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A proposito di The Italian Stallion, ovvero Sly: un tempo non mi risparmiavo e sognavo di essere Rocky Balboa…


27 May

saga rocky blu rayAdesso devo centellinare ogni spesa, anche quella del dentifricio della Coop, per risparmiare e potermi permettere, oserei dire, il lusso di comprarmi il Blu-ray di Rocky – La Saga Completa a prezzo scontatissimo di 13 Euro e 38, salvo… spese postali eventualmente gratis se mi abbono ad Amazon Prime.

Ho detto tutto. La mia vita è stata un franchise di sfighe a ripetizione, di spinoff e reboot ricalcati sulla solita trama con poche variazioni tematiche. Ovvero, ogni qualvolta credetti che si fosse accesa in me la spina, ogni volta che pensai d’aver imboccato la via della svolta, ecco che la gente noiosa e spenta, volendomi imboccare con le sue buoniste rose, adattandomi alla sua visione falsa, melensa e retorica, mi ha urlato che sono eternamente un brocco che nessuna ne imbrocca e imbroccherà, mi ha tolto pure le brocche d’acqua naturale, gridandomi che non sono e non sarò mai dotato di sufficienti, robuste spine dorsali (sì, non ce n’è solo una) per poter resistere in un mondo di bestie e dementi.

Sì, non ho mai preso ripetizioni da nessun insegnante. Però io posso dar lezioni a tutti.

Mi do, malgrado quest’inutile eppur lodevole virtù, solamente un altro paio di anni. Al cui scadere, no, non sarò miracolato come Re Artù, estraendo la spada nella e dalla roccia, bensì sarò in modo truculente infilzato dalla caudina forca di questa società medioevalistica e fetente. A partire dalla mezzanotte scoccata di quest’ultimatum datomi, altro che Cenerentola, avrò solo due scelte esistenziali e lavorative a cui abiurare come Andrew Garfield di Silence:

o andrò a elemosinare ai semafori oppure, essendo oramai fuori tempo massimo per insegnare, fuori dalla mia porta sgarrupata di casa, metterò su l’insegna con la scritta epocale e stoica come il celeberrimo underdog di Philadelphia interpretato da Sylvester:

stallone italiano sfiancato per colpa della crisi incombente, più che morto di figa, sta morendo di fame.

Per ovviare a un probabile suicidio immediato, diciamo coming soon, invisibile non soltanto sul grande schermo bensì pure alla tv locale, visto (da nessuno…) che se morirò non mi dedicheranno certamente un servizio tele-giornalistico ma mi daranno e regaleranno la patente di loser mai nato, sì, potrò salvarmi, reinventandomi come Rocco Siffredi delle periferie del sottobosco bolognese.

Uomo totalmente a pecora riceve gentili signori abbienti per luculliane carnalità abbondanti dalle 9 e mezza del mattino sino alle 20.00 di sera, da cui i film di Paul Schrader, American Gigolo, The Walker, eccetera, eccetera, previo almeno mezz’ora di pausa pranzo ove deve nutrirsi. Non di arrosto alla griglia bensì d’insalata rancida.

Sì, do merito a Sylvester, come ho più volte scritto, di aver tirato fuori dal cilindro questi due personaggi meravigliosi del Balboa e del Rambo.

Ma, a settantatré primavere, la dovrebbe finire di camminare sulla montée des Marches del Festival di Cannes, tirando in dentro lo stomaco certamente muscoloso e prominente, altresì grassottello, con tanto di toupet e quella finta topa di sua moglie, Jennifer Flavin.

Il machismo, caro Silvestro, è finito non all’ultimo giorno dell’anno scorso ma da quando il rambismo è passato di moda anche per Carlo Verdone di Troppo forte.

Aggiornati, suvvia.

Va sempre così per tutti. I giovani si ribellano alla generazione dei loro padri, alcuni si credono fichissimi, altri Tom Cruise di Fuori i vecchi… i figli ballano.

Quelli che si sono trovati meglio nella vita son stati quegli analfabeti che sono andati a lavorare a 14 anni e ora, a 35, sono dei puttanieri incalliti che se la godono da matti. E pigliano anche Kenneth Branagh per coglione.

Come scrisse il grande Allen Ginsberg:

(EN)

«I saw the best minds of my generation destroyed by madness, starving hysterical naked, dragging themselves through the negro streets at dawn looking for an angry fix, Angel-headed hipsters burning for the ancient heavenly connection to the starry dynamo in the machinery of night […].»

 

(IT)

«Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia, affamate nude isteriche, trascinarsi per strade di negri all’alba in cerca di droga rabbiosa, hipsters dal capo d’angelo ardenti per l’antico contatto celeste con la dinamo stellata nel macchinario della notte […].»

 

Stasera, comunque trasmetteranno ancora per l’ennesima volta Momenti di gloria.

Musiche di Vangelis.

La mia vita non varrà forse una sega, no, saga. La vostra è veramente invece una mostruosità oscena.

Sì, la vostra esistenza è un Porno proibito.61110106_10213737070203861_5222764241496309760_n

di Stefano Falotico

porno proibito

 

Ho sempre amato ogni Sharon, preferisco Ludivine Sagnier a Emmanuelle Seigner, sono più bello di DiCaprio e Alain Delon in quanto più in gamba, eppur si campa


25 May

Alain+Delon+Palme+Honneur+Photocall+72nd+Annual+1_QaFo-fQ4Ll

Sì, la dovrebbe finire quel farabutto a prendervi per fessi e fesse. Racconta un sacco di balle sul mio conto perché sta morendo d’invidia. E voi poveretti abboccate alle sue maldicenze, alle sue calunnie e credete davvero che io sia un eunuco come Totò il turco napoletano.

Fumo solo più dei turchi.

Questo cacasotto che insulta solo da dietro un PC, è un piccino, un simpatico bimbino.

Ma stavolta ha incontrato uno più stronzo di lui. Può succedere, fenomeno.

Dietro i nostri esibizionismi su YouTube, io vi vedo solo slancio vitale, non vi vedo insicurezze, bisogno di conferme, depressioni, disagi, malessere, ansietà e patologie, abbasso i sociologi-psicologi

Circola voce che gli youtubers seguiti da milioni di fan o soltanto giudicati fanatici, forse come Falotico, seguito invece da una ristretta nicchia e forse, perché no, anche da qualche racchia, abbiano cercato pateticamente la via traversa dei 15 minuti di celebrità warholiana che qualche bacchettone sostiene esser addirittura deviante, un mo(n)do auto-ingannevole per trovare la luce del giorno svanita nei loro cuori pietrificatisi nella solitudine più triste.

Ma che falsità immonda, che bieca distorsione dello sguardo ipocrita di questa massa fintamente allegra e ridanciana. Festivaliera e amante dei baccan(al)i.

Io invece vedo nella finta contentezza di questa massa ruffiana e sempre apparentemente smagliante nei suoi sorrisi di plastica da manichini, da robot mercantili dell’edonismo collettivo che, ahinoi, ha preso il sopravvento e ha sopraffatto le menti più deboli, una felicità mortifera da morti viventi e, come dissi pochi giorni fa, da morti dementi.

Persone che si attorniano perennemente di compagnie coi drink in mano, fra risa sguaiate, volgarità smodate, balletti e vinelli, abbracci e osceni bacetti. Fra sorrisetti da mezze calzette e qualche cazzone al loro fianco che fa la guest star con l’occhiolino malandrino.

Donne eterosessuali ecco allora che posano non soltanto con l’uomo che hanno sposato, esibendo le loro composte pose da brave signore a modo, alternando queste images politicamente corrette a immagini raccapriccianti ove, per sentirsi trasgressive, emulano Charlotte Gainsbourg in accoppiamenti di dubbio gusto con femminone oramai scabrose solo a tua sorella, sì, donne superate come Jane Birkin e neppure in bikini, però con questi sguardi lasciavi, maliardi e un po’ da maiale assai birichine.

Delle bricconcelle, forse solo delle riccone che, parimenti ai cosiddetti ricchioni, categoria comunque rispettabilissima poiché io non sono omofobo ma stimo molto soprattutto quelli alla Greg Kinnear di Qualcosa è cambiato, al mattino recitano la parte delle brave secchione e di notte, avendo codeste una vita da frustrate, cioè ricevendo tante botte soprattutto in testa, se la montano… di amori saffici a cui non crederebbe neppure il barbone più rimbambito di Via Saffi.

