Archive for November, 2011

Jack, “dolce” Jack


08 Nov

 

Uccidimi delicatamente

Sono il primo a recensire You Don’t Know Jack, approdato anche da noi su Sky lo scorso Martedì 22 Marzo in prima serata col sottotitolo Il Dottor Morte.

Film per il canale americano HBO, per la Tv, dunque? Così sembra, ma questo è grande Cinema, davvero. Potete scommetterci.
E, film impegnati come questo, t’inducono a impegnarti un po’ di più di poesia, visto che scardinano nel profondo di emozioni spesso relegate a pura “merce” visiva. Film solido, di fotografia densa e acquosa, quasi raggelante, d’imbattibile fattura, con un Pacino superbo in una mimesi totale con Jack Kevorkian, forse meglio di lui, come asserisce il medico armeno intervistato nel “dietro le quinte”.
Jack Kevorkian, predicatore del suicidio assistito, compiuto su oltre centotrenta malati terminali, arrestato più volte, pronto a difendere, con gli artigli e scioperi della fame tra le sbarre, la sua battaglia per il diritto all’eutanasia.
Lo ribadiamo… Viso scarno ed emaciato, labbra sottili, naso adunco, grintoso e raggrinzito, ingobbito, così è il Kevorkian incarnato mirabilmente dal grande Al.
Uno strenuo difensore del diritto a morire per spezzare il dolore, per porre fine alla “tregua” insostenibile che lacera la pelle nei suoi spasmi.
Un Kevorkian fantasmatico, che cammina pensieroso, rannicchiato nella sua ossessione “folle”, sostenuto nella sua missione da amici e da una sorella quasi coetanea, grassa ma volitiva, osteggiato dai mass media e dai tutori dell'”ordine morale”, descritto come mostro e serial killer.
Film che t’induce a riflettere e pensarci sopra, a scrivere una mezza poesia…

Morte che ci cogli nel sonno rubandoci nell’ultimo respiro, nell’anelito mobile di uno straziante, stremante dolore.
I nostri occhi nell’ al di là, perpetuo, non assaggeranno l’amore dei colori della vita.
Addio in un tremolio vivido di palpebre ormai spente che dormono adesso nel buio eterno, il saluto misericordioso prima che le anime sofferenti si congedano nell’eroico, emblematico battito di ciglia che abbandonano il Mondo.

Sì, l’aldilà non esiste, esiste Bach e la sua musica, almeno “non è un personaggio inventato…”.
Ma questa morte è giusta?

Condannato a nove anni di detenzione, chi era e chi è Jack?
Voi lo conoscete?

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

 

 

Firmato il Genius

Stone, recensione. Giochi di Gerald…


07 Nov

 

No, non è un romanzo di Stephen King ma, senza dubbio, questo film è passato immeritatamente sotto silenzio:
Stone, firmato John Curran…

 

 

Chi è Gerald Creeson, detto Stone?

“L’esperienza del suono è devastante per chi la vive.
La vita riprende freschezza e vigore attraverso… l’individuo raggiunge il perfetto culmine metafisico, e si trasforma in una specie di diapason di Dio”
.

Stone è stato condannato per aver ucciso i suoi nonni e averne poi bruciato i corpi. Dieci anni di condanna, lui ne ha scontati otto. Il suo agente di sorveglianza, a cui è stato affidato, esamina il suo caso.
Gioco pericoloso dove le anime ardono in fretta, avvinghiate dal respiro decoagulante del desiderio, della bramosità tentatrice di una donna “aliena”, Lucetta, e di Madylyn, fervente religiosa, già “anziana” prima di nascervi.
Dove la spiritualità assume gli sfocati lineamenti di vite che hanno perso la strada.
Quale uomo si nasconde dietro la maschera di Jack Mabry, tutore della legge e osservatore scrupoloso dei rituali episcopali?
L’agghiacciante uomo peccatore su cui calerà impietosa la vendetta divina, nel tormento di un’esistenza grigia che virò in un tragico errore?
E Stone confessa la verità? È davvero redento?
Gli occhi senza Tempo di Frances Conroy allo svanire dei sogni di alleata fedeltà romantica coniugale, vetri nel vuoto di una resurrezione sopita.
L’animale Lucetta, donna camaleonte che plagia e circuisce, da “maga” Circe, uomini deboli.

