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THE IRISHMAN – The scene that everyone hates, ovvero quella dell’ortolano, la grocery (messin)scena, è invece un capolavoro di sofisticato pregio


08 Dec

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Sì, è un periodo di gagliarda mia rinomanza nel quale, in tali sabati miei ritornati in auge, in tali Saturday Night(s)Fever a volte scostumati, di me sfigato e macchiato caldamente dopo che, per tempo immemorabile, fui solo abbacchiato e obnubilato, no, non riesco a essere John Travolta con le sue danze acrobatiche, però entro nei locali giammai malfamati con ghigno da uomo affamato. Talvolta, solo affannato e affaticato poiché, lontano da essi, ho parcheggiato. Cosicché devo percorrere dieci chilometri a piedi, giungendo in loco a pecora. Cioè sfiancato. E devo stare pure attento che, dopo aver fatto serata, nel frattempo, la portiera della macchina qualche malintenzionato non abbia segnato. Sono sempre stato uno sfregiato. La farò franca. E se, invece di Franca, mi facessi una bevuta col Branca Menta? Sì, non sono da branco, sto al bancone e intanto guardo tutti i culoni. Ah ah.

Mai fu però un lupo solitario, bensì un solitario come Neil/De Niro di Heat. Conosco il calore delle donne come Ashley Judd ma, se rompono il cazzo, so esser loro Val Kilmer.

Questo Falotico, dapprima adombratosi, poi coperto di vergogna, quindi svergognatamente impudico a mostrarsi senza trucco, perciò come Joker, nudo e crudo nel suo decadentismo tendente al nero più cupo da uomo che perse qualche capello ma non il vizioso suo fare il volpino malvoluto, quest’uomo dalla bellezza angelica come Leo DiCaprio senza piedi caprini eppur carismaticamente diabolico come Mefistofele, cioè Lucifero. Vale a dire il diavolo di Angel Heart, che ve lo dico a fare? De Niro.

Quest’uomo che, in un’epoca remota, ai tempi delle scuole medie, fu ambito da tutte le ragazze più belle poiché possedette un fascino magnetico da Mickey Rourke dei tempi d’oro, più che altro dei poveri.

Quest’uomo che ogni suo talento, perfino pure la potenza ipnotica dei suoi occhi ero(t)ici, scialacquò in un’orribile, ignobile maniera da far spavento addirittura ai più zotici. Quest’uomo che divenne uno spaventapasseri e che si trascurò, oserei dire, sì, fu oscurato da ogni passerina che neppure di striscio lo cagò. Quest’uomo incapricciatosi, depressosi, immalinconitosi, impigritosi, apparentemente spentosi e riaccesosi con portento dopo tanti piagnistei, ipocondrie, lamenti e la sua misteriosa cameretta. Ove, ve lo posso dire, sono conservati molti porno merdosi più dei cessi di Cattelan.

Quest’uomo mai andato con una mignotta a cui gridarono… devi ancora mangiarne di pagnotte, sempliciotto.

Quest’uomo che poi affrontò il nonnismo prepotente di tale società di camerati violenti, quest’uomo schernito dal bullismo fetido dei burini più tremendi e malviventi, quest’uomo malvisto e perciò preso per il culo dal gentil sesso in modo oscenamente scandaloso a causa della loro incurabile deficienza. Ah, donne inculabili, sì sì.

Un uomo ingiuriato, crocifisso eppur giammai fottuto. Appunto…

Un osso duro eppur tenero di cuore, dolce come qualcosa che, lungamente, s’ingrossa di notte ove è buio, questo uomo profondo che se ne sprofonda e su un’altra bionda si fionda, scolandoselo, no, scolandosela tutta d’un fiato, ah ah, quest’uomo sfortunato ma mai domato, poco amato eppur corteggiato, quest’uomo che resistette, chissà ove sparì e stette, insistette e poi, dopo essere stato così sbattuto, ora si zittisce e quindi nuovamente s’ingrugnisce, incaponito e inculato, poltrisce, quest’uomo romantico eppur spesso antipatico, superbamente da tutti e tutte, soprattutto, divorato e squartato, aperto in due e “sfanculato”.

Ma egli se ne frega e volteggia alato in tal mondo oramai putrefatto poiché egli sa il Falò suo e dà nell’occhio, miei pinocchi, poiché è un uomo che guarda le gnocche, sgranocchiando un’altra patatina e si lecca i baffi come quando sei Fonzie(s).

Un uomo sfigurato ma grande come la più alta, figurativa Arte.

 

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN di MARTIN SCORSESE – Pubblicità non occulta da Professor Cornelius Occultis


29 Nov

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Be’, chi non conosce un bel paio di cosce ma soprattutto il professor Occultis, miei uomini oramai senza culo, no, volevo dire culto?

Occultis, uno dei protagonisti del mitico, oserei dire leggendario fumetto Il grande Blek.

Uomo colto ed erudito, però meno del sottoscritto Stefano Falotico, detto Genius-Pop, alias Joker Marino, intrepido avventuriere delle sue scorribande cinefile, uomo non ammanicato né affiliato alle mafie della piccola borghesia italiana, vive d’estasi mistiche e di purezza adamantina, dispensando perle di saggezza offerte anche ai porci affinché, di resipiscenza, si ravvedano dall’averlo visto assai male.

Durante l’adolescenza, da sé stesso poco amata, il Joker Marino visse sprofondato nelle tenebre, colorandole di visioni pindariche, ammaliandosi nel Cinema più splendido e roboante, oserei dire, sì, tonitruante.

Immersosi nella sua passione viscerale senza pari, il Joker divenne amante sesquipedale di Scorsese, adorando ovviamente il suo pupillo per antonomasia, ovvero Bob De Niro.

Tanto da dedicare a entrambi due saggi monografici celestiali, Martin Scorsese – La strada dei sogni e Robert De Niro, l’intoccabile, in vendita nei vari formati cartaceo e digitale sulle maggiori catene librarie online, scritti con acume, dovizia di particolari, pieni di aneddoti interessanti e scevri d’ogni tronfia, trombonesca prosa cattedratica o noiosamente accademica.

Sarebbero adesso da aggiornare, aggiungendo alle loro rispettive filmografie, per l’appunto, The Irishman e quant’altro.

Il Genius-Pop volteggia sulle teste dei miserabili, alla realtà si riagganciò con grinta enormemente ammirabile, lodevole e grandiosamente, ancora una volta, carismaticamente invincibile. Egli, senza sprezzo del pericolo, senz’alcuna remora d’incorrere nel ridicolo involontario, affronta in maniera impavida il mondo quotidiano, accarezzando le labbra di una bella donna, incontrata al bar, solamente aggrottando la fronte e porgendole lo zucchero macchiato caldo dei suoi occhi imperscrutabili, neri come The Night Of, diretto dallo stesso sceneggiatore di The Irishman, vale a dire Steven Zaillian, pregustando l’amplesso, già da lui caldamente sorseggiato, che con lei avrà a mo’ di cappuccino con la schiuma e tanto di leccarsela sotto i baffi.

Sì, per anni fu scambiato per Il grande Lebowski, fu preso per Jean-Marc Barr di Le grand Bleu, per un sempliciotto alla Jovanotti da filmetti come Jolly blu e per un tipo dolce e simpatico come Max Pezzali degli 883. Che io mi ricordi, durante il periodo delle scuole medie, me ne sparai molte su Alessia Merz, una che comparì nel mio “lungometraggio” ma anche in una pubblicità di David Lynch, uno dei miei registi preferiti in assoluto. Sì, la mia vita fu una Mulholland Drive, si crogiolò nell’Inland Empire, si appartò talmente tanto nel suo appartamento che molti pensarono che soffrissi di agorafobia e attacchi di panico come un’altra che appare nel film succitato, quel pezzo di gnocca di Nicole Grimaudo, attrice di Liberi.

Di mio, continuo a pubblicare libri, malgrado tante persone dicano che assomigli a Elio Germano. Quale? Quello de La tenerezza di Gianni Amelio, ovvero Giacomo Leopardi? Ce la vogliamo dire? Leopardi non soffrì di malinconia né la sua poetica fu basata sul pessimismo cosmico.

Silvia non la diede a Leopardi e allora Giacomo fantasticò sugli orgasmi mai da lui con lei avuti, sublimando di non averle strappato il costumino leopardato. Insomma, un poeta della minchia, ah ah.

Poiché ricordate: il Genius-Pop ne sa una più del diavolo de L’esorcista. Egli, nella notte, s’incunea di nascosto ove sapete, uomini e donne, mandando a farsi fottere, inculando ogni moralismo giudeo-cristiano con far da bastian contrario dei percorsi a tappe, miei tappi, nani e beoti.

 

di Stefano Falotico

The Irishman, Joker & Richard Jewell riflettono e fotografano anche i mutamenti sociali nella loro (im)mutabilità


28 Nov

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Anzi, mi correggo. Perlomeno, uso una coniugazione verbale più pertinente: immortalano.

Anzi, nuovamente rivedo il verbo che qui riverbero, correggendolo in sigillano.

È uscito su Netflix, finalmente, The Irishman.

Già si sono sprecate le ridicole idiozie degl’imbarazzanti titolisti italiani, partoriti e, oserei dire, cagati da quella facoltà per fruttivendoli ch’è Scienze delle Comunicazioni, eh sì, ad allestire, per l’appunto, i loro post(i) fissi pseudo-recensori, sull’appena capolavoro succitato di Scorsese.

In un profluvio, putiferio, in una deflagrazione di luoghi comuni a iosa, fioriscono le banalità più logore e stantie delle sciocchezze più reverenziali e vanagloriose…

The Irishman, summa poetica del maestro Scorsese, oppure The Irishman, canto del cigno, silloge lirica di una triste, grigia epoca estinta però forse più colorata, dunque tinta, non però della colorazione delle tinture dei capelli stinti, pigmentati di noir, ah ah, esibita da De Niro, Pacino e Pesci, bensì al massimo liricamente brizzolata, inebriata di cinematografica brezza caldamente appassionante come quest’ode melanconica innalzata a memoria dei posteri e di un antologico poster permeato di fascino cromatico grazie alla stilizzata computer graphics di un grafico pubblicitario che, con la sua accattivante, minimalistica locandina avanguardistica eppur ammantata d’un romantico gusto vintage quasi di natura cubistica, di visione apparentemente piatta eppur prospettica come fosse stata dipinta da Giotto, rivoluzionario, pittorico artista, riesce nella sua efficace potenza visivamente figurativa a cementare i volti dei tre magnifici suoi attori protagonisti eternamente scolpiti nelle nostre memorie eteree da metafisici sognatori delle reiterate rimembranze malinconiche anche da perenni, perpetui combattenti inscalfibili d’una vita forse, per sempre, amaramente pietrificatasi e sconfitta. Finché morte non ci separi, sparite o solo tutti, senz’eccezione alcuna, senza neppure una colazione, un pranzo e un’ultima cena prima dell’estrema unzione, si sparino poiché indubbiamente fate, fanno tutti pena.

The Irishman, il film per cui il critico per antonomasia dei nostri giorn(alist)i postmodernistici, sì, Giulio Sangiorgio, va in brodo di giuggiole e gongola, imbrodandosi nelle sue auto-celebrate, egregie recensioni pregne di parole piene di significa(n)ti, sofisticate, fors’anche sofistiche e solipsistiche disamine più ermeticamente complesse della sua stilografica, più fighe dell’ex ballerina Sabina Stilo, più strutturalmente complicate della steadicam di un incipit memorabile che termina col primo piano d’un De Niro quasi in fase esistenziale assai terminale che monologa, dinanzi a un confessore invisibile, i suoi ricordi, a loro volta collegati al meta-dramedy di tutte le nostre vite da comuni mortali forse mai nell’anima nati.

Sangiorgio, uno che nella sua casa non avrà un solo album dei Negramaro, gruppo neomelodico da lui ripudiato poiché da Giulio ritenuto troppo sempliciotto. O semplicistico?

Sì, Sangiorgio non ama Giuliano Sangiorgi, Giulia è giuliva e lecca le fresche, oleose olive offertele, in modo “meraviglioso”, da suo marito, uno che sognò la luna, cantando con Domenico Modugno ma, ogni domenica sera, dopo aver visto tutti i goal della serie A, va in bagno e piange in maniera inconsolabile.

Il piatto piange e sua moglie gli prepara solo l’insalata senza più condire la salsiccia con qualcosa di piccante e salato, sì, forse è ancora saporito ma quando fu l’ultima volta che fu inumidito di saliva, no, solo salito?

Ah, questo lagnoso marito ammainatosi che pateticamente, nonostante sia sfinito e la sua vita realisticamente sia decisamente finita, considera la sua esistenza qualcosa di unico e prezioso, perciò la magnifica, malgrado sia stata solamente, aridamente contemplativa e lontana dal capolavoro assai bello e paradisiaco del leopardiano L’nfinito…

Sapendo che non sarà mai un pazzo geniale come Modigliani. E che forse non riuscì a scopare la ragazza che, ai tempi di Ragioneria, lui sopravvalutò come fece Fantozzi, idealizzando la racchia signorina Silvani.

Invero, il sogno erotico di tale marito già della vita disamoratosi e totalmente amareggiato, sì, faceva di cognome Caligliani ma lui non se la fece davvero mai e ora beve il Giuliani, rancoroso come Ferrara Giuliano e facendo promemoria dei suoi fottuti anni con un solo ano all’attivo, probabilmente manco questo, e uno slancio emotivo completamente andato a puttane. Le quali, però, gli rifiutano puntualmente rapporti che vadano oltre un insoddisfacente “esame” orale…

Lui non vuole sentire ragioni e urla a tutti… mah, per piacere, andate a cagare!

Poiché diligentemente si attenne rigidamente ai dettami impostigli dalla società dura e fascista e, da impiegato statale piegatosene, non riuscì a fregarsene ma soprattutto a fottersene. Ebbe solo sua moglie, l’abbonamento a Netflix, oltre che a Sky, ma s’identifica con Frank Sheeran/The Irishman, in quanto, pur di non ammettere le sue limitatezze, preferisce credere che abbia fatto le scelte giuste da uomo strenuamente, intimamente menzognero della sua anima più vera, dunque un imperdonabile ballista che comunque, lavorando in comune e/o a cott(im)o, nel bene o nel male, tirò a campare come cazzo gli pare, non volò e (non) così volle ma tant’è che in questo mo(n)do andarono le cos(c)e di minimo sindacale al fine di avere un reddito salariato ma forse un castrato godimento da semi-handicappato dall’umore sereno-variabile.

Senza più cartucce, invidia i giovani carucci e succhia tutto il suo rancido retrogusto, tirandosela… da pensatore-tuttologo onanista che piglia per il culo chi crede alle filosofie olistiche, alla Fisica quantistica ma soprattutto ancora non capì che bisogna gridare tutti in cor(p)o, sputtanandosi senza vergogna assoluta, viva la figa!

Ritratto della mediocrità dell’italiano che va per la maggiore e s’eccita dinanzi alle maggiorate, genuflettendosi però, remissivamente, dirimpetto al Presidente del Con(s)iglio in pectore e al caporale che ragiona da ignorante universale, visse sempre da ratto ma giammai rinnegherà la topaia del suo scantinato ove conduce le più pelose tope, dette altresì zoccole frust(r)ate, cioè le conduttrici televisive scartate ai provini da qualche volpone provetto, per far di notte imponente, più che altro impotente baldoria con tanto di botte e moglie molto suora, a lui non più suina ma castigatasi supina dinanzi alla vita misera, rimasta sola in sala tutta soletta con le suolette però ubriaca coi programmi di varietà di Rai 1, la tv di regime che v’inculò dapprincipio, adattandovi a una visione mainstreaming che non è il flusso audio/video di Netflix ma il canale di scolo del merdaio catodico più retrivo, politicamente (s)corretto e conformemente allineato al pensiero ipocrita di massa.

The Irishman, fluida pellicola di amici/nemici, d’italiani a New York ficcatisi a Little Italy, di regole d’onore come quelle di chi ci governa, d’idioti bigotti, di conservatori ottusi e sordi assurdi, una pellicola dominata da una casta invero non proprio castissima retta da vetusti valori senz’alcun valore, film di uomini con le palle che si raccontano balle, di machi maschilisti uno peggiore dell’altro.

Sì, a parte forse Basic Instinct, ove la protagonista è comunque bisex ed è una donna per cui andarono matti gli uomini, incarnata infatti da Sharon Stone, in questo film porca come poche, sono pochissimi i film sui seriak killer donne. Se una donna ammazza il marito, i vicini di casa le danno della troia. Oppure, peggio, affermano che non la conoscevano. Se un uomo, invece, ammazza una donna, si trova la scusante che lei impunemente lo tradiva scandalosamente, che lui aveva perso il lavoro ed era depresso, profondamente.

Insomma, The Irishman è un film classico su un gruppo tribale-sociale di piccoli e grandi criminali, uno Scorsese che, dalle sue tematiche più abusate, non sa forse rinnovarsi ma sa comunque come riuscire, grandiosamente, a farsi giustamente idolatrare.

Joker, un film troppo coraggioso nello sbandierare la verità di questa sporca società, quindi accusato dai perbenisti di essere retorico, qualunquistico, addirittura didascalico e populistico.

Infine, arriva di nuovo con furore, Clint Eastwood. E dice, con classe, con la sua impeccabile eleganza, che il sistema non è sbagliato ma non è neanche giusto.

Quindi, alla prossima cafonata e porcata, ogni Joe Gallo è avvertito. Io vivo come desidero. Uomini e donne, siete avvisati e mezzi salvati. Altrimenti, poi non piangete di rimpianti.  Perché sarà troppo tardi.

Anche per me. Poiché, alla prossima “sparata”, m’arresteranno. Ah ah. Donna, servimi la tua gallina, uomo, vuoi farmi nero? Bene, siediti vicino a me, accomodati.

I neri sono più dotati. Ah ah.

Firmato da un uomo “pericoloso, instabile, nevrotico, demente, iper-permaloso, fancazzista acido e timoroso, timido e piccolo” che non rinnega di non lavorare dietro una maschera felice e senza lacrime umane pur di farsi, stupidamente e bonariamente, amare e leccare da un mondo freddo come The Irishman e il suo sacrosanto, devastante finale.

Un uomo che non vale un cazzo, un incapace mai visto, un inetto, una merda, un abominio, un obbrobrio, un uomo ignominioso e pazzo che tutti spaccherebbero in mille pezzi soltanto con un mignolo, un uomo che ancora indossa il pigiamino, un nanetto tanto carino e tanto, sinceramente, stronzino. Sì, come no? Ma per l’amor di dio, figliuoli, mi sa che prendeste una cantonata incredibile.

D’altronde, io non ebbi mai dubbi che foste scemi. Voi invece foste sicuri che il cretino lo fossi io. Ho detto tutto.

A parte le goliardate, le tavole imbandite, i banditi e quelli messi al rogo, bando alle ciance.

L’Italia è un Paese mafioso ove tutti magnano i loro ego su pallori uguali alle mozzarelle BelGioioso, aspettando le vacanze, dopo una vita di emozioni sincere assai vacanti, per abbronzarsi dopo mesi passati in palestra a rassodarsi le panze piene al fine di diventare come quello di Riace, sì, il bronzo.

Il mio vicino di casa vuole l’olio di Ricino, sua moglie desidera andare a Riccione ma ha i capelli lisci e, in mezzo alle gambe, è rasata. Lo so perché pelai la sua patata bollente nonostante, nei preliminari, mi considerò Massimo Ranieri.

In Italia, se una bella donna mostra le sue forme, le replicano con la solita gif di Renato Pozzetto, eh, la Madonna!

Scrivendole anche… ma chi credi di essere? L’Edwige Fenech dei bei tempi? In verità ti dico che sei migliore. Te lo dice ER MEGLIO!

Fra poco uscirà il nuovo film di Checco Zalone, un altro ragazzo sarò preso per il culo a sangue poiché considerato dagli idioti un coglione, un bamboccione e, dopo avergli sbattuto mille torti e torte in faccia, i malfattori andranno a mangiarsi un bombolone, esaltandosi nel buonismo se una donna, su Facebook, metterà loro un Like sotto la loro foto al ristorante da buone forchette coi maccheroni.

Che minchioni.

No, non dico che bisogna ribellarsi come Vito Andolini, ovvero Bob De Niro del secondo capitolo del Padrino. Ma ora sono piuttosto indurito nonostante ami le tenerezze e le morbide carezze.

Sì, nessuno forse ancor m’incula ma adoro coccolarmi, scopandomi da solo, di seghe mentali e non.

Se per te è un problema, chiama Rocco Siffredi e fatti assumere nella sua casa di produzione, mio uomo che ti vanti d’essere produttivo.

No, non voglio io riprodurmi.

Ne verrebbe fuori un altro genius maledetto. Non voglio che mio figlio soffra a causa della vostra piccola borghesia irredimibile.

Sì, guarda quella. Donna chiesastica che impazzisce ancora per John Lennon ma contro i giovinastri usa la svastica e, godendo da sadica del suo cannibalistico mangiarino, se la mastica quando invero vi dico che Mick Jagger, nonostante la sua età, la sveglierebbe dai suoi moralismi e dalla sua retorica del cazzo.

E quell’altro? Chi minchia crede di essere? Passò tutto il pomeriggio a dissertare sulla scena in flashback di The Irishman in cui De Niro ammazza i due soldati che da soli si scavarono la fossa.

Che fesso. Disse che questa è la scena peggiore di Scorsese. E l’analizzò di screenshot, fotogramma per fotogramma.

Sì, appartiene al Circolo Pickwick degli intellettuali che si fanno i pompini a vicenda. Leccandosi in complimenti ruffiani più di Harvey Keitel di Taxi Driver.

E quell’esaltato bimbetto che, a quindici anni, afferma di essere il nuovo Orson Welles? Ma fategli leggere Il signore delle mosche e sbattetelo poi nel film Planet of the Apes.

Per non parlare di quello che impazzisce per Essi vivono solo perché vorrebbe la Ferrari ma sostiene che sia “sexy” la sua Cinquecento.

Invece, il professore del DAMS, accademico altezzoso, brindò al goal di Dybala contro l’Atletico Madrid ma gli servirei io una punizione imprendibile sotto l’incrocio dei suoi peli.

Sono un uomo che ha dignità. Sì, ogni sera vado al bar. Fotografo il fondoschiena della cameriera e lei lo sa.

Come fa a saperlo?

Mi manda a quel paese e chiama il suo ragazzo affinché me le suoni:

Adesso che mi dici, signor bulletto? Una cosa me la devi dire.

Sì, te la dico. Vaffanculo a mamm’t!

 

Partì una rissa indicibile. Questo qui è partito, lo sanno pure i vecchietti che, vicino al camino, giocano a carte in questa partita che è la vita.

Mentre tutti se le danno, io ne prendo tante…

Tutti vogliono sapere il mio segreto.

Ma io, come Nessun dorma -Turandot di Giacomo Puccini, so solo che domattina berrò un altro cappuccino.

No, non vincerò ma me ne fotto.

Se non vi piace, chiamate il prete e reciterò con voi il Rosario. Rosaria non è Santa Maria e così sia.

 

di Stefano Falotico

È vero, domani uscirà The Irishman ma Terminator 2: Judgment Day è un capolavoro senza tempo, un’elegia malinconica, metafisica e super figa sul John Connor che sono io, ah ah


26 Nov

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Sì, sino a due anni fa, Linda Hamilton di Terminator 2, eh già, mi faceva un baffo.

Lei, considerata erroneamente pazza, ovvero sofferente di deliri paranoici, appare nell’incipit perfettamente palestrata, forse anche lì depilata, internata come Sam Neill de Il seme della follia poiché, in una società miope, lei già vide, anzi il futuro previde.

Sì, donna provvidente, sbattuta ingiustamente in quel posto di dementi a causa di una frettolosa, sociale previdenza, mannaggia alla Provvidenza, povera, sensibile donna dotata indubbiamente di un’iper-coscienza oltre la media e, peraltro, di un paio di gambe neanche tanto malvagie, capaci di bruciare ogni robot-androide freddo come il T-1000, ardendolo col carisma possente del suo sguardo lucente.

Sì, cari bambolotti, era onestamente una bella bambolina. Una che sapeva come stendere non solo i panni, sporchi e non, bensì anche un duro come Schwarzenegger. Uomo culturista ma senza molto cultura eppure ex governatore, un attore pasticcione, cioè capace di non saper recitare neppure la letterina per Babbo Natale ma riuscir a essere al contempo mitico, oserei dire mitologico grazie al fascino da dinosauro, per l’appunto da invincibile Mister Universo divenuto amico intimo di James Cameron e di Paul Verhoeven. Un uomo poco tenero che, però, a mio avviso accetterebbe il succoso pasticcino offertogli da Linda, donna che usò esplosivi e poteva donare, all’epoca, notti infuocate da giochi d’adulti pirotecnici, mettendo forse il “cornetto alla crema” al suo ex di allora. Ovvero, proprio James Cameron, esattamente.

Poi James la tradì con Kathryn Bigelow e furono Strange Days per Linda. La quale, non avendo più James e la sua quaglia, nel suo cervello un cazzo quagliò e forse, per elaborare il lutto di tale perdita sentimentale, soprattutto patrimoniale, considerato che James era già uno dei registi più ricchi del mondo, di lui non si disamorò ma da lui fu comunque disarmata.

Finì in mutande, psicologicamente, come nell’inizio di Terminator 2.

Bestemmiando a più non posso e probabilmente, dentro la cella del manicomio, cantando Ancora di Eduardo De Crescenzo… perché io da quella sera non ho fatto più l’amore senza te e non me ne frega niente senza te.

Sì, era una donna piuttosto piatta in quanto a tette ma, nostro indimenticabile, James, perché la facesti a fette? In quella clinica, davano da mangiare solo quelle biscottate.

Cosicché lei, per te impazzita e non più strapazzata, non seppe più se un giorno sarebbe riuscita a cucinare anche solamente una frittata.

Nella sua cella, però, c’era il televisore. A volte, a tarda notte, cioè quando non riusciva a dormire poiché troppo vogliosa di te, su Rai 1 ridavano le repliche dei vecchi soliloqui, col caffè amaro in mano, di un altro Eduardo, maestro del prenderla come viene… vale a dire con filosofia. Il De Filippo. Grande uomo, mica Uomini e donne da Maria De Filippi. Ah ah.

Sì, la Bigelow forse era più colta di Linda, si sarà laureata, mettiamo pure, con una tesi su Ercole a New York. Ma vuoi mettere la sua (ri)cotta?

James, James costringesti Linda ad obbligarsi a un deciso e decisivo Atto di forza. Mica pugnette. Lei dovette reagire con polso e non masturbarsi più di patetici, lamentosi monologhi della vagina…

Fu donna con le palle, cazzuta, cazzo!

Spaccò tutto!

Sì, James carissimo, so che delle sue vertiginose gonne con gli spacchi, andavi matto.

Ma l’abbandonasti per una che non ti diede mai il vero Point Break. Quel “punto di rottura”, anche fisico e carnale, di quando a poppa e a prua, con te dentro la sua prugna, tu e Linda eravate follemente innamorati l’uno dell’altro/a come DiCaprio e Kate Winslet di Titanic.

Sì, altro che Sharon Stone di Basic Instinct. Lei sapeva come tritarti il ghiaccio e leccarti il ghiacciolo, mio uomo cerebrale, senza neanche mostrartela, accavallando le gambe così stupendamente impudica e scevra di biancheria intima. Ti scioglievi come un iceberg appena delicatamente, al buio, lei dirimpetto a te si spogliava come Jamie Lee Curtis di True Lies. Rimanendo però in slip e ammiccandoti, pregustando il tuo Calippo.

Sì, anche se non era nuda integralmente, non dandoti a vedere la topa, tu eri già al top così come quando, sovreccitato, vincesti l’Oscar, urlando di piacere come un assatanato.

A parte gli scherzi, James, sei uno stronzo nato. Ma lei, eh sì, non era ieri nata, non rimase ammainata anche se, dobbiamo ammettere che, senza di te, la sua carriera andò molto a puttane.

Si era accartocciata, diciamo, inacidita, un po’ inaridita e non più lì bagnata…

Invece, passiamo ora al nostro Edward Furlong.

Sì, io fui come Ed, sempre sino a qualche tempo fa. Un uomo putrefatto, oserei dire sfatto, tumefatto.

Sebbene, a differenza di Edward, mai mi feci e manco tante me ne feci.

Sì, Edward e voi ve la/e faceste sotto. Io no. Me la dormii di brutto. Ah ah.

Linda, una delle più grandi eroine del Cinema di tutti i tempi con un Edward Furlong che, prima di tirare di cocaina, era un bel ragazzo, davvero.

Che peccato. Che tragedia incommensurabile.

Ma voglio spronare ogni Ed e ogni Linda a non mollare.

In questa società robotica, anaffettiva, asettica come le pareti di un manicomio, dobbiamo vivere di resilienze in modo falotico…

Poiché io, capo della Resistenza, riuscii ad ardere ogni villain figlio di troia come Robert Patrick.

Quindi, se ce la feci io, anche voi non dovete ridurvi come delle merde, cioè come delle feci, appunto.

Io ricordo tutto. Ricordo che la mia professoressa d’Inglese delle scuole medie si chiamava Fontana e non poche volte, prima di fare i compiti, zampillai su di lei con gioia…

Insomma, qui nessuno di me capì un cazzo. Soprattutto io…

Ah ah.

Sì, voglio lasciarvi con una battuta di Gigi Proietti.

– Signora, a me mi piace.

– Bell’uomo, non si dice a me mi piace.

Domani uscirà The Irishman. Questo è il Cinema, signore e signori. Saperci riportare indietro nel tempo.

D’altronde, James Cameron disse a Scorsese: – Hugo Cabret non è un film per bambini. È un capolavoro!

 

di Stefano Falotico

 

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Ammisi falsamente che mi sarei suicidato dopo aver visto THE IRISHMAN: qui devo ammettere il ver(b)o, lo farò dopo KILLERS OF THE FLOWER MOON, mi spiace avervi deluso


13 Nov

scorsese

Sì, ne ero sicurissimo. Forse non lo sapete, forse sì, chissà. Visionai The Irishman alla Festa del Cinema di Roma.

Mi promisi, il mattino stesso in Sala Petrassi, aspettando nauseato in mezzo agli altri accreditati stampa tutti sovreccitati, a differenza di me, impassibile e con la testa da un’altra parte, che tornato in albergo, finita dunque la proiezione di The Irishman, mi sarei gettato giù dalla finestra.

Questo non avvenne poiché, nel momento stesso in cui stetti per lanciarmi giù a volo d’angelo, desistetti? No, squillò il mio cellulare e mi arrivò una notifica di WhatsApp.

Un mio amico mi mandò un vocale:

– Hai letto le critiche negative che sta ricevendo, qui in Italia, The Irishman? A quanto pare, a differenza della Critica statunitense, assolutamente unanime nel definirlo un capolavoro indiscutibile, qua da noi abbiamo già parecchi insoddisfatti.

Non possiamo permettere che questa gente continui a vivere, non credi?

– No, infatti, assolutamente.

– Ti sento affaticato, Stefano. Hai il fiatone. Che stavi combinando? Ah ah, lo so. In camera, da te, c’è una bella donzella tutta ignuda e calda a letto. Non volevo disturbarti. Continua pure…

– No, in verità qui non c’è un cazzo di nessuno. Ci sono io e, se tu non m’avessi chiamato, in questa stanza fra poco non ci sarebbe stato nemmeno il sottoscritto.

– Ah, capisco. Fra poco uscirai dalla camera per andare a vedere un altro film?

– Invero, mi stavo suicidando.

– Ah sì? Quindi ti ho salvato la vita.

– Sì, sei il mio Robert De Niro.

 

Sapete, no, che Martin Scorsese, dopo il rapporto fallimentare con Liza Minnelli, dopo aver girato New York, New York, pensò seriamente di suicidarsi e fu proprio Bob De Niro a salvarlo, praticamente costringendolo a girare Toro scatenato?

Sì, ignoranti, documentatevi.

Scorsese era distrutto psicologicamente ma, grazie a Bob De Niro e a una scopata, forse più di una, con Isabella Rossellini, quest’ultima infatti presente alla cerimonia degli Oscar in cui Bob vinse l’Oscar, si salvò per il rotto della cuffia.

Da allora, non ebbe più pensieri suicidari o suicidi che dir si voglia. Io invece non ho più tanta voglia…

Ora, nelle prossime righe, vi racconterò mille cose che non sapete di me e invece io voglio dirvi. Tanto, come sempre, non mi crederete poiché v’appariranno soltanto il frutto delle fantasie di un malato di mente che inventa balle per attirare l’attenzione.

Vorrei sinceramente che fosse così, invece è esattamente il contrario. Infatti, quanto prossimamente vi narrerò, eh già, corrisponde purtroppo alla più tragica realtà surreale.

Ecco, mi ricordo che il mio primo appuntamento al buio con una ragazza non fu al buio. Era infatti pomeriggio.

A differenza di Griffin Dunne di Fuori orario, non mi dimostrai affatto impacciato e timido con la mia Rosanna Arquette dei poveri.

Sì, che io mi ricordi, lei assomigliava realmente molto a Rosanna. Cioè, a tutt’oggi, sebbene mi sia sverginato con lei, non sono ancora convinto se fosse bella o brutta. Un po’ come Rosanna all’epoca.

Adesso, Rosanna è indubbiamente una racchia. Forse anche questa con cui mi sverginai lo è ma non la vedo più, in ogni senso.

Lei invece, vedendomi così coinvolto, disinvolto, constatando-tastando con mano la mia sicumera, sì, proprio con mano leggera, facendo up and down per tirarmelo sempre più su in modo pesante, allo stesso modo di Griffin Dunne, però, cadde in paranoia.

Sì, non fui io a venire… divorato dalle paranoie, bensì lei.

Poiché ripeto, in quel momento, credette che io le avessi mentito in chat, ove le dissi che ero sessualmente imbranato.

Sì, fu lei a sentirsi in imbarazzo. Lo sentì subito rizzo e ciò la stupefò un bel po’, cazzo.

Detto questo, passiamo alla seconda che incontrai.

Al primo appuntamento, io e lei passeggiamo per circa un’ora. Poi entrammo in macchina.

Solo perché non trovavo più il cellulare. Le chiesi di aiutarmi a cercarlo.

Lei pensò che stessi scherzando ma io la freddai con un:

– Eccolo, ho trovato il cellulare del cazzo. Stava qui, sul sedile posteriore. Adesso che l’ho trovato, direi che posso rincasare.

Sì, ora devo andare. Stasera, vorrei rivedere L’ultima tentazione di Cristo. Ci sentiamo domani, va bene?

– Mi stai prendendo per il culo?

– Un po’ sì.

 

Al che, cominciò a offendermi di brutto come Lorraine Bracco con Ray Liotta in Quei bravi ragazzi.

– Sai che ti dico, stronzo di merda? Sei solo un ghiacciolo!

– Il ghiacciolo si lecca – le risposi con estremo aplomb, quindi aggiunsi: – A duecento metri da qui, c’è una gelateria. Compra una vaschetta di jogurt all’amarena. Succhiatela tutta e, mi raccomando, di’ al gelataio di ficcarti dentro anche la banana.

 

Lei, innervosita oltremisura, minacciò di chiamare l’ambulanza per ricoverarmi alla prima clinica psichiatrica. Dunque, io le risposi sempre con calma olimpica:

– Sì, va bene, ci sto. Se però dall’ambulanza scende Nicolas Cage di Al di là della vita, non so se dovrò accompagnare lui al pronto soccorso. A quanto pare, Nic non gliela può fare, no, non ce la fa da solo. E tu non sei stimolante come Patricia Arquette, sai?

– Sei solo una merda! – urlò lei, inferocita.

 

Comunque, volle rivedermi. Sì, diciamo che, non considerandomi tanto normale, volle appurare se fossi rivedibile.

Ah ah.

Il nostro secondo incontro durò comunque pochissimo.

Lei mi aspettò davanti a un negozio di biancheria intima.

Al che, io fermai dinanzi a lei la macchina, inserii le cosiddette doppie luci, sostai brevissimamente in doppia corsia, scesi in tutta fretta e le dissi:

– Sono venuto… solo per consegnarti il cellulare. La scorsa volta, lo dimenticasti nella mia macchina.

Ora però, prima di lasciarti, toglimi una curiosità. Sai, ho sbirciato nella tua rubrica. Leggendo anche vari tuoi sms mandati a un certo Ernesto.

Da quel che sembra, questo Ernesto ti scopa da dio. Lo riempi sempre di complimenti, ringraziandolo per le impagabili soddisfazioni che ti dà. Mi congratulo con te.

Adesso, scusami, devo proprio scappare. Tu, con Ernesto, torna a scopare.

– Io ti denuncio, figlio di puttana! Dove cazzo è finita la privacy? Porco!

 

Come si suol dire, non c’è due senza tre. Lei volle nuovamente incontrarmi e finalmente scopammo.

Sì, mi ospitò a casa sua e mi offrì un succo di frutta.

– Ti piace?

– No, è acido come te.

– Fuori dalla mia casa, villano!

– Va bene, lasciami però almeno finire di succhiare dalla cannuccia! Sto finendo, dammi soltanto un momento. Hai notato che, quando uno sta per finire di succhiare, avviene il risucchio? Tu sei esperta di cannucce, nevvero?

– Psicopatico, come ti permetti?

 

Scesi frettolosamente le scale di corsa. Al che lei m’inseguì:

– Dove cazzo pensi di andare? Devi pagarmi il succo di frutta.

– Va bene. Tu rientra nel tuo appartamento, non diamo spettacolo. Ti raggiungo subito. Dammi solamente un minuto. Devo riallacciarmi le scarpe.

 

La raggiunsi dopo un minuto e lei s’era nel frattempo completamente denudata come Margot Robbie al primo incontro con Leo DiCaprio di The Wolf of Wall Street.

Al che, tutta accalorata, disse, parafrasando Joe Pesci di Quei bravi ragazzi:

– E ora che mi dici, signor bulletto? Qualche cosa me la devi dire.

– Te la dico.

– Sentiamo.

– Fancul’ a mamm’t.

 

Sì, le dissi proprio così.

Fra me e lei, fra alti e bassi, durò parecchio. Lei non mi amò mai davvero, nemmeno io.

Stemmo assieme soltanto perché, a detta di lei, duravo molto.

Ma non servì a un cazzo per tirarmi su.

La strategia promozionale di Scorsese & Netflix s’è rivelata vincente, quella di Fedez, cantante degli ominidi, altrettanto, poiché l’italiano medio è un mafioso demente, evviva i cinecomic!

Sì, quando Alberto Barbera annunciò, a fine luglio scorso, il programma della sua kermesse, ovvero della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, tutti noi cinefili rimanemmo basiti nello scorrerlo e non vedere in cartellone, come si suol dire, The Irishman di Martin Scorsese.

Eclatante, clamoroso al Cibali, come si diceva una volta.

Il film più atteso dell’anno, forse degli ultimi vent’anni, non partecipò al Festival di Venezia. Assurdo, no?

Festival da sempre considerato leggermente minore rispetto a quello di Cannes ma che, ultimamente, si rivelò d’estrema importanza imprescindibile per la corsa agli Oscar.

Poiché molti dei film, dei registi e degli attori premiati a Venezia furono poi quelli che la fecero da leone agli Oscar. Anche se La forma dell’acqua vinse, per l’appunto, il Leone d’oro, eh eh, mentre il parimenti oscarizzato Birdman assolutamente no.

Scorsese optò per il più intimo New York Film Festival.

Scelta quanto mai oculata, sacrosanta.

Poiché sarebbe stato, come già dissi, assai pericoloso presentare The Irishman a Venezia. Dinanzi a critici agguerriti e infoiati, pronti a scannarlo se ne fossero rimasti, di solito loro snobismo d’accatto e “accatta visualizzazioni stampa”, parzialmente delusi.

Sì, meglio dunque il più piccolo New York Film Festival. Ove Scorsese poté presentare il suo film in maniera più delicata e riservata. Consegnandone la visione a selezionati addetti e cosiddetti operatori del sistema.

Le critiche, come sappiamo, furono entusiastiche. Da qui sorse a tamburo battente il crescente, inarrestabile passa parola.

Al che, The Irishman fu presentato, con altrettanto successo e critico clamore, a Londra e poi a Roma.

Ottenendo ancora una volta consensi a iosa.

Invece, qualora fosse stato relativamente stroncato a Venezia, ciò ne avrebbe pregiudicato la corsa agli Oscar e il suo estremo, ragguardevole, anzi incommensurabile valore sarebbe stato inficiato da qualche presuntuosa, oserei dire pregiudizievole, critica prematura.

Per esempio, oramai a Clint Eastwood frega poco degli Oscar.

Lo dimostra il fatto che, da anni, fa uscire i suoi film a metà dicembre quando oramai i giochi sono pressoché fatti.

Sì, la stampa americana può visionare le sue pellicole prima che escano ufficialmente in sala, quindi, stando a questo discorso, non mi stupirei più di tanto se il suo Richard Jewell venisse nominato in varie categorie, perfino importanti, fra circa un mese ai Golden Globe. Sebbene, come detto, uscirà soltanto dopo le nomination dei Golden, ovvero il 13 Dicembre.

Ma sono rarissimi i casi in cui una pellicola uscita nelle sale a dicembre abbia poi fatto incetta di candidature agli Oscar. Perlomeno, se prima non fu presentata a qualche festival di rilievo.

Come da me poc’anzi spiegato.

In poche parole, Richard Jewell potrà anche essere il film più bello dell’anno, perché no, ma credo che oramai l’Academy abbia già compiuto la sua scelta.

Il film che vincerà l’Oscar, per l’appunto, come Best Motion Picture of the Year, sarà The Irishman.

Stavolta, Netflix ci prese alla stragrandissima.

Agì infatti con lieve, dolce mestizia e sobria furbizia, con indicibile, inarrivabile scaltrezza e ammirabile pudicizia.

Realizzando una campagna promozionale basata sulla leggendarietà del capolavoro annunciato, a piccole dosi, paradossalmente, annunciandolo.

Dispensando, nel corso degli ultimi mesi, solo tre ufficiali filmati.

Creando attorno alla pellicola la giusta dose di mistero e suspense.

Netflix Italia, per esempio, su YouTube non ha ancora diramato il trailer di The Irishman doppiato in italiano. Solo gli abbonati possono vederlo, ascoltando in esclusiva Leo Gullotta che dà la voce a Joe Pesci.

Ora, spostiamoci invece in tutt’altro ambito e parliamo non di Scorsese, bensì di un altro uomo, purtroppo, considerato assai più meritevole di Martin da molti italiani, vale a dire il “fenomeno” Fedez.

Ecco, se io mi presentassi a un produttore discografico con un testo del genere, probabilmente lui chiamerebbe immediatamente la neuro:

mi aspetto che ti piaccia stare

sotto le coperte e non sopra le copertine

l’amore a prima Visa…

un golpe al cuore…

se ti guardo a luci spente, sei un tramonto abusivo…

Ma direi che l’apice, oserei dire l’inarrivabile zenit di tale “genio” dei debosciati, sia questa rima baciata per tutte le ragazzine più cretine:

prima eri un problema di cuore, ora sei il cuore del problema

Sì, Fedez lo vedrei bene ospite di Gigi Marzullo. Ah ah.

Sì, per comporre questi versi lirici, più che altro da due lire, un ritardato medio impiegherebbe due minuti, Fedez invece ne impiega dieci. Ah ah.

Peccato che lui sia più ricco di un astrofisico nucleare che conosce ogni equazione della teoria della relatività e l’Italia ascolti, con la testa fra le nuvole, queste cagate atomiche che io brucerei alla velocità della luce.

Sì, è per questo che abbiamo oggigiorno critici di Cinema che sostengono che The Irishman sia meno bello di Quei bravi ragazzi. Se Scorsese avesse realizzato Quei bravi ragazzi 2, avrebbero detto che The Irishman sarebbe stato uguale a Casinò. Ah ah.

Come dire che il sottoscritto, se ieri fu depresso a morte e oggi stia provando, provatissimo, di darsi uno slancio vitale fighissimo o solo più sfigato, le malelingue affermeranno, anzi con irremovibile fermezza affermano, che lo fa per rispondere a chi l’offese nel vano, deleterio e controproducente tentativo misero di dimostrare fermamente qualcosa. Ma rimane di mente un infermo. Ah ah.

Quindi risulta penoso e patetico.

Se invece avessi smesso di scrivere libri e recensire film, mi avrebbero detto ugualmente che sono penoso poiché mi sarei arreso.

Mettetevi d’accordo perché non ho intenzione di essere recensito da gente che prima offende Fedez perché è povera e il giorno dopo, invece, se vince il SuperEnalotto, frega a Fedez pure Chiara Ferragni, regalandole una migliore Ferrari.

Sono sinceramente stanco di tutta questa gente ipocrita assai italiana.

Di domenica, questa gente va a messa e il lunedì dopo combina le stesse porcate di prima. Tanto la settimana finirà, arriverà di nuovo domenica e basterà una confessione per poter ritornare a vivere alla stessa maniera.

D’altronde, Francia o Spagna, basta che se magna!

Il mio consiglio per i giovani è questo, un consiglio non propriamente ottimista, a dire il vero.

Un consiglio non da coniglio, bensì da uomo saggio come Rust Cohle di True Detective.

Cioè questo: non sposatevi e non mettete al mondo dei figli.

Altrimenti, possono nascervi mostri come Glenn Fleshler/Errol Childress se vostra madre è pazza.

Tanto, anche se vostra madre non è pazza davvero ma vive da pazza poiché chi la mise incinta, ovvero Thomas Wayne, la trattò come Fillipo Timi di Vincere nei confronti di Giovanna Mezzogiorno, vostro figlio troverà un altro Glenn Fleshler che lo caricherà di rabbia, distruggendogli pure la purezza.

Come no?

Ora vi spiego.

Le mie freddure lasciano stecchiti tutti, soprattutto il sottoscritto, ovvero un personaggio da fumetti molto fumantino

Allora, adesso vanno di moda i cinecomic.

Martin Scorsese e Francis Ford Coppola li definirono spregevoli.

Non so se abbiano ragione o no. Da quello che mi risulta, comunque, Rupert Pupkin di Re per una notte è Kick-Ass mentre Dracula di Bram Stoker è Ant-Man.

Come no? Oldman, in questo film, è come Gulliver. Prima è un titano. Poi, in seguito alla morte tragica della moglie, si segregò nel castello e invecchiò di brutto. Dunque, la sua virilità, nonostante si attorniò di tre streghe-damigelle meretrici, fra cui Monica Bellucci, ne risentì potentemente.

Diciamo che si nanizzò. Quindi, riprese possesso della sua armatura da Batman di Christopher Nolan e volò nuovamente come un pipistrello, facendo il culo, come si suol dire, ai moscerini.

Sì, il nerd è un uomo che, dopo aver sublimato le delusioni affettive, credette di essere sublime poiché realisticamente, logisticamente e dunque obiettivamente non gliela può fare con Catwoman.

Al che, come meccanismo di difesa psicologico, anziché diventare verde di rabbia come Hulk, in virtù dei soldi del ricco possidente del padre che lo mantiene, se la tira da Iron Man.

Cioè, detta come va detta, il nerd vive nel seminterrato, nella prigione bunker col culo parato delle sue immaginifiche stronzate, vagheggiando suoi sogni di gloria spesso fantasticati ma raramente concretizzatisi. È invero Birdman.

Sì, dovrebbe in verità spararsi in testa.

Se non dovesse miracolosamente morire, lo acclameranno in piazza come Joker.

Per quanto mi concerne, io fui un uomo già a quattordici anni.

Mi ricordo infatti che non rimasi insensibile, a livello ormonale, dinanzi a Pamela Anderson di Baywatch.

Poi però scoprii che lei se la faceva con il bagnino ignorantissimo de Il commissario Lo Gatto.

Ci rimasi come una merda. Da allora, distrutto, cantai La Mer, recitando, a ogni mattutino canto del gallo, tutte le sillogi poetiche di Giacomo Leopardi.

Ho detto tutto.

Riguardo la recensione di The Irishman, sentii e lessi molti critici affermare che Scorsese ricicla sempre tematiche, da lui stesso generate e sviluppate, oramai già viste, trite e ritrite, ovvero inflazionate e abusate.

Uno disse pure che Scorsese non è capace di rinnovarsi e che è relativista. Cioè, gira soltanto film su preti, su strambi deliri religiosi o sui gangster mafiosi.

Il prossimo film di Scorsese sarà Killers of the Flower Moon.

Un film sui nativi indiani americani divenuti ricchi grazie al petrolio.

Questi critici, invece, pensano di divenire ricchi, facendo lo scalpo a Scorsese?

Di mio, sono Fu Manchu. Cioè, praticamente David Lo Pan di Grosso guaio a Chinatown.

Ma, alle tribù degli Apache, dei Mohicani e dei Comanche, continuo a preferire l’ex pornoattrice Cheyenne.

Sono uguale a Sean Penn di This Must Be the Place ma nemmeno una racchia come Frances McDormand me la dà.

Per fortuna, aggiungo io, quella donna è matta.

È capace di rendere un uomo, macho come Liam Neeson, uguale a Darkman.

Ah ah.

Sì, Frances è un’intellettuale che rompe le palle a dismisura.

È per questo che suo marito, Joel Coen, è un genio.

Non scopa mai Frances. Non sapendo dunque che cazzo fare da mattina a sera, assieme a suo fratello Ethan, passa il tempo a inventare storie pazzesche. Passano notti in bianco nel mettere nero su bianco le loro sfighe disumane. Da cui Il grande Lebowski e A Seriuos Man.

Mentre nell’altra stanza, Frances, sdraiata a letto, si tocca d’autoerotismo feroce, impazzendo ad ascoltare Bob Dylan, uno dei suoi cantanti preferiti, che accarezza il plettro, riproponendo la sua storica Knockin’ on Heavens’ Door.

Sapete che al posto di Frances Conroy, in Joker, doveva esserci la McDormand?

Però Todd Phillips, dopo aver provinato la McDormand, scelse la prima Frances.

Poiché la Conroy è parimenti brutta ma ispira tenerezza. La McDormand, invece, è brutta e basta.

Quindi, non poteva essere credibile nei panni dell’ex donna di Thomas Wayne.

Sì, Thomas fu un frustrato prima d’arricchirsi.

Passò il tempo a cercare donne con cui condividere il suo disagio psicologico su qualche sito d’incontri per cuori solitari.

Non incontrò nessuna disposta a uscire con lui. Solamente la Conroy.

Perciò, Thomas pensò:

– Be’, basta metterle una maschera a mo’ di cuscino in faccia, di corpo non è poi tanto male, le posso rifilare tranquillamente una sonora fregatura, cioè una (mal)sana inculata.

 

Peccato che il profilattico di Thomas si spaccò nel momento meno opportuno e la Conroy partorì il futuro Joker.

Thomas quindi sposò una donna altolocata e assieme misero al mondo il futuro Batman.

Pover’uomo. Divenne come Donald Trump ma non gliene andò bene una.

Da una ebbe infatti un figlio pazzo, dall’altra uno con la doppia personalità.

Deve ringraziare, dall’alto dei cieli o laggiù all’inferno, che qualche teppista l’abbia ucciso nel vicolo cieco…

Se così non fosse stato, adesso Thomas avrebbe dilapidato mezzo patrimonio a pagare gli psichiatri dei figli ché, non essendo costoro capaci d’intendere e volere, avrebbero chiesto al padre di essere mantenuti.

Lui, essendo un pezzo grosso, si sarebbe vergognato di affidarli all’assistenza sociale e dunque si sobbarcò ogni spesa dei suoi scugnizzi.

Infatti, in nessun fumetto, risulta che Batman possieda un lavoro.

Thomas, prima di morire, redasse infatti un testamento ove scrisse testualmente:

– Mio figlio Arthur è irrecuperabile. Se gli donassi la mia vita a Malibu, la distruggerebbe.

Dunque, mettetelo in manicomio. Ma cambiategli il cognome.

Mio figlio Bruce, invece, è altrettanto malato ma, a differenza di Arthur, è più figlio di puttana. Sì, soffre di disturbo borderline ed è un incallito puttaniere irredimibile. Però, in compenso, riesce emozionalmente a gestirsi.

Al massimo, dite al maggiordomo Alfred che, se Bruce avrà dei momenti difficili, di nascosto dovrà infilargli degli psicofarmaci nel tè.

Sì, in Joker, la psicologa di Arthur gli disse questo:

– Arhur, il sindaco, malgrado le battaglie del nostro sindacato, ha tagliato i fondi. Ci hanno castrato. Non posso più curarti. Siamo entrambi inchiappettati.

Comunque, se cercherai su Google, in qualche forum di disadattati, potresti incontrare Iris di Taxi Driver.

Sai, sebbene sia stata salvata dalla prostituzione minorile grazie a Travis Bickle, uno più fuori di testa di te, non si riprese mai davvero dall’essere stata abusata dal suo pappone.

Sposatela e abbiate dei figli.

Tanto, il mondo è già pieno di pazzi. Qualche pazzo in più non sarà un grosso problema.

Ora, Arthur, devo salutarti. Ho perso il lavoro ma sono una donna. Quindi, mi basterà, per tirare a campare, mi basterà dare via il culo sui viali. Addio.

Anzi, ragazzo, prima di congedarmi, ti dirò però questo. Passai tutta la mia adolescenza da sfigata a studiare psicologia per provare a dare una speranza ai giovani provati che, come te, non accettano questa società e ne soffrono terribilmente.

Mi tolsi tutti i piaceri giovanili per riuscire nella mia mission.

Adesso, sono disoccupata.

Morale, figlio mio:

chi lo prende nel culo è destinato a riprenderlo in culo inevitabilmente. Come dice Rust Cohle, ancora e ancora e ancora.

Con l’unica differenza che, d’ora in avanti, quando lo piglierò nel didietro, almeno mi pagheranno.

 

Ah ah. Di mio, posso invece dirvi questo:

se credete che, in questo mondo, possiate essere voi stessi, sì, potete esserlo. Però già sepolti e cremati al cimitero. Il resto è una grande stronzata. L’umanità, dopo millenni di pseudo-evoluzione fasulla, alle soglie del 2020 finalmente comprese che l’uomo è in realtà una scimmia imborghesita. Quindi, l’unica differenza esistente fra lui e la scimmia non è, come si crede, l’intelligenza, bensì il portafogli. Se pensate che non sia così, non siete evoluti. Forse, è per questo che soffrite come animali. Sì, la sofferenza è figlia non della malattia mentale, bensì dell’incapacità di accettare un mondo che non riuscì a cambiare manco Cristo. Figurarsi se, come Gesù, siete per l’appunto dei poveri cristi.

Chi ha orecchie per intendere, intenda. Chi non vuole ascoltare ragioni, continuasse a sbattersene.

Tanto, se ne sbatté pure prima. Altamente fottendosene.

Ah ah.75316033_10214948951940147_3046521943453859840_n

di Stefano Falotico

Ho rivisto THE IRISHMAN in sala, cioè al Cinema Odeon di Bologna in Via Mascarella: è meglio che lo riveda su NETFLIX


04 Nov

irishmanPrologo, lungo quanto quello di… The Irishman prima dell’entrata in scena di Al Pacino

Dovete sapere che il nuovo film di Scorsese non è di Scorsese. Bensì di Bergman. Assomiglia molto a Il posto delle fragole. Solo che, al posto delle metaforiche fragole, De Niro rimembra il suo primo incontro avvenuto con Pesci dopo aver consegnato la carne in macelleria e dopo aver raccontato tutte le sue pene a Joe, mangiando il pane. Che poi spezzerà, alla fine, in carcere come Cristo all’Ultima Cena.

Sì, oggi pomeriggio, dopo un incontro decisivo per il mio solito futuro incerto, un futuro per cui arranco, di frustrazioni m’annacquo, sostanzialmente per il quale alla bell’è meglio m’arrangio, per cui ancora inciampo eppure con la stentorea voce della mia anima sostengo, anche se a stento, campando di stenti, dicevo… tornai a vedere The Irishman dopo averlo già visionato alla Festa del Cinema di Roma.

A Bologna esistettero due Odeon. Uno fu a luci rosse e forse lì potevate incontrare De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver, in trasferta felsinea, oppure Andrea Roncato di Acapulco, prima spiaggia… a sinistra.

Danzai tra la folla assiepatasi dietro la transenna. Sì, v’era molta gente, non pensavo. Tant’è che le maschere furono attorniate da quelli della sicurezza.

Di mio, ordinai un caffè dopo aver pisciato comodamente nella toilette per soli uomini.

Il film iniziò in perfetto orario e, al tintinnare dei primi titoli di testa, finalmente la gente s’azzittì. Rimanendo muta per tutta la visione di tre ore e mezza senz’alcuna interruzione fra il primo e il secondo tempo. Pubblico selezionato. Di bocca buona. Infatti, non mangiò nemmeno i popcorn. Ah ah.

Tutt’al più scolò bottiglie d’acqua a piccoli sorsi. Sennò poi tutte queste persone distinte e signorili sarebbero dovute andare in bagno, visto che il film dura infinitamente e cinematograficamente sazia parecchio ma, al contempo, bevendo così tanto, riempie anche le vesciche per pipì interminabili. Comunque, fra uno sparo e l’altro nel film, mi parve d’udire qualche schioppo sospetto. Ovvero qualche sottile flatulenza dovuta all’aerofagia. Ma peti comunque sempre rispettabili, sì, non troppo rumorosi. Ah ah.

Sul giornale, lessi che era doppiato, invece me lo sorbii di nuovo in originale sottotitolato.

De Niro m’è apparve gigantesco. Sia perché usa davvero i tacchi per sembrare più alto di quello ch’è, sia perché in molte scene è veramente grosso, iper-corpulento. Tant’è che, per l’adipe mista alla struttura muscolare del suo corpo senile ma ancora tosto, credo che durante le riprese soffrisse di colesterolo di due metri circa? No, sopra 200. Pare pure che abbia le gote gonfie come se avesse assunto del cortisone o, peggio, dei farmaci neurolettici.

Ve lo dico per certo. Non ficcatevi mai in corpo psicofarmaci come il Risperdal, Invega e porcate varie. Il vostro metabolismo ne risentirà. Assumeteli solamente se dovrete interpretare, di mimesi realistica, la parte di Frank Sheeran. Che fu, per l’appunto, un bisonte, un peso massimo.

I farmaci non servono a una minchia. Anzi, inibiscono la libido, alterano i testosteroni e, a forza d’ingoiarli, nel giro di pochi mesi diverrete un lottatore di sumo.

Per fortuna mia, dopo essere ingrassato come De Niro di Toro scatenato, sto velocemente tornando all’antica mia forma asciutta da Travis Bickle.

Tutto ne giova. Sì, assolutamente. Tant’è che volli immediatamente, dopo essere andato in bagno, entrare in sala poiché, alla vista di tutte le gran fighe in attesa d’entrare a vedere il film, vissi un’ormonale sauna.

Poi calarono le luci, altrimenti forse sarei stato denunciato per oltraggio al pudore e sarebbero calate solo le mie brache. Oh, avrei però incontrato il cugino di Russ Bufalino, interpretato da Ray Romano e lui m’avrebbe salvato grazie a un’arringa da Gregory Peck del Cape Fear di Scorsese. Ah ah.

Sì, comunque non è male come luogo… questo Odeon. No, non è come l’omonimo oramai decaduto ex cinema per adulti del quartiere Santa Viola ma è un posto ove, se non sai che cazzo fare a metà pomeriggio, qualcuna per farsi un film XRated si può trovare. Ah ah.

Comunque, era da tempo immemorabile che in tale cinema eccitante non mi recai. Mi ricordo che uno dei primi film che qui vidi fu Così ridevano di Gianni Amelio. Un film forse più tragico di The Irishman.

Sì, la storia di due fratelli emigrati al nord. Con un Enrico Lo verso che si sacrifica e si toglie tutto affinché suo fratello minore possa avere una vita migliore. Adora suo fratello e non vuole assolutamente che lui abbia una vita così dura come ebbe, forse ingiustamente, lui. Al che fa di tutto al fine che suo fratello possa diplomarsi al magistrale per garantirgli un futuro economicamente e socialmente più rispettabile del suo.

Il fratello però è parimenti troppo affettuoso nei riguardi del maggiore. Al che, Lo Verso/Giovanni ammazza un uomo ma suo fratello, Giuffrida/Pietro, si accusa di tale reato perché pensa che Giovanni abbia già sofferto abbastanza.

Insomma, una vita da Mio fratello è figlio unico. Ma non il film con Riccardo Scamarcio, bensì proprio da canzone di Rino Gaetano.

Sapete che io avrei dovuto chiamarmi Pietro? Ah ah. No, non scherzo. Infatti, all’anagrafe faccio Piero come secondo nome, modernizzazione di Pietro. Sì, avendo io origini meridionali, i miei genitori avrebbero dovuto chiamarmi, essendo il primogenito, peraltro figlio super unico a livello mondiale, infatti non esistono persone come me, cari fratelli della congrega, come mio nonno.

Mio nonno, Pietro, fu un uomo che non sapeva leggere, diciamo, benissimo. Però sgozzava le galline meglio di tanti fighetti bolognesi che s’attorniano di pollastrelle e fanno solo la fine di Joe(y) Gallo. Ah ah.

Intanto, oggi, già ieri lunedì 4 Novembre 2019, De Niro iniziò le riprese del suo nuovo film, After Exile.

La storia di un uomo che sbagliò tutto ma farà/fece di tutto per far sì che i figli non soffrissero/soffrano al pari di quanto lui patì.

Sì, De Niro rimane ancora il mio attore preferito.

The Irishman… voglio gustarmelo, libero da fighe fuorvianti, in casina. Quando lo ficcheranno su Netflix. Peccato che su Netflix non diano Casino.

No, non sono misogino come Sergio Leone di C’era una volta in America.

E non la penso come Francesco Alò riguardo il fatto che anche in The Irishman le donne abbiano un ruolo marginale.

Innanzitutto, è un film di gangster che fanno le prime donne, soprattutto Joe Pesci. Più permaloso di una con cui chattai ieri sera su Facebook.

Dopo tre parole, le scrissi che è un’ottima passerina e lei mi disse che sono un porcellino. Come lavoro, questa qui non è che faccia proprio la professoressa di Religione applicata alla Metafisica a Oxford, diciamo. Infatti, secondo me se la fa con tipi/topi come Russ Bufalino/Pesci. Sì, è viscidissima.

Meglio così. Avrebbe lasciato la sua puzza di Pesci, no, di pesce sul sedile posteriore della mia macchina come in un’oramai già famosa scena di The Irishman.

Anna Paquin è davvero una stronza. Non perdona suo padre per aver ucciso Al Pacino/Jimmy Hoffa. Che poi… lei si mette assieme a suo figlio adottivo, interpretato da Jesse Plemons ma, nella scena della festa, in cui per ben due volte balla con Al, lo va a raccontare a sua sorella, ah ah, che fra lei e Jimmy non fece la stessa cosa che fece Stephanie Kurtzuba in The Wolf of Wall Street con Leo DiCaprio.

Insomma Anna, pur di salvarsi da una vita di merda, diciamo che per facciata stette con Jesse e, dietro le quinte, con Al.

La Kurtzuba, invece, dopo aver leccato il culo al Berlusconi di turno, ovvero Jordan Belfort/DiCaprio, in The Irishman si salvò da una vita grama da modestissima cameriera, sposando Frank Sheeran. Uno che poté essere suo nonno.

Adesso, per farvi ridere, vi racconto questa.

Una donna su Facebook mi scrisse:

– Falotico, lei mi dice che mia figlia vorrebbe separarsi dal marito per frequentare lei. Lei è un fallito, mia figlia è, peraltro, sposata. Adesso, deve pensare solo a lavare le posate. Poi, deve andare a riposare.

– Lei, invece, è sposata?

– Sì, ma tradisco mio marito. Insomma, lasci stare mia figlia. Prenda me. Sono annoiata. Non so che cazzo fare.

– A me piace sua figlia.

– Mia figlia è sposata.

– Sì, ma sta divorziando. Suo marito è un violento.

 

Cioè, non capisco. La figlia è tenuta in scacco da una madre fedifraga che desidera il male del sangue del suo sangue?

E il matto sarei io?

Sì, a quanto pare, il marito della ragazza, sebbene sia un malavitoso cattivissimo, è un uomo duro e sua figlia ha bisogno di essere protetta.

Capisco…

Mah, adesso andrò al bar. Vedo se riesco a raccattare qualche Kurtzuba.

 

Epilogo per modo di dire. Non siamo neanche a metà del viaggio, cazzo

Finisco con quest’aneddoto biografico.

Via Mascarella, ove è ubicato l’Odeon, è una laterale di via Irnerio. Ove una volta c’era il negozio home video di Blockbuster.

Ha chiuso da tempo poiché lo streaming ha soppiantato il noleggio.

Lì vicino, invece, c’è però ancora lo Sferisterio della Montagnola, detto anche palestra Baratti.

Vi racconto quanto brevemente segue.

Quando frequentai la prima del Liceo Scientifico Sabin della succursale in via Broccaindosso, non essendovi la palestra, nella giornata di Educazione Fisica, noi della scolaresca dovevamo prendere l’autobus e recarci allo Sferisterio.

Un giorno, però, in una mattina piovigginosa e plumbea, l’insegnante di Educazione Fisica cambiò programma e andammo tutti alla Montagnola. Lui indisse una corsa per tutto il circondario della Montagnola.

Vinsi io. Presi pure nove.

Perché non dovete mai scordarlo. Sì, mi ammalai di gravissima depressione. Infatti, dopo aver mollato tutto, fu allora che divenni patito… di Taxi Driver e Interiors di Woody Allen.

Per me il tempo non esiste. Trovandomi in quei posti a me così tanto cari quando fui giovanissimo, è come se avessi vissuto un magico déjà vu.

No, non mi sento affatto vecchio come De Niro nell’epilogo di The Irishman.

Purtroppo, sono ancora belloccio.

Dico purtroppo perché mi sarebbe piaciuto davvero essere pazzo, brutto, scemo, rintronato o sfortunato.

Almeno, la vita sarebbe stata meno dura.

Invece, se fossi stato un idiota come molti oggigiorno, se fosse ancora aperto l’altro Odeon, vale a dire quello che programmò tanti porno, avrei campeggiato da stallone italiano sul cartellone a mo’ pubblicità della troiata in programmazione.

Sì, oggi gli attori e le attrici dei film a luci rosse vanno fortissimi.

Peccato che, come Scorsese, non mi sia sputtanato né affiliato alla mafia ma neppure abbia optato per una vita da prete.

Dunque, prevedo ancora molte gioie lungo il mio cammino ma anche altrettante inculate.

Questa è la vita di chi sa il fallo, no, il Falò suo.

Se non vi piace, fra poco più di un mese usciranno i cine-panettoni e a Natale reciterete la parte dei bravi zii falsissimi come Joe Pesci.

Ho detto tutto…

S’è fatto tardi. Ma non ho sonno.

Mi sa che scaricherò un film. Non so se western, poliziesco o un film diciamo non propriamente da Oscar con una (s)vestita da bagascia come la moglie di Pesci in The Irishman, sì, questa milf è uguale a Kathrine Narducci.

Donna terragna che pare molto ciuccia. Sì, eccome se ciuccia, miei ebetucci.75580377_10214880698433852_1927471190893395968_n74349036_10214880697673833_5635898661822005248_n

 

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JOKER, THE IRISHMAN e RICHARD JEWELL sono film complottisti? Ma che mi tocca sentire!


02 Nov

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Pazzo? No, purissimo pezzo goliardico e al contempo profondamente riflessivo, ilare e tragicomico

Voi tutti vi siete fissati con le teorie del complotto.

Per anni, soffrii di manie igieniche, lo ammetto. Che ci fu di male? Almeno, se mi toccavo, non prendevo malattie veneree. Ah ah.

In tanti credettero, però, che fossi Mel Gibson di Conspiracy Theory.

Al che pensarono, sempre malignamente, che fossi un ragazzino disturbato. E su di me fu praticato un sequestro di persona come al figlio di Nick Nolte di Ransom.

Sì, per via del fatto che non m’attenni ai cattivi stili educativi dei genitori altrui, i quali castrano i liberi arbitrii dei figli così come fa Nick Nolte di Cape Fear con Juliette Lewis, i miei coetanei addussero che prima o poi sarei diventato, per troppa rabbia, De Niro/Max Cady.

Poiché, essendomi estraniato dalla carnascialesca socialità di quelli della mia età, reputarono malinconicamente troppo ingenua e cremosa la mia purezza e, malevoli, sospettarono che la mia solitudine auto-inflittami fosse figlia d’una latente sociopatia che poi, un giorno, sarebbe esplosa come quella di Travis Bickle.

Ah, vedrai. Sarà furioso e violento con le donne!

Ma per piacere!

In tanti m’identificarono con Donnie Darko e mi diedero del vecchio come Al Pacino di Donnie Brasco.

So solo che, già all’epoca, sarei stato l’avvocato del diavolo per una donna angelicamente provocante più del demonio come Charlize Theron.

Oggi, molte ragazze mi guardano e mi dicono che io possieda un certo fascino alla Andy Garcia de Gli intoccabili. Dire, cazzo, che fui scambiato per suo figlio nel film The Unsaid – Sotto silenzio.

Ah ah.

Mi ritengo una persona spiritosa ma intellettuale come Robin Williams de L’attimo fuggente e cerco perennemente di guardare la vita da molteplici prospettive.

Invece, fui spacciato per Williams de La leggenda del re pescatore. Anzi, peggio. Per Robin di Hook e per quello di One Hour Photo. Cioè, un ragazzone guardone assai rosicone. Perfino per Robin Hood. Come no? Ovvero, il principe dei ladri. I ladri, secondo costoro, erano le mie varie personalità. Ah ah.

Sì, mi urlarono: non devi mentire a te stesso ma guardarti allo specchio e ammettere che, al di fuori di te e del tuo riflesso, caro fesso… sei solo come un cane. Sei un poveretto! Anche un perverso!

In poche parole, fui additato sempre frettolosamente per uno schizofrenico e per un ragazzo mal cresciuto molto instabile.

È assurdo tutto ciò.

Sì, secondo questi qua, personificai Mel Gibson dell’Amleto di Zeffirelli. Attentarono alla mia verginità e alterarono, di calunnie, il bellissimo rapporto angelico con la mia prima ragazza. Al che, quando divenni, sì, giustamente furioso come Mad Max in Interceptor, mi urlarono che m’avrebbero d’altre ingiurie asfaltato.

Ma dico? Non è bello essere belli come Leo DiCaprio e sapere che invece vieni creduto Leo di Marvin’s Room e di The Aviator. Anzi, peggio. Quello di Shutter Island.

Sì, si comportarono con me come Bob De Niro di Voglia di ricominciare.

Non ebbi mai Paura d’amare. Tant’è vero che ancora posseggo un carisma travolgente da Jimmy Hoffa e infondo linfa vitale a ogni uomo malpagato e avidamente sfruttato, umiliato e non protetto da nessun sindacato. Incoraggiandolo a ribellarsi come Pacino di Quel pomeriggio di un giorno da cani e Serpico.

Non vado da un ragazzo disoccupato a fargli la morale e a proporgli di fare del volantinaggio o, peggio, del volontariato. Lo incito solo a essere più volenteroso. Soprattutto più voglioso. Ah ah.

Mi diedero del pachiderma tonto come Sylvester Stallone di Cop Land ma ricevettero metaforici pugni allo stomaco più di Tommy Morrison in Rocky V.

Ma li perdono.

Sono ancora bello come Mickey Rourke di Johnny Handsome, ah ah, debordante e giocoso come Jim Carrey di Buguardo bugiardo, ah ah, sexy come Tom Cruise di Nato il quattro luglio prima di finire sulla sedia a rotelle ah ah. E non mi manca nessuna rotella, sono sanissimo come Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo, ah ah.

In effetti, siamo attorniati da malati di mente.

Qualcuno si credette un genio statista della Politica e mi confidò che voleva scrivere un libro profetico intitolato La seconda guerra fredda.

E io:

– Quale sarebbe? Quella dei tuoi ormoni? Mi pare che, a forza di pensare alla fine dell’umanità, non stai scopando molto. Guarda invece quella là. A me pare la fine del mondo, ah ah.

 

Sì, dopo le ingiuste polemiche su Joker, accusato dai puritani moralisti del cazzo e dai benpensanti della minchia di essere un film sovversivo, poche ore fa lessi pure che The Irishman traviserebbe la realtà.

Poiché Jimmy Hoffa non fu ammazzato da Frank Sheeran.

L’FBI invece ha appena denunciato Clint Eastwood, sostenendo che, in Richard Jewell, il regista di Fino a prova contraria, accusa le istituzioni d’aver distrutto un uomo.

L’FBI, secondo la prassi, doveva accertarsi di tutto.

Certo. Però, finiti i logoranti accertamenti, dopo aver appurato d’aver beccato una cantonata storica, la vita di Richard fu psicologicamente massacrata.

La mia, invece, è ancora intatta. Nonostante tutto.

Eh sì. In questi anni ne vidi tante…

Donne ricercatrici di biologia dalla doppia vita. Di notte, sono come Jennifer Jason Leigh di America oggi e di giorno delle adepte del fascismo antisemita di Salvini.

Sì, come no? Non starò a dirvi chi è ma ne conobbi una così. È sposata, era già sposata. Mi mandava foto di lei semi-ignuda per allentare la noia della sua vita coniugale.

Poi, il giorno seguente, urlava in comizio: per un’Italia libera e pulita, lontana da ogni puttanesimo, ripristiniamo i valori della patria!

Grazie alle sue intime conoscenze, oggi, è comunque arrivata… ah ah.

Cari colonnelli, mi sa che, per mettervi contro di me, avete davvero il cervello piccolo. Mi sta venendo… persino il dubbio che anche qualcos’altro abbiate piccolo…

– Che vuoi dire, ragazzo?

– Quello che ho detto.

 

Insomma, se siete brutti e invidiosi, mettete su la canzone ‘O Scarrafone.

Poiché io non so’ paz’ ma comunque sia non mi dovete più scassa’ ù cazz’!

Ah ah.

Finisco il pazzo, no, il pezzo così. Con una delle mie freddure micidiali in stile Clint Eastwood.

Un ragazzo spaesato e confuso va dal suo psichiatra e gli svuota piacevolmente l’anima, ottenendone un effetto catartico. O forse per niente. Ah ah.

– Professore, dottore mio, l’altra notte m’è successa una cosa sconvolgente. Ho parlato in chat con una ragazza.

– Ah, tutto qui? Cosa ci sarebbe di così traumatizzante in questo?

– Nulla di che, però c’è un ma.

– Dimmi. Spiegami il ma. Oppure il tuo malessere.

– Ecco, vede. Senta. Questa qui è una cinefila come me. Al che, dopo aver parlato per mezz’ora, intrigata dal sottoscritto, è andata a visionare le mie foto.

– Quindi?

– Ecco, lei mi dice… sai che sei un po’ matto? Ma è una pazzia colorata la tua. Assomigli a Modigliani/Andy Garcia de I colori dell’anima.

– Cioè, giudicandoti dalla faccia sua magrissima, scavata e stilizzata, questa ragazza ha creduto che morirai a soli 35 anni di tubercolosi? Oppure, voleva dirti che sembri un creativo un po’ fuori di testa? Ma fuori di testa-cretino, no, creativo in senso pittorico, anzi, pittoresco come Modì?

– Ah, non lo so, ah ah.

– Che cosa dunque t’ha turbato di questo paragone?

– Nulla, a dire il vero. Io però le ho risposto… con te, donna, vorrei usare il mio pennello a mo’ di acquerello sulla tua pelle.

– Davvero le hai detto così? Ma che sei matto sul serio? Non ti ha bloccato oppure telematicamente preso a sberle?

– Macché, psichiatra. Siamo figli di una generazione molto libera, diciamo. Alle ragazze fanno solo che piacere certe avance “figurative”. No, non sono come voi vecchietti. Non badano alle figuracce.

– Ah, capisco. Non mi piace che mi hai dato del rincoglionito ma sono stato giovane anche io, ci sta. Allora, che cosa ti ha doluto l’anima, carissimo?

– Be’, lei dopo questa mia proposta indecente molto sfacciata, anziché prenderla appunto malissimo oppure pigliarla a ridere con ironia, è stata molto seria, sa?

– Cioè?

– Mi ha detto che sono un bell’uomo con un’intelligenza superiore alla norma.

– Perché hai dei dubbi a riguardo?

– Un po’ sì.

– Comprendo benissimo, altrimenti non verresti da me.

– In verità, a volte sono consapevole della mia malattia, vale a dire la bellezza ed esserne amante in ogni sua forma artistica e anche figa. No, scusi, fisica. Sono belloccio, piacione e molto intelligente quando voglio. Soprattutto se la voglio.

– E dunque. Che cosa ti angoscia?

– Ripeto, sono bello ma avrei dei dubbi sul fatto che fra me e questa ragazza possa esservi un futuro economicamente soddisfacente.

Anche perché fra cinque minuti, caro psichiatra, il colloquio con lei finirà e io avrò pure 100 Euro in meno.

– Vorresti dire che non hai molti soldi e non puoi garantire a questa qui almeno una cena al ristorante e il cinema il sabato sera?

– Non volevo dirlo ma lei, essendo studioso della mente, conosce bene il portafogli.

– Non ti preoccupare. Ken Loach continua a fare film. Ti consolerai, guardando Bread and Roses.

 

Pazzo, no, pezzo sui tre capolavori cinematografici della stagione

Innanzitutto, partiamo da Joker. È un capolavoro? Sì o no?

Siamo al primo Novembre, giorno in cui si festeggiano i morti. E molti critici da strapazzo, per l’appunto, gli stesso che l’osannarono a Venezia, ora lo stanno uccidendo per fare i fighi. Poiché, si sa, fa figo dire la cosa controcorrente. Cosiddetta alla moda.

Joker è un grande film. Secondo me, ribadisco per l’ennesima volta, a costo di apparire ripetitivo e scontato, capolavoro lo è. Eccome.

Ma Joker, come tutti i capolavori, sta subendo il classico, inevitabile effetto boomerang.

Dopo l’immenso, sacrosanto clamore ottenuto al Festival di Venezia, ove è stato insignito di un meritatissimo Leone d’oro, ora i critici con la puzza sotto il naso dell’ultima ora stanno cercando il pelo nell’uovo.

Joker non vincerà l’Oscar come miglior film. Nemmeno Taxi Driver lo vinse.

Fra l’altro, Taxi Driver, pur andando benino al botteghino, non fece sfracelli quanto Joker.

La Critica è importante ma un ruolo predominante per l’assegnazione dell’Oscar lo gioca anche il pubblico.

Taxi Driver fu battuto da Rocky.

Taxi Driver, con tutto il bene e l’affetto nostalgico che possiamo volere a Rocky, è superiore alla pellicola di John G. Avildsen. Scorsese è un genio mentre il compianto Avildsen fu al massimo un buon regista con qualche pellicola di pregio. Allora perché vinse Rocky? Per quanto possa apparire incredibile. Avildsen all’epoca era più quotato di Scorsese. Tant’è vero che Mean Streets lo cagarono in pochi, solo la Critica di New York, mentre Salvate la tigre venne considerato erroneamente un capolavoro e Jack Lemmon vinse come miglior attore.

Poi, va anche aggiunto questo. Se gli Academy Award avessero premiato Taxi Driver, tutti i bastian contrari avrebbero affermato: ma come? Premiate un film sovversivo e inquietante, non dando invece l’Oscar a un film di buoni sentimenti?

Fatto sta che, se Joker è un capolavoro o no, lo sapremo fra dieci anni.

Oggi la gente si fa i selfie sulla scalinata in cui Arthur Fleck/Phoenix balla, emulandolo. Se fra una decade, la gente, dopo averlo rivisto di cinquemila passaggi televisivi, il mattino dopo entrerà in ufficio, imitando Joker, Joker sarà un capolavoro.

Passiamo adesso a The Irishman.

Francesco Alò è un ottimo critico. Altrimenti, non avrebbe scritto pezzi meravigliosi su Il Messaggero. Ma, nