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Blood Work di Eastwood è un capolavoro, The Night Of è superiore a True Detective, Fino a prova contraria, super video


16 Feb

Blood Work

Iniziamo così, poi arriviamo a Clint.

Ribadisco e non me ne frega un cazzo.

Bohemian Rhapsody è un bel film, anzi, un gran bel film.

Io ne sottolineato i difetti. Che sono tanti, madornali. Ma mi spiace contestare la bischerata che ha detto Frusciante. Definendo questa pellicola una ciofeca imbarazzante con un Malek ridicolo e macchiettistico.

No, il caro Fede ha pigliato, come si suol dire, una cantonata tremenda. La sceneggiatura è, sì, in effetti, molto puerile. Sino a un certo punto, però. Ci sono molte scene sentite, vere e commoventi. E Malek mi ha indotto a trattenere le lacrime più di una volta durante la visione. È stato magnifico. Vulnerabile, fragilissimo quanto invincibile.

Grandioso, larger than life come quando, prima di morire, prende finalmente consapevolezza che la sua linea del tempo è giunta pressoché alla fine. E allora regala a tutti un concerto straordinario.

Perché Freddie Mercury non è nato per avere una vita “normale”. È nato per soffrire come un animale, per combattere ora dopo ora la sua diversità, lottando perennemente contro un mondo ostinato e testardo che avrebbe preferito che lui si adattasse ai dettami burocratici e impiegatizi di una vita “tranquilla”. Senza troppe inquietudini, soprattutto dell’anima/o.

E allora tutta la gente come lui, disperata e sconfitta si riunisce a Wembley e si esalta dinanzi a quest’uomo che, contro tutto e tutti, soprattutto sempre in conflitto con sé stesso, con le proprie contraddizioni, prende su il microfono, nonostante la sua malattia sia già in stato piuttosto avanzato, e ricorda a tutti cos’è la vita.

La storia è stata scritta, peraltro, da Peter Morgan. Che non è il primo scemo del villaggio.

E sul mio profilo Instagram ho inserito due scene tratte da Bohemian Rhapsody che mi hanno molto emozionato. Quella in cui Freddie, dopo la festona, capisce che è un uomo terribilmente solo. E non saranno i soldi e il sesso a consolarlo. E allora bacia Jim Hutton in bocca. Jim Hutton ricambia passionalmente ma poi gli dice che sarà davvero il suo amante soltanto quando Freddie Mercury, cioè LUI, avrà capito chi è e soprattutto quando Freddie amerà sé stesso. E non farà le cose per compiacere soltanto gli altri di cui forse di lui non importa molto. Trovando la forza delle sue scelte.

Alla gente interessa la maschera, il divo, la star. Ma non sa…

E la scena quando Freddie si trova nel suo appartamento di lusso, già perduto nella sua solitudine immensa. Come un Nosferatu di Herzog. E Roger Taylor/Ben Hardy va a fargli visita.

E rifiuta di cenare con lui perché ora il nostro Roger non ha più tempo da “perdere”. Ha famiglia e figli.

E Freddie accetta suo malgrado ancora di stare solo e non potersi confidare.

Peter Morgan…

Ha sceneggiato Hereafter di Clint Eastwood. E ho detto tutto.

Si è scatenata una simpatica discussione su Eastwood in zona Facebook.

Al che, all’improvviso qualcuno, sprezzante, entrando a gamba tesa, ha azzardato di offese pesanti contro il sottoscritto, del tutto gratuite e decisamente forti.

Io ho detto che chi non ama Blood Work necessita di operazioni al cuore. E lui, con villania inusitata, mi ha risposto:

– E tu necessiti di operazioni al cervello.

 

 

steele

 

Proseguendo nel vile affronto in maniera esponenzialmente invereconda. A far da paciere a tale duello infernale, ecco che sono intervenuti perfino dei luminari.

Io ho lasciato stare, preferendo glissare, in quanto la mia signorilità eastwoodiana non può scomporsi per quattro pomodori in faccia. Non siamo a Carnevale ma, da dietro un pc, diamo lo screanzato diritto a chiunque d’insultare in modo inusitato senza che costui voglia aprirsi a un confronto educato ma soprattutto reale.

Di mio, sì, sono surreale ma soprattutto irreale. Quello a cui state assistendo della mia persona ha del sovrannaturale, emana una forza sovrumana. Io sono Dio. Se non lo sapete è perché il diavolo vi ha fottuto. Ah ah.

Sì, come è stato possibile un equivoco “giudiziario” di queste proporzioni immani?

Ma è successo, purtroppo.

Io perdono ma non mi fate arrabbiare. Perché Clint sa, anche John Turturro aveva capito tutto dapprincipio.

Altro che le filosofie esistenziali di Rust. The Night Of è un capolavoro abissale. Se amate le “figate” di Pizzolatto, sì, son buone, anzi ottime. Anche la carne alla pizzaiola lo è. Soprattutto se servita da Nic, ma non Pizzolatto, Cage di Stregata dalla luna.

Ma son anche talvolta panzane sofisticate per pessimismi da quattro soldi, utili a teenager mal cresciuti con lo spirito nichilista fra vigliacche mura.

Mi stupisco davvero nel pensare a come possiate considerare The Night Of inferiore a True Detective prima stagione.

True Detective è un eccelso trip ma qui parliamo di una serie nerissima, spettrale, che ha scardinato il sistema giuridico americano dalle fondamenta, ha sbudellato lo schifo di una società marcia.

Che assolve e fa mea culpa oramai quando è davvero, davvero troppo tardi. Benvenuti, come diceva Plissken, nel mondo della razza umana.

La realtà è orrida, mostruosa, terrificante. Ed è sempre buio anche quando ci sono bagliori di splendida luce.

Ognuno sta solo sul cuor della terra,

trafitto da un raggio di sole

ed è subito sera.

Lo scrisse Quasimodo e io non sono quello gobbo di Notre-Dame. Non lo sono mai stato. Che questo vi piaccia o meno, questa è la verità. Guardiamoci in faccia. Ed è magnificamente grandiosa nella sua tremenda, sconcertante infinità.

Il genio! Quanto avrei realmente amato essere colui che volevate immaginare che fossi.  Quanto vorrei essere amaro, invece so stare agli scherzi.

Perché giammai avrei sofferto nel vivere in un mondo d’idioti, di superficiali, di frasi fratte e luoghi comuni. Fortunatamente, (vi) sono nato. E, nel quotidiano patire, ripartire e anche talvolta poltrire, rinasco sempre con più stile.

Dunque figlioli, se pensate che la vita sia solo rose e fiori, siete davvero fuori.

Se pensate che io non crollo mai, è proprio così. Perché sono più forte?

No, perché la realtà l’ho sempre conosciuta. Ed è bellissima oggi, domani tristissima, oggi una gioia e domani un dolore atroce.

Se rifiutate ciò, c’è sempre la casa di Big Jim. La trovate dal cartolaio sotto casa mia. Assieme ai pastelli, ai righelli, ai goniometri, alla carta bianca, immacolata contro la penna stilografica noir.

Amo immensamente le sfumature.

Grigio notte, plumbee, malinconiche, tetramente stupende.

E vago di notte con le scarpe tutte rotte, poi domani è un altro giorno e vi saranno nuove rotture di coglioni. E non ci piove. Invece piove. Soprattutto sulle vostre teste. Io ho oramai ombrelli collaudati, a prova di merde di piccioni e piccini.

Scusate, ora una barretta di cioccolato mi aspetta. La gusterò. Sì, sì, sì.

Sì, Debito di sangue è un capolavoro. Ma non perché si tratta di una storia di vendetta cazzuta. Ove Clint scopre che colui che considerava il suo miglior amico è invece colui che lo ammira così tanto da volerlo, paradossalmente, rovinare.

No, il film non è questo. Il film è un film sul TEMPO. Sul cuore che batte, sulla linea d’ombra.

 

di Stefano Falotico

 

TOP TEN Denzel Washington


09 Dec

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Oggi parliamo del più grande attore nero di tutti i tempi. Il super negro per antonomasia Denzel Washington.

Da me ribattezzato, in più occasioni, come Tartufone Motta. Non è lui? È un uomo dolce noir, ah ah, coloratissimo come il carbone. E adesso ha pure il panzone da uomo che ha mangiato tanti buoni cioccolatini fondenti.

Ora, sapete bene chi è questo pezzo d’uomo alto un metro e 85 che cammina sempre a schiena dritta e ha un sorriso che bagna tutte le donne? Anche le più algide della Scandinavia?

Non so se avete visto The Night Of. John Turturro, suo amico, ha avuto un figlio da una nera e n’è venuto fuori un bel mulatto. Al che, questo figlio moro sbiadito al latte come Otello viene redarguito da John. Otello, uno che a forza di scoparsi la sua bianchetta mula (eh sì, siamo a Venezia, vicino a Trieste, patria delle mule) super passerona Desdemona, ha assunto un colorito meticcio, e nel 1995 fu interpretato da Laurence Fishburne nell’adattamento dell’omonima tragedia scespiriana, o shakespeariana e oh quant’è bona Tiziana, diretto da Oliver Parker. Non vale un cazzo, Laurence. Desdemona, nel suddetto film, era interpretata da Irène Jacob, una francesona naturalizzata svizzera. Come appunto il Lindt. Svizzero? No, Novi. E questa Jacob te lo fa tutto nuovo. Fidatevi. Ve lo carbonizza.

Ecco, il figlio sanguemisto dice al padre che vuole fare una tesi di Laurea su Jamie Foxx. E John ridacchia. Perché Jamie non è Denzel!

Allora dice a suo figlio che, anziché scegliere Jamie, attore bravissimo e Ray Charles oscarizzato, se vuol fare un figurone davanti ai professori, cazzo, deve scrivere una tesi su the greatest, Denzel appunto. Puro toro da monta inarrestabile.

L’orgoglio di tutto il popolo afroamericano. Uno che, dopo il divorzio dei genitori, fu sbattuto in collegio e si fece un culo come una casa per superare tutti i pregiudizi dei bianchi fighetti, per sconfiggere le puttanate sull’apartheid e sulla tonalità viola di ogni segregazionismo di merda. La merda, nerissima, soffice e granulosa, che non è la pelle dei neri ma l’anima stronza di questi repubblicani porci.

Denzel è grandissimo. Sì, un figlio di puttana con due palle di marmo. Un colosso, un mito, uno che l’ha ficcato in culo a quel burino di Russell Crowe, fottendogli l’Academy Award con la sua camminata da Alonzo di Traning Day.

Sì, mi ricordo quella cerimonia di premiazione. La vidi in diretta. Fu anche l’anno di Halle Berry, fidatevi, un pezzo di gnocca da mettere al tappeto ogni Naomi Campbell della minchia. Halle, una che schienò anche Billy Bob Thornton di Monster’s Ball con quel suo culo superbo. Un culo incantevole da morirci dentro, un culo immane dipinto da Giotto, un culo dalle perfette proporzioni geometriche, un culo irresistibile che avrebbe fatto la fortuna di Tinto Brass.

Un culo magnifico. Oddio, non fatemici pen(s)are. Allucinante.

Ma torniamo a Denzel, non perdiamoci in quel figone di Halle. Ché poi è capace che vieni deriso da Al Pacino di HeatCi sei voluto entrare e ci sei rimasto!

Denzel è l’erede di Sidney Poitier. Un altro bell’uccellone. Sì, in Indovina chi viene a cena?, Sidney, con un’invidiabile faccia di bronzo, si presenta a casa dei coniugi Spencer Tracy e Katharine Hepburn, per chiedere la mano e anche qualcos’altro della loro figlioletta.

Spencer Tracy, nonostante la diffidenza iniziale e i suoi pregiudizi razzisti, capisce che sua figlia ama quell’uomo. E questo “strano” accoppiamento ha da farsi perché questi due ragazzi sono esseri speciali.

Sì, Spencer voleva il bene della figlia. Altrimenti sarebbe cresciuta malissimo, guardando i porno con Lexington Steele e sarebbe diventata Julianne Moore di Lontano dal paradiso.

Ma sì, Julianne, lascia questo pavone di Dennis Quaid a Santa Auzina. Una non tanto santarellina.

Lascia che Dennis vada a zoccole. No, non mandare la tua vita a puttane, Julianne, che te ne fai di un troione quando desideri solo un grosso nerone?

Sì, Julianne Moore è un’altra che ti arrostisce. Ma secondo me è troppo pallida. Questa rossa lentigginosa ha bisogno di un Denzel Washington che le doni un colorito, diciamo, più roseo.

Sì, Denzel è uno che può soddisfare anche la più repressa frigida timorata di Dio. Di fronte a un Washington, anche la compianta Rita Levi-Montalcini avrebbe perso i neroni, no, i neuroni. Ah ah!

 

Ma quali sono le migliori performance di questo maschio enorme?

Lasciamo stare Glory e anche Gloria di Umberto Tozzi.

 

Manchi tu nell’aria

Manchi come il sale 

Manchi più del sole

Sciogli questa neve 

Che soffoca il mio petto

T’aspetto Gloria

Eh sì, a Margot Robbie di The Wolf of Wall Street non serviva un Leonardo. Ma un Man on Fire.

Che cazzo vuole questa Margot? Il divorzio? Ma che ha da sbraitare questa gallina? È solo Molto rumore per nulla. Chiamate Malcolm X e fatele capire che nella vita, anziché Leo, poteva incontrare anche Tom Hanks di Philadelphia. Non le va a genio, Leo? Ah, ma pretende troppo costei. Vuole i soldi, i gioielli, la Porsche e pure i figli. Che si fotta!

Sì, Denzel ha una marcia in più, Il tocco del male da uomo He Got Game.

Denzel è uno che vola alto. Chiedetelo a quell’altra mignotta di Kelly Reilly di Flight. Prima si drogava, poi incontra Denzel. Lui continua a ubriacarsi ma, con Denzel, un cane sciolto, Kelly faceva la gattina. Eh sì.

