credeva, nella sua utopia sognante da eterno adolescente, che davvero in questo mondo chiunque potesse e avrebbe potuto vivere felice, lontano da una realtà squallida, volgare, violenta e misera.

E poteva accontentarsi della sua forza fantasiosa, della sua poesia malinconicamente dolce e forse finanche romantica. Struggente e un po’ patetica, certamente, ma meravigliosa.

Il mondo invece è crudele. Non lascia scampo. Perseguita chi non sta ai patti sociali fatti di competizione, suprematismo e, diciamocelo, orribile edonismo.

Quelli della mia generazione ne sanno qualcosa.

Ha sempre impazzito, no, impazzato l’osceno termine sfigato.

Per sfigato, genericamente parlando, s’intendeva e ancor s’intende una persona iellata, di scarsa fortuna. A cui non ne va dritta una.

Secondo invece il modus ragionandi degli adolescenti, ahinoi anche di molti adulti deficienti, sfigato è colui che non possiede una vita sessuale e affettiva. O, se ce l’ha, è comunque molto esigua e frustrante.

Dunque, quest’appellativo, spesso tutt’ora lanciato a destra e a manca, soprattutto dai destrorsi, con bacata, arbitraria, scriteriata, microcefalica faciloneria balorda, con stoltezza incommensurabile e vanagloriosamente cretina, oserei dire ripugnante, già la dovrebbe dire molto lunga su che razza di società noi abbiamo vissuto e, purtroppo, continuiamo a vivere. Mi stupisco che anche voi, voi che vi dichiarate colti e intelligenti, ancora abbocchiate a questi idioti luoghi comuni.

Una società filonazista da Benvenuti a Marwen.

Una società senza valori.

Che basa i rapporti interpersonali, appunto, sul primato di grandezze superomistiche assai effimere.

Una società di primati, scimmiesca.

Una società bruciata come un fiammifero.

Porca, lercia, puttanesca.

Per questo le persone migliori di questa generazione aspettano con ansia, forse anche con attacchi di panico, eh eh, il Joker.

Perché, come Arthur Fleck, hanno capito che quasi tutto ciò che ci avevano insegnato, ovvero l’educazione civica, il reciproco e solidale rispetto, i valori come l’amicizia, l’amabile convivenza fraterna, l’amore e il romanticismo sono oramai concetti ridicoli e superati, anacronistici in questo mondo d’imbecilli stronzissimi.

E che la cultura non è niente se non è finalizzata ai soldi e al procacciarsi la carne da mangiare…

Un mondo ove tu puoi essere Dostoevskij ma devi sapere che un pornoattore analfabeta con un fisicone da toro se la gode da matti. Alla faccia tua. Tanto bellina.

Perché è nato ricco. Oppure semplicemente non gliene frega un beneamato c… o di nessuno.

Questa è la base del tradimento del comunismo. Il bacio di Giuda…

Dunque, in una società di farfalloni straviziati e viziosi che dicono agli altri pagliacci, mi pare giusto che, dirimpetto a tali sorrisi falsi, qualcuno non si sia adattato all’andazzo.

Che abbia avuto il coraggio di dire, no, non cresco… poiché sono io quello cresciuto, siete voi invece i nani buffoni. E andreste tutti internati in manicomio.

Sono personaggi come Balboa di Rocky V.

Uno che accetta tutto. Accetta ad esempio che dei bambagioni gli dicano fallito e coglione.

Ma non accetta che si vadano a toccare persone che non c’entrano niente con queste sozze bassezze.

E allora lì diventa una furia.

Sono personaggi come Viggo Mortensen di A History of Violence. Come si suol dire, teneroni, buoni e cari perché portano rispetto. Signorili e gentiluomini.

Ma tu, bifolco, sei entrato in questo bar per fare un macello, hai toccato la mia famiglia, e mio fratello non lo sarai più.

Mai più.

È una lezione di vita pesantissima, atroce.

Sacrosanta.

La lezione di vita che questa disturbata società ha prodotto. Una società schizofrenica, marcia, malata.

Dobbiamo riscoprire i nostalgici nostri sentimenti forse non del tutto perduti.

di Stefano Falotico

Joker, reazioni al trailer: tutte le banalità e le idiozie scriteriate che ho sentito


05 Apr

jokerstefano

Innanzitutto, chiariamoci una volta per tutte definitivamente. Non si dice Giacchin’ bensì IOACHIN. Di mio indosso un giacchino. Non voglio apparire pedante ma sono più puntiglioso di Giovanni Storti in Tre uomini e una gamba.

Ah, che storture, che torture. Che rotture, che brutture.

Sì, io della precisione e della meticolosità son maestro leziosissimo. E ci tengo a esserlo. Mi mantiene disciplinato. Addomesticato nelle mie sane manie di composta formalità impeccabile, di forma psicofisica imbattibile.

Mi preserva dal caos, dallo sconquasso, dall’entropia di un mondo sull’orlo perennemente di un collasso nervoso. Di un traviamento oscenamente libidinoso e ferocemente morboso.

Impazza l’arroganza, spuntano come funghi nuovi pazzi che pazzi non sono, i centri di salute mentale son presi d’assalto da una mandria di “malati” che, in fila indiana, ricevono farmaci da psichiatri che, anziché curare le loro anime, li comprimono nei loro slanci vitali più veri, sopprimendo i loro cuori, anestetizzando, rattrappendo e anchilosando i loro sentiti respiri, paralizzandoli in lobotomie non solo cerebrali bensì fisiche a furia di somministrare coattamente ai pazienti droghe contenitive, neurolettici che acquietano soltanto a livello comportamentale le loro presunte aggressività maligne. Sintomi benigni, diagnosi di schizofrenia un tanto al chilo come fossero noccioline, tranquillanti e analgesici rifilati con superficialità immonda. Malinconia bellissima scambiata per pericolosa depressione, disturbi bipolari faciloni e poi trattamenti in prognosi non tanto riservata.

Perché, se entri in cura, lo sanno perfino in capo al mondo. La gente parla, ti schiva, ti emargina come se fossi un lebbroso, un contagioso, pernicioso freak untore.

Circuizioni, occipitali evirazioni dei sentimenti in castrazioni non solo sessuali.

Gente savia ingannata da medici con le salviette che medici non sono, pseudo-curatori di un pacato, falso quieto vivere ipocrita.

Tutori ed educatori che invero son bifolchi maleducati che si prendono licenze assurde (oltre a essersi pigliati lauree comprate e ridicole) la briga arbitraria di legiferare sulle scelte, persino lavorative, addirittura sentimentali dei pazienti da erudire e livellare a una visione formato cloro, da ricattare in una visione insipida e insapore di ogni vitale calore. Affinché nessuno canti o urli fuori dal coro. E chiunque al conformismo più becero, menzognero e politicamente corretto si affili in adattamenti illusori.

Quanti scandali abbiamo sentito, quanti orrori e mostruosità son state taciute dall’omertà malavitosa di queste gerarchiche, nazistiche istituzioni. Che vorrebbero professarsi portatrici di valori, di benessere e vita felice, invece son soltanto una burocratica ramificazione del più umano squallore, del più disarmante grigiore, dell’asettico fetore che appiattisce ogni candore. Ogni magnifico pudore, ogni libertà troppo esuberante accusata ingiustamente d’esser demente, disturbata, disturbante.

Gente diluita, liquidata, obnubilata, obliata nell’ablatore d’ogni vulcanica esplosione gioiosa.

Gente nervosa che diventa nevosa perché troppo calorosa.

Sì, son cattivo e intransigente contro questo sistema viscido e bugiardo di abbindolatori, di buonismi consolatori, di queste taumaturgie schematiche all’acqua di rose, di questi abbreviatori della complessa, perciò inquieta varietà stupenda d’ogni vita che non si attiene ai binari imposti della sociale ordinazione.

