Posts Tagged ‘Lynch’

Il Genius, il ritorno, meglio di Twin Peaks 3, e buon Natale a tutti


22 Dec

42-1torino cristallo

Il cuore rivelatore, che fantastica storia è la vita!

.

Il cuore rivelatore, che fantastica storia è la vita!

E tutti che pensavano assurdità sul mio conto. Lotte, invidie, mormorii, pettegolezzi.

Ma, restaurato, rinnovato, rincuorato, mi è giunto a casa il libro col mio racconto Un angelico miracolo.

E, fra un colpo di genio e l’altro, una colazione con molta panna e molto zucchero, sono io che risolvo i problemi, vero Mr. Wolf, rinato a suadente decadenza.

E se il grande Dario Argento filmò a Torino, no, a Roma, L’uccello dalle piume di cristallo, perché io non posso recarmi in questo capoluogo piemontese come il mitico Lino Banfi di Al bar dello sport e ammirare, dall’alto della mia Mole Antonelliana, tutto il panorama di questa vita strana?

Habemus Papam! Evviva le romane e anche le spagnole!

Come un gargoyle a Notre-Dame, osservo la miseria degli stolti e ballo assieme a Edgar Allan Poe la magnificenza della mia spettacolare giovinezza mia perduta o forse giammai vinta.

Tutti pensavano che fossi un martire e invece sono spaziale artista da Montmartre.

È ancora presto per ascoltare il rumore del mare, son riemerso come una marea di Mont Saint-Michel perché vado matto per quella figona di Pfeiffer Michelle. O meglio, ora Michelle è un po’ andata ma in giro ci son altre bionde che aspettano soltanto che io nei loro buchini le strapazzi come una buona frittata.

Molti pensavano che scherzassi quando mi autodefinii il Genius. E mi pigliarono per malato di mente.

Invece, io non sono né malato né inculato, resto un ragazzo con un ottimo c… o.

E d’ora in poi fatevi i vostri.

Un certo Lavstig su Facebook mi ha detto che son penoso. Dopo tre minuti, l’hanno ricoverato in manicomio perché gli son arrivate tre frecciatine che l’hanno fatto capitombolare di colpo.

Un altro, un tale Frattini, mi ha dato l’appellativo di poveraccio. Sì, questo pensionato avrà da me solo un rutto in faccia e una scoreggina distillata con enorme aplomb, silenziosa, scricchiolante nello sfintere a lui inchiappettante.

 

 

di Stefano Falotico

Le riprese del Joker con Phoenix sono terminate: ecco l’ultima foto dal set di effetto blu notte


04 Dec

47368706_10212596173522157_7580277970728648704_n

Sì, le riprese di Joker sono finite così come sono finite, per fortuna, molte delle vostre vite. Finalmente, dopo un’intera vostra esistenza passata a lamentarvi, avete compreso in un attimo di lucidità imbarazzante che siete giunti al capolinea.

Giunti che siete a tale conclusione, per un attimo pensaste di non suicidarvi. Semmai noleggiandovi un film scacciapensieri con un’ottima passerona che, per trenta secondi, sì, tanto non durate di più, vi ha rallegrato di una masturbazione lievissima. Tale che, in quel mezzo minuto da uomini minutissimi, credeste davvero che la vita è bella e la vostra condizione umana fosse migliorabile. No, è stato solo uno zampillo, un’esplosione… momentanea, un istante abbastanza breve di gioia e fazzoletto sporcato.

Invero, dopo esservi puliti in bagno, vi siete specchiati, ancor più consapevoli della vostra pochezza.

Al che, accendeste Facebook in cerca di quelle frasi consolatorie che vanno tanto di moda, del tipo: se pensi di essere stato sminuito, tirati su, tira fuori le palle, fottitene, è il momento di essere Mel Gibson di Braveheart.