Sì, Kelly lo molla ma ora soffre pene d’amore. Denzel le fu Inside Man, perché Denzel è un amatore straordinario. E lo sa Viola Davis di Barriere. Che, alla fine di ogni notte, con lui sorride e grida evviva Il sapore della vittoria – Uniti si vince.

E questa scena è un capolavoro!

E a proposito di football e Barriere varie, com’è la scena finale de Lo chiamavano Bulldozer?

Quando dal nulla quella montagna di Bud Spencer riappare come per miracolo e distrugge il merdoso che sbianca?

Sì, a me piacciono le bambinate così come agl’imbecilli piacciono le porcate.

 


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Barriere

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di Stefano Falotico

Le migliori serie televisive e il mio video cult da fantasma di Bob


17 Nov

The-Night-Of

Stranger Things

Stranger Things

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Ebbene, devo ammetterlo, sebbene qualche insegnante di semantica-semiotica cinematografica del DAMS o scuole affini mi rimprovererà tosto. Le serie televisive mal le digerisco.

Perlopiù la maggioranza di esse.

Sono profondamente convinto che, nonostante molte di queste, invero assai poche, possano essere ottimamente costruite, con sceneggiature perfino ingegnosamente architettate, e farcite di personaggi carismatici, affascinanti o solamente interessanti che, senz’ombra di dubbio, attraggono la nostra curiosità, siano allestite inconfutabilmente al fine di un solo, primario scopo. Quello d’intrattenere. E basta.

Non vi è Arte.

Basti vedere il nuovo format adottato ad esempio da Netflix. Ieri sera, ho visto con molto piacere, divertendomi da matti, il primo episodio de Il metodo Kominsky. Una serie che, se manterrà il ritmo dolceamaro dei suoi primi trenta minuti, scanzonato, nostalgico, leggerissimo, potrebbe ascendere presto tra le mie preferite. Ma questo lo saprò soltanto a visione completata delle sue dieci “puntate”.

Ecco, ogni episodio de Il metodo Komisnky dura appena, appunto, mezz’ora. Alcuni, dando io un’occhiata veloce ai minutaggi dei singoli “spezzoni”, non vanno addirittura oltre i venti minuti. Roba che non fai in tempo a guardare i titoli di testa che già sei arrivato a quelli di coda con un brevissimo intermezzo di qualche sketch fra Michael Douglas e Alan Arkin.

Gli episodi invece di Maniac durano singolarmente non più di quaranta minuti.

Ciò per dire che il livello di attenzione dello spettatore medio, quello a cui punta Netflix, si è notevolmente abbassato.

Un tempo, come da me già detto, la gente si piazzava sul divano e, su RAI 3, ai primi di Gennaio, quando spesso lo programmano, si guardava per intero C’era una volta in America, col solo spazio pubblicitario fra il primo e il secondo tempo in cui andava a dissetarsi e si fumava una sigaretta, oppure recandosi in bagno a fare un po’ di “acqua”.

La gente era abituata alla contemplazione, alla splendida “lentezza”.

Oggigiorno invece i ritmi troppo frenetici giocoforza impostici dalla società non ci permettono di soffermarci troppo sulle cose. Ché poi bisogna guidare la macchina nel caos cittadino.

Dunque, si è adottato questo formato, appunto, velocissimo, d’immediato consumo. Tanto per farci passare un po’ il tempo libero.

Le serie televisive, in generale, fanno esattamente questo. Sono storie che, a mio avviso, potevano essere sintetizzate, senz’assurde digressioni superflue e onestamente noiose, senza siparietti poco funzionali alla vicenda narrata, al fulcro sostanziale della trama, in due ore e mezza, al massimo.

Questa regola vale per ogni serie televisiva. Anche per quelle migliori.

Ecco, non essendo un patito di serie tv, appunto, non ne guardo molte. Ma le scelgo oculatamente in base ai miei gusti. Vado d’istinto. Decido di sorbirmi tutti gli episodi di una serie, semmai uno o due a sera, dopo aver vagliato scrupolosamente.

Posso dunque dire che il mio sguardo è “limitato” e forse avete ragione voi a sostenere che le serie televisive siano oramai il futuro non solo della televisione ma del Cinema.

Detto ciò, sono soltanto cinque le serie televisive degli ultimi anni che mi hanno quasi del tutto appagato e reso fiero di averle viste. Quelle per cui ritengo di non aver buttato del tempo prezioso nel visionarle.

Partiamo dal quinto posto per arrivare al primo.

5) Stranger Things. Sì, tutto vero. Non inventa niente, ricicla il sincretismo culturale anni ottanta, soprattutto, e ripesca da Spielberg, Joe Dante, perfino da Wes Craven, e chi più ne ha più ne metta.

Ma la miscela è ottima, commovente, è una serie che davvero ti riporta indietro nel tempo. Come Ritorno al futuro di Zemeckis.

Promossa appieno.

4) Marvel’s The Punisher. Oh, finalmente Frank Castle, dopo tante trasposizioni orrende, e mi riferisco a quelle con Dolph Lundgren (!) e Thomas Jane, trova nel volto roccioso di Joe Bernthal la sua mimesi perfetta.

La serie è violentissima con tanto di scena in cui The Punisher sfonda gli occhi del suo eterno torturatore e finale in cui macella il cranio dell’amico traditore figlio di puttana.

Ma, a parte qualche eccesso, funziona a meraviglia.

3) Mindhunter. Gli episodi di Fincher sono stupendi. Zodiac incontra Il silenzio degli innocenti.

Qualche luogo comune di troppo sui serial killer rovina l’amalgama ma la serie spinge, eccome.

2) True Detective, prima stagione. Non è assolutamente perfetta. Anzi, più la riguardo e più i monologhi di Rust, che tanto mi avevano impressionato la prima volta che li vidi, mi paiono costruiti, artefatti, e Pizzolatto mi sembra un tizio furbissimo, bravo ad accattivarsi, con pessimistico maledettismo, le simpatie dello spettatore hater del mondo.

Come per tutte le serie televisive, ribadisco, la storia poteva durare molto meno e se ne poteva fare un film. Semmai di tre ore. Molti risvolti e molte parentesi sono esagerate, la serie è dispersiva e alla fine ciò che resta è appunto la forza interpretativa di un McConaughey nel suo ruolo della vita e gli ultimi venti minuti.

Con la discesa nel covo di Carcosa, la resurrezione cristologica di Rust e i due amici di tutta un’esistenza che meditano su questa brutta faccenda. Da lacrimoni.

1) The Night Of. La perla per eccellenza. La prima puntata è qualcosa di magnifico. Abbiamo Fuori orario di Scorsese che incontra la penna di Richard Price. Sin alla lenta, mostruosa esplosione di un equivoco giudiziario spaventoso.

Ma anche in questo caso, come The Guardian disse bene, sebbene The Night Of rimanga a mio parere un capolavoro, la serie si perde un po’ per strada con una storia processuale abbastanza convenzionale da Perry Mason e John Grisham e smarrisce molta della carica della prima puntata.