Alcune di cognome fanno Laffi, altre Biffi come l’ex cardinale omonimo, ex grande uomo mai baffuto. A me sempre piaciuto. E, dopo queste pose orgiastiche in (s)mascherate da Eyes Wide Shut, dopo aver dapprima pontificato sul mondo, scrivendo didascalie santificatrici dei loro peccati ven(i)ali, scritte farisee ficcate sotto ogni loro foto in costumi discinti da grottesche ebree bruciate soltanto nel cervello, diventano come Joe Pesci se, al posto di Bruce Willis, avesse interpretato Trappola di cristallo.

Cioè sono credibili e attendibili come avvocatesse e donne di classe quanto Joe Pesci, sempre lui, sì, però di Mio cugino vincenzo.

Sì, Pesci in questo film è stato fenomenale. Grazie alla sua ruspante schiettezza, alla sua ingenua e imbranata scaltrezza, alla fine ha vinto pure la causa. Salvando quei due scornacchiati dalla forca di una società ingiusta. Formata perlopiù da fighette e da foche monache.

Queste invece sono solamente delle ignorantone cafonissime molto meno sexy di Marisa Tomei.

Vinceranno mai l’Oscar? No, il premio come belle statuine sul comò e come soprammobili da (im)mobilissime, leggasi oggetti sessuali per una vita comoda, forse sì.

Alcuni, guardando i miei video, hanno voluto intravedere in essi la necessità, da parte mia, di sfuggire alla solitudine, la voglia a dir loro addirittura pericolosa di estraniarmi dal mondo reale di ogni dì per buffoneggiare in un altrove delirante e visionario fra il mistico, il mitico in senso negativo, forse solo all’interno di un’apatia creativa da vero, velleitario indubbio fallito senza più vel(l)i. Senza pelle. Soprattutto senza palle.

Ah, ma che moralismo. Suvvia, non è da come si recita un sonetto di Shakespeare che si giudica un uomo con le vostre recensioni affrettate da chi non può comprendere le rabbie all’Al Pacino de Il mercante di Venezia.

Non è da una mia smorfia alla Massimo Troisi che potrete vincere al Lotto.

Sì, voi sognate da sempre. Vi fate i film sulla gente perché a voi basta dare alle persone una cattiva occhiata per nascondere i vostri scheletri nell’armadio e parlate retoricamente soltanto di corretta, noiosa ars amandi, coi vostri populismi, i vostri buonismi, i vostri classismi, i vostri fancazzisti che inneggiano al vogliamoci bene. Ma che state dicendo? Che farneticate? Ma che fornicate?!

Sì, perché qui quelli che non fanno nulla dal primo canto del gallo all’ultimo urletto della vostra gallina, siete voi.

Io, come tutti gli youtubers più giustamente gigioni, appunto paciniani e alla Pesci, so benissimo che il mondo è di per sé una schifezza.

E le sparo grossissime con un carisma da lasciare esterrefatta pure la fotocamera digitale che vorrebbe spegnersi e invece s’illumina radiosa, multicolorata, briosa e calorosa.

Sì, non mi sono mai fidato delle persone con troppe certezze, delle persone che puntano il dito, che vorrebbero evangelizzarti, frenarti e rabbonirti, immobilizzarti nella loro esistenza prevedibile, ripetitiva, scolastica, demagogica e banalmente appunto ipocrita.

Sono i primi che fingono di essere san(t)issimi e invece poi, attraverso account fake, vigliaccamente da dietro una tastiera offendono gratuitamente nella maniera più folle e insincera.

Perché sono invidiosi, perché tromberanno pure come delle scimmie ma rimarranno anche più stupidi della scimpanzé di Tarzan.

Lo so benissimo e sto benissimo, in tutta la mia vita non sono mai stato meglio.

Perché sono ora privo di ragazzini educati appunto alla falsità, sono lontano da ogni schema, da ogni precetto e ricetta, da ogni lutulente ricotta, da ogni vostra volgare flatulenza, da ogni vostro mal di pancia, da ogni stronzetta e da ogni pugnetta.

Io celebro la bellezza nella sua forma e nelle sue forme più armoniose, più ipnotiche, più suadenti, più poetiche.

Perché, a differenza di molti di voi, so che un giorno morirò. Questo potrebbe accadere anche da un secondo all’altro. Mi potrebbe prendere un infarto così come mi può pigliare subito pure un’infatuazione per una fata. E, con mani fatate, scrivo e parlo.

Anche stando muto come un pesce. Oppure infoiandomi troppo come Pesci. Infognandomi come quello di Casinò.

Questo è tutto per ora. Domani, sarà un’altra figona o figata, forse una faticata, forse sarò sfigato o ancora sfaticato… Certamente io vivo di faloticate.

Un mio amico mi dice:

– Ah, sei misantropo. Datti di più. Non da fare, datti per farti una come Sharon Stone.

– Sì, farò la fine di Pesci e De Niro.

– E se invece incontrassi quella di Basic Instinct?

– Ah, di male in peggio…

 

Eh già, voi ora di non me non state capendo più un Tubo, vero?

Allora, siete ridotti peggio di un uomo turbato spesso titubante, intubatevi.

Si prega di non disturbare. Mai più.

Grazie, miei uomini e donne turbate.

Io spingo di brutto o forse bellissimo, di turbo e indosso perfino i più svariati turbanti.

Io sono conturbante. Esitante ma comunque (in)esistente.

Un uomo a sé stante.

 

Ricordate: più mi prendete per il culo con batoste toste e ficcanti, più ve le do ben assestate e brillanti. Lo do alla mia lei da brillantone.

In quanto oggi son grande, domani ti spezzo il glande.

E posso permettermi di mettere in copertina una più bella di Ludivine Sagnier.

Come no?

Vendimi una penna. Avanti…candoresvelato

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rothstein casino

Che io mi ricordi ho sempre voluto essere Joe Pesci e non Good Will Hunting


22 May

casino scorsese

Pezzo obiettivo come la fotografia di Michael Ballhaus di Goodfellas e di Robert Richardson di Casinò su andatura verace da rapper alla Joe Pesci

Sì, su Netflix hanno ficcato di nuovo uno dei film più brutti e sconsideratamente retorici di Gus Van Sant. Un cineasta a cui dovrebbero elevare un monumento in Piazza San Marco a Venezia per Elephant ma che, con l’insopportabile Scoprendo Forrester, invero un remake sui generis di Scent of a Woman che cita Salinger e inserisce pure Salieri/F. Murray Abraham per un confronto semi-teologico-ideologico sul growing up e sulla scolastica istruzione con tanto di Guglielmo da Baskerville/Sean Connery mezzo rincoglionito, roba melensa, aria fritta buona solo per i biechi ministri della cultura dei nostri stivali, e con questo film ampolloso, falsissimo a iosa, nell’anno di Titanic, creò l’anti-DiCaprio, ovvero Matt Damon.

Una pellicola iper-sopravvalutata che vinse la statuetta imbalsamata per la migliore sceneggiatura originale, scritta proprio da Damon assieme al Batman peggiore della storia, ovvero Ben Affleck, consentendo al povero Robin Williams di agguantare l’Oscar come migliore attore non protagonista dopo che lo prese in culo varie volte.

Sì, per far sì che Robin, in seguito alle forti delusioni precedenti, non impazzisse come ne La leggenda del re pescatore e non si suicidasse, tanto si ammazzò lo stesso, scipparono il tanto agognato Oscar ad Anthony Hopkins di Amistad, a Greg Kinnear di Qualcosa è cambiato, a Burt Reynolds di Boogie Nights e a Robert Forster di Jackie Brown. I quali, senz’ombra di dubbio, sebbene anch’essi non avessero fornito interpretazioni eccelse e al top, avrebbero comunque meritato di vincere, dunque impugnare cadauno, dico ciascuno, la bella statuina.

Donata, stra-regalata appunto a Williams nella sua prova più mosciamente, appunto, retorica. Roba che ne L’Attimo fuggente sembra invece il compianto Marco Pannella di Radio Radicale.

Sì, vogliono chiudere l’emittente radiofonica più sincera della nostra povera Italia. Rabbonita dai discorsi populistici di Di Maio. Un’Italietta di balletti e canti stolti che si consola dalla totale disfatta e dall’irreparabile frittata socio-economica con le pezze al culo degl’infimi, controproducenti redditi di cittadinanza. Parafrasando in maniera falotica Ethan Hawke e Williams di Dead Poets Society…, sì, tiri il lenzuolo da una parte e si scoprono le gambe, lo tiri ma invece lei non svela le gambe e preferisce coprirsi le vergogne con la sottana.

Ah, non va bene. Stavi già pregustando di soddisfarla, immaginando rovente una notte di sesso bollente come il più infoiato Antonio Banderas di Mai con uno sconosciuto e invece ecco che lei, ancor prima dei preliminari, ti castra peggio di un farmaco neurolettico pesantissimo.

Neppure godi di coitus interruptus, praticamente devi fare come Robert De Niro di Toro scatenato con Cathy Moriarty. Cioè gelarti le palle per frenare la voglia irrefrenabile di montarla invece da lei freddissimamente smontata.

Sì, Will Hunting – Genio ribelle è un film fake. Un film ove lo psicologo-psichiatra della mutua Robin Williams prima dice a Will/Damon che suo padre era muratore e poi è come se gli dicesse che è meglio un film di Michael Bay al Cinema di Ken Loach.

Cioè lo incita a cambiare la sua indole rabbiosa da ragazzo pasoliniano per prostituirla a mo’ di coriaceo, indistruttibile Transformer uomo molto The Rock. Ah, adesso capisco perché andate tutti in palestra. Siete tutti uguali e fatti con lo stampino.

Quindi, ecco che il Williams vuole rendere Matt Damon, uno che appena vede Minnie Driver non ha sinceramente pensieri da libri di Moccia, bensì vorrebbe solo scoparla e spremerla come il Vileda, sì, il mocio che usa da servo delle pulizie, un uomo rispettabile come Nicolas Cage nel rifacimento osceno di Brett Ratner de La vita è meravigliosa. Ma come?

Qui, lì nel capolavoro di Frank Capra, James Stewart aveva avuto una sfiga pazzesca. In The Family Man, Nic Cage si scopava solo delle fighe pazzesche, delle vallette. Sì, Amber Valletta.

Onestamente, siamo uomini di mondo. Vecchi lupi, suvvia. Avete mai visto un Silvio Berlusconi che si sarebbe sposato con Téa Leoni quando invece poteva fare il premier con tanto di villone coi suoi troioni?

Che leone! E gli servivano pure il caldo tè.

Io la verità la so, figlioli e cocchi di mamma. Basta, avete finito di rompere i coglioni…

E se uno preferisce Shakespeare e il pensiero kantiano a una fidanzata da Diabolik, cioè Eva Kant, ladri e doppiogiochisti quale siete, me, oh no, non m’incantate.

Rimarrò solo come un cane?

Perché non mi trovo una bella ragazza?

Ah, a tutti rispondo come Joe Pesci di Quei bravi ragazzi a sua madre, in verità la madre di Scorsese:

– Ma tu perché non ti trovi una brava ragazza?

– Io ne trovo di bravissime tutte le sere, mamma.

– Io dicevo una ragazza che ti ci puoi sistemare.

– Io mi sistemo benissimo tutte le notti e la mattina dopo sono libero. Ti voglio bene, mamma.

Sì, solo quando il sottoscritto è sé stesso è forse un genio, un poeta, un artista, probabilmente anche un futuro, enorme regista. Quando si piega alle pressioni dell’omologazione di massa, diventa un povero ritardato come voi. E questo è tutto.

Sì, per tanti anni, a causa dei buonismi consolatori di gente chiesastica invero più criminosa della mafia, venni snaturato nella mia essenza. E manco venni in quel seno, no, senso. Persi pure il senno. Sono riemerso come lava vulcanica. Perché io sono che guida meglio di Steve McQueen, che ama il tramonto della sera e soprattutto adora cavalcarla di sella nel rosso di sera bel tempo con me non si spera.

Tanto poi la lascio. Ah ah. Sono un grande compagno. Se andate dal mio amico Asso/De Niro e gli dite oscenità, attenti, divento come Nicky Santoro. E vi dico: la senti la femminuccia del cazzo? Che fine ha fatto il maschione del cazzo che ha detto al mio amico di ficcarsi la penna su per il culo?

Il mio amico è uno scrittore. E quella è la sua vita!

Ecco, quello che molti non capiscono di me è quanto segue: be’, ora hai realizzato il tuo sogno Dicono tutti i critici e i lettori più fini che tu sia un grande scrittore. Allora perché ora non esci, ti ubriachi e scopi come una scimmia?

Perché poi farei la fine di Elvis Presley. E vi garantisco che non è bello crepare strafatti. Meglio una strada da 8 Mile rispetto alla vi(t)a delle puttane, fidatevi.

Ogni tipo di pseudo-terapia della minchia con me non funziona. No, manco per il cazzo, poveri cazzoni.

Ricordatevi: a Las Vegas lo prendono quasi tutti in quel posto.

La vita reale, se non avete botte di culo e se non avete casini, è uno spaventoso deserto. Ci sono un fottio di buche.

Che vanno riempite.

 

Pezzo realistico, anzi da cinéma vérité della vostra situazione sbandata da sbadati e spostati che si credono Brad Pitt

Guardate, non voglio più darvi retta. Avete stufato. Soltanto perché oramai reputate Tarantino un maestro, a causa del vostro timore reverenziale verso questo conclamato baggiano spara-puttanate, scrivete che C’era una volta a Hollywood è un capolavoro.

Non vedo niente di tutto questo così come molti di voi, pensandosi dotti, maggiormente istruiti di me e sapientoni, hanno sempre presunto di vedere nella mia cosiddetta invisibilità un’immaturità erettiva da uomo che non camminava a testa alta, ah, ma si capisce, siete gente esperta e navigata in questa vita che voi chiamate viaggio, richiamandovi alle peggiori canzoni di Nick Cave, come se voi, personcine a modo, foste nati in una highway sterminata del Texas e invece siete stati partoriti in un polveroso ospedale con le pareti ammuffite di qualche scalcagnato quartiere popolare con vostro padre che, appunto alla vostra nascita, urlò di gioia, mentre Marco Tardelli in contemporanea ficcò il suo fendente contro la Germania nella finale di Coppa del Mondo di Calcio dell’82.

Ma voi vi siete meritati Sandro Pertini e Mattarella, uno che è imbalsamato più di Tutankhamon.

Sì, l’Italia è veramente un Paese che, come disse Pasolini, non cambierà mai per colpa delle sue cicliche, ripetitive, oramai anacronistiche abitudini.

Un Paese lentissimo. Con le sue inflessioni dialettali, le strascicate in romanesco stretto, il pigliarla come viene ed evviva du’ spaghi. Che vuoi di più dalla vita? Oh, abbiamo ancora Ferilli Sabrina. Che desideri? Un piatto di fusilli?

Per anni fui tormentato da piccolo borghesi fissati con John Lennon e la loro smodata retorica da Imagine.

Sì, credo che John Lennon sia stato un bell’uomo intellettuale sposato a una indubbiamente più racchia di Katsuni, famosa pornoattrice oramai appartenente a un mio Yesterday ove, come Noodles/Bob De Niro, sognai di farmela anche violentemente così come fece, da uomo merdoso, appunto il nostro lucky bastard Robert nel capolavoro di Sergio Leone con Deborah. Una che comunque peggiorò di brutto.

Capisco l’infatuazione di Noodles per Jennifer Connelly, cazzo, ci stava. Già da bambina, Jennifer era protesa, diciamo, a sgambettare sensuale, stimolando tutte le fantasie pre-adolescenziali da Tutto può accadere con Frank Whaley. Uno che in Pulp Fiction capì subito che fu un colpo di culo averla di cavalluccio perché battersela contro un nero come Samuel L. Jackson, un vero mandingo, no, non sarebbe andata affatto liscia.

Eh sì, torniamo dunque a Quei bravi ragazzi e al Pesci. Quando Joe entra da farabutto nella casupola di L. Jackson e gli dice che è uomo schifoso che correda la sua biblioteca piena di cimici con riviste porno e allieta le sue notti con delle baldracche.

Dunque, gli spara appunto a bruciapelo.

Tornando alla Connelly, sì, era bona una volta. Adesso è più magra di una mini-sigaretta elettronica. Insomma, anche se volesse incenerirmi, bruciandomi e aspirandomi tutto, non me la fumerei. Preferendo un caffè macchiato caldo al suo visino imbruttito in maniera peggiore di quello di Elizabeth McGovern.

Sì, Elizabeth secondo me non valeva il pene, la pena di fare quel casino della madonna. Ma sì, con questa che avresti fatto, Noodles? Sarebbe stata la tua dolce metà? Ti avrebbe pungolato come dice proprio Robin Williams? Meglio che fosse andata a pasturare con qualche capo mandria che l’avrebbe messa a pecorina.

Sì, meglio mangiarsi da soli un pecorino piuttosto che incartapecorirsi con questa donnetta. Una che ti avrebbe rotto le palle quando eri giovane poiché troppo ambiziosa. E non avrebbe mai accettato che tu avessi fatto il muratore nonostante gliela spatolassi con tanto di calcestruzzo.

No, questa avrebbe voluto mettere su mattoni alla sua carriera da signora di classe, ti avrebbe reso matto, costringendoti a portarla alle feste e a diventare governatore. E avrebbe pure voluto una villa costruita da muratori per murarsi viva ad ascoltare musica classica.

No, meglio non essere il bastone della sua vecchiaia.

Sì, a me fanno ribrezzo i giovinastri già rimbambiti a vent’anni. Dopo adolescenze castrate da genitori che li vollero indirizzare alla borghesia più avvocatesca e burocratica, adesso passano il tempo ad amare Once Upon a Time in America ancora prima di essersi innamorati per la prima volta.

Una generazione d’idioti, di esaltatati, di Giovani Marmotte che, oltre a guardare film super malinconici, oltre a celebrare Non si sevizia un paperino e quel povero cazzone appunto del Tarantino, ah ah, ancora non sanno cosa sia un’ottima passerina.

E poi fanno gli uccelli migratori dal PC, collegandosi a un sito per adulti di milf da simpatici bambinoni.

Dunque, moralisti e catto-borghesi qual sono, essendo nati nella patria delle prediche papali, pontificano sulla Settima Arte quando invece non hanno neppure trovato una prima ragazza con la seconda.

No, sinceramente non credo che camperò molto a lungo.

Sono disgustato da tutto.

Vivo ancora per guardare The Irishman.

Perché, non giriamoci attorno, io non saprò mai cosa voglio davvero nella vita.

Anche perché la vita cosiddetta reale la trovo estremamente banale, prevedibile, volgare. Piena di pettegolezzi, corna, invidie, tradimenti fratricidi, assassini e morti bianche.

Di persone che reputi amiche e invece ti baciano come Giuda. Di donne come la Vergine che poi scopri essere Maddalena.

Fa bene allora Matt Damon a fottersene dei consigli. E a continuare a fare quel cazzo che gli pare da mattina a sera.

Lasciamo ai moralizzatori, agli educatori di questo paio de’ coglioni, la loro retorica, il loro spaventarti e inibirti coi sensi di colpa.

Come quel pistolotto assurdo di Williams su sua moglie.

Ah, mi dispiace.

Preferisco leggere Shakespeare. Tanto non avrò di questi problemi. Sarà qualcun altro ad assisterla prima di morire.

Questo significa ESSERE. Il resto è solo furbo Cinema hollywoodiano, belle parole ma vita poco vera.

 

di Stefano Falotico

will hunting damon williams

Il ritorno di Sharon Stone, l’ex donna più bella di tutti i tempi, attrice con 147 credits e un solo capolavoro, Casinò? No, il suo sguardo da casino


08 May

Sharon+Stone+Arrivals+amfAR+Inspiration+Gala+tKKytMxC8vjlSì, che fine ha fatto Sharon?

Ieri sera, mi è capitato di dare una sbirciata, ancora una volta, a Basic Instinct 2.

Una porcata micidiale. No, non perché sia scandaloso, bensì perché è scabrosamente orribile dal punto di vista cinematografico. Il film col quale il suo regista Michael Caton-Jones s’è sputtanato del tutto.

Ah, che spettacolo, Sharon, però. Aveva già il seno rifatto ma era ancora devastante. Possedeva uno sguardo fulminante da leonessa. Tant’è vero che quel bambagione di David Morrissey ha già una faccia da pesce lesso prima d’incontrarla nel film e poi, quando lei lo ammalia, lo seduce e lo fotte, diventa catatonico del tutto. Imprigionato dalla sua bellezza spaventosa che lo avvinghia lisciamente fra le sue gambe maestose. Una donna con una potenza sessuale eguale alla virilità di Viggo Mortensen in A History of Violence.

Sì, raffrontiamo questa donna dalla venustà titanica al maschione Viggo. Altrimenti poi voi femministe dite che siamo sessisti.

Tom Stall/Viggo, quest’uomo che sta nel suo bar e serve bomboloni con la crema, prepara caffè macchiati caldi con tanto di spruzzo di panna montata, un uomo squisito, delizioso ch’è sposato a Maria Bello ma da tempo la trascura, non la zucchera, diciamo. E, nel suo locale, mette su le canzoni di Michele Zarrillo per addolcire e dare un tocco musicale disneyanamente infantile appunto agli avventori rozzi della sua tavola troppo calda.

Fregandosene anche dei bullismi che il figlio riceve a scuola. Pedagogo in stile Gandhi che professa la non violenza anche quando è plateale che stiano mordendo i loro gioielli come Mike Tyson contro Evander Holyfield, come il pistolero Luis Suárez contro Chiellini.

Sì, a me nella vita son successe varie aggressioni sessuali. Essendo un semi-ascetico, a volte pure scemo e coglione, a un certo punto, son stato sbranato vivo come Sean Astin di Stranger Things 2.

Sì, questi demagoghi, no, demogorgoni, questi uomini cagneschi, sconvolti dalla mia purezza da hobbit, attentarono alla mia verginità, scarnificando la mia anima protesa alla metafisica trascendente e, non paghi del cannibalismo da Hannibal Lecter, m’indussero coattamente ad accoppiarmi alla prima cagna che avessi trovato per strada. Per una notte d’ululato da Joe Dante.

Da allora, come un licantropo, vago sconsolato nella brughiera della mia sessualità spelacchiata da cittadino felsineo. Un lupo mannaro molto italiano a Bologna.

Sì, mi obbligarono a un puttanesimo denudante ogni mia lindezza splendente poiché, dopo le loro analisi pediatriche della mia psiche, da loro reputata troppo fantasticante, addivennero follemente alla conclusione che andavo svezzato con qualche bagascia fattissima e arrogante. Scuoiandomi con offese molto pesanti da uomini sprezzanti. Oserei dire la mia anima spezzanti.

Figli di un’educazione arretratissima da anni trenta, vi andarono duro…

Al che, la mia indole rabbiosa e lupesca, acquietatasi in anni di letture elevate da filosofo zen, venne… abbattuta in un batter d’occhio, annientata in un nanosecondo dopo tanto cauto, lieve onanismo sognante, e fu trivellata, spolpata, macellata da questi iper-aggressivi machi deficienti.

Roba che, appunto, Michael Douglas, celeberrimo sciupafemmine incallito, avrebbe riso da matti. Consapevole che costoro, dinanzi a lui, donnaiolo conclamato ma anche uomo distinto quando non si piegò ai ricatti di Demi Morre di Rivelazioni, sono soltanto dei topi da topoline di fog(n)a. Delle zoccole, insomma.

Ma non perdiamoci in merde e stronze, no, stronzate.

Sharon Stone non è mai stata una grande attrice. Ha un solo capolavoro all’attivo nonostante cinquemila film da lei interpretati, ovvero Casinò. Ove recita la parte di Ginger, prostituta di classe.

Un ruolo che le calzò a pene, no, a pennello. Infatti sfiorò l’Oscar, ovvero le belle statuine che siete voi quando la vedete e l’adorate, volendola dorare.

Questo lo faccio anche io. Ma io posso, voi no. Ah ah.

Un giorno, prima di morire, vi narrerò di quando in fallo, no infatti, nel 2005 la incontrai a Beverly Hllls. Lei mi invitò a casa sua ma io rifiutai. Perché altrimenti sarei morto subito.

Una donna, sì, talmente bella che diventi omosessuale perché, se la fissi per più di tre secondi, capisci che, a lungo andare, potresti batterti il petto come King Kong. In quanto eccitato in maniera gigantescamente scimmiesca da Tarzan bestiale? No, perché t’è preso un infarto. Ah ah! Pensate alla salute!

Allora è più conveniente non guardarla proprio… ah ah.

La vedremo in The New Pope.

Paolo Sorrentino non ci ha ancora rivelato se farà la parte della suora… non credo, comunque.

E ho detto tutto.

Sì, la bellezza di Sharon, sino a qualche anno fa, ora è un po’ invecchiata, non si poteva discutere.

Ad esempio, io ho un metodo per capire se un uomo è malato di mente. Gli mostro Sharon in Basic Instinct e in Sliver.

Se costui, dopo dieci secondi abbondanti, non mostra la più minima reazione emotiva e la benché visibile erezione, bene, anzi malissimo, è subito da internare con tanto di sedazione.

Trattasi di un uomo socialmente pericoloso.

Ah ah.

Eh già, tutto si può dire di Sharon, tranne che non sia indubbiamente la donna più bella di sempre.

 

Altro che Eva Green e mignotte varie di sorca, no, di sorta. Anche di sorrata!

Qui, parliamo della super figa par excellence.

 

Sì, col tempo son diventato maestro delle freddure.

– Ah, ti piacerebbe essere stato con Sharon, vero?

– Be’, sono stato con lei e con altre donne ancora meglio di lei.

Potrebbe non essere vero ma tu sei frocio, quindi non mi interessa convincerti e sedurti.

 

Ah ah. E su questa faloticata adesso sgattaiolo.basic instinct 2

 

di Stefano Falotico

Che Casinò: il primo Maggio è la festa dei lavoratori, forse negli altri Stati, non solo lavorativi, evviva Iron Man!


01 May

casino pesci

Sì, il primo maggio. Festa dei lavoratori. Ma lavoratori di che?

I lavoratori sono pochissimi oramai, la classe operaia è stata asfaltata dalle officine d’una borghesia metalmeccanica. Gente robotica che, più che umana, è diventata un Android.

Come Rutger Hauer di Blade Runner? No come i loro cellulari della Huawei, protesi cronenberghiane di (s)collegati cervelli vuoti.

Almeno Hauer/Roy Batty scaricò preste le batterie vitali poiché sentiva troppo il fuoco dell’esistenza. E il suo cuore elettronico bruciò in fretta come quello di Jim Morrison.

Questi invece sono eterni. Sì, immortalano le loro facce da culo in tremila selfie al giorno in memoria dei loro poster edonistici.

Che modello hai comprato? Il nuovo della Samsung? No, me stesso con tanto di optional.

Sì, una società di manichini, di gente senz’anima, di gente che ha proprio una bella faccia da culo, appunto. Sì, le modelle di Instagram lavorano parecchio coi glutei in palestra per ottenere tre ville al mare.

Quando si dice: ah, per arrivare lì, te lo sei fatto!

Gli unici che lavorano sono quelli che non hanno mai lavorato. Cioè gli impiegati statali. Il cui stress maggiore, durante la giornata, è il traffico cittadino di prima mattina. Poi, una volta in ufficio, quando timbrano il cartellino alle nove, aspettano otto ore per smettere di lavorare.

Come diceva Rocco Barbaro, sì, è un ottimo lavoro. Mi pagano per mettere due timbri. Non capisco però perché fra un timbro e l’altro devo aspettare otto ore.

Ah, ci sono anche alcuni dipendenti eccezionali che fanno gli straordinari, cioè fanno passare un’altra ora, leggendo la gazzetta sportiva per cui s’è consumata carta e disboscato dunque alberi dell’Amazzonia per stampare le prodezze dei miliardari dell’Ajax, squadra che forse arriverà in finale di Champions League.

La Coppa dei Campioni! Dico, mica pizza e fichi. Ammazza! E i giocatori giocano pure con le palle assieme alle loro amazzoni.

Sulle pizze presto qui vi dirò, sui fichi vi go già parlato.

Sì, poi questi adocchiano la nuova foto scabrosa, si fa per dire, della Belena Rodriguez. Una che so io dove ha lavorato duro.

Già, questa è la tipologia di lavoro medio. Lavoro che davvero nobilita l’uomo e non lo rende Jack Torrance di Shining. Vero?

I pizzaioli, artigiani della pastella ben infornata e lievitata, condita con prelibatezze gustose, si pigliano pure le pizze in faccia da parte di una cliente capricciosa di nome Margherita.

Lei voleva un kebab e invece si è accorta di vivere nel calzone italiano che premia a Sanremo la canzone di un cazzone.

Altri uomini sono alla Marinara, non pagano alla Romana, aspettano che siano sempre gli altri a pagarli. Non la pagano mai!

Come quei farabutti che si dichiarano invalidi psichici e invero sono più dotati, in ogni senso, di un coglione qualunque.

Sì, tempo fa frequentai, per bislacche, sciagurate circostanze di questa mia vita imprevedibile e contorta, un topo, no, un tipo che si lamentava di essere perennemente senza soldi.

Lo Stato gli passava la pensione d’invalidità, altri danari li prendeva dai genitori divorziati, costretti a elargirgli 300 Euro cadauno, a testa cioè, in totale 600 mensili, più otteneva quegli spiccioli grossi che racimolava assai con le scommesse, appunto, calcistiche.

Un uomo balistico, non c’è che dire. Un ballista, più che altro.

Cioè, fra una cosa e l’altra, senza fare un cazzo da mattina a sera, questo guadagnava, credo guadagni ancora, forse anche di più, eh sì, gli avranno alzato la percentuale d’invalidità viste le sue assillanti richieste d’asilo, più di mia madre in un mese ai tempi nei quali insegnava. Che doveva fare la spola da una città all’altra quando non era di ruolo. Più di centochilometri al giorno, anzi duecento, considerando il pendolarismo andata e ritorno. Più i biglietti del treno.

Questo invece, fumando canne dai primi canti del gallo a notte fonda, stando spaparanzato sul divano a masturbarsi sulle galline della tv, incassa lautamente una cifra non indifferente. Tirandosele, no, tirandosela da povero malato di mente con tanto di macchina, autonomia completa, casa perfino compratagli dai genitori, seratine in campagna e compagnia allegra con birra, vinello e poi puliamo il tinello ché abbiamo fatto, in casina, un gran casino!

No, certamente non un riccone ma un bel furbacchione, questo sì.

Insomma, con 1000 Euro e passa al mese, anzi, passati dallo Stato, io sarei andato a donne ventiquattr’ore su 24, invece questo schiamazzava pure perché si riteneva un santo ed era sessuofobo.

Adesso come sarà? Ah, avrà chiesto, oltre alla pensione, pure i voti religiosi. Ah ah!

Ma cose da matti!

Infatti, per pazzo passa, anzi per tale si spaccia quando gli fa comodo e invece inneggia alla guerra civile quando gli torna utile far il profeta mistico e rivoluzionario poiché nessuno lo caga, giustamente.

Charles Bukowski detestava il lavoro ma almeno era un gran poeta. Sì, lo era.

Disse… ci vuole cervello per cavarsela senza lavorare.

Eh, mica travestirsi da dementi soltanto perché idioti del genere in vita loro hanno letto solamente Io speriamo che me la cavo di Marcello D’Orta.

Ah, insegnanti buoni come Paolo Villaggio dell’omonimo film di Lina Wertmüller?

No, nemmeno fantozziani. Sono gli scemi del Villaggio de Il volpone.

Bukowski non è mai andato in giro a elemosinare compassione in atteggiamenti pietistici. Questi non sanno che cos’è manco La Pietà di Michelangelo!

Nino D’Angelo aveva dignità. Questi invece fanno la parte dei finti angeli e si fanno mantenere dai nonni.

Bukowski era una testa di cazzo, sì, ma sapeva di non essere tanto a posto, si vezzeggiava e imbrodava nel suo dolce far nulla. Di questo però ne era totalmente consapevole, anzi davvero sofferente.

Il suo era un modo fintamente strafottente per ridere e sdrammatizzare delle sue quotidiane sfighe con acume e autoironia immensa. E tra una sfiga e l’altra, eh sì, s’ingroppava pure qualche figotta. Ho detto figotta, non figona. La figotta è una che sta a mezza via, mentre vedo molte super gnocche che stanno in quella strada lì.

Un beone gran bevitore, mica un beota farfallone e porcone. Che rigira le frittate a piacimento quando s’accorge che non piace agli altri e allora, da cretino di guerra, da coniglio fugge dinanzi ai suoi limiti e sta in trincea. Distillando consigli da papa? Da pappone, no?

Almeno, ci scherzasse sopra, sarebbe quantomeno accettabile e credibile. No, ripeto, gente/persone così vuole anche che si dedichi loro un monumento in piazza con la scritta oserei dire lungamente epigrafica e graffiante:

qui giace il nobile condottiero della sua battaglia da Don Chisciotte, uomo stoico, soprattutto a prendersi per il culo da solo, storico perché fuori dal tempo, in particolar mondo, no, modo da sé stesso, rinnegato alla nascita nonostante l’anagrafe attesti che sia esistito. Un uomo che ha combattuto la Resistenza, da lui chiamata cialtronescamente psicologica resilienza, in quanto capace di far niente, rimanendo deficiente malgrado lo Stato gli regalò da vivere gratis in modo più che sufficiente.

Ecco, per il primo Maggio, Netflix ha fatto un regalo a tutti i suoi abbonati. Ha messo su dei gran film tutti in una volta. Fra cui The Judge col grande Robert Downey Jr. Filmone.

Robert Downey Jr. è un genio. Sino a vent’anni fa lo davano per morto. Non soltanto a livello cinematografico.

Era cascato in brutti giri, lo arrestarono varie volte e finì in clinica.

È ringiovanito, oggi è Iron Man e rimane uno degli attori più bravi di sempre.

D’altronde, se a soli ventisette anni vieni candidato all’Oscar per Charlot e sei battuto per un soffio soltanto da Al Pacino di Scent of a Woman, devi essere un monello che sa il fallo, no, fatto suo.