Oppure, sì, nella vita hai subito batoste devastanti ma ricorda che a fine del prossimo anno uscirà nei cinema Rambo 5. No, non è ancora arrivato il tempo di morire. Venderemo cara la pelle e le palle.

O frasi da donnette del circolo del cucito: ricorda che lui tornerà da te perché solo tu sapevi farlo ridere e gli preparavi un buon risotto con le patate…

Sì, tutti sanno che Babbo Natale viene solo una volta all’anno. Cazzo, per gli altri 364 giorni, con l’eccezione del bisestile, manco si tira una sega. Roba che il Dalai Lama, in confronto, è un pervertito.

Sì, nella mia vita, fratelli e sorelle, ne ho viste tante… ragazzi che studiavano al Classico e resero ricco Valerio Massimo Manfredi. Perché erano convinti che sarebbero passati alla Storia.

Oggi, coscienti che non saranno mai Alessandro Magno, sono depressi e bulimici. Magnano come dei porci di Roma con tanto di macedonia!

Mezz’ora fa, son stato al bar. Sono entrati una nonna tanto simpatica e suo nipote di forse dodici anni.

E ho pensato: beati loro, questa ha già un piede nella fossa, il ragazzino invece ha ancora cinque sei anni per poter essere spensierato. Poi capirà che dovrà andare dal gastroenterologo.

Eh sì, il mio condominio è pieno di fegati amari.

Oggi, hanno recapitato a ogni singolo condomino le tasse appunto condominiali. È stato un delirio. Il signor Lucchi, uno dei miei vicini di casa, quello che nel mio video su Basic Instinct bussa contro il muro, chiedendomi di abbassare il “volume” della registrazione, ha avuto un mezzo infarto quando, aprendo la ricevuta, ha letto la cifra da pagare.

Ora, vi racconto questa. Sì, non sono un grande appassionato della Serie A. Ma non ho bisogno di essere abbonato a Sky per sapere quando il Bologna ha fatto goal. Se il sabato, in caso dell’anticipo, o la domenica il signor Lucchi urla come un dannato, significa che il Bologna sta vincendo. Se poi l’urlo diventa come quello di Tarzan, capisco che la partita è finita e il Bologna ha vinto.

Sì, sua figlia non stava messa molto meglio. Mi ricordo che, moltissimi anni fa, saranno state le tre di notte… ero lì che mi stavo dolcemente masturbando su Patricia Arquette di Strade perdute. Quando, al culmine della mia eccitazione, nella scena in cui Patriciona, di tette abnormi nel deserto, si mostra totalmente ignuda con tanto di effetto lynchiano, sono tremate le pareti. No, non fu il terremoto ma il peto ciclopico della figlia del Lucchi. Che, durante la dormita, l’aveva mollata di brutto.

Sì, non riuscii a reprimere l’eiaculazione galoppante e, per lo smottamento dovuto alla flatulenza frastornante, mi tagliai la cappella con l’unghia del pollice tutta spappolante. Ah, che orgasmo. Da film horror demenziale.

Nonostante il dolore tremendo, roba da Ben Stiller di Tutti pazzi per Mary, tutto tornò al suo posto. E il mio glande si riparò in un paio di giorni con tanto di pene alla penicillina.

Invece la figlia del Lucchi è passata dalle scoregge alle lavande gastriche. Eh sì, fa le seratine…

Insomma, la faccia di culo è questa: o l’accettate com’è o son cazzi vostri.

joker-addio-joaquin-phoenix_jpg_1003x0_crop_q85 47312588_10213352634156932_2270683114143481856_n

di Stefano Falotico

Top Nicolas Cage, le migliori interpretazioni del nostro Coppola


28 Oct

Nicolas+Cage+Los+Angeles+Special+Screening+mQ-Ul02fVtslwildatheart2-1600x900-c-default

Osoyoos, Canada - Unit stills for "the Humanity Bureau".; Weller Farm House Fight. Mindseye Pictures Directed by Rob King written by Dave Schultz D.O.P Mark Dobrescu