Il finale però è da brividi e salva i pur minimi difetti enunciativi.

 

Ecco, personalmente, per quanto riguarda Gomorra, Narcos, Westworld in particolar modo, come dice il vecchio Jack Burton… basta, adesso.

Mi hanno scassato u’ caz’.

Ovviamente, ho trascutato apposta Twin Peaks Il ritorno. Che non è una serie televisiva… è la storia della mia vita. Soprattutto quando Laura Palmer torna a casa…

E urla di paura perché questa sua vita è stata tutta un immane incubo terrificante.

Sì, come la mia vita. Ve ne avevo già parlato di questo?

Sì, a un certo punto, similmente a The Night Of, chi mi stava attorno mi ha fissato negli occhi.

E, allucinato da quel che vide, urlò fra il meravigliato, lo sbigottito, l’incredibile materializzatosi ancora.

Sì, qualcosa di tragicamente lynchiano.

 

 

di Stefano Falotico

Questa lunga, lunga, lunga, interminabile notte, lontana dai grillini parlanti


16 Nov

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Non vi preoccupate quando do di matto e mi assalgono i 5 min da fuori di testa, perdonatemi, mi succede quando non scopo, cioè praticamente ogni secondo, ah ah

Sì, a volte ricasco nei soliti vizietti ed ecco che spunta la mia indole inguaribile da Frank Castle/The Punisher.

Cosicché, assediato da una vita che mi sta stretta, rivendico le mie ragioni e punto il dito, sfracellando le palle a chi non è colpevole delle mie sfighe. Invero lo è, siamo tutti colpevoli. Ma in fondo non lo è. Non è colpa degli altri se in passato fui mangiato vivo da fortissime crisi depressive e mi tirava poco l’uccello. Mica i miei amici, o pseudo tali, potevano darmi il loro cazzo in cambio della mia benevolenza. Eh no, non funziona così. Ognuno ha problemi grossi e deve star dietro ai cazzi suoi. E, se questa vita non tira, devi tirartela. Non puoi sperare che qualcuno reciti per te la parte di DiCaprio e si possa sostituire alla tua testa di minchia.

No, no, no. Anche perché io son fiero della mia testa e non voglio quella di DiCaprio. L’ho scritto, recentemente, DiCaprio è un testone. Sì, il suo cranio pesa almeno trenta chili. È abnorme, sproporzionato e, secondo la matematica delle proporzioni, la sua gigantesca testa sarà inversamente più grande del suo piccolo uccello.

Vi ricordate la pubblicità dei pennelli Cinghiale? Per dipingere una parete grande non ci vuole un pennello grande ma un grande pennello.

Sì, DiCaprio non ha un grande uccello ma un uccello grande perché il suo conto in banca, nonostante le proporzioni da poco dotato, lo rende appetibile a tutte le modelle più in gamba…

A queste modelle non interessa tanto la lunghezza e potenza del suo pene, bensì la grandezza del suo portafogli. Anche perché, essendo modelle, avranno certamente uno con un pennello più grande che dipingerà a piacimento i loro schizzi… ma questi sono cazzi loro, non me ne fotte!

Non fa una piega, ma biancheria sporca.

Sveglia!

Ma come dico io: meglio accanirsi sul capro espiatorio che illudersi di essere DiCaprio, anche se io sono molto più bravo e bello di Leo, mi pare ovvio, ah ah.

Credo che l’Italia sia afflitta da un problema grosso. Anzi, da un grosso problema.

Siamo tutti finiti nella merda ma la colpa non è del sistema, non è colpa del nostro amico che ci ha tradito, non è colpa neppure delle nostre scelte sbagliate, la colpa è della vita tragicomica…

I grillini sono il male e pensano che lo Stato delle cos(c)e, come dico io, voglia infinocchiarli

I grillini sono persone spesso disperate. Tutti siamo disperati se dotati di coscienza pensante. È la condizione umana. Ma certa gente che pensa che, con le chiacchiere e gli slogan, possa risolvere le cose in maniera utopistica e rivoluzionaria, mi fa indubbiamente ridere. Parlano di massimi sistemi che non posso capire io, e lo ammetto, figurarsi gente che ha aperto due libri in vita sua e crede che il cambiamento possa nascere con i discorsi da bar. La realtà è una e trina, immutabile, non si scappa mai dalla realtà con le bugie, le scorciatoie, le stronzate. Sono persone assolutamente ridicole. Prima di gridare e sbraitare, dovrebbero sinceramente guardarsi allo specchio. Io lo faccio ogni mattina, sapendo che soffrirò molto e sforzandomi minuto dopo minuto. Non si va in giro ad accusare delle nostre sfighe questo o quello, dicendo che fa tutto schifo e che ci sarà la “guerra civile”. Ma per piacere. Se le cose non vanno bene, i grillini sono esattamente coloro che hanno permesso che l’Italia sia diventata questa. Sono il prodotto dell’Italia che hanno costruito con le loro sciocchezze, le loro vigliaccherie e le loro piccinerie, con le loro oscene urla da ossessi, da mercato ortofrutticolo.

Ho sentito da gente “grillina” cose immonde e assurde. Che il problema dell’Italia sarebbe addirittura la lingua italiana. Colpevole, a loro avviso, di essere distorsiva e creata apposta, coi suoi doppi sensi ambigui, a fregare la gente. Ma roba da matti. L’italiano è una delle lingue migliori del mondo, se non la migliore. Possediamo una gamma espressiva sconfinata. Da qui l’idea del deficiente grillino secondo cui la vastità nostra linguistica è a suo avviso un altro complotto studiato ad hoc dallo “Stato” che dalla nascita ci avrebbe corrotto con le sue ambiguità lessicali. AH AH AH. Oddio, sto morendo.

– Be’, amico, non pensare male. Nessuno vuole infinocchiarti.

– Ecco. No, no, dico. Hai detto proprio infinocchiarti. Ti rendi conto della macchina sodomizzatrice della Lingua? Infinocchiarti! Cristo santissimo! Che significa? No, no, dimmi che significa?

– Significa fregarti.

– No, no, manco per il cazzo. Infinocchiarti significa che qualcuno ti vuole rendere finocchio. E fotterti!

– Mi pare la stessa cosa.

– E allora perché non dire fregarti ma infinocchiarti? Vedi, la gente è brava con le parole a incularti!

 

Ah ah.

 

In realtà, sono già morto o altrove, come un santo che combatte

Non so se avete notato. Adesso, molti trailer, compreso l’ultimo, Gloria Bell con Julianne Moore, nei canali ufficiali YouTube sono stati bloccati per il nostro Paese.

Stessa sorte è capitata a The Night Of. La HBO ha bloccato i suoi video per l’Italia.

E perché avviene questo? Ve lo siete chiesti? Perché l’Italia non accetta certe storie, potrebbero turbare le coscienze collettive di massa. Storie libertine o storie troppo vere che il grande pubblico catto-borghese nostrano le respingerebbe. E griderebbe allo scandalo.

Io ho lasciato i link sui miei siti. Apposta. Anche se i filmati sono oscurati.

Film o serie televisive che comunque tutti possono guardare. O comprare in dvd. Ma dev’essere uno ben informato…

Uno che vuole vederci chiaro e non venir ingannato dalla RAI o dai canali di regime che diffondono la “cultura” come pare e piace a loro.

Così come potrebbe essere un libro di Storia delle superiori, scritto evidentemente da uno con idee politiche chiarissime, che vuole raccontarla a modo suo.

Sì, poi ognuno può farsi la sua idea, maturare le sue convinzioni ma meglio, pensano questi qua, “educare” in modo che attecchisca alla base un certo pensiero comune. Ché in seguito è difficilmente estirpabile.

Ed è per questo che a catechismo t’insegnano a scindere subito il bene dal male. E ti costringono a credere che, se avrai una brutta vita, piena di sfortune o disgrazie, patimenti e strazi, Dio ti accoglierà a braccia aperte lassù, per ricompensarti di tutti i torti o le ingiustizie subite. E per l’eternità te la godrai sin alla notte dei tempi e oltre.

Non è così.

Torniamo a The Night Of. È magnifica questa serie televisiva.

Perché? Perché la vita è precisamente questa…

Questo ragazzo, un po’ ingenuo, immaturo, con tanti sogni nel cassetto, incontra per caso una ragazza. Si piacciono all’istante. Fanno sesso. Lui si addormenta e, al risveglio, scopre che lei è stata massacrata.

Al che inizia il suo calvario.

Dapprincipio è solo un indiziato, quindi un colpevole di stupro e omicidio colposo, dopo di che viene processato e, nell’attesa che il processo finisca, viene sbattuto in custodia cautelare all’inferno, in un carcere durissimo ove gli omoni si fanno spompinare dai ragazzini e dove i detenuti bruciano vivo chi sta a loro antipatico.

Il ragazzo viene dunque giudicato innocente.

Ma la sua vita è rovinata per sempre.

Non si torna più innocenti nell’anima dopo l’orrore…

Una serie televisiva potentissima, cattiva, brutale, spietata. Come lo è la vita.

Può darsi che tu sia un genio, una brava persona ma basta una fatalità, un evento imprevisto del destino, uno scivolone, una cazzata, un equivoco, un disguido, un brutto alterco con qualcuno, basta mezzo litro di birra in più o venti chilometri oltre il limite di velocità, metti per sbaglio sotto un passante, perdi la testa, commetti un’ingenuità “imperdonabile”.

Ed è la fine.

O forse solo l’inizio.

A quel punto, la vita ti appare nella sua nudità. E non hai più paura di nessuno.

Ma solo dei tuoi fantasmi.

Noi tutti abbiamo fantasmi e demoni. Che ci perseguiteranno per tutta la vita.

Sono i nostri spettri, non quelli degli altri.

Quindi, se lo so io, dovreste sapere anche voi come si sta al mondo.

Domani o solo fra un secondo potremmo tutti morire.

Noi siamo già tutti morti, noi siamo vivi.

Non esistono altre balle. Non esiste il Paradiso. Non esiste il diavolo.

Esiste la verità.

Ed è questa.

Tempo fa, uno psichiatra m’indusse a scrivere la mia storia. E mi disse:

– A libro completato, ci confronteremo e vedremo se la versione da lei realizzata è quella attendibile, quella insomma reale. Oppure, se ha adottato un punto di vista, delirante, soggettivo, come in una delle storie di Rashomon, o una versione da apostolo del Vangelo, o se invece quello che ha scritto corrisponde per filo e per segno a ciò che è successo davvero.

 

Lo psichiatra ha letto il mio libro. E si è messo a ridere amaro.

Perché la mia versione è quella vera.

È stata la versione di tutti gli altri quella delirante.

Compresa la sua.

 

Avete mai visto, certo che sì, Senza esclusione di colpi?

Chong Li/Bolo Yeung sa che Frank Dux/Van Damme è molto più forte di lui. L’ha sempre saputo dall’inizio.

Allora gli dà “fumo negli occhi”. Per annebbiargli la vista. E rincoglionirlo.

Ma Dux ci vede meglio di prima.

 

Ora, la storia va avanti? Che cosa accadrà?

Non succederà niente. Come nel finale The Night Of.

 

Questo è quanto.

Good night and good luck…

 

di Stefano Falotico

Dopo i discorsi di Rust Cohle, i discorsi di Falotico


21 Apr

Ahmed The Night Of

Stavo riguardando delle clip di True Detective. Col senno di poi, è la serie televisiva più sopravvalutata di sempre. Non parlo della seconda stagione, abbastanza impresentabile, con un finale osceno, in cui Vince Vaughn, nei momenti di rabbia incandescente, sradica cornicioni e frantuma bicchieri di cristallo come se fosse Bruce Lee culturista, e nemmeno voglio soffermarmi su Colin Farrell, l’unico che regge la parte ed è abbastanza credibile, ma il climax è ridicolo, patetico, tutta una sterminata sceneggiata hardboiled per capire che il morto ammazzato sta dietro una squallida vicenda di disagi giovanili. Tutti crepano tranne le due donne che alla fine si coalizzano neanche fossero quelle del movimento Me Too. Una pacchianata immane.

Ma nemmeno la prima stagione scherza. Il signor Pizzolatto, dopo aver studiato ogni crisma, sì, crisma del pessimismo filosofico, allestisce dei siparietti in cui McConaughey, conciato come un barbone e un Cristo in croce, disserta lapidariamente sul senso dell’esistenza. Sciorinando banalità adolescenziali degne del peggior saggio sulla montagna. Ecco, scene peraltro talmente irreali e sfacciatamente ostentate che alla fine, parossisticamente, nella loro assurdità smodata, sembrano perfino attinenti alla veridicità del reale. Sì, quando mai si è visto un detective dell’FBI che passa ore a vantarsi delle sue ispirazioni filosofiche, teoretiche, geometricamente cartesiane alla sua visione cupa e tetra della vita? Con due bambagioni che lo stanno a sentire e non gli cacciano un ceffone? A che pro quei discorsi se non per allettare le manie depressive di giovani che son andati in brodo di giuggiole per queste isterie trascendenti, per questo pus underground che rinnega la vita occidentale con la faccia di Matthew, uno che ha almeno tre ville con piscina a Beverly Hills? Sì, poi il cattivone, il maniaco omicida satanista si viene a scoprire che è un giardiniere tonto. Al che, la HBO l’ha promosso di grado e l’ha fatto diventare giudice salomonico in The Night Of. Glenn Fleschler, un uomo, un perché.

Sì, ce lo possiamo dire in tutta sincerità? Un solo fotogramma di The Night Of, soprattutto del primo episodio, tutto in una notte, vale più di ogni orpello del Fukunaga.

Di mio, sono incurabile. Sì, arrivano notizie di bullismo di questo nostro Paese casa e chiesa. E la gente si sconvolge.

Ha ragione il mio amico Emiliano Sutera… Siete ridicoli. Inorridite per un bulletto da liceo che insulta un professore. Avete delegittimato la patria potestà, demonizzato la disciplina, ridicolizzato la gerarchia; E vi stupite perché questa è la generazione che sta infestando il mondo. Fatevi due domande.

Sbaglia anche Sutera, perché dopo il punto e virgola ci vuole la minuscola e non la E maiuscola.

Ma comunque avete capito il concetto.

Al che, passo in rassegna le persone di Facebook. Una, a scadenza regolari come l’orologio svizzero, sì, quello a cucù, per dimostrare che è donna di cultura, che adora il Cinema e la Musica, ogni santissimo giorno ci “aggarba” (sì, verbo che si usa nella marina ma che io uso scorrettamente perché così mi garba, non siatemi sgarbati, non fatemi gli Sgarbi Vittorio) con suoi “selfportrait” in cui nell’identica posa mette il suo viso in primo piano, “reciso” dal prodotto artistico che vuole pubblicizzare per vantarsi che lei conosce l’artista o gli artisti che l’hanno creato. Che vita eccezionale, non c’è di che…

Un’altra invece sostiene di essere una scrittrice e afferma di essere colei che difende gli oppressi e i ribelli, poi vediamo un suo album in cui, vestita come Wanda Osiris, è su uno yacht. Ho detto tutto… Ieri, invece ho saputo che Fabrizio Corona ancora si scopa LA, sì, ci vuole l’articolo determinativo da donnette casalinghe lettrici degli “scoop”, LA Belén. E mi chiedo se Corona con la Belena, a parte fare zin zin, arare, trapanarsi, spingere, pigiare, pinciare, “verbo” veneto per esprimere l’atto del “trombamento”, guarda qualche film di Takeshi Kitano. No, non è il suo mondo. Disse che voleva girare il remake di Scarface. Prima che lo dicesse mi stava simpatico.

 

di Stefano Falotico

Consigli e conigli per gli acquisti, in questa Pasqua siate delle uova digeribili e guardate roba buona e anche BONA


25 Mar

 

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Sì, domenica particolarmente brillante. Mentre le donne s’imbrillantinano e mostrano i loro volti rifatti in pose plastiche su Instagram, ove plastiche ha la doppia connotazione di plasticità artistica, almeno ciò a cui ambiscono e invece c’è solo il “trucco” di espressioni facciali da cubiste, sì, son visi squadrati che si affusolano nell’astrattismo dei maschi che se le prefiguravano più fighe, e di plastica chirurgica, io bellamente ho mangiato un lieto e oserei dire gustoso profiterole, essendo io stesso un bignè che usa il bidet quando mangia troppa cioccolata, e la panna montata del mio cervello deborda laconica nel meravigliarmi di come ancora vi emozionate per pellicole troppo zuccherose.

Ecco, è uscito il Blu-ray di Risvegli. Un film che alla sua uscita fu scambiato per un capolavoro e ottenne ben tre nomination all’Oscar, Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, per un De Niro che usa tutto il campionario di smorfie per stupirci con una recitazione più facile di quel che sembri, e Miglior Sceneggiatura, andata a Steven Zaillian, su cui poi tornerò.

Ecco, la regista di questo film, non so se lo sapete, è una donna, Penny Marshall, ed essendo una donna abusò (uso il passato remoto perché fortunatamente non gira più un cazzo tranne quello del marito) spesso della sua indole troppo materna e femminile per infarcir le sue pellicole di buonismi al saccarosio e altre amenità sentimentali di facile presa sul pubblico. Regista che potrebbe fare il paio con l’omonimo Garry Marshall, un altro che ci ha sempre dato dentro con film ad alto tasso emotivo particolarmente, insidiosamente leccaculo.

Ecco, Risvegli è la storia di un uomo che si “addormenta” quando era bambino, poi il sapiente dosaggio di un farmaco miracoloso lo ridesta dall’encefalite letargica ma, a contatto con una realtà che non ha avuto modo d’introiettare, non avendo ricevuto imprinting formativi e psico-cognitivi, vedendosi ancor infante in un corpo da adulto, impazzisce e lo sedano talmente tanto che diventa Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo dopo che gli asportarono il cervello. Invero, a ben vedere, è un film d’una micidiale cattiveria da lasciar senza parole. Han detto che è troppo accomodante perché alla fine Robin Williams, funestato da un lavoro iper-stressante, decide di andare a bere qualcosa di “caldo” con l’infermiera, una che gli curerà le ferite “bollenti” grazie probabilmente a una scopata scacciapensieri molto avvilente. Il film finisce prima che Williams se la trombi, e lo spettatore spegne il televisore con un sorriso dolceamaro da ebete che lo perseguiterà anche in ufficio. Sì, la storia della mia vita… quella di Leonard. Io mi ammalai di catatonia essendo già però un gigante in mezzo ai lillipuziani e allora la mia mente decise di farsi un sonnellino bello lungo quanto il pisello di John Holmes. Quando mi risvegliai, cercarono d’ingannarmi, facendomi credere che ero un nano in mezzo a persone cresciute, ma scoprii che ero sempre stato più cresciuto di tutti, e infatti le donne “oneste” appurarono il “gigantismo” del mio esser “membro” di una società piccina piccina. Abbasso i bigotti! Mi ricoprirono di coccole, mi diedero del coglione pur se usavo i coglioni, ma soffrii pene… dell’inferno perché non potevo accontentare tutte, e allora decisi di prendere dei calmanti.

Per quanto riguarda Zaillian, dovete vedere il suo The Night Of, praticamente la versione più adulta di Awakenings, e ho detto tutto. È la storia di un povero Cristo che conosce una bella ragazza, ci finisce a letto, si addormenta e al suo risveglio, appunto, scopre che è stata massacrata. Scappa dall’abitazione, e viene incriminato di stupro e omicidio. Il grande John Turturro lo salverà dall’ergastolo e dalla pena capitale ma, intanto, il disgraziato l’avevano messo in custodia cautelare in una prigione durissima e il suo spirito fu distrutto irreversibilmente. Infatti, diviene poi un uomo libero, ma nel frattempo vide tanta di quella merda che non può e non riesce a credere più a nulla e fuma gli spinelli. Che felicità!

Questa splendida serie televisiva della HBO è stata scritta da Richard Price e dovete comprare il suo libro Balene bianche. Probabilmente alla Feltrinelli non lo troverete, perché è una libreria mainstream e ha solo i libri di Fabio Volo, dovete ordinarlo da IBS.it, così come fate coi miei libri, disponibili sulle maggiori catene librarie online e destinati a cervelli fini. Fidatevi. Nei miei libri “rinverrete” storie ben più toste e assurde di quelle che vi ho sopra citato.

Il mondo si divide in due categorie: i boccaloni, quelli che si bevono tutto, e i baccalà, quelli che vivon da fessi. Ci sono i pesci? Sì, il mare degli idioti n’è colmo. Non ci sono i dritti? No, per quanto mi riguarda, so che esiste solo una persona che ha capito tutto, cioè il sottoscritto, ma essendo un unicum non posso annettermi a nessuna categoria. Sono inclassificabile. Ah ah. Per questo mi prendono per cretino.

Sì, mangiate le uova, oggi è stata la domenica delle Palme. Sappiate che il culo di Giorgia Palmas è un culo forse di una col cervello da gallina ma dai glutei, appunto, rotondi, solo un eunuco non vorrebbe strapazzarla di “maionese” impazzita.

Sì, mi sono indurito troppo, durissimo…  A 13 anni amavo i polizieschi sporchi e ruvidi, alla mia età sono diventato un detective delle mie angosce.

Signora, forza, ci mostri le cosce. Dobbiamo “ascenderlo”. Nessuno la incriminerà per una scosciata. Dai dai. Non sia pudica!

Risorgete uomini, saran tempi in cui Salvini vuol togliere anche la legge Bersani. Non potrete più comprare Viagra all’ingrosso ma se ce l’avete solo grosso… il conto in banca, che cazzo vi frega? Resterete impotenti ma, pagandola, troverete sempre una che vi pulirà casa. Che volete di più? Molti se le fanno a letto, altri non hanno un tetto. Le donne invece hanno tutte le tette, altrimenti sarebbero aliene. Ah ah.

Questa è la mia sanità offerta a ogni uomo di buona volontà.

Sappiate anche che, se non avete volontà, non vi sarà nessun reddito di cittadinanza che vi salverà.

Perché, volenti o nolenti, dovete farvi il culo, basta che non inculiate me, e fatevi pure i cazzi vostri.

In verità vi dico che questi sono tempi mosci.

Ah ah.

Sono dissacrante e spiritoso? Sì, oggi mi tira così. Il suo problema è che a lei non tira proprio… né oggi né mai. Non ci sono cure.

Mi saluti la sua gattina.

 

 

di Stefano Falotico

Il problema delle serie televisive


06 Mar

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“Getto” un post su Facebook e si scatena l’inferno: ma a voi guardare serie televisive dalla mattina alla sera e non amare la vita vera, piace così tanto?

F. Romeo: – I giorni sono o possono essere lunghi. Le serie tv sono spesso opere d’arte e da O. Wilde ad Arancia meccanica sappiamo o dovremmo sapere che la vita vera (che per Nabokov è una espressione che andrebbe messa in corsivo) è più vera dopo che l’hai vista superbamente rappresentata. Ma poi amare così mi sembra come un lavoro serale. Da mattina a sera però… ok magari no, ma chi farebbe questo? Mi sa che saranno molto pochi. Fermo restando che qualche giorno si può anche impiegare tutto così e non si fa male a nessuno (nemmeno a sé stessi) e la grana del giorno seguente sarà più vibrante che mai, magari.

Stefano Falotico: – Concordo, io sono il principe delle virtualità, mi riferivo non a noi, immaginifici, ma alla gente annoiata e frustrata.

A. Onofri: – Ma noi abbiamo un problema serio con gente che per vedere le serie non legge più un libro, non va a visitare le mostre né i musei, né percepisce il cinema con il senso narrativo congruo del cinema, ma modificato dalla cadenza della narrazione seriale interrotta da intervalli pubblicitari. Insomma: avevamo trovato, prima durante e dopo l’evoluzione della televisione, un prodotto che ancora resisteva e resiste tutt’ora nel tempo senza mai ‘scadere’, come è un FILM, e dobbiamo nuovamente tornare a dare retta a un qualcos’altro che già un anno dopo sa di preistorico? Andiamo!

F. Romeo: – Anton Giulio, messa nei termini in cui l’hai messa, sono d’accordo con te. Ma la fenomenologia della fruizione televisiva (per essere pomposi) è varia. E sappiamo che tu hai scartato capricciosamente (non è affatto un verbo che uso in senso critico) o strategicamente (sulla gestione del tempo personale non discuto) una forma d’arte (per me è lampante che nei casi migliori lo sia) che per altri, anche se vuoi a causa della sua “novità”, è entusiasmante o comunque assai gradita.

Stefano Falotico: – Analisi perfetta, per serie televisive non intendo Twin Peaks, il miglior film, sì lo è, dell’anno scorso, ma le robacce insulse e per deficienti, che pare molti invece apprezzino, non avendo più memoria di cosa sia la bellezza.

A. Onofri: – Come può essere una forma d’arte qualcosa di regolato da ferree regole commerciali? Qualcosa che dipende dal gradimento di un pubblico che, qualora venisse a mancare, verrebbe interrotto all’istante? Insomma, sai bene a cosa mi riferisco. L’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica NON PUÒ avere lo stesso valore di quella prodotta prima. E se il PASSATO viene trascurato nel nome di questa cosa qui, che per carità dà da lavorare a un sacco di gente, parliamo però d’altro, e NON di arte, come invece potremmo sempre fare anche nel caso del più brutto, scarso e squallido prodotto cinematografico. Perché di arte brutta ne è sempre esistita e sempre ne esisterà. Il resto è ATTUALITÀ.

F. Romeo: – No, grande e bella arte. Quello di cui parli tu è un fattore esterno. La perdita dell’aura è una cosa, il mantenimento (per me lampante, lampante) dell’elevato rango artistico è un’altra cosa, intatta (o irrilevantemente scalfita).

A. Onofri: – Dimenticavo la stima, certo. Ma già True Detective stagione 1, che non vedrà più nessuno se non per studio, è roba scaduta.

Stefano Falotico: – Ha ragione Anton Ago. True Detective ha un effetto anche potente la prima volta che lo vedi, poi svanisce l’effetto sorpresa e termina la magia. Ora, le poche serie televisive da menzionare degli scorsi mesi sono The Night Of, da rivedere, soprattutto la prima puntata, tutta notturna e con echi scorsesiani, Twin Peaks, ma non in ordine cronologico, a frammenti visivi, e qualche exploit di The Punisher con Bernthal, che tocca in certi momenti attimi di violenza catartica da lasciarti senza fiato. Ma non parlatemi di roba fredda e robotica come Westworld e altre cazzate del genere. Per carità, se uno non ha meglio da fare, se le guarda anche volentieri, ma non è arte, non è Cinema, non è un bel niente, se non intrattenimento che dopo neanche un anno è superato, datato. Se poi, Francesco Romeo, tu ti riguardi queste serie mille volte, non sono fatti che mi riguardano. Anch’io spolvero casa più volte, ma sono ripassatine e basta.

A. Onofri: – Anche Hugo Pratt è più geniale di un pittore della domenica. Ma sarà sempre Fumetto.

F. Romeo: – Stefano, evidentemente non mi spiego. Perché sembri proprio non afferrare. Io riguardo opere d’arte, che studio, su cui scrivo, che porto a lezione. Se tu non sei in grado di capirle, problemi tuoi. Le ripassatine dalle a casa tua e non nel mio castello. Non sai né di cosa stai parlando né con chi…

Stefano Falotico: – No, sei tu che non capisci. E poi stai scadendo nelle offese. Il mio era un banale esempio, ci mancherebbe che voglia spolverare il tuo “castello”. Ora, escludendo le serie tv che ti ho citato io, dimmi quale sarebbero queste opere d’arte degli ultimi anni da portare addirittura a lezione.

 

F. Romeo: – Le ho citate. Tu evidentemente non ti accorgi quando scadi (nelle offese e nel resto). Questa è un’attenuante. Io ovviamente me ne accorgo. Mi accorgo di tutto. Mi accorgo della eccellenza intellettuale e artistica di quello che guardo. Perché ho degli strumenti e delle doti che me lo consentono. Del resto, scrittori formidabili, che dubito che tu legga, sono rimasti estasiati da alcune delle serie che ho citato, paragonandole, per valore, ai romanzi più strabilianti della seconda metà del secolo. Poi arrivi tu a dare ragioni e tori e a voler spiegare a me, che studio e insegno i principali filosofi di estetica, che sarebbero ripassatine? Io scherzo spesso volentieri, ma seguiamo qui D. F. Wallace e introduciamo un nucleo di serietà.

Stefano Falotico: – Guarda, definendo inadeguati e incompetenti chi non conosci, mi sembra mancare di rispetto e precludersi uno scambio di opinioni democratico. Se vuoi che ti chiami MAESTRO IN CATTEDRA, non sono il tipo, te lo dico con affetto. Quindi, a mio avviso, la discussione può terminare qui. Liberissimo di vedere e osannare tutte le serie che vuoi, non voglio sindacare sulla tua concezione di estetica e di arte. Buona giornata.

F. Romeo, credo tu abbia frainteso, ripeto, l’assunto di partenza. Io non parlo di serie televisive alte, che tu citi e che in effetti meritano seria considerazione, mi riferivo alla tendenza modaiola, squallidissima, di molta gente di passare ore a vedere schifezze.

 

E ora, come diceva Santi Licheri a Forum, la seduta è tolta.

 

E se, comunque la merda vi piace, tornate a sedervi e a spararvela.

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Caro diario: rattrappito da un mondo strano, viaggio di “cornetti”


31 Mar

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Stupito sempre di più da un mondo “progressista” che invero dovrebbe, primigenio, tornare alla “barbarie” non fasullamente buonista, assisto a programmi televisivi che condannano la legittima difesa, con interventi di “opinionisti” casti, vestiti a messa, che parlano di Buddha e Cristo e d’ingiustificati perdoni “un tanto a culo”. Persone poco realiste che vivono nella “gattabuia” delle lor ovattate certezze mielose, così come stamattina, in un bar, vidi una confezione intonsa di marmellata e, “sgranocchiandola” al padrone, la leccai di “dolce rubacchiarla”. Sì, poi la pagai…

Dovremmo ripristinarci all’insanabile verità, evitando comunque i giustizialismi ma mantenendo intatto il nostro cervello. In poche parole la gente dovrebbe assomigliare alla mia fierezza di sana e robusta Costituzione. È una repubblica fondata sul lavoro? Ne dubito. Questi “giovini” di oggi anziché commuoversi per film autentici, si “emozionano” per canzoni che “pubblicizzano” la legalizzazione della droga e, in questo “fermo progetto di vita”, passano le giornate a (s)cannarsi a vicenda, portando fuori i loro cani per tali “(bi)sogni”, o meglio bisunti, quotidiani. E in quest’arancia meccanica ove le persone acclamano Ambra Angiolini e non sanno più chi fu Giolitti, mi sento “maleficent” come Angelina Jolie. Sputtanando questa “corte”, coltre di omertosa ipocrisia, divenendo il Michael Kenneth Williams di The Night Of, saggio “imprigionato” nell’insopprimibile sua ricerca d’un Jack London salvifico, del sen(s)o dell’esistenza non retorico e facilmente impressionabile dalla coscienza di massa al “sapor” di canzonette e “acqua e sapone” sol quando non li si tocca nei lor “dest(in)i”.

Al che, prendo la macchina e “scoreggio” di clacsonate, facendomi largo nel traffico, pur se dimagrisco. Ingrasso il vuoto pneumatico del mondo e poi, a un chiosco “fresco”, mi faccio servire un cappuccino da “frate” del mio giusto eremitaggio, fra cornetti delle mie amanti che non mi scopo. Eppur non scoppio.

Quindi, scappo.no13

di Stefano Falotico

All’uscita di Logan, il problema del blockbuster col supereroe (non) si pone e la mia solitudine ancor più, a Oriente, nel “niente” si (s)porge


05 Mar

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Ecco che la gente, in massa, si accalca per veder l’ultima fatica di Mangold, regista che io venero, dai tempi malinconici di Cop Land con le sue ballate springsteeniane, immerse nella natura verista dell’uomo fattosi carne metafisica. Aspetterò come spesso accade lo streaming, gustandomelo lontano dal chiacchiericcio isterico e da fanatici fancazzisti che potrebbero rimbambirmi più di quanto (non) lo sia.

Questa gente smaniosa del blockbuster “d’annata” mi annoia, più che altro mi turba. E io, da “egoista” delle mie depressioni e della mia ancestrale solitudine alla Johnny Cash, tengo molto ai disagi “asociali” che mi sganciano da questo mondo “contemplativo” dei botti, delle esplosioni e delle (cer)bottane. Al che mi “estinguo” nel mio io più denso di mesmerismo sensoriale e faccio dell’esser solo un solido remoto da questa gente che aspetta tali eventi. Io son uomo di venti, mentre questi al capolavoro inneggiano e Hugh Jackman sul podio sventolano. E sono accompagnati da delle sventole per facili, “fallaci” sveltine. Uomini di fallo, non dei falotici. Adesso questa non fa rima ma questo caos fa caciara di Roma. Mi osservo e mi chiedo perché mi piaccia tanto The Night Of con le sue atmosfere “prelibate”, questo Turturro con l’eczema che sostituì Bob De Niro, questo Riz Ahmed “schizofrenico” con gli occhi sbarrati che però non assume nessun farmaco, rinchiuso nella prigione del suo incubo peggiore, questo Richard Price sceneggiatore “calcolatore” al “goniometro” dell’ampiezza percettiva d’indagini a (dis)sotterrare un cuore. Questi crepuscoli mi allietano e vivo come Logan nei “muscoli” innanzitutto del mio “animale” strano. Tirando fuori gli artigli quando serve, quando mi trattano da servo. Sì, non son sereno, ma il tempo è variabile con precipitazioni di futuri avengers.

 

di Stefano Falotico

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The Night Of, i suoi titoli di testa


27 Aug

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La Critica si sta esaltando per questa nuova, strepitosa serie della HBO, ma il suo fascino gli deriva soprattutto dalle atmosfere di rara cupezza e dai titoli di testa (cercateli) a mio avviso superiori, per sofisticatezza e liquida luminescenza, a quelli di True Detective.

Genius-Pop

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