Come il mitico Monsieur Verdoux.

Uno che era rimasto al verde e poi invece… ho detto tutto.

Insomma, andate a pigliarvelo tutti in culo. Sì, questa vita è fottuta, è tutto un gran fottio. Dunque, fottetevene.

E qua sono anche come Carlo Verdone.

 

di Stefano Falotico

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Siamo tutti cornuti, Christopher Walken docet, anche Scorsese, da cui Toro scatenato…


23 Apr

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Io credo che Christopher Walken sia Lucifero.

Una faccia da angelo ma un maledetto.

Anche se nel film L’ultima profezia fa la parte dell’arcangelo Gabriele.

Io avevo un amico delle scuole medie di nome Gabriele. No, angelico non lo era affatto. Tentò subito di spronarmi verso una sessualità troppo precoce.

Non so che fine abbia fatto. Forse ora fa il pornoattore oppure ha interpretato un remake casareccio di A distanza ravvicinata. Sì, oggi probabilmente è un padre dalla moralità assai dubbia. Ah ah.

Sì, volete sapere perché Christopher Walken, ne Il cacciatore, si suicidò? Perché rimase sconvolto dall’orrore della guerra in Vietnam? Sì, ovviamente.

Ma la goccia che fece traboccare il vaso, diciamo, la vera ragione fu perché Michael/De Niro, in sua assenza, andò a letto con la sua donna.

Lì, non resse e perse il cervello, completamente.

Voi, sinceramente, avreste retto? Mah, non credo. Assistere a tutte quelle morti, a persone trivellate, a cadaveri putrefatti e apprendere pure che il tuo migliore amico, nel frattempo, ti ha reso cornuto, non penso che sia molto piacevole.

Sì, Chris Walken ha le corna in testa. È un tipo sveglio ma oramai fra lui e il diavolo non c’è alcuna differenza.

Entrambi, appunto, come i cervi di The Deer Hunter, presentano sulla fronte delle sporgenze, delle appendici ossute abbastanza evidenti.

Quelle di Chris non le vedete perché, prima che escano i film da lui interpretati, gliele tolgono con PhotoShop.

Corna enormi quelle di Chris. Ma anche delle cornee bellissime. Languide, ceree. Lui ha gli occhi verdi, io neri.

Ma la somiglianza fra noi due è impressionante.

Un altro specializzato in fatto di corna è Martin Scorsese.

Guardatelo in questa clip.

Come saprete, dopo che Liza Minnelli lo tradì, Scorsese tentò il suicidio. Strano. Liza ha una gran voce ma è sempre stata una racchia da competizione.

Comunque, fu il suo amico Robert De Niro a salvarlo. Cosicché, girarono Toro scatenato. E qui, infatti, quando Bob impugna la statuetta come Best Actor dell’anno, è evidentissimo che Scorsese nutra per il suo pupillo un’ammirazione sconfinata.

A fianco di Martin, la figlia di Roberto… cioè di De Niro? No, del Roberto di Roma città aperta e Paisà.

Quando si dice, infatti, tutte le strade portano e Roma e tutto il mondo è paese.

Sì, la figlia di Roberto, Isabella, stava con Scorsese all’epoca. Dove si saranno conosciuti?

Fatto sta che, di lì a poco, Isabella mise appunto le corna a Martin.

Girando Velluto blu con David Lynch e Cuore selvaggio. Girando soprattutto con mr. Twin Peaks le lenzuola poco candide della loro stanza da letto. O no?

Ora, vi racconto questa. Nel 2008 fui ricoverato per devastanti crisi depressive.

Venne a trovarmi una ragazza che bazzicavo all’epoca. Bazzicavo è un eufemismo. Praticamente, in quel periodo divenni Al Pacino di Scarface e appunto De Niro di Raging Bull.

Fui colto da crisi di gelosia pazzesche. Pensavo che i miei amici se la volessero fottere. Sì, mi comportai con loro come Pacino con Steven Bauer.

Come De Niro con Joe Pesci.

Lei venne a trovarmi in ospedale.

Con una sensibilità e un tatto veramente lodevole, come no, dopo un mese mi disse:

– Ecco, appurato che ora stai bene, sai che amo essere sempre sincera, devo dirti una cosa.

– La so già. Sono come Ben Chaplin de La sottile linea rossa. Mentre ero nella mia guerra di trincea, diciamo che tu, invece, non sei stata propriamente l’incarnazione metafisica del Cinema di Malick e ti sei data, più che altro, al Cinema di Tinto Brass. Potrebbe essere?

– Sei ermetico. Che vuoi dire?

– Non volevo essere volgare. In poche parole, senza panegirici sofisticati, ti sei trombata un altro? Togli pure il punto interrogativo. La domanda è retorica.

– No. Vedi che sei paranoico e superficiale?

– No? Me lo giuri? Perdonami, allora. Ho pensato male.

– Certo. Non sono stata solo con uno. Direi molti di più.

 

Ecco, ora è stato svelato l’arcano. Ma quale disturbo delirante!

Io ho sofferto di un tradimento più bestiale di Chris Walken.

In fondo, chi più chi meno, siamo tutti cornuti. Anche dio lo è.

A me, ad esempio, non ha mai convinto il fatto che San Giuseppe fosse, diciamo, casto.

Mah, Il dubbio c’è.

Comunque, fratelli, rimanga fra di noi. Se avessi continuato a frequentare quella tipa, avrei smesso di amare Scorsese e David Lynch.

Mi sarei ridotto a essere fan di Riccardo Scamarcio.

Pure Riccardo è cornuto, peraltro. Valeria Golino è stata con Sean Penn. Mentre Madonna, quando stava con Sean, ha fatto poco la virgin con altri.

E ho detto tutto. Dunque, uomini e donne, se pensate che non siete mai stati cornuti in vita vostra, guardate appunto Uomini e donne della De Filippi.

Contemplerete i finti amori degli altri e possiamo perciò mettervi subito in convento.

Che poi, anche nei conventi… a voia… succedono cose ben più oscene.

Parola di un santo peccatore.

Sì, la gente mi guarda e urla: oh, che peccato!

Perché sono pazzo e così si dice ai pazzi?

No, il contrario.

La gente pensa: oh Signore benedetto, questo potrebbe essere dio sceso in terra e invece si fa cornificare per troppa bontà.

Ma sono cose da matti!

Io vi benedico. Vi dichiaro marito e moglie. Tanto poi tua moglie verrà con me e sarà un Casinò.scorsese casino

 

di Stefano Falotico

Via da Las Sfigas, remake falotico di Leaving Las Vegas


18 Feb

Sì, il termine falotico, cercatelo nel vocabolario, significa bizzarro, stravagante, eccentrico, forse birbante.

Via da Las Vegas è un film sopravvalutato, con un Oscar sinceramente regalato a Nic Cage.

Durante la cerimonia degli Oscar, fra l’altro, è accaduta una cosa inusuale. La signora Shue, una delle donne che ho sempre maggiormente sognato di scopare, si è alzata in piedi. Incitando anche Kevin Spacey ad alzarsi. Su, basta coi moralismi puritani. Spacey è un grande, aiutatelo a tirarsi su, adesso. Per colpa dei vostri usual suspects, la sua carriera è andata a zoccole.

Ecco, sì, la Shue. Già il cognome è eccitante. Poi, davanti a una biondona così, come fai a non desiderare che avvenga quello che “intravedete” in questa scena?

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Sì, detto per inciso, secondo voi la Shue usa anche gli incisivi quando, succhiante nel lievitante, non necessita della pulizia delle carie dal dentista smacchiante? Una smaltatura smagliante!

Torniamo al fortunello Nicolino.

Quell’anno avrebbe dovuto vincere Anthony Hopkins con Nixon. Ah, mi fate ripetere sempre le stesse cose. Ma, per via del fatto che, solo qualche anno prima, Hopkins aveva già vinto la statuetta come Migliore Attore Protagonista per il suo epocale Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti, l’Academy l’ha fatto perdere apposta. Il bis, l’Academy, a parte qualche miracolosa eccezione, vedi la doppietta consecutiva di Tom Hanks per Philadelphia e Forrest Gump, non lo concede mai e non transige. Non vuole accettar ragioni, come si suol dire. Una delle regole auree (eh sì, l’Oscar è o non è dorato?) è non premiare lo stesso attore a distanza di così poco tempo. Anche se quest’anno tale regola, non scritta ma applicata, verrà confutata ancora perché, con estrema probabilità, Mahershala Ali vincerà con Green Book. Ma che modi sono questi? Se meritava lui, cioè Anthony, meritava lui! Portate rispetto! Ha anche la patente di Sir, parliamo di un gran signore, mica di un fruttivendolo qualsiasi. Che sono questi imbrogli? Chi ha mescolato male le carte? È stato Warren Beatty con quella rincoglionita di Faye Dunaway, sì, truffaldini manigoldi alla Bonnie e Clyde da Gangster Story, oppure il bidello del Ginnasio, invidioso di Hopkins, in stile Election da mediocre Matthew Broderick? O invece è stato Mel Gibson di Maverick!? E perché non avete mai premiato Malick? Andiamo molto male!

Se Anthony meritava tutto il pezzo di torta, perché avete dato questa fetta di gloria a Nic?

Ma il Nic di questo film, comunque, non aveva in effetti tutti i torti. Eh sì, il plurale maschile di torta non è torti? Eh sì, lo sa Totò con Peppino de… la malafemmina.

Questo Nic, nel film, è un brav’uomo che ha sempre rispettato tutti, si è dato anima e corpo (appunto) come un dannato a scrivere sceneggiature, sperando d’imbroccarne una giusta per fare il salto in avanti. Per la cosiddetta svolta.

Ma infingardi, malefici produttori stronzi gli cassano ogni progetto. Al che, Nic perde appunto la brocca. E se ne fotte di tutto. Comincia a provocare le donne a tamburo battente, cantando ad alta voce al supermercato, disprezzando chiunque perché, sì, lui si è sempre comportato in maniera corretta, secondo un riguardoso fair-play nei confronti del prossimo, ma non meritava non solo l’Oscar, questo è un altro discorso e non il suo di ringraziamento ruffiano sul palco, ma soprattutto l’affronto ricevuto da una comunità d’ipocriti e irriconoscenti. Non meritava affatto l’ottuso linciaggio porco sbattutogli in faccia.

Quindi, a quel punto, capisce che Asia Argento ha lavorato soltanto perché la dava ad Harvey Weinstein, denunciando poi quest’ultimo da vera donna di malaffare, mica Elisabeth Shue, una poveretta violentata oltre che dalla vita pure da dei ragazzini scemi, e cazzeggia di brutto.

Insomma, diciamocela, se ne sbatte altamente i coglioni. Tanto sa che la sua vita, soprattutto in quell’ambiente di leccaculo e merdosi fake, è finita. Se mai fosse iniziata.

Capisce che forse la prostituta Sera (Sara)/Shue è meno in realtà meretrice di quelle finte santarelline che si spacciano per gran donne e invero, da mattina a sera, non solo hanno pensieri pervertiti sugli uomini e sul sesso ma nascondono le loro animalesche sincerità (non c’è niente di male, in fondo, se siete ninfomani, basta dirlo) dietro facciate moralistiche, appunto, da femministe del cazzo.

Ben/Cage capisce che il mondo è davvero corrotto ed è una merda. E a spron battuto, come un kamikaze della sua anima, va incontro serenamente alla morte. Non prima però di aver smerdato tutti, anche solo stando zitto.

Perché, di fronte a un muro di gomma, hai un’unica alternativa. Chiuderla qui. Ma in maniera da standing ovation.

Sì, lo stesso anno di Via da Las Vegas, uscì anche Casinò di Scorsese.

Non è che Sam Rothstein/De Niro faccia una fine migliore. Non crepa fisicamente ma nell’animo sì.

Comunque, sia Cage che De Niro almeno, prima della disfatta totale, si son fatti due passerone incredibili, la Shue e la Stone dei tempi d’oro, appunto.

Butta via.

Come dice il grande Clint Eastwood di Million Dollar Baby, il novanta per cento non arriverà mai lì, se le sogna… anzi, molti sognano oramai soltanto di arrivare a fine mese.

Non dice proprio testualmente così, ma avete capito.

E ho detto tutto.

Come sostiene il detto proverbiale: ogni lasciata è persa.

Ma è persa davvero?

Sì, e ogni lisciata è una sola, no, solo una furba leccata da paraculi.

 

In fede,

il Genius-Pop,

uno che da questa società non si aspetta molte sorprese

ma ci crede.

Come no.

Invero, neanche un po’.

 

di Stefano Falotico

TOP TEN Robert De Niro


04 Nov

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L’altro giorno, amici, ho stilato una sorta di campionario del De Niro peggiore. Una carriera artistica non è un campionato e non sempre s’imbeccano capolavori, recitativi e non.

Diciamo che De Niro, prima del crollo degli anni duemila, abbastanza inspiegabile, ma forse voleva far soldi… di film ne aveva sbagliati assai pochi. E anche in film minori come Innamorarsi, L’assoluzione e Lettere d’amore, aveva sempre dimostrato una classe ragguardevole. Una caratura notevole.

Ora, di solito, in queste classifiche, si parte dalla decima posizione per arrivare al primato. Invece, essendo io uno scombiccherato, partirò dal primissimo posto per arrivare all’ultimo.

La migliore interpretazione di De Niro in assoluto è quella ovviamente di Travis Bickle in Taxi Driver. Un uomo del sottosuolo che vive un’inquietudine esistenziale da vampiro solitario. Un uomo incarnato nella sua estraniazione. Qui è luciferino, enigmatico, sofferente al massimo, febbricitante, magrissimo, nervoso, pazzo al punto giusto.

Quindi Toro scatenato. Fosse solo per il tour de force fisico. Lancinante, scarnificante, mostruoso.

Al terzo posto, sempre sul podio, il suo Sam Rothstein di Casinò. Inquietante, perfetto in ogni mimica facciale, un uomo che pensa di aver capito tutto e invece si lascia fregare come un pollo fritto al limone della rosticceria cinese sotto casa mia.

Magnetico, impressionante, titanico.

Dunque, Don Vito Corleone del Marlon Brando ringiovanito. Prima impaurito dal mondo, schivo, taciturno, ombroso. Quindi asceso a capo mafia con un’imprendibile cattiveria allucinante. Una metamorfosi repentina sostenuta dal suo sguardo di ghiaccio e dai suoi zigomi tirati a lucido.

Poi, Noodles di C’era una volta in America. Ora, attenzione, un attimo. Le riprese del capolavoro leoniano dicono che siano durate due anni. Non è vero, è una diceria, una leggenda metropolitana per mitizzare il film. Perché De Niro era reduce da Re per una notte dell’anno prima e lo stesso anno di C’era una volta in America, il 1984, uscì anche, appunto, con Innamorarsi e l’anno successivo col cammeo di Brazil. E in questi due ultimi film mostra un look assai diverso dal suo Noodles. Quindi, come avrebbe potuto, se le riprese fossero durate due anni, farsi crescere i capelli per Innamorarsi?

È altresì vero (riguardate scena per scena il film) che il suo Noodles a volte sembra più grasso in viso e poi più smunto. Ciò significa che Leone ha girato molte scene a distanza di tempo l’una dall’altra. E forse De Niro, a Roma, deve averci dato dentro coi bucatini all’amatriciana.

Al sesto posto, e qui vi sorprenderò… il suo Mendoza di Mission. E non starò a dirvi perché.

Dopo di che, due ruoli da non protagonista, sì, ma ipnotici. Il suo Al Capone de Gli intoccabili e il suo splendido Louis Cyphre di Angel Heart.

E siamo arrivati a quota otto.

Cosa manca? Altra sorpresona. Ci metto il suo Sam di Ronin. Basta guardarlo nelle scene con Sean Bean per rendersi conto della sua grandezza.

Al decimo posto, Neil di Heat. Un lupo, un calcolatore, un temporeggiatore, a suo modo un romantico sempre “ronin”. Al servizio della sua filosofia machiavellica.

Vi stupirete delle mie scelte. Come? Non ho messo Il cacciatore, Risvegli e Cape Fear per i quali ha ricevuto la nomination all’Oscar?

Sì, avete capito benissimo. Grande ma non così straordinario. E in Cape Fear carica spesso troppo così come in Risvegli.

Nemmeno Quei bravi ragazzi. Il protagonista è Ray Liotta. La locandina originale è ingannevole perché Liotta non era pressoché nessuno all’epoca. O perlomeno poco conosciuto. Quindi la Warner Bros doveva mettere al centro del trio De Niro.

Lui è bravissimo, ma il leone è Liotta. E il suo Jimmy non è niente di così eccezionale. Ottimo, ma questo si sa…

Re per una notte meriterebbe un discorso a parte…

De Niro, chiariamoci, non sa recitare Shakespeare, non è un granché nei monologhi, e in Re per una notte l’ho trovato spiazzante. Perché alla fine si esibisce in un monologo, appunto, comico… inaspettato da uno come lui.

De Niro è un “terragno” della recitazione, non sa piangere molto bene (quando c’è una scena di pianto, si mette la mano davanti agli occhi per camuffare questo suo limite, vedi Stanno tutti bene, ad esempio, tranne in Mission), non è sofisticatissimo, è anche abbastanza lento e ha molti “tic”.

Se ve lo dico io, lo saprò, no?

Adesso, per piacere, datemi una matita. Devo dipingermi un neo. Già ce l’ho come Bob. Ma è sulla guancia opposta alla sua. L’avevate mai notato questo particolare? Sì, io sono l’altra faccia della sua medaglia.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico, cioè il sosia di Bob

Si nota che ero un “maniaco” di De Niro? 3 è il numero perfetto, non cinque come Igort


22 May

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Ebbene, a quanto pare stanno cominciando le riprese di 5 è il numero perfetto, con Toni Servillo nei panni del guappo Peppino Lo Cicero.

Ora, chi è il guappo? Letteralmente significa camorrista ma il termine viene utilizzato soprattutto per definire una persona di bassa estrazione sociale particolarmente stronzetta, volgarona, spavaldamente sfrontata. Sfacciata e disinibita.

Dunque Servillo è “perfect” per il ruolo. Questo napoletanaccio, ah ah, che è amante della mondanità romana, che ha sbertucciato Berlusconi con esiti discutibili, che ora è appunto protagonista di questo film che sarà diretto proprio dall’autore futurista del fumetto omonimo, Igor Tuveri, in arte Igort.

Forse verrà fuori una stronzata.

Ecco, andate a cercare nel net, troverete vari siti che scrissero che in tempi non sospetti si pensò anche a De Niro per questa parte, e si voleva Johnnie To alla regia. Non mento, andate a controllare su Google.

De Niro che, proprio in quel periodo, era associato anche a Frankie Machine da Winslow per Michael Mann.

Io dissi subito che De Niro “guappo” in un film italiota era impensabile poterlo avere, e ci voleva un produttore forte per fargli accettare il film. Mi diedero del coglione e, come sempre accade, i coglioni erano gli altri.

Igort, questo futurista, sì ma non quello del movimento artistico-politico fondato dal Manifesto di Marinetti, e neanche uno che ama il Cinema adrenalinico, romantico, “velocizzatore” di Mann, il creatore di Miami Vice.

Io su De Niro so tutto, conosco anche le rughe che ha sul basso ventre. E quante volte va in bagno nell’arco delle 24h.

Si nota che, soprattutto nel 1995, ero “impazzito”… per lui? Sì, una copia da vedere e rivedere, una nel caso si rompesse la VHS, che si sa è ed era facile all’usura, una per il detto non c’è due senza tre.

E ai due lati il Frankenstein di Branagh e lo Sleepers di Levinson.

Ho detto tutto…

Se volete, vi vendo le due copie “cadauna” all’asta. Prezzo stabilito: 100 Euro. Così, con quei soldi mi compro dieci Blu-ray. Ah ah.

Eh sì, ci sono i guappi che spendono i soldi in cocaina e zoccole e ci sono i falotici che li spendono “a puttane”… Per il puro piacere della visione. Ma quale visone, signora! Da me non avrà nessuna pelliccia, io vendo cara la mia pellaccia. Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Attrici bollite: Sharon Stone


09 May

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Ebbene, sto offrendo una panoramica, spero divertente, corrosiva, irriverente e un pizzico sadica, invero lucidissima e profondamente obiettiva, sugli attori che considero oramai al capolinea o che forse saranno salvati in extremis, per il rotto della cuffia, come si suol dire, da qualche grande cineasta particolarmente magnanimo che offrirà loro il ruolo della perpetua salvazione per redimerli da una carriera finita “in prescrizione”, o nella dannata, più sconcia perdizione.

Oggi però voglio parlarvi non di un maschio, bensì di una delle esponenti più egregie, si fa per dire, del gentil sesso hollywoodiano, la mitica, imbattibile, sempiterna e benemerita Sharon Stone. Colei che, a mio avviso incarna ineludibilmente uno dei più ignoti, inconcepibili misteri dell’umanità. Sì, perché Sharon Stone, a distanza di quasi trent’anni dalla pellicola che ne ha decretato il suo fenomeno e l’ha resa popolare in tutto il mondo, ovvero Basic Instinct, a eccezion fatta del capolavoro Casinò di Martin Scorsese e del bizzarro e interessante Pronti a morire di Sam Raimi, possiamo asserirlo platealmente, senz’ombra alcuna di dubbio, deve la sua celebrità al semplice fatto di essere celeberrima per ragioni che a me sfuggono. Come sfuggirebbero a chiunque dotato di senno. Bastano tre quattro film per elevarla intramontabilmente a star planetaria?

Sì, la signorina Sharon Stone, nata in Pennsylvania il 10 Marzo del 1958, esordisce con Woody Allen in uno dei suoi film meno riusciti, Stardust Memories, ma nessuno si accorge di lei perché nel film è soltanto una mezza comparsata del tutto superflua e accessoria.

Al che gira filmacci che siamo sicuri che esistano solo perché vengono contemplati da IMDb o su qualche vademecum delle filmografie attoriali, roba indegna e terrificante come Allan Quatermain e le miniere di re Salomone (il regista John Lee Thompson qui era ai minimi storici), Gli avventurieri della città perdutaScuola di polizia 4Ossessione d’amore, e gli sfacciati b movie Action Jackson con Carl Weathers (sì, Apollo Creed) e Nico con Steven Seagal!

Al che la sua bellezza viene notata e le danno spazio maggiore Paul Verhoeven con Atto di forza e John Frankenheimer col suo film più brutto di sempre, L’anno del terrore. Nel mezzo ci sta un’altra schifezza, Scissors – Forbici.

Al che sempre Paul Verhoeven, dopo aver offerto la parte da protagonista a Julia Roberts, Geena Davis, Kim Basinger e Meg Ryan, e ottenendo puntualmente i loro no secchi, non sa più a chi rivolgersi, e allora sceglie ancora, memore di Total Recall, Sharon Stone, per il suo epocale, “scandaloso” Basic Instinct. La Stone, della quale si vocifera che all’epoca avesse una tresca segreta proprio con Verhoeven, accetta senza batter ciglio. È un ruolo rischioso, deve spogliarsi con generosità (anche se in molte scene “hard” userà la controfigura), non aver paura di niente, deve gettarsi a capofitto in questo thrillerino erotico sopravvalutato, concedendo le sue grazie voluttuose all’impertinente e pruriginosa macchina da presa, e girerà sfrontata e disinibita la famosa scena dell’interrogatorio senza mutandine… Al che, scoppia la Sharon mania. Gli uomini vanno matti per questa donna, il film diventa a sorpresa un campione d’incasso stratosferico per gli standard dell’epoca, considerando il budget relativamente basso, e la Stone trionfa sulle copertine più platinate dell’intero globo.

Sì, a lei è bastato maliziosamente accavallare le gambe per diventare una diva e un sex symbol indiscusso.

Al che, anche se in maniera decisamente più pudica, si spoglierà ancora per l’ignobile Sliver di Philip Noyce e per il filmetto Lo specialista con Sylvester Stallone. Ma, come detto, Raimi e soprattutto Scorsese vengono folgorarti da costei e dalla sua magnetica bellezza, e fanno carte false per averla. Scorsese le dà un ruolo magnifico nel suo altrettanto indimenticabile Casinò e la Stone sfiora l’Oscar.

E poi? Il buio, o quasi. Tantissimi film, due nomination ai Golden Globe regalate per Basta guardare il cielo e La dea del successo, lei che imperterrita continua ad andare al Festival di Cannes pur non avendo nessun film in Concorso e nemmeno nelle sezioni collaterali, giusto per farsi fotografare, per puro sfoggio esibizionistico, per spicciola mondanità futile e triste, e macina innumerevoli pellicole che, ripeto, veniamo a conoscenza che “sussistano” perché menzionate nei dizionari.

Insomma, un’attrice con all’attivo 140 film circa interpretati, tra fiction, camei o soltanto lei che fa da voce narrante o presta le sue corde vocali a qualche personaggio animato.

Ha avuto un ictus, e sinceramente ce ne dispiacciamo. Ma dobbiamo davvero crederle quando sostiene che prossimamente tornerà da regina incontrastata? Uscirà con un film di Scorsese misteriosissimo, ma non sappiamo se è un documentario, una retrospettiva, uno strano esperimento o qualcosa del genere, e giura che sarà protagonista di The New Pope del nostro Paolo Sorrentino.

Intanto sul suo profilo Instagram continua sciattamente a immortalarsi in lingerie assieme ai suoi cani barboncini o dalla parrucchiera con arruffata mèche.

Contenta lei…

In fondo, vecchia gallina fa buon brodo.

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di Stefano Falotico

 

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