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Il Principe (non) detta legge: basta con gli accampamenti… di scuse, vedete davvero di creare un mondo migliore, partendo dalle fondamenta, anzi, dai fondamentali


11 Jun
CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

CAPE FEAR, producer Barbara DeFina, director Martin Scorsese on set, 1991, (c) Universal

Sì, mi son stufato. Oh, io mi stufo e scaldo, non solo di rabbia, quando arriva Ottobre, le caldarroste nelle stufe. Che, profumate, rosolando ben arrostite, emanano una fragranza che entra dritta nelle mie narici, che a loro volta inalano quella gradevolezza della castagna che poi ingurgito nelle mie labbra già saporite per mia natura gustosa.

Sì, bando alle ciance, son uomo stuzzicante, quando son in forma mi rendo squisito, stimolo l’appetito delle donne, che mi mangerebbero in un sol boccone, son sfizioso al loro palato e di lingua lecco con avidità succulenta.

Ah ah.

Sì, io parlo a ragion veduta, come si suol dire. E se dico ciò che vi sto per dire è perché io so, l’ho provato sulla mia pelle, ho conosciuto stati alterati della mia mente così abrasivi alla mia anima, afflitta e sconsolata, che ora non patisco più la pigrizia sconsiderata dell’uomo medio inconsolabile che mangia solo acida insalata, colui cioè che sempre scuse accampa. E ti sfancula, stronzo, con le sue dita medie. Più che vegetariano è un vegetale.

Sì, la sua vita non ha scusanti, eppur è corroborata dalla continua testardaggine e dalla più bugiarda scusante. Appena entra a contatto con una realtà che non sa affrontare, come faceva la volpe con l’uva, dice che l’uva è acerba, e che lui merita il “meglio”. Cioè l’immobilità del suo pensiero stabilizzatosi nella mediocrità più egoistica, pusillanime, soprattutto menefreghista. E rinuncia ai piaceri veri della vita, imperterritamente procrastinando il piacere in una dimensione paradossalmente repressa in cui si sente felice. Assurdo, no? Sì, l’uomo medio si auto-inganna in continuazione, ed è incurabile.

Quando era adolescente, costui rifiutava l’amore, sostenendo che lui era superiore a certe smancerie, era già “elevato”. Elevato tanto che non lo “elevava” mai. Preferendo la compagnia di libri, ottimi, per carità di Dio, ma la teoria, anche la più nobile, è bella quando la si applica, perché altrimenti diventa triste retorica, una stupenda argomentazione priva di vita sentita davvero, vissuta, compenetrata… disanimata, è solo disamina sterile, sterilissima come può essere un florido, gagliardo uccello… tarpato.

Io parlo con cognizione di causa, sì, passai tempo infinito, sterminato che ancor oggi mi lecco le ferite, a fissare il soffitto, immaginando un mondo migliore e castigandomi nel più assoluto mutismo. E, tra il dire e il fare, c’era di mezzo il mare. E patii immensamente la mia lontananza da coetanei sicuramente meno intelligenti di me ma certamente più direttamente godenti (ah, godenti è magnifico) l’odore della suzione, sì, succhianti la linfa vitale orgasmica e soprattutto succhiati da ninfe, forse plebee, volgarotte e zoccoline, ma senza dubbio utili a un fottuto pompino. Sì, anch’io dovevo spomparmi, essere diciamo così più invogliato, imboccare quelle “spremute” e lasciar che il succhiotto, no, il succo spruzzasse, no, gioia sprizzasse.

Ora, prendiamo Cape Fear. Chi non l’ha capito, lo rispediamo dalle suore. Che poi anche le suore…

Max Cady è pazzo, questo è fuor di dubbio, ma tanto sano non è neanche il Bowden. Lui se la spassa con le amanti e relega la moglie al ruolo di marionetta, reprimendo la figlia e colpevolizzandola solo perché ha fumato marijuana. Quando lui fan ben di peggio e si comporta nel quotidiano in maniera mostruosa. Si professa credente, non solo della Holy Bible che rinnega a piacimento, ma del Sesto Emendamento. E poi non difende a dovere, sì, un uomo macchiatosi di un crimine orrendo, lo stupro, ma perfino contribuendo a far sì che la sua sacrosanta pena venga prolungata. Inaccettabile, imperdonabile. In parole povere, il Bowden è un porco. Che campa coi soldoni sulle disgrazie altrui. E sta impartendo alla figlia un’educazione farisea e bigotta. La tratta come una bambina quando vuole lui e le compra il gelatino, poi si turba quando vede le sue gambe in bella vista con lei che indossa soltanto un paio di slip da ragazza innocentemente impudica.