Film abrasivo, nella turgida fotografia malinconica di Maryse Alberti, diretto con stile freddo da John Curran, regista nei misteri mutevoli delle umane colpe.
Film che si cadenza con “noiosa” lentezza, ribadendosi più volte, alla ricerca mai esaustiva di un finale accennato, dissolto in improvvisi titoli di coda, a oscurare i destini dei protagonisti.
Stone cammina “rinato” dopo aver esperito nel dolore una parabola quasi liturgica di salvazione, Jack è ora “libero”, a pezzi nello sfascio di ricordi che non ci sono più, forse non ci sono mai stati.
Mai destati.

(Stefano Falotico)

 

 

Qualche fotogramma del trailer, come quasi sempre avviene, s’è “andato smarrendo”.

 

“Giochetti” mentali…

 

Triangolo doloroso…

 

Milla bellissima, nessuno lo deve sapere… certo…

 

 

La “fede…”, vacillerà sempre…

 

 

Firmato il Genius

“Ladri”, nella mia grandezza


06 Nov

 

Siamo tutti dei games Rockstar, a nulla vale “invalidarla”, la verità sempre ti “occhiolina”.

E noi voliamo nella Notte, perché Los Angeles ama le sgommate e le labbra di gomma di Angelina…

 

 

 

Firmato il Genius

 

 

Da quando in qua… nella Notte, ci sono i Timi(di)?


06 Nov

 

Notti dubbiose d’”amore(vole)” spezzato

Stavo meditando… “a cavalcioni” dalla balaustra della mia anima, nelle mezze strade di crocicchi ove mi “lambicco”, ordinando un panino con la mostarda a un chioschetto vicino a una tavola calda, qui ti servono “sfornati” di mele e “pie” donne nei loro languori.
E meditai a lungo, anche solo “in pausa”, tra un mio Sguardo “vuoto” e un essermi riempito prima che il panino si “digerirà” in un’altra scattante domanda.

Ho sempre pensato alla Notte come a un bruno “dosso” che fa occhiolini alla Luna, anche quando il satellite è annuvolato nei suoi dilemmi. A una sorta o (s)Porta d’un’Interzona che dormicchia, onirica, e balugina d’un triste “caramello” che, spesso, si “sachertortizza”, semmai in mezzo alle gambe, forse le tue, timorose anche delle “polluzioni”. A una riflessione, remota dai moti oscillanti delle quotidianità, di scaltrezza ineludibile, quando davvero, “addormentato” o tormentato, puoi riposarla dopo averla spossata.

La vita è un’incognita ch’è caso di causali, forse una cambiale che ha “ingolfato” il cambio, sarà o è la tua marcia in più a fornirti la benzina per “abbondanze” o “addobbi bondiani”. Chi ti corteggia e chi ti latrerà altri sghignazzanti sorrisetti al tuo “amaretto”. La consapevolezza nitida che il mixer del tuo film è andato fuori sintonia e t’ha reso distonico, forse daltonico. No, non è un reato, forse non sei neanche quel “Re” che pensavi fino all’altro ieri.

C’è una ragazza spaurita da un’adolescenza che cresce e, poi, fra tanti timori torna indietro, forse si posizionerà, mentalmente, in una cullina, o “collina dalla cucinina”, ove allevar il pargoletto, o le stesse sue api dei neuoni che l’accudiscono ancor “bambina”.
Altri vanno a Pisa, da “provetti” specialisti delle cure psichiatriche e, rimbambiti da diagnosi “tagliate a fette”, porzioni del loro laboratorio dei “disturbi”, se già eran cupi, s’incupiscono o s’incupiranno ancor maggiormente, perché giudicati “minorati” o, peggio, persuasi di soffrir di qualche indecifrato, quasi “patibolare” o dalle “parabole dalle antenne poco recettive” male oscuro, o dell’”afflizione del quasi mai incurabile, patirsi “metafisici”.
E, per “rallegrar” i loro corpi già ingobbiti in precoci senilità, li condurranno, al fine di “riabilitative riattivazioni”, alle “radiazioni” di palestre per soli “vecchi”, la famosa fisioterapia delle orride terapie sbagliate, anzi, da questi “medici dell’anima”, sbadigliate per raggranellar qualche soldo per un’”altolocata” e ben ubicata villa in pieno “Centro”.

Ma tornando a questo film “cerchio” e “tornante…”.

Cosa c’è, dunque, di erroneo in questo film della Comencini? Tutto o il suo quasi-”quasi”, il suo medissimo pollice che non si alza in vere emozioni, il suo essere “così-così”, quasi giù, anzi, di molto in basso.

Storia d’amore che monta perché già Claudia Pandolfi, nevrotica compulsiva per un ingestibile figlioletto, vuole rendersi Donna-”filetto”, “urlandosi” nella hit della Gianna nazionale, una Nannini da Formula Uno del cantarla “a tutta forchetta”.
Timi è Manfred, burbero semieremita, dagli occhi inquietanti e dal carattere schivo e taciturno, ma d’una “parlantina” che mugugna e esplode in sentenziosi verdetti sul prossimo.
La Comencini, irritata dai tanti fischi della stampa e dai pochi applausi del pubblico, si giustifica asserendo che la sua è una pellicola di forti “snodi & sentimenti”, che non è per tutti.

M’ero stupito sino all’ultimo che Timi e la Pandofi non si fossero “concessi” una bella, “annodante” e molto “nudista” scena di puro sesso disinibito. Ho guardato l’orologio, il “minutaggio” era alle “ultime battute”, ma ecco che arriva, propiziatoria nel suo “Eccola qua, volevo ben dire…”, la conciliante “botta di vita”, con Timi, post-amplesso, nel frattempo mutato in un John Lennon con la barbetta “angusta”, il quale confessa alla ora “ritrovata” Pandolfi, che lui, forse, è un “Uomo” e lei è la sua “Donna”. Un Adamo ed Eva dopo tanti sospetti e la mela del peccato. Dopo infanzie difficili e traumatiche, dopo i “reumatismi” e violenze “involontarie” sui bambini.
Timi, fratello “piccolo” di altri due non proprio messi bene, un “lestofante” che pensa solo a chi scoparsi con balletti da matrimonio, e il gestore-cameriere dalle “corna” ben in fronte.

Non c’è molto altro da dire. Senonché, la neve non cade sui cedri, e due funivie han fatto poco il Runaway Train dei Soul Asylum.
Si son incrociati, salutati, e il tunnel della vita li ha risvegliati.
Mah…

Giudizio che rimane sul “perplesso”, assai.

(Stefano Falotico)
Donne in maiuscolo, o Donna-Pandolfi, che non “lo” ingolfa.

 

 

La Donna-Medusa ama le fusa, e “lui” s’effuse… il fondente dai colpi “fendenti”


06 Nov

 

Sono un bomber Boninsegna, che infila palle nel “Goal” a gogò!

Alla Donna m’irretisco nelle sue calze a rete, e non arretro, e poi, nient’affatto “tetri”, c’inteneriamo.

Lista di gambe al “medusamente”.

 

 

Datemi Naomi e le “enumererò” la “bianchezza”, nell'”intimarla” a togliersi la biancheria e a non “annerirsi”.

 

 

Datemy una Penny al “pink” e “la” spennerò al “pork”.

 

 

Datemi una Lodovini, e nel “vino” sarà la mia valentissima “Valentina”, senza abiti da Valentino.

 

 

Firmato il Genius

Le tiepide “ire” poetiche di Bruce


05 Nov

 

Un impetuoso, roboante grido s’innalza in una Notte incendiata negli ormoni.
Il fremito di “rabbonite” angosce che si permeano d’un “lacustre” sospiro, flussi incantatori d’un magma in eruzione.
L’incertezza della vita ch’oscilla lieve e poi stride con animalità irriverenti ch'”ammorbideranno” o peggio ammorberanno le sinuose energie che ti gridano dentro, i passi nella sabbia di danze oniriche, nella battaglia irsuta del Cuore, o dell’anima che s’incupì in brindisi troppo “lieti” col vento, per mastodontiche ebbrezze che, carezzandola troppo, la “sgualcirono”, inguaribile foga romantica, o rocambolesche fughe che scoccan i dardi di raffrenate o raffredate lussurie, il battito d’ali dell’infinito che si spande in crespe cadenze “taciturne”, nei crepuscoli addolciti da troppe stelle, o dai crepitii selvaggi di corpi “diroccati” in svenevoli baci, turgidissimi amplessi a divorarci, in un’onda che respira e si “soffocherà” ancora in un “bungalow” d’una scalcinata periferia, o taglieremo con l’accetta il “sangue” per avvinghiarcelo, per inteporirlo e bagnar le nostre vene di morsi dalle ombrose decadenze.

Puttana, come Indira Varma, o fin troppo glamour come Liz Hurley, dietro le luci floride d’una Los Angeles dalle fosforescenti palme, nuda, spogliata, ti porgi a me, e ti lecco ogni “gracile” e poi “violento” grammo di pelle, in sudori che assaggiano il buio nell’attesa di risorgerci, oh quale sorgente, nell’alba nitida del Cielo limpido, per un altro fuck me hard!
Proletario, con le croci sul petto, “brutto” ma non cattivo, trasandato e nell’andar nei suoi passi, amante della Donna tutta, e dell’umanità che (si) perde, o come un borghese qualunque con una voce roca e magnifica, o solo “di roccia”.

Secondo me, Stefano Falotico, un po’ di Bruce Springsteen, è questo.
Domani, potrei cambiar idea, basta che l’Ikea non mi “arredi” di troppa “sobria” semplicità.
Cazzo.

 

 

Nella Notte, si balla, De Palma nel rosso acceso.

 

 

Siamo nati per correre, da una città che uccide i sogni, sempre “fuggiaschi”, stabili come le fronde d’un albero nella tempesta.

 

 

Il Mondo è pieno di babbeucci o di chi bussa alla porta, di guerre maledette e fratricide e di sani di mente con cervelli portentosi e l’erotismo dei grandi lupi.
Menomale che eravate nati in America. Ma, l’America ha sempre il fascino d’un grande viaggio.

 

 

Sì, amo il fiume, anche in piena di me, e o odio i cretini, Dio di me stesso e d’una Donna dalle gambe di Patti Scialfa che l'”arraffa”.
Andammo nel river, o sulle rive.
Ma Cristo fa miracoli solo a un grande Uomo.
E “fischietterò” con le labbra.

 

 

(Stefano Falotico)

 

 

Alcuni graditissimi motivi, o momenti, per “denirizzarci”


04 Nov

 

A chi mi domanda perché mi “renardizzo” in Bob… be’, ammiratelo.
Estratti della sua perfezione, quasi imperfetto neo ch’abbacina.

 

Sam “Ace” Rothstein

 

 

Harry Tuttle

 

 

Jack Walsh

 

 

Al Capone

 

 

Shadow

 

 

Michael

 

 

 

Lo vedrete ancora, giusto un assaggino, non abbuffatevi, no, il Bob va “deliziato” in tutta calma, anche malinconica, come Lui.

 

 

Firmato il Genius

 

 

 

Svolazzo “immacchinizzato”, mai nato


02 Nov

 

Eccomi, son Bello, no?

 

 

Attimo solare, di vanità, ineludibile!

 

Firmato il Genius

 

 

Chi non “cavalca”


02 Nov

 

Cavalca ancora, adorabile cavallino nero

Todd Solondz e la sua immancabile spietatezza verso le nostre orrende vite, di personaggi qualunque sempre incartati in slanci poetici, afflati stemperati poi dalla dura realtà che ne mozzerà ogni ansito nella “prateria”.

Trentenne che ne dimostra quaranta, graffiato da una sensibilità diversa a cui ogni “adulto” griderebbe, anche di sottecchi, con smielate carezze ad “affibbiargli” un “caro cucciolotto”, “Dai su, cresci!”, oberato anche dalla stazza del suo peso extralarge ma dalla vita “mini”, soffocata dai rigidi codici di chi l’ha “scelto” così, bamboccio impaurito forse, per troppo “adempiersi” nel riempirsi di sé. Collezionista maniacale della sua infanzia, attraverso acquisti eBay di giocattoli per chi ha “8 anni”, e creaturale grassone che corteggia una ragazza malaticcia ma avvenente, però “fuori dalla sua portata”. Chi si fidanzerebbe con uno così? Ha appena un lavoro negli uffici del padre, vive coi genitori e non sa cucinarsi il suo “piatto”, è un sognatore che suscita tenerezza perché “patetico”, ha la suoneria del cellulare impostata su una canzonetta da cartoni animati, ma ha la sua anima, tanto da fantasticar, “invaghito”, anche sull’”anzianotta” e poco sexy segretaria del suo studio, è una musica che cambia ritmo nel suo fuoristrada un po’ lontano da tutti, lungo i suoi asfalti che può modellar a somiglianza d’un eterno Limbo d’incantatorie “fughe” che gli altri vedon da “bimbo”.