Ah, evviva la follia dei poeti, degli esistenzialisti, degli ascetici, la contemplativa acquiescenza dei mistici e la forza immaginifica dei visionari. Che splendore!

Ne ho sentite tante su questo trailer.

Partiamo da Lorenzo Signore, youtuber che stimo ma che, in tal caso, s’è lasciato andare alle solite frasi fatte.

Al che il Joker diventa un ragazzo buono e, a detta di lui, perfino tardo e tonto che, dopo aver subito mille beffe, all’ennesimo scherzaccio di troppo, perde la bussola e la testa.

No, la questione è molto delicata, non generalizziamo con dell’esegesi fumettistiche così semplicistiche.

Ora, Todd Phillips, dopo solo due minuti e mezzo di filmato, è diventato un grande regista.

Potrebbe anche esserlo e questo Joker, perché no, non vedo l’ora che sia davvero un capolavoro.

Sarà una notte da leoni quella dell’agnellino Phoenix.

Ma, ricollegandomi al discorso sui giudizi troppo affrettati, andiamoci calmi, non esagitiamoci, non lanciamoci in supposizioni e diagnostiche verità ancora non appurate.

Acclareremo a visione avvenuta.

Questo è tutto.

Come diceva Mr. Wolf: non è ancora il momento di farci i pompini a vicenda.

Sapete cosa mi sembrate?

A proposito di Pulp Fiction?

Dei cazzoni, molto più di un paio di cazzoni.

Aspettiamo Ottobre prima di festeggiare da vincitori di gran folclore.

Perché, altrimenti, facciamo la figura dei pagliacci.

O no?

 

 

di Stefano Falotico

JOKER Trailer, first impressions


03 Apr

falozjoker

Ebbene, è uscito sfolgorante questo trailer devastante. Sì, nell’accezione di devastante più entusiasmante.

E lo sapevo sì… come canta Loredana…

Questo è un breve video in cui, far molto serio ai limiti dell’insopportabile più altezzoso, con gamba accavallata sul divano e jeans morbidi, però non inquadrati, discetto in merito a questo filmato che m’ha stupito ed esaltato.

Gustatevelo e assaggiate il mio scandire ogni parola con distinta signorilità amabile e altolocata.

Al che un dubbio, oserei dire nervoso come il volto tirato di Gioacchino, all’improvviso m’ha assalito in maniera morbosa e portentosa.

Rileggo la frase di lancio della locandina originale: Put On A Happy Face.

Non mi soffermo sul put on anche se so che molti di voi si fermano con le putten’…, è su a happy face che, da sorridente che ero per aver realizzato il mio libro in inglese su Carpenter (in attesa che venga distribuito anche in Corea, lo trovate qui), vengo mangiato, divorato, spellato da un dubbio amletico quasi da saggio ieratico.

E il mio sorriso si squaglia in un’espressione perplessa e pensierosa da pagliaccio sconsiderato, da uomo da nessuno cagato.

Sì, so bene che vi è molta confusione per l’articolo indeterminativo a/an nella lingua, appunto, inglese.

Se ad esempio si scrive, come ho scritto io, il film dura un’ora e…, si deve scrivere an hour.

Si usa invece A davanti alle parole che iniziano con una consonante o con “h” aspirata.

Vi è anche la h muta di parole, pochissime, come hotel. No, HOTEL è aspiratissima.

Ma io avevo, anzi ho scritto nel testo, an hallucinatory way.

Cazzo, ora devo chiedere la riedizione per una n di troppo. La forma corretta è infatti a hallucination e, di conseguenza, si dice a hallucinatory…

Oh Signore benedetto, comincio ad avere le allucinazioni. M’informo su Yahoo Answers e su Google.

Al che una risposta mi tranquillizza più del Valium:

Meilleure réponse:  the general rule is to use ‘an’ before a word that begins with a vowel sound, and ‘a’ before a word that begins with a consonant sound 

HOWEVER, there is sometimes variation in how people who speak different varieties of English tend to classify words beginning with the letter H, with people who speak British English showing more of a tendency to classify it as a vowel sound.

Bene, risolta questa cosmica, comica diatriba e peraltro so che molti di voi non sanno che sia DIÀTRIBA e DIATRÌBA sono corrette lo stesso, vado a lavarmi i denti, risollevato.

E mi guardo allo specchio come Gioacchino.

Sì, sono odioso, soprattutto permaloso. Se qualcuno mi offende, no, figuratevi (non sfiguratevi come Gioacchino) non me la prendo. Faccio molto peggio. Ah ah.

A tal proposito, essendo io un intrattenitore clownesco, un jolly per gli spettacoli di corte ove, coi miei istrionismi, rendo allegre vite noiose di borghesi annacquati, ossessionati solo dai soldi e dal sesso, vi voglio far ridere.

Vi ho già narrato delle mie scorribande scapestrate, delle mie peripezie intrepide e anche bellamente incoscienti?

Certo, ma voglio ancora allettarvi e indurvi al sorriso.

Sì, con le ragazze sono un campione delle figuracce. E me le vado spesso a cercare con far balzano perché azzardo troppo di mano, no, scusate, sono troppo sincero e un pessimo attore, altro che questo magnifico Phoenix, quando loro si accorgono che sto mentendo con una spudoratezza immonda e mi rifilano sberle e insulti a raffica.

Molti anni fa, per colpa della mia avventatezza, della mia scarsa esperienza in materia, conobbi una e lei mi aspettò alla stazione.

Avevamo chattato per mesi e lei, a quanto pare, incantata dalla mia indifferenza assoluta, mi aveva trovato irresistibile.

Credo che in quei mesi avesse pensato… ma questo è umano? Qualsiasi ragazzo farebbe carte false per avermi, sfoderando il suo Joker come in una partita di poker, e invece guarda qua tal bellimbusto. È insensibile a ogni mia spudorata avance. Voglio appurare se ci è o ci fa. Secondo me, è un gambler.

Mi propose un incontro. Dapprima declinai la gentile offerta, dicendole che dovevo andare a comprare delle gomme da masticare.

Ma la sua insistenza fu talmente ostinata che alla fine abdicai, sebbene mi fossi premunito, furbescamente, con rimmel simil-Johnny Depp di Cry Baby, onde evitare suoi pensieri malsani.

Sì, con le donne bisogna esporre una faccia dolce e un po’ lagnosa alla Johnny Depp per apparire un bravo ragazzo.

Sì, semmai lo sei ma, se ti presenti a una di queste col giubbotto di Al Pacino di Cruising, be’, ci siamo capiti.

Ci vuole la faccia da Corvo alla Brandon Lee che dia un tocco di dolce maledettismo peperino. Sì, sì, sì. Evviva Paperino!

Bisogna dar loro l’impressione che la tua vita sia stata una tragedia sul set dell’esistenza e che sei oramai un fantasma nelle notti brucianti. Sì, sin da quando uscisti dall’utero materno, ti spararono a sangue freddo, ledendo il tuo orgoglio con freddure lancinanti che divelsero la tua anima pura e mansueta.

Insomma, eri già spacciato. Affranto, un’innocenza infranta ancora prima che tu potessi controbattere questi vili truccatori delle regole con del makeup formato scaltrezza. E sana, intelligente irriverenza.

Ah, misero me, più che altro risero di me, un povero derelitto, un genio forse scambiato per inetto da questi omaccioni stronzoni, abbisognante di baci per dimenticare l’orrore d’un trapasso già avvenuto. Eh già, forse da quando nacqui, da quando anche tu, amico, nascesti, è stato tutto un horror maudit di ascesi per non soffrire ma soprattutto di ascessi e nessun piacere gengivale.

Che cesso.

Delusioni su delusioni, insomma una schifezza. Qualche barlume di gioia, qualche istante di requiem for a dream e poi un taxi driver smarritosi nella malinconia più vera.

Hai vagato nottambulo fra lune pallide e il tuo volto cianotico, visto che la luce del giorno non più hai visto ma, malato di depressione invincibile, hai assunto farmaci e antibiotici. Perdendoti, da unicorno alato, in una cupezza quasi malfamata.

La gente festante, attorno a te, mangiava maccheroni e ti trattava da coglione, uomini macrobiotici, forse soltanto bionici.

Macchine carnascialesche senz’alcun sentimento che ambiscono soltanto al tuo spossamento. Al tuo illanguidimento, al tuo deperimento, al tuo, diciamocelo, esistenziale impoverimento. Al tuo rimbambimento.

Alla tua totale disfatta in preda a patetici lamenti, gioendo dei tuoi piagnistei da “malato di mente” mentre loro ballano con qualche gallina allegramente.

Ah, che bellezza, eh?

Comunque, per farla breve, incontrai questa sciroccata. Entrò in macchina e, su due piedi, mi saltò addosso:

– Ehi, che stai facendo? Sei una poco di buono! Via da qui, mentecatta!

– Stai scherzando, spero. Dai, su, fattiti baciare. Ora, adesso!

– No, vuoi la verità?

– Sì, hai ragione. Qui c’è troppa gente sospettosa.

– Sì, infatti. Tornatene fra questa gente. Addio.

 

Sono indubbiamente un personaggio. Una marionetta melanconica.

Meglio di tanti idioti che ascoltano scemenze e canzonette.

Scendo le scale e me la rido da solo. Di tutto quanto.

Perché sono il Principe. E come tale so che la condizione umana è una tragicommedia per gli uomini di belle speranze e invece un film demenziale per quelli di panza con la loro arroganza.

Vi saluto.

 

di Stefano Falotico

 

La prima puntata di Maniac non mi ha affatto entusiasmato, attimi di paranoia, schizofrenie sociali e Joker “king of comedy” Phoenix finalmente truccato, quindi senza maschera pirandelliana


21 Sep

Phoenix Joker

Ora, finalmente è partito Maniac. Non so perché, sarà stato un problema di cache, fino a ieri sera non riusciva a riprodurmelo.

Da quel che ho visto, dando una sbirciata ai minutaggi dei singoli episodi, ogni episodio non dura più di 40 min.

Il primo ne dura addirittura soltanto 37, titoli di coda esclusi.

Ecco, non mi ha convinto sulle effettive doti registiche di Fukunaga. Uno che, con la sceneggiatura e la prova maestosa di McConaughey, per la prima stagione di True Detective ha fatto cose egregie, ma il merito non era suo. Lui è stato un semplice metteur en scène.

La prima puntata di Maniac, per quanto duri davvero poco, è una palla tremenda. Ma non è Taxi Driver, ove pare che non succeda nulla e invece appassiona istantaneamente, qui realmente non accade niente di che, e non si viene intrattenuti neppure dalla moscezza attoriale della Stone e di Jonah Hill. Sì, una recitazione volutamente in sottotono, con la sordina, come si suol dire, trattenuta, giocata sugli sguardi e le occhiate. Ma poco empatica. E il tutto m’ha puzzato di furbetta operazione per far sì che Netflix, con quest’esclusive, possa accaparrarsi altri abbonati a buon mercato. A proposito, spiace che Romero sia morto. Come zombi, la Stone funziona senza trucco. Però, speriamo che Dario Argento torni alla regia e la ficchi… in un ruolo da emarginata traumatizzata irrecuperabile che ha come assistente sociale la figlia di Dario, Asia.

Probabilmente, anzi lo spero, Maniac, nel succedersi e avvicendarsi delle prossime puntate, riuscirà a coinvolgermi. Vediamo, sì, se ne sarò intrigato. Può darsi che alla fine ne possa rimanere estasiato. Ne dubito…

Ma, al momento, debbo basarmi sulle istintive impressione sortitemi da questa mezz’ora alquanto soporifera, da latte alle ginocchia. Sì, dopo 5 min di questa serie, v’irriterete come degli psicopatici, sferrando pugni contro lo schermo del pc e probabilmente potranno ricoverarvi, per direttisima, con un trattamento sanitario obbligatorio.

Al che arriverete davanti a un medico cornuto che vi farà questa diagnosi.

– Bene, anzi malissimo. Il quadro clinico è dissociazione e alterazione del pensiero perché lei vuole insultare Maniac ma la realtà dice che è una buona serie.

– Fa veramente schifo! È una merda!

– No, Rotten Tomatoes dice che è ottima. Quindi, lei è malato di mente.

– Non posso esprimere la mia opinione?

– No, potrebbe essere pericoloso per la società… dei critici. Adesso gl’infermieri la interneranno. Suvvia, camicia di forza. Questo vuol fare l’iconoclasta! E invece farà la fine di Jonathan Pryce in Brazil!

Oggigiorno, le storie sugli schizofrenici vanno forte. Esistono varie forme, come sapete, di schizofrenia. Quella catatonica, di cui è affetto Nicolas Cage nelle sue interpretazioni da pesce lesso, quella delirante, di cui sono affette le persone che si creano paranoie sul sottoscritto, dandomi dello psicotico quando invece dovrebbero occuparsi di pulirsi meglio al mattino e di dare un bacio con la lingua come si deve alla loro morosa ché, sennò, rimane lì con la manina a toccarsi la dolce vagina come Naomi Watts di Mulholland Drive. No, la loro ragazza non è Naomi Watts, una splendida biondina, è piuttosto Sally Hawkins de La forma dell’acqua. Sì, molti idioti si sono chiesti il significato di The Shape of Water. Non era difficilissimo da capire. Sally, nella vasca da bagno, smanetta di brutto e si fa l’idromassaggio naturale. E l’acqua in ebollizione genera una doccia miscelata fra caldo e freddo!

C’è anche la dementia praecox appunto paranoica, tipica del 90% degli italiani, ché si credono tutti santi, messia e salvatori ma poi, fra una predestinazione e l’altra, si candidano come concorrenti del programma per minorati mentali Tu sì che vales, sperando di risultare eccezionali alla casalinga, maniaca della pulizia igienica, di Padova, sì, aiutaci tu, Sant’Antonio.

C’è chi si crede Gesù. E dovrebbe capire la sua identità, quella di un povero cristo, vedendo il film, ancora inedito qui in Italia, ovviamente per censure del Vaticano, ché altrimenti perderebbe qualche fedele invasato, Three Christs con uno splendido Richard Gere.

Sì, in Italia sono tutti appunto salvatori della Patria. Lavorano indefessamente giorno e notte perché loro si guadagnano da vivere. Sì, una vita fatta di partite di Champions, scosciate delle cretine nei varietà e luoghi comuni vecchi come il cucco. Ché la vita va presa con filosofia. Ma non quella di Aristotele. Che comunque era un mezzo pazzo da manicomio. Diciamocela!

La filosofia del pigliamola così, come viene, aho, quella là ha un gran culo.

E io vi dico che non verrà proprio un cazzo… ah ah.

Certo che, miei cari pagliaccioni, Joaquin Phoenin in questo Joker ha davvero una faccia come il culo. Uguale alla mia. Ah ah.

E fatemi un piacere: curatevi!

 

Cazzo, certo che ve lo siete proprio scelto bene lo “scemo del villaggio”. Roba che Rambo se la fa nelle mutande!

 

 

di Stefano Falotico


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Camera test (w/ sound). Joker.

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