Tornando invece a Cady, in carcere è impazzito più di quello che era già prima, ma in qualche modo la durissima esperienza carceraria l’ha illuminato. Perché, dopo tanto errare, sia nel senso di aver commesso mille orrori ed errori, sia nel senso di aver vagato nella perdizione, rinsavisce. Fino a un certo punto. Perché è libero ma è accecato dall’odio e da una voglia inconcepibile di vendetta nei confronti del suo avvocato che ritiene essere il principale responsabile dei suoi patimenti. In questo è pazzo, Cady. Ma, nella sua folle lucidità, è l’involontario salvatore della figlia di Bowden. Le fa capire che sta equivocando la vita, e che i suoi studi sono, sì, nobiliari e corretti, ma che le sta sfuggendo il piacere dalle mani. E dopo lo rimpiangerà soltanto perché voleva la vita “sana”. E la sprona a leggere Miller perché o lo legge subito, in pieni suoi turbamenti adolescenziali, oppure poi non solo non avrà più il tempo di leggerlo ma non lo capirebbe neppure, non lo godrebbe. Perché sarà semmai sposata, con le bollette da pagare e lo stress di un lavoro impiegatizio e frustrante. E allora addio vita selvaggia, addio ai sogni di libertà, addio alla purezza del godimento un po’ euforico com’è lecito e bellissimo che sia a quell’età.

 

– Stefano, e dire che io pensavo fosse solo un buon thriller.

– Infatti tu non hai capito un cazzo, non solo del film ma della vita.

– No, io ho capito tutto. Guarda questi. Che infami. Stanno sempre a divertirsi e a ballare. Ma chi dà loro tutti quei soldi? Io sono un tipo da Essi vivono.

– Guarda che Essi vivono non è un film contro il piacere della vita. Anzi, tutt’altro.

– In me vige lo spirito guerriero dell’uomo che si spezza ma non si piega.

– Sì, anche quello del tonto. E, in questo tuo vigere, continua pure a barricarti nell’accampamento. Un insediamento, alla lunga, masochistico.

 

L’altra sera ero in giro per strada. Al che si avvicina una…

 

– Posso offrirti da bere?

– Ma per l’amor di Dio. Sai chi sono io? Io sono laureata in astrofisica nucleare e in ingegneria aerospaziale.

– Ok, come vuoi. Hai visto in cielo? Guarda come la Luna, nella rifrangenza trigonometrica dei suoi crateri asimmetricamente lucenti, irradia la sua luce pallida su noi mortali che viviamo in palazzi di cemento armato e ci armiamo nel fare sempre stupide guerre. Dico, continua così… Ammira e fatti ammirare. Ottimo! Mi serve una statuina nel presepe, mi manca la scema del villaggio.

 

 

di Stefano Falotico

Non tutti possono amare i film di Bertolucci: rivelazioni scabrose di un uomo che conosce il pudore


30 Apr

Zagarol

Sì, Bertolucci si è scagliato contro l’ipocrita moralistone Ridley Scott, per aver scempiato la carriera di Kevin Spacey. Spacey, come tutti sanno, lo scorso Ottobre ha potuto dire addio alla sua carriera di attore perché accusato di molestie sessuali e dunque è stato “evirato” da Tutti i soldi del mondo. Spacey, sebbene abbia tentato in forme lecite e illecite di nascondere la sua congenita, non so se “genitale”, attrazione per i maschietti, alla fine è stato deflorato nella verità. E ha dovuto confessare, facendo outing forzato e violentemente obbligato. Ma non si recriminò sulla sua omosessualità, altrimenti i movimenti gay pride avrebbero fallito, bensì sul fallo, no scusate, fatto che il suo “vizietto” di andare con dei ragazzini non fosse moralmente accettabile. Qui, mi trovate d’accordo, suoi fervidi denigratori, perché per nessuna ragione né erogena regione al mondo bisogna attentare alle fresche verginità dei ribaldi giovincelli, se proprio siete “froci” datevi a un concetto di “amicizia” più “maturo”. E lasciate stare i minorenni!

Ebbene, Bertolucci, specialista di “scandali”, che fra poco tornerà in sala con Ultimo tango a Parigi, è esperto di donne “burrose”, ah ah, alla Maria Schneider, e da sempre è predicatore assiduo del sesso libero e selvaggio, vivaddio umanissimo, lontano dai rigorismi bacchettoni dell’Italia casa e chiesa e poi porcellona quando si spaccia, falsamente empia, per “corretta”. Bertolucci provocò con gusto e classe, a incarnazione di un Marlon Brando “maledetto” che aveva capito che, dopo una vita di sacrifici, patimenti e auto-inganni castratori, doveva darsi alle gioie disinibite di un accoppiamento sto(r)ico.

Sì, Bertolucci, un uomo vero, un dreamer, un fomentatore di pura libertà, non un sobillatore come quell’osceno Larry Clark.

E dunque ha tenuto le parti di Kevin Spacey, aggiungendo che, dopo la porcata che Hollywood gli ha perpetrato, gli piacerebbe fare un film con lui. Sì, Io ballo da solo, biopic sulla vita adesso castigata del povero Kevin, che beve vino del Chianti ed è tutto un pianto, nel sognare le colline toscane, remoto dai soliti sospetti degli “integralisti”, dei chiacchieroni, piccini puritani pusillanimi. Sì, lì incontrerà un morente Jeremy Irons, e Irons gli farà capire ancor di più l’ingiustizia che ha subito. E assieme si leccheranno a vicenda, riguardando le loro performance titaniche. Spacey si complimenterà con Irons per il suo oscarizzato Mistero Von Bulow, mentre Jeremy gli stringerà la mano nel plaudere ad American Beauty.

Io, amici carissimi e anche nemici ostinati, sono un uomo che si fa i cazzi suoi. Oggi, ad esempio volevo comprare il Blu-ray di Open Range del Costner, perché lontano dai pecoroni, miei mandriani, sono un sognatore di praterie sconfinate, un uomo western che va dalla sua Annette Bening e le fa vedere le stelle anche nella stalla, da stallone che conosce il suo romanticismo da stella di Lattea, no, latta. E ad Annette si “allatta”, succhiando con grazia, perché lei lo medica e gli toglie la garza di una vita infetta, regalandogli tutto l’amore che oramai Warren Beatty, decrepito, non può darle manco a spingerlo di botte nel sederino. E, ciucciando, Annette mi consiglierà di vedere La tragedia di un uomo ridicolo e io invece le farò comprendere che sono come tè nel deserto, di grande Cinema dissero e di brio e brividini disseto la sua aridità sessuale da ultimo imperatore del mio amante da Novecento e una notte. Si dice mille e una notte? Io tolgo un cento in più che non sta a dire un cazzo e le regalerei, “regale”, mille Euro se le avessi. Ma scopro… che tutte vorrei scoprire eppur non essendo mai stato un conformista non ho molti soldi, e dunque neanche tanti “soli”. No, non mi sono mai adattato al porcile di massa e allora vado su Instagram, vedo una di cosce planetarie che si chiama Azzurra e le scrivo…

nel blu dipinto di blu, Azzurro, il pomeriggio è troppo azzurro e lungo per me… e allora quasi quasi perdo ancora il treno e “vengo”, vengo in te… spero che sia abbastanza lungo per una come te ma, se mi rifiuterai, al solito mi darò al faidate.

Sì, Azzurra, le tue forme toniche danno “lustro” alla mia giornata poco illustre, e “risplendo” spappolato nel gioir delle tue immagini di culo palestrato. Ah son un pollo arrosto ma te lo metterei in forno… a mille strati.

Domani è un altro giorno… per te un’altra notte da mignotta. Ma così va la vita. Almeno io dico la verità, mica come i gagà che fan i galantuomini e son poi dei figli di puttana.

Chi ha orecchie per intendere intenda, chi ha delle buone orecchiette al sugo le magni, chi è un invidioso ricchione si astenga a prendere oltremodo per il culo, chi ama farlo dietro le tendine ha qualcosa forse da nascondere.

E che la Madonna, sperando non sia la Ciccone, ché vuole solo carne “ballerina” per ringalluzzire la sua milf “peperona”, vi accompagni.

Siate uomini pimpanti… e ricordate: ogni vacca vuole il suo bestione di sudato testosterone, ogni cowgirl vuole l’andamento lento come una ballata romantica che soffice e permeante ti entra deliziosamente dentro. E via da me i bovari!

Siate uomini di poche parole che sanno quando andare dritti al sodo…

02812421

 

di Stefano Falotico

Meglio essere invasati di De Niro che essere invasati dal denaro, evasori della vita sentita, invadenti delle sensibilità altrui


18 Mar
A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

A PERFECT WORLD, Kevin Costner, 1993, hands in pockets

La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio). Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po’ di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro, e la loro funzione dunque altro non è che creare, col loro insieme, un piccolo borghese schiavo al posto di un proletario o di un sottoproletario libero (cioè appartenente a un’altra cultura, che lo lascia vergine a capire eventualmente nuove cose reali, mentre è ben chiaro che chi ha fatto la scuola d’obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità). Una buona quinta elementare basta oggi in Italia a un operaio e a suo figlio. Illuderlo di un avanzamento che è una degradazione è delittuoso: perché lo rende: primo, presuntuoso (a causa di quelle due miserabili cose che ha imparato); secondo (e spesso contemporaneamente), angosciamente frustrato, perché quelle due cose che ha imparato altro non gli procurano che la coscienza della propria ignoranza. Certo arrivare fino all’ottava classe anziché alla quinta, o meglio, arrivare alla quindicesima classe, sarebbe, per me, come per tutti, l’optimum, suppongo. Ma poiché oggi in Italia la scuola d’obbligo è esattamente come io l’ho descritta (e mi angoscia letteralmente l’idea che vi venga aggiunta una “educazione sessuale”, magari così come la intende lo stesso “Paese Sera”), è meglio abolirla in attesa di tempi migliori: cioè di un altro sviluppo. (È questo il nodo della questione).

Quanto alla televisione non voglio spendere ulteriori parole: cioè che ho detto a proposito della scuola d’obbligo va moltiplicato all’infinito, dato che si tratta non di un insegnamento, ma di un “esempio”: i “modelli” cioè, attraverso la televisione, non vengono parlati, ma rappresentati. E se i modelli son quelli, come si può pretendere che la gioventù più esposta e indifesa non sia criminaloide o criminale? È stata la televisione che ha, praticamente (essa non è che un mezzo), concluso l’era della pietà, e iniziato l’era dell’edonè. Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore). 

Ora, ogni apertura a sinistra sia della scuola che della televisione non è servita a nulla: la scuola e il video sono autoritari perché statali, e lo Stato è la nuova produzione (produzione di umanità). Se dunque i progressisti hanno veramente a cuore la condizione antropologica di un popolo, si uniscano intrepidamente a pretendere l’immediata cessazione delle lezioni alla scuola d’obbligo e delle trasmissioni televisive. 

(Pier Paolo Pasolini…)

 

Sì, un tempo non si diceva scuola dell’obbligo ma scuola d’obbligo e Pier Paolo, penso volutamente, anziché scrivere angosciosamente scriveva angosciamente… che in italiano è decisamente scorretto. E poi l’edonè cos’è? Il compiacimento di essere edonisti?

Comunque sia, il suo discorso non fa una piega. Oggi, e non voglio essere moralista ma lucidamente obiettivo e realista, viviamo in una società che mette i brividi. Eppure il carrozzone cazzone va avanti come sempre, si consumano tragedie e tutti stanno zitti, per paura di dire la verità, e per timore di essere incolpati rifiutano la ragione o meglio la silenziano in un mare angosciante d’ipocrisie. Tutti presi freneticamente dalle loro quotidianità di massa, inconsapevoli o, peggio, e qui li addito, coscienti di perpetrare il male anche solo essendone conniventi, complici e testimoni oculari che, terrorizzati da possibili ritorsioni (e perché dovrebbero arrivare mai?), si nascondono nelle frasi di circostanza, tutti afflitti dai loro insulsi mal di panza.

 

No, ogni giorno assistiamo ai più efferati e ripugnanti crimini, ma tutti paiono essere abituati alla spettacolarizzazione del dolore, e via di sciacallaggi, più il mondo fa schifo e più la gente pare divertirsi sulle disgrazie altrui, alimentando così in maniera disgustosa questo ludibrio carnalmente putrescente e orrido.

Un ragazzo si suicida a scuola perché bersagliato e massacrato da coetanei imbecilli che apertamente derisero la sua sessualità “non condivisa”, le sue alterità emozionali, le sue giuste timidezze e le sue sane ritrosie, ma la faccenda viene liquidata con una scrollatina di spalle. Perché oramai il danno è fatto, indietro non si può tornare, andavano fermati prima che succedesse il pasticciaccio, ma è acqua passata, mettiamoci una pietra sopra, con un “bel” colpo di spugna facciamo finta di dimenticare. E ce ne laviamo la coscienza. Su, tutti a ballare.