Solondz è questo. Prendere o lasciare, o allacciarvi alla sua giostra di “noi”, siam tutti mostri ci sussurrava, e in questo film lo proclama a gran voce negli impeti di stizza e “aggressività” del suo “eroe”, siamo soffocati dai pragmatismi, “reduci” o mai recisi, perché indecisi, da cordoni ombelicali “morbosi” con genitori imbalsamati che “avevan scommesso su di noi”, ma lei è un’apprensiva, magrissima donna educata nei suoi castighi, lui, un padre “assente” ma che ti rimprovera anche quando fissa ammutolito la “TIVO”. Sempre così, caro “papà”, non dici mai niente ma dici tutto, e non te n’importa se la data sulla lapide di tuo figlio suicida, il nostro eroe che non ce l’ha fatta, è “tecnicamente sbagliata”, un Giorno avanti.
Ma Solondz non si risparmia, così ci ricorda che siamo tutti “indietro”, coi nostri falsi valori, le nostre disperate ambizioni senz’umanità, il suo è il cinismo monolitico di chi è troppo se stesso, “dolce” per gli altri, per venir a patto coi cinici di oggi, la società occidentale intera.

Perla o insopportabile, “sgradevole”, solito Cinema “senza poesia” di Todd?
Decidete voi.

Personalmente, tre stellette, “solo” tre? A mezza vi(t)a sì, come “noi”, avvi(t)ati perché, in Todd, vige sempre una sorta di programmatica analisi geriatrica, “eccessiva”, verso vi(t)e “bruttissime” e “terrificanti” di uomini troppo soli, irrimediabilmente destinati a soccombere.
Perché il nostro eroe (qui, in Italia, lo chiameremmo “l’idolo”) non ce l’ha fatta? Mah, forse sì, poteva essere e non è stato/a, forse no, aveva ragione lui. Ma, comunque, ha sbagliato tutto o abbiamo sbagliato “noi”, un noi che, in Todd, risuona tanto come un “Voi!”.
Urlatoci in faccia!

(Stefano Falotico)

 

 

 

Firmato il Genius

La vita è un percorso a tappe? Forse, è una talpa


02 Nov

 

Il gusto melanconico d’una tiepida serata

Ci sono film ch’evocano atmosfere plumbee, d’eroi mascherati nelle loro stanze dei giochi, pedine, “ritagli di giornale della loro miglior foto” nel “casellario” a scacchi della vita, sinuosa increspatura delle nostre anime smarrite nel vento, lugubri passeggiate dormienti, sleepers, appunto, sonnecchianti nei loro impermeabili grigi, sbiadita porpora intorbidita in palpebre melanconiche furtive dagli incastri entro cui l’umanità, arsa ancor prima del più lucente crepuscolo, s’è ammorbidita, sconfitta, in “sogni al vapore”.

Storie di uomini ai vertici d’istituzioni spionistiche che sbirciano nei loro “cheti” meandri per una poltroncina “gerarchica” che non è solo la sede del comando, ma la scaltrezza del più furbo, di chi, fra chi si muove nei sospetti, ha forse aspettato la mossa vincente

Un’aritmica finestra sul cortile, a piangersi negli occhi malinconici e “malconci” d’una Notte “bianca”, di case immerse nella penombra, anche nei mattini più lievi, o nelle “timidezze” d’una Luna guardona che strepita nei tuoi respiri.
Film dalle cadenze mortifere di fantasmi coi loro ricordi, di fatiscenze “miserande” emarginate per volontà, d’un torpore lancinante che grida dagli occhiali “imbottiti” dell’agente Smiley, un Gary Oldman d’antologia per finezza e laconica misura, o dai “morigerati” gesti di serpenti dagli occhi dolci, un Colin Firth ancora perfetto, o tutto il cast, graziosamente centrato.
John Le Carré, “poeta”, sì, lo era, di spy-story fra bugiardi e “imbroglioni”, della “piccola”, enorme tragedia umana di chi s’oscura per veder meglio con le iridi già ottenebrate e disilluse da chi sa il Mondo, osservandolo dal “buio” attico della meditata “clandestinità”.

“La Mer”, canzone di chi aspetta, forse, solo quei baci fra simpatici amici senza delitti da nascondere, quando la purezza non s’era vinta negli strazi della consapevolezza, fra bicchieri d’inni e “anni” sovietici, un KGB ch’era solo una fantasia, e le gioie del futuro non eran appassite nelle lagrime d’una costernata, “mummificante” saggezza.

Smiley, prende posto a sedere nella sua solitudine “trionfante”, torvo, con quelle incendiarie passioni sfumate nella “vittoria”.

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

Firmato il Genius

 

 

 

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