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L’amore vince su tutto: se Fedez forse non tradirà mai la Ferragni, il grande ROCKY BALBOA visse per Adriana e non la tradì neanche da morta, ci avevate mai pensato?


05 Oct

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Alla Bacinotti, detta La Baci, preferisco la bici? Non credo.

Al bacio al cioccolato, comunque, preferisco il pistacchio.

Sceriffo Teasle: – E vorrebbe dirmi che duecento uomini contro il suo Marine sono nella posizione di non poter vincere?

Trautman: – Se ci manda tanti uomini non dimentichi una cosa.

Sceriffo Teasle: – Che cosa?

Trautman: – Una buona scorta di barelle.

Per quanto tempo, su R 101, Silvia Notargiacomo e Francesca Bacinotti leggeranno il gobbo gossiparo per illustrarci della storia d’amore (?) tra Fedez e la Ferragni?

Di mio, ho sempre considerato Ryan O’Neal un grande e Love Story un bel film, a differenza di Ghost.

Guardando invece Al Pacino in Bobby Deerfield, debbo ammetterlo, credetti di essere omosessuale come Gabriel Garko. Perché Al, in questo film, è più figo che in Crusing. Ah ah.

Anni fa, da Bruno Vespa, Vittorio Sgarbi litigò furiosamente con Garko. Invece, Elenoire Casalegno forse litigò con Matt Dillon di In & Out? Ah ah. Be’, se avesse litigato con quello de La casa di Jack, avrebbe potuto anche non bisticciarvi, diciamo. Tanto lui l’avrebbe ammazzata ugualmente. Se invece la Casalegno avesse incontrato il Dillon di Fort Washington, non si sarebbe arresa dinanzi alla schizofrenia di Matt e l’avrebbe lo stesso amato come Jennifer Connelly nei riguardi di Russell Crowe di A Beautiful Mind. Cioè, alla follia. Ah ah. Se la Casalegno avesse incontrato il Dillon di Singles, l’avrebbe lasciato dopo tre giorni e si sarebbe chiusa, non solo in casa, depressa a morte, riascoltando tutta la peggiore, dunque migliore musica grunge malinconica per ritrovare i(l) Nirvana. Invece, se avesse incontrato il Matt di Rusty il selvaggio, credo che sarebbe andata con suo fratello, cioè Mickey Rourke. Voi dite di no? Non diciamoci stronzate. Se la Ferragni avesse incontrato il Rourke dei primi anni ottanta, avrebbe lasciato Fedez dopo tre secondi netti. Peraltro, Rourke non stava messo male a soldi.

La Notargiacomo e la Bacinotti sono due donne molto sexy, la seconda però, anziché avere una voce calda e dunque radiofonica, come si suol dire, appena apre bocca, mette solo voglia di amare Piccolo Buddha di Bertolucci. Poi, se la vedi su Instagram, senza che lei minimamente fiati, è mozzafiato. Sì, ottime gambe, seno esplosivo, una bionda da leccarsi i baffi.

Ecco, dopo queste gustose freddure in puro stile Falotico, ne aggiungiamo un’altra. A 13 anni, dopo la licenza media, rimasi innamorato d’una delle mie ex compagne di classe delle medie. Lei s’iscrisse all’istituto per geometri, il Pacinotti di Bologna. Io, invece, dopo mille delusioni, amai da morire Al Pacino di Serpico.

Cavolo, ne so una più de L’avvocato del diavolo. Ah ah.

So farvi sempre ridere ed essere autoironico sulle mie sfighe. Sulle mie fi… e, sono molto serio. Ecco, cerchiamo di fallo, no, difatti… di mantenere un atteggiamento da duro… non lasciamoci intenerire da troppi ricordi da rompiballe. Ah ah. Credo di credere all’amore nonostante le inculate bestiali ricevute. E dire che non sono gay passivo. Ah ah. Neanche attivo. Tant’è che, qualche anno fa, vollero affidarmi all’assistenza sociale. Per fottermi di più? Ah ah. Sì, ci sono cosiddetti tutoralias educatori, che tradiscono le mogli con le ragazzine malate di mente da loro prese in cura, forse sotto gamba. Eh già, codeste ragazze, apparentemente sprovvedute, sputtanano tali pedagoghi della mutua e li fanno impazzire. Ah ah. Sì, infatti costoro sono sempre affiancati da uno psichiatra. Ah ah.

Sono uno dei pochi uomini che ama Pier Paolo Pasolini ma solo dal punto di vista del lato artistico e non del lato b, a differenza di Ninetto Davoli. Willem Dafoe interpretò Pier Paolo per Abel Ferrara. Massimo Ranieri invece per David Grieco. Scusate ma il Ranieri de La patata bollente non piaceva evidentemente ad Edwige Fenech ma forse sarebbe piaciuto a Giacomo Leopardi. Sì, diciamocela, la celeberrima Silvia di Leopardi fu usata a mo’ di copertura alla pari di Eva Grimaldi e Manuela Arcuri con Garko. Basta, fermatemi! Ah ah.

Uh uh, che diavolaccio che sono. Il mondo è pieno di maligni, non esiste solo il Maligno. E io ho un diavolo per capello. Ah ah. Molti anni fa, mi piacque molto Luisa Ranieri, poi compresi che era, fu, è e sarà un’attrice solo del cazzo. Ah ah. Luisa s’innamorò di Luca Zingaretti dopo averlo ammirato ne Il commissario Montalbano. Se l’avesse visto in Vite strozzate e ne Il branco, avrebbe cantato con Adriano Pappalardo di Ricominciamo. Ah ah. E Luca, consapevole di essere stato uno stronzo, avrebbe urlato a squarciagola con questa.

Credo di essere stato sempre molto più avanti rispetto ai miei coetanei. Ai tempi delle medie, infatti, mentre quelle della mia età adoravano Claudio Baglioni, io amavo questa canzone:

Nel ‘92, il Festival di Sanremo fu vinto da Valerio Mastandrea de La prima cosa bella. Cioè Luca Barbarossa, ah ah. Non so, comunque, se Paolo Virzì dedichi alla sua Micaela una canzone di Eros Ramazzotti oppure questa:

Comunque, Sylvester Stallone di Rambo è ascetico. Mentre quello della saga di Rocky è forse l’uomo più romantico di sempre. Non tradisce mai Adriana. Nemmeno da morta. Rocky non è soltanto una storia di sconfitta e redenzione commovente over the top. È la storia di un “fallito”. È la storia di un uomo, la storia di un uomo… come Il grande Lebowski. È la storia di un uomo che accetta ogni provocazione e colpo basso. Ma è una grande storia d’amore soprattutto, ripeto.

Ora, molti mi chiedono come abbia fatto a essere piaciuto e a piacere alla mia lei.

Risposta: – L’ho vista e le ho detto che volevo baciarla. Non solo baciarla, direi che mi sono spinto oltre…

– Eh, chi sei? Alain Delon?

– Alain Delon ha più di ottant’anni.

– Ma va’, va’. Chi sei? Una viene con te perché sei, saresti più bello mentre gli altri devono farsi il culo per essere amati?

– Significa che non amano, sono dei leccaculo.

Comunque, appoggiato dalla mia lei, sto terminando Bologna insanguinata. Libro di circa 300 pagine che disaminerà amori, imbrogli, reati, ipocrisie, delitti efferati avvenuti nel capoluogo emiliano che mi diede i natali. Un excursus mai visto, soprattutto letto, su Bologna e dintorni. Dall’Uno Bianca di Castelmaggiore a Villa Clara, da Marco Dimitri alla strage della Stazione Centrale, da Andrea Roncato a Pupi Avati, dalle scuole Guido Reni alle Salvo D’Acquisto, dai licei Galvani e Minghetti al Sabin e al Copernico, dal Righi a una che amò i Righeira ma non andò mai in riviera, dai suicidi indotti dal bullismo alle persone rinate grazie al loro devastante e ribaltante colpo inaspettato da gancio sinistro micidiale e geniale alla Balboa.

Nel frattempo, D. Stanzione, critico di Best Movie e mio amico, mi ha promesso che stasera mi manderà, in allegato PDF, su Messenger, la prefazione da lui curata del mio prossimo libro pubblicato dalla Kimerik Edizioni. Fenomeni e campioni, chi sono io? Nessuno. Sono uno che, per colpa d’imbecilli, si beccò una diagnosi totalmente sbagliata. Nessuno al mondo resiste a una mostruosità del genere. Nessuno tranne John Rambo.

Cari idioti, ora vi do una Bacinotti e un bacino. Siete felici o volete un altro mio (s)gradito regalino? E quella Notargiacomo la dovrebbe finire di parlare in radio solo di lasagne. Avrebbe bisogno di una besciamella e so io di cosa. Densa e granulosa. Dolce e cremosa. Oserei dire, voluttuosa e associata a qualcosa di grosso, diciamo, molto voluminoso.

 

di Stefano Falotico

francesca bacinotti

silvia notargiacomo

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Con l’impresentabile Dumbo, la carriera di Tim Burton può dichiararsi finita? E la magia del Cinema esiste ancora?


27 Mar

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Ecco, premetto questo. Il film non l’ho ancora visto e credo che in sala non lo vedrò.

Perché dovrei recarmi in una multisala e verrei attorniato da una massa tanto festosa quanto insopportabile di bambini pestiferi e chiassosi. I bambini sono la nostra salvezza ma non è propriamente bellissimo, eh eh, assistere al film di un maestro, quale Tim Burton comunque insindacabilmente è, e venir distratti da incontenibili entusiasmi molto, anzi troppo, fanciulleschi.

Detto ciò, mi attengo, almeno per il momento, a quelle che son state le reazioni della stampa italiana nei confronti, appunto, di Dumbo. Che in maniera quasi del tutto unanime e impietosa ha dovuto ammettere che, malgrado la forte simpatia che noi tutti abbiamo sempre riserbato nei riguardi di Tim, cantore favolistico dei diversi, delle vite difficili ed emarginate, sublimatore fantastico di ogni durezza della vita attraverso le sue nere fiabe poetiche, stavolta ha decisamente toppato. E forse la sua carriera s’è stoppata.

Perlomeno, davvero inceppata.

Invero, la Critica americana gli è stata più benevolente ma, si sa, noi italiani siam retorici a parole, demagoghi in trincea ma anche realisticamente, inevitabilmente più cinici. Sì, paradossalmente, questo già bistrattato Dumbo aveva tutti i crismi di un possibile capolavoro burtoniano. La storia dell’elefantino volante, vessato da tutti, che si dimostra prodigiosamente straordinario, lasciando anche i più stronzi e dal cuore di pietra, come si suol dire, con un palmo di naso, ovvero di proboscide, eh eh.

Ma a quanto pare, almeno leggendo le critiche, qualcosa non ha funzionato. Anzi, non ha funzionato nulla. I personaggi sono stereotipati, Colin Farrell che c’entra? E Michael Keaton, per quanto possa sforzarsi, a pelle non è credibile nei panni del cattivone. E soprattutto questo live action è stato accusato di mancare di poesia. Dobbiamo essere crudelmente schietti. Tim Burton non azzecca un film da una quindicina d’anni e passa. Ma è proprio così? In realtà, il Cinema di Tim Burton è sempre stato questo. Poetico, sì, ma anche molto stilizzato. In un certo senso, persino freddo. E sempre più mi stupisco che in Singles lo si abbia paragonato a Scorsese. In verità, Scorsese è quanto di più agli antipodi rispetto a Burton. Anche se Hugo Cabret, sì, qui lo dico, già lo dissi, è il miglior Scorsese degli ultimi vent’anni. Pensate che bestemmi? No.

Non fatemi più vedere, ad esempio, quella boiata stupida di The Wolf of Wall Street. Oltre a essere un film indubbiamente poco poetico, qui manca propria la poetica, signor Martin. Non v’è morale, non v’è nulla a parte le zinne di Margot Robbie e qualche scena finto-scabrosa che potrà aver entusiasmato e scioccato qualche sempliciotto in vena di scandali ma a me non ha fatto né caldo né freddo. Un film orribile! Diciamocela. Mentre Shutter Island è un film mediocre. A essere proprio sinceri, nei contemporanei tempi del cinismo a buon mercato di Black Mirror, la magia del Cinema, forse un po’ di tutto, s’è persa.

E noi non siamo più quei bambini attorno al falò di John Houseman dello splendido Fog di John Carpenter. Le storie fantastiche, le storie sui fantasmi, le storie tenebrose non ci spaventano né emozionano più. Quindi, non è vero che Tim Burton è finito e che il Cinema stesso sia agli sgoccioli. È la nostra umanità che è deperita, incancrenita, abbruttita. Siamo una società senz’anima ed è tutto un altro discorso. Se dite che questo è moralismo spicciolo, non è così, se volete dire invece che è purtroppo la verità, ahinoi, è così. La gente non crede più ai sogni perché tanto si è accorta che si era fatta soltanto un film inutile e pretenzioso. E la smettesse quindi Ligabue con le sue Luci d’America.

 

Le stelle sull’Africa 

Si accende lo spettacolo 

Le luci che ti scappano dall’anima

 

Ecco, a parte che Africa e anima è una rima baciata, no, assonanza dissonante da filastrocca per neonati, la dovrebbe finire Luciano di conciarsi come il gatto con gli stivali.

E smanacciare al vento nelle lande americane. Luciano, mi dia retta, torni nella sua Romagna e si pappi una piadina o un panino con la mortadella.

Lei, molti anni fa, era anche bravo. Va ammesso. Metteva pepe. Adesso è più sciupato in viso di Tim Burton e potrebbe fare concorrenza a Tim Roth de Il pianeta delle scimmie.

Sì, non me ne voglia, si scherza, lei ha perso da parecchio la testa come Chris Walken de Il mistero di Sleepy Hollow.

E, se continuerà su questa strada, farà la fine di Ed Wood versione “rock”. Sì, prenderemo i suoi ultimi album e li faremo a fettine come Edward mani di forbice. Una bella “tosatura”. Potatura!

Sì, la sua musica si è involuta paurosamente. È passato dai romanticismi schietti e ruvidi da Beetlejuice – Spiritello porcello, con tutti i doppi sensi che infilava da marpione qua e là, a romanticherie più buoniste de La fabbrica di cioccolato.

Insomma, lei si sta trasformando in un fenomeno da baraccone, mio briccone. E, ora che è diventato un riccone, fa proprio il ca… e.

Tanto non ci credi manco tu, Luciano, col tuo lifting da Alfonso Signorini.

Tu eri uno del popolo, un po’ sconcio e sbracato, onesto e simpaticamente sguaiato, perché mai ti sei dato al patinato più scontato?

Questo è grave, molto preoccupante. Sì, ci vuole un chirurgo plastico per rifar daccapo questa società di plastica. Questa società di svastiche e vacche. Ci vuole la poesia di un elephant man.

Un Falotico lynchiano che linci, trinci, no, tranci con occhi da lince come Travis Bickle questo mondo andato oramai… e sapete dove. Sì, un mondo che va stroncato subito. Prima che possa arrivare al primo posto del box office di ogni altra puttanata.

Che gigione che sono, ah ah, un po’ Topo Gigio, qualche volta uomo grigio, spesso uno che non transige in quanto della morale ligio. E volteggio nell’aria, ballando di naso lungo alla Pinocchio anche se le sventole mi tirano le orecchie. Solo quelle…

Insomma, mi sa che Luciano ce lo siamo giocati.

Tim Burton è quasi del tutto andato.

Rimane solo un uomo favolista.

Ed è anche favoloso.

Un uomo che va sempre più su, anche se spesso, va detto, questa società di pachidermi lo vuole mettere in gabbia.

 

 

di Stefano Falotico

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