Osoyoos, Canada – Unit stills for “the Humanity Bureau”.;
Weller Farm House Fight.
Mindseye Pictures
Directed by Rob King
written by Dave Schultz
D.O.P Mark Dobrescu


Ora, sebbene io stesso ne abbia parlato soventemente male, dedicandogli anche un appuntamento speciale da Attore Bollito, perché è indubbio che la sua carriera, a parte l’improvviso exploit di Mandy, sia quasi terminata nella Hollywood importante, e ora Nic arranca in filmacci, girando come un ossesso dieci pellicole pedestri all’anno, roba da video amatoriali della prima comunione, devo sfatare un luogo comune, una brutta diceria sul suo conto.

So che di questo ragazzone nipote del Coppolone, nato a Long Beach, siete assai invidiosi perché probabilmente quell’Oscar, a soli trentatré anni, l’età della morte di Cristo, in Via da Las Vegas non è che fosse, diciamocelo, meritatissimo. Io avrei premiato Hopkins per Nixon.

E onestamente in tantissimi film il nostro Nicolino è davvero un cagnolone. Che recita battutine in overacting tanto per dar spettacolo da guitto e mantenerci di buon umore.

Ma, se vogliamo essere obiettivi, guardate che è un ottimo attore. No, non è una bestemmia. E non per la semplicistica ragione per la quale ha lavorato con registi come Lynch, Scorsese, Alan Parker, Ridley Scott, John Woo e compagnia bella… ché la lista non finirebbe più.

Ovviamente, il nepotismo di Francis Ford ha contribuito in maniera palesissima nel dargli una bella spinta.

Questo mi par fuor di dubbio. Ma la fama bisogna comunque conquistarla sul campo e dimostrare di meritarla. Alzandosi ogni mattina e presentandosi sul set. E in ciò Nic, stacanovista workaholic, è sempre stato impeccabile. Sin troppo lavoratore a cazzo duro che si è fatto il mazzo, sì.

Credo di aver visto quasi tutti i film con Nic Cage e debbo ammettere che sul finire degli anni novanta ha azzeccato delle performance davvero straordinarie. Quasi pacinesche. E mi riferisco a Omicidio in diretta, ove è perfetto nei panni del cafonissimo Santoro, al suo Castor “mi dà gusto mangiare la patata” Troy di Face/Off, perfino a 8mm di Schumacher, film oscenamente reazionario e pessimo ma in cui lui se la cava egregiamente. Anche a The Family Man, scempiaggine buonista di Brett Ratner nella quale, però, Nic è stato ancora una volta lodevole. Un James Stewart folle e ingenuamente imbranatissimo.

Tralasciando i suoi esordi con Coppola (e in Peggy Sue si è sposata comunque Nic recita molto bene e nel finale è davvero commovente), Nic ha una macchia indelebile nella sua carriera, Zandalee, sporcaccione softcore in cui si esibisce in una scena spintissima con Erika Anderson con tanto di capello lungo da Rob Zombie e cappella che s’intravede nell’amplesso focoso.

Dunque, a conti fatti, la mia top ten di Nic Cage è questa: Birdy, Stress da vampiro, Cuore selvaggio, Via da Las Vegas (nonostante tutto, e Oscar esagerato permettendo, è molto bravo, e poi che culo, in questo film ha succhiato le tette di quell’ex strafigona statuaria da infarto di Elisabeth Shue, roba che non capita tutti i giorni, amici), Con Air (filmetto di Simon West con un Cage più muscoloso di Stallone), Face/Off e Omicidio in diretta, appunto, pure Al di là della vita, Il genio della truffa e Joe. Ce ne sarebbero un altro paio ma non mi va di dirveli. Ah ah.

Oggi però Nic gira, come detto, film (sarebbero film?) come 2030 – Fuga per il futuro, un film che non ha nemmeno la pagina italiana di Wikipedia.