Una donna viene stuprata e da quel momento non si riprende più, e allora passerà tutta la sua vita a imbottirsi di farmaci sedativi, prescrittile da uno psichiatra che non ha intenzione di psicanalizzarla e discendere alle spaccature emotive che nel suo animo si sono create dopo il violentissimo trauma. Sì, non “delira” più, per forza, oltre al danno la beffa. Dopo essere stata violata nel suo corpo macellato, adesso, per il “bene di tutti”, del “quieto vivere” della collettività, l’hanno quasi lobotomizzata, ed è diventata la madre di Undici di Stranger Things. Come si chiama pure quell’attrice? Ma sai che non mi viene in mente? Vabbe’, chi se ne frega…

Sì, freghiamocene… di tutto. Domani esce il nuovo film di Paul Thomas Anderson. Ah, splendido-splendente, che capolavoro, e che recitazione superba. Dico? Ah, Day-Lewis è sempre lui, che classe, che portamento, un Dio. Oggi pomeriggio con chi gioca la Juventus? E il Napoli arriverà davvero secondo? Ma sai, la città del Vesuvio, ma sì, mi sta simpatica. Io sotto sotto spero che vinca lo Scudetto. Come si può non tifare per quella gente tanto buffa e caciarona? Sì, in fondo a Napoli ci sono i mariuoli, ma è pittoresca, la città di San Gennaro e Pulcinella, appena esci in strada ti borseggiano e sbatti la testa sul marciapiede. Che simpatia! Non facciamo di tutta erba un fascio. A Napoli c’è tanta gente perbene, eh sì. Grandi teste…

Ah sì, lei ha la sua vita. Sì, quel che a lei importa è un lavoro “rispettabile”, tanti scheletri nell’armadio, un paio di spaghetti alle cozze la domenica, e poi i suoi figli, ah, che sono giovani e devono “crescere”, andassero pure fuori il sabato sera a combinar cazzate, a prendere per il culo i paraplegici, sì, son bravi guaglioni sostanzialmente, cambieranno. Basta che non rompano i coglioni a chiedere soldi, se li guadagnassero… Certo, adesso sono un po’ stronzetti, domani diverranno stronzi “puri” col conto in banca grassissimo, e ricatteranno quelli che non si sono “adattati”.

Ma sì, continuiamo così.

 

Abbasso questi malati e invasati, sono solo dei “cospiratori”, ma che vogliono? Di che si lamentano? Insomma, ci arrivano a fine mese? E quindi? Ma che stessero zitti, ché la vita è una merda per tutti. Inutile che piango/ano sul latte versato, è colpa loro se si trovano male. La vita è bella, bella, bella!

Uno splendore!

 

Sì, meglio essere come me, amante di De Niro. Non vi è una spiegazione logica nella mia adorazione per il Bob, soprattutto dopo che ha girato un sacco di cazzate immonde. Ma, d’altronde, c’è una spiegazione logica per il mondo “perfetto” in cui viviamo?

Invero, la Juventus ha già giocato e ha pareggiato, ah ah, e il film di Anderson è uscito da un pezzo.

Taxi Driver

 

di Stefano Falotico

 

La decadenza di Tarzan


01 Aug

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In questa società pusillanime e infingarda, un uomo si (e)leva di “trono”, è il re delle scimmie fra gli scemi e gl’idioti, con far allegro vivissimo scimmiotta.

Per lungo tempo, nella mia vita da “vegli(ard)o”, i lardosi su di me vegliarono. Vigilandomi, allertandomi con patenti di malato di mente e addebitandomi i peggiori mali, che maiali. Ma seppi (r)esistere con scrupolosa e indubbia “scontrosità”, mai dando nulla per scontato, anzi, “dondolandomelo”. Ché la masturbazione in tutti i sen(s)i, quando così esibita, è foriera di superba “pastorizia”, d’un autoreferenziale godimento che ha da farsi… invidiare. Gente schizzinosa, proiettante l’etichetta di disturbato e disturbante. Ah, vorrei vederli come me turbati, son personcine a modo col “turbo”, sempre frenetiche e indaffarate a cazzeggiare coi destini alt(ru)i. Ebbi modo di disarcionarmene e sempre più “allacciarmelo”, ripudiando con “elevatezza” questa marmaglia d’uomini abbottonati alle “buone” maniere, soddisfacendo il mio egocentrismo nobile e anche “nubile”, da santo ambiguo, da letterato al di sopra della massa, ché sa che il plurale di odio è odi, uditemi bene, e non “odii”, così scelleratamente scritto da qualcuno, anzi da molti. Non odiate, le mie parole udi(re)te quando i tempi saran bui e dovrete il cervello oliare oltre al mio uccello canterino. Sì, parlo col mio uccello, che sta sempre “fuori”, e discuto di politica coi polli, spacciandomi oggi per democratico e domani per uno di sinistra destrorsa, cari orsi. Non ho molto da insegnare se non che l’ipocrisia si combatte solo con la mestizia malinconica, ché riflette per ritrovarsi paciosa e savia, e non con la rabbia che genera appunto razziali odi. Le donne vogliono di “solido” i soliti, e io son solo col sale, no, senza zucchero, (a)mar(o) col Sole. Il resto, nella vi(s)ta, è un pugno nell’occhio.

 

Rispondete a questo mio scritto con un boh.

Meglio Derek Bo.

 

 

di Stefano Falotico

(A)mar(o) d’ideali fuggenti, evviva Gran Torino


21 Sep

Gran TorinoRoberto D’Agostino: – E di cosa dovremmo fotterci?

 

Carmelo Bene: – Di andare a farvi fottere.

 

In fondo, vive bene lui, sì. Giovincello che se n’è sempre fregato del rispetto e dei valori, fregando i professori da cui s’aspettava solo una valutazione sufficiente per raggiungere il diploma che gli “aprisse” le porte di poter, “potente”, “fare” quel cazzo che voleva, con tanto di “(at)testa(to)” da liceale classico, perché in Italia, si sa, è una “credenziale” che ha il suo impatto sulle ragazzine pubescenti da manipolare, raggirare, plagiare per una “san(t)a” scopatina il sabato sera. Sì, vai nel pub(e) da una di queste, ancora ingenua-bimbo-minchia e sprovveduta, le “rifili” il tuo diploma e lei abboccherà, facendoti bocca-bocca in bagno, sentendosi “figa” perché è andata con un “lupo di mare”, mica un suo compagno sfigato e poco “acculturato”. Insomma, per la miseria, l’ha “data” a uno del classico, questo le farà “curriculum”. Si sentirà più “centrata” dopo esserti fatta ingroppare da uno che ha “s(t)ud(i)ato” duro ma proprio duro.

Sì, fa bene lui che parla di grandi ideali e poi, appena se la vede brutta o qualcuna/o, appunto, non abbocca, si rifugia nella cultura italiota da piccolo borghese, moralista e inneggiatore alle “grandezze” (no)bili della sua anima “elevata”. A chiacchiere!

Fa bene lui a prenderla così, a culo, quando gli torna e “tira” comodo, poi a predicare quando, solipsisticamente, qualcuno/a non gli va a “genio”… suo millantato e mai coraggiosamente dimostrato nelle azioni.

Fa bene lui a citare Leopardi a memoria quando vuol fottersi una sciocchina melanconica, per sostenerla/“lo” un po’.

Fa bene lui a criticare i ribelli, a osteggiarli e a voler “tagliar” le loro (s)palle quando incrinano le sue certezze an(n)ali, fa “pene” lui a considerarli pen(s)osi, fa bene lui che ha capito come vivere sciacquandosi l’uccellino nei momenti pimpanti di umore ormonale e poi a spacciarsi per intellettuale “puro” quando è invece l’altro, che invidia, a spassarsela e passarsi le passerine.

Fa bene lui a dare dello schizofrenico a chi scrive libri, a dargli del coglione e poi essere il primo che ama Fantozzi.

Fa bene lui a considerare gli impiegati del catasto dei sempliciotti, fa bene lui a far credere di essere migliore di loro, fa bene lui che, arrivato all’età della “maturità”, sa come metterlo in quel posto “fisso”.

Lui, sì, che è uno stronzo come vuole la società, mica un patetico (s)truzzo.

Fa bene lui a prender in giro i vecchi, fa bene lui a deridere i portatori di handicap, fa bene lui a credersi Marlon Brando, fa bene lui?

No, è solo un troione che, da me, riceverà Clint Eastwood in faccia.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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