Ho detto tutto… E comunque il miglior film di Alex Proyas non è Segnali dal futuro ma Dark City. Altro che Il corvo.

Che c’entra? Non c’entra molto, ma mi andava di fare il Nic Cage imprevedibile di turno.

Nic Cage, signore e signori. Un pezzente, un mezzo-totale puttaniere (è stato pure con Jenna Jameson e la bagascia della figlia di Elvis), un uomo, un mito, uno stempiato tinto che sa indossare la sua giacca di pelle di serpente.

E cammina a testa alta fra una puttanata e l’altra.

 

 

di Stefano Falotico

Il mio intellettuale colorato di “nero”, anche De Niro fra notti in bianco e le “luci rosse” del mio decadente uomo a cui fan male i denti


20 Dec

25507889_10210245750123041_1652145781523192473_n

 

Ecco uno spicchio della mia folta biblioteca ove la mia mente può spaziare fra letture di Ellroy, cari amici che non credete al mio “antieroe”, e biografie deniriane, nel portrait di me che danza e bascula nella vita con far alle volte smargiasso da gigione imprendibile, altre da chiacchierone insopportabile, altre da (in)sospettabile man, da cui (i) men che non si dica(no), che passeggia cauto nella nube dei suoi pensieri, arrochendo la sua voce fra sigarette Chesterfield dall’aroma abbrustolente i polmoni su di giri e nightmare accesi della mia anima tormentata.

In questi libri rifulgo, fumandomela nello sfumar altero da intellettuale che vuol stare sulle sue e molto sta “lì” a chi non vuol guardare la mia, sua anima. In questa mia anima mi disamino e spesso la mia coscienza esamino, anche se alle volte con qualche donna vorrei “esaminarmi”. Piacevolmente “dissanguarmi”. Ah sì, venir nello “svenarmi”, ma lei mi offende e la mia dignità sventra. Solo angoscia, altro che cosce…

E nell’angosciar mio affatto vacuo scrivo poeticamente implacabile nello “squittio” dei giorni che si trastullano dondolanti a volte nell’apatia, altre volte nel dolore esistenziale che vorrebbe lasciar che ogni dubbio voli via. Eppur mi “violo”, esplorando parti intime della mia violacea anima romantica che crede, nonostante tante disillusioni, che Ronin di Frankenheimer sia un gran film, e che De Niro sia enorme quando gira dei noir.

Prendiamo Angel Heart, avercene di diavoli come quello… un vero giallo delle incognite in questa vita che a volte riserva sorprese. E ti costringe a indagare sui tuoi battiti cardiaci…

Prendiamo Heat, vero “calore” di un amore impossibile, di strade metropolitane dalle vie decumane ove i destini della coralità umana si “stagnano”, nei sogni si stagliano, s’intersecano, viaggiano nelle onde delle emozioni virili per poi squagliarsi in un finale al cardiopalma…

Ah, De Palma, il suo ellroyano Black Dahlia non andò bene, ma avercene di quelle Hilary Swank.

E De Niro fu un intoccabile Capone in quello che è un poliziesco di amici, di bastardi, di un grande Sean Connery, di Garcia che amano le loro origini italiche, di un Costner che ancora non ballava coi lupi…

Sì, spesso sono un lupo solitario e lo sa il mio “amico” Sean Penn… di Carlito’s Way. Quello ti mette nei guai peggio di Joe Pesci di Casinò…

Ma chi era Gordon Pym? E fresco e veloce come una piuma ecco che di nuovo son brillante come un puma. Eppur fuori girano tanti pullman. Si spera non siano come Bill di Strade Perdute…

 

di Stefano Falotico

In questa ruota delle meraviglie, ci sta stroncare Allen, e io respiro profumo di me


14 Dec

WA16_D09_0113.ARW

Giornate insonni oppure, “abbrustolite” da tanti pensieri alla rinfusa, nel guazzabuglio mio empatico, mi scopro ancora una volta apatico, e disdegno il nuovo film di Allen, concordando con Alò di Bad Taste che, senza mezzi termini, lo stronca platealmente. La Winslet sognava l’Oscar ma la Critica americana la “ingiuriò” e basta vedere le candidature ai Golden Globe e agli Screen Actors per rendersi conto che le sue sono speranze fatue come questa pellicola che molti italiani hanno già amato, perché guai a contestare il Maestro. L’Italia ha sempre sofferto di timori reverenziali e non sa oramai più discernere fra bello e brutto, fra compiuto e irrisolto, fra pasticciacci e opere che scambia per geniali svisceramenti di autori sopravvalutati. In questo “squittire” di opinionisti dell’ultima ora, in cui tutti si accapigliano per dire la loro, in quest’epoca di tuttologi del web, ecco che i pareri sono controversi, persino “convessi”, accentrati sui propri mal di pancia solipsistici, la gente si rende “concava” e, anchilosata da frustrazioni quotidiane, ecco che “smanaccia”, alza la voce nel chiasso isterico del volersi “elevare”. Chiunque, anche il fruttivendolo analfabeta, vuole esprimersi in materia di Cinema ed ecco che, dopo la visione “alleniana”, gocce di commozione lustrano i suoi occhi impolverati da una vita schiacciata, che mai mise a “frutto” il “coacervo” di sue idee insensate, e dissenna vagabondo e anche cogitabondo, abbracciando gli altri spettatori in un “ecumenismo” buonista che gioisce terribilmente della “levità” di questo film agro e amarognolo di Allen, che pare dirci che la vita è una merda ma dobbiamo apprezzarla nella “lietezza” dei piccoli istanti anche turbolenti, che dobbiamo giocoforza fustigarci, soffrire, urlare, dimenarci come pazzi per addivenire alla bellezza del mondo. Insomma, una poetica abbastanza deprimente che mal si sposa con la mia visione romanticamente cinica, freneticamente contemplativa del sapermi già vivo senza che qualcuno, con le sue prediche “artistiche”, mi voglia irretire a quella che potremmo definire una sofferenza del godimento, la catarsi dopo tanto mare in burrasca.

Al che, leggiadro, senza dare nell’occhio osservo le gambe di una donna al bar, sognando di essere la sua schiuma del cappuccino che, dolce e sinuosa, s’infila nel suo “interstizio labiale”, quella corpulenta materia appiccicaticcia e “densa”, penetrante nella sua lingua delicata e soffice nel mescersi alle nostre papille gustative al fiorir della sera rossa come la sua voglia incendiaria. Rosso/a di sera e bel tempo si spera. Un tempo di “ritmo” andante con moto, saltellante e sussultante, galoppante e “infervorante”, focosamente “liquidante”. Ah ah.

 

Al che, sempre stamane, chissà perché rileggo il mio libro Hollywood bianca e inevitabilmente capisco di essere un genio. Un po’ del cazzo ma avercene…

Un uomo avvoltolato dentro un camice di marmo, faglia bluastra che spacca la luce come il nevischio dentro la nebbia del mattino, quando le rondini volano alte ma il sonno dell’uomo sobrio non coglie il fruscio del vento. Un uomo venne nel mio sordido locale, aveva l’anima timorata di ap­parir fuori luogo, lui, uomo messianico delle conserve, uomo che compra i vetri che rinchiudono gialle sostanze liofilizzate, uomo che quando è notte va a dormire per essere in forma il giorno dopo, uomo che ascolta una canzone solo per il ritmo e poi riparte verso un ripostiglio buio in cui si alleva la polvere delle scarpe ferme, verso il lido decadente di un mare che ha perso il blu cobalto.

 

 

di Stefano Falotico

Della libera visione del Cinema e della vita


10 Nov

ulf01

Allibito, noto che qualcuno spia il mio profilo Facebook e si è risentito che abbia scritto che ognuno, anche da “profano”, in un mondo libero e democratico, deve poter parlare di Cinema anche se non ha il pezzo di carta che “attesti” la sua “conoscenza” in materia. Come se il Cinema lo volessimo poi ridurre a tristi manualetti “pedagogici” e “istruttivi” su un’Arte maestosa che è la pura espressione della poetica di mille e più sguardi, un’Arte suprema che non conosce regole e non può essere ascritta a questi squallidi “indici” di “cultura”. Ove la parola cultura puzza di retrogrado accademismo, di sapientona, cattedratica scuola d’infanti così affamati di celluloide tanto da poi voler giocare alle bieche classificazioni, alle etichettature più didattiche. Come se il sapere consistesse davvero nell’elenco pedissequo di nozioncine teoriche inutili che con la bellezza, il sacrificio della pratica hanno poco a che vedere. E, peraltro, mi fa specie questo idealismo volgarmente sognatore che poco si cimenta con la realtà, ove realtà fa rima col sudore e il sangue dell’errare, dello sbattere la testa, del vivo e diretto confronto. Davvero certa gente, ah, povera illusa, crede che una laureetta al Dams possa dar loro l’accesso alla grandezza del Cinema, alle sue più pure, viscerali, eterogenee emozioni? Non è che, invece, come purtroppo accade in molti casi, coincide soltanto con una “gamma” informativa atta soltanto a istituzionalizzare il patrimonio sconfinato della cultura? Cultura non è una parola da vocabolario. Il vocabolario c’insegna straccamente che significa semplicemente “patrimonio” intellettuale, erudizione, che sa di vetusto e poco d’avanguardia, anche se poi annovera la “voce” esperienze spirituali. Ecco, è nell’anima della cultura che la cultura stessa si esprime, nella varietà della creazione, nel pindarico specchio immaginativo della fantasia più poetica, qualità superiori che non certo si apprendono da libretti noiosi e soporiferi. Ma io parlo al vento. Il Cinema l’ho amato nelle mie solitudini, quando diventava flusso cangevole e immensamente variegato delle emozioni fatte metafisica, quando i deliri in me regnavano sovrani e apprezzavo, così come ancor oggi eleggo in gloria, gente come Lynch che scardina(va) appunto le false regole di quest’Arte sinergica, lisergica e giammai scolasticamente letargica, per infondere cuore selvaggio alla natura affascinante del mio io imbizzarrito. Le strade perdute dell’infinitezza impalpabile, dello splendidamente seducente e ammaliante, trascendente e coloratamente onirico che si faceva cupezza, poi alata malinconia, quindi euforica vetustà. E il mio sguardo s’incendiava in questo lago di sogni però aderenti all’intima realtà che deflorava, “violentava”, esplorava. Oggi, invece, siamo ammorbati da gente che parla di Cinema come se fosse una fredda scienza, che gioca di voti e pagelle, che appiattisce il gusto nell’omologazione “culturale” che tanto mi spaventa.

La stessa gente che fraintende il senso della vita e dà alla vita un senso distorto, fatto di gerarchie, ove le persone sono numerini, in cui enumera il suo “sapere” attraverso sciocche, false credenziali.

Poi, tutti “sognano” e si divertono. Non si capisce cosa intendano per divertimento. Che per molti deficienti significa adeguarsi a un gruppo di stolti come loro, a un “credo” spesso ingenuamente giovanilistico, nell’accezione più patetica del termine, fatto di prese per il culo, sberleffi, provocazioni “imbevute” di chiacchiere da donnette e uscitelle nel pub a sfogar la noia di vite che, semmai, vanno al cinema e non capiscono un cazzo di quello che vedono, perché non sono senzienti del loro sincero inconscio, e si fuorviano e condizionano a vicenda in questo “termosifone” sempre mosciamente moderato, politicamente corretto, orrendamente “sano”.

La solita domanda che tutti mi fanno. Ma lei esattamente, con precisione, cosa vuole dalla vita? Se lo sapessi con “esattezza”, non continuerei a vivere.

di Stefano Falotico

Venezia 74. Il fascino e la vanità delle star, della mia “stella”


07 Sep

DI1RHIZXYAA0you

In questo Festival, abbiam visto sfilare bellezze e anche ignobili bruttezze, rimanendo imprigionati comunque dal loro fascino. Nella perdizione mesmerica di volti amici ma anche nemici, alcuni anemici. Sì, sangue colò nel film di Aronosfky e altre visioni furono meno sanguigne. Sanguinolento è Lynch coi suoi incubi pedissequi, insistiti, come una scopata fra Cooper e Diane interminabile sulle note di una ballad senza tempo, a ricordarci la carnalità metafisica delle nostre anime, sempre vivaddio, in avaria.

Io di fascino ne ho da vendere, tant’è che, quando vado in giro, per sbarcare il lunario lo vendo al miglior offerente, accontentandomi anche di 4 Euro pur di (ri)uscire, con quei miseri soldi, a comprare un caffè che, bollente, faccia ribollire la vanità perduta del mio cor(po) sussultante oggi in gioie e domani in tristezze. Molta gente, a proposito di miseria e miserabilità, vedendomi così (ri)dotto, mi apostrofa da lontano coi peggiori appellativi, che mi affibbia(no) in patenti esecrabili, frutto della loro ignoranza e irriconoscenza pusillanime. Mi diletto a burlarmi di questa gente, avvisando loro/essa che si è destinati alla decadenza e prima o poi ci s’impoverisce tutti. A me ha sempre dato noia e fastidio la “normalità”, questo macigno perentorio che l’oste della realtà, da ambasciatore senza pena, da chi non soffre le mor(t)ali pene, ti consegna in “dono” delle tue colpe e dei tuoi peccati, ricordandoti che anche tu sei obbligato ad “adattarti”, che termine… della notte… orribile, all’andazzo puttanesco collettivo.

Ah, i colletti bianchi… da quando nasciamo veniam afflitti dallo spettro mai elusivo della normalità. Cosicché tutti voglion (fin da) subito inquadrarti e sognano per te la vita “migliore”, quella che arrechi meno danni al prossimo, pia a una moralità di sconcia banalità, che non “deliri” e modestamente si attenga alle false competizioni, agli odi di massa, al pettegolezzo appunto vanesio, alle chiacchiere di una quotidianità verso la quale io, combattivo, mantengo un atteggiamento di purissima diffidenza, di (sos)petto e anche “peti” in fuori.

Rimango così, fra lo stordito, lo stolto e il mal(essere) mio tolto.

Sapendo bene che ho pene… da dare.

di Stefano Falotico

 

Ermetica battona, no battuta alla Woody Allen mischiato al caffè di Lynch


10 Sep

I lib(e)ri vanno letti integral-MENTE, non cassa integrati dalle commesse lette poi a letto.

 

Questa dicasi stronza(ta), ma è di classe.

La vita è come una zanzara, la schivi ma torna a (p)ungere.

Sono un esempio per le generazioni perdute. Sono un uomo talentuoso che sa fotter(si) in modo focoso. E ardimentoso non mi spacc(i)o per uomo ficcante, al massimo sono sempre al minimo e al minimo sono te.

wa15_d21_00031

del Falotico Stefano

David Lynch disse: “Le persone non cambiano, si rivelano”. In surrealtà, ha scoperto l’acqua calda, già Freud combinò danni, anni anali fa, con le sue discese regressive all’origine dell’ego…


19 Nov

… adesso pure darsi forza citando i suoi estratti nella condivisione “mondial-socialista-nazista-equilibrista” su Facebook, detto il bacillo dei bacini

Fra Lynch e Sigmund, scelgo moi, perché a me va

Sì, se Lynch girasse film che non gira dal 2006 anziché illuminarci con le sue sortite ritrite come il cucco del pescivendolo, non c’aizzerebbe a sospettare che soffra d’Alzheimer, perché pare che Laura Harring lo tormenti, “toccandolo” e turbandolo quando va in giro col trattore e pensa: “Il mio prossimo capolavoro, osannato dai critici, sarà Il bagnomaria della pentola a pressione del mio mouse. Immediato film da “cliccare” e da scaricare in streaming per un download del tonto il cui cervello, fritto da David, e-saltato in padella, schiamazzerà “entusiasta” un “Che cazzo voleva dire? Non so, m’ha fatto venir voglia di filmare la vicina di casa, la zoccola conclamata del palazzo, e addivenire alle ragioni erogene che l’han condotta a tutti quelli che, raggirandola d’astrusi dottori, eppur ci danno e lucidano la sua lindissima mente che partorisce, dalle sue grandi cosce, un eraserhead formato fantasma di Bob, l’elephant uccel’ che è nel velluto… viola. Poi, lavorare di montaggio per scremare i raccordi anulari non necessari”.

Lynch ne dice di stronzate, tanto tutti lo acclameranno anche se, mentre piscia, mescola la maionese per non farla impazzire coi suoi deliri.
Grideranno: “Un’esegesi dell’arte visiva, ombelicale alla dinamica pensante del genio pisciante!”.

Le mie non sono cagate. Miei scoreggioni, io so quando buttar fuori. Infatti, il mio secondo nome è “Furbetto”, l’Uomo che abbatte i furetti, smerdandoli.

Sì, non è che mi fa la fine di Freud, il nostro Lynch?
Uno che, analizzando, non ha beccato una sola annata e, suonato, neppure il suo ano. Tanto che cagò inutilmente delle teorie che poi non riuscì ad “evacuare” in “una” da “infilare”.
Che Freud fosse impotente lo sanno pure i muri.
Il muro, infatti, ascolta. Per questo si dice, quando uno urla: “Non far tremar i muri”.

Perché?
Perché potrebbero rivelarsi per quello che sono.
Cioè fracassarti il cranio in modo “parete acustica”.

Le persone non cambiano, mulhollandlynch.com sì, evolve.

Sì, ho avuto un solo problema nella vita. Nacqui mille secoli più avanti dei miei contemporanei. Non capendomi, apparvi io “indietro”. Ho dimostrato che sono dei primitivi, e indiscutibilmente son poeta e romanziere che saltella loro attorno, come un pugile che li ha messi a tappeto senza neppure sfiorarli.
Che “fiorellini”, eh? Amico, ti porgo la margherita dell'”amore”, su cui strapperai tal dichiarazione amletica: “M’ama o non m’ama?”.
La risposta te la do io: “Tua mamma amò eccome tanti maiali, e tu sogni il domani invece che badare al sodo”.

Secondo me, la vita si divide in due: “quelli” che vogliono scopare e fanno di “tutto” per ottenere il vantaggio, e quelli che se ne fregano delle gambe. E te le spaccano.

Io appartengo alla terza. Me ne fotto.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. INLAND EMPIRE (2006)
  2. Freud. Passioni segrete (1962)
  3. Rocky IV (1985)
    Se io posso cambiare, se voi potete cambiare, tutto il Mondo può cambiare (?).
    No, il Mondo non cambierà. I ricchi andranno sempre con le puttane e inventeranno un altro comunismo per combattere l’edonismo reaganiano.

    E io rimango un genio che, platealmente, con la folla plaudente, v’incula.

    Sono Ivan Drago?
    No, non credo ai draghi, a Rambo sì…

    L’ho detta tutta, mi son rivelato.

Genius-Pop

Just another WordPress site (il mio sito cinematograficamente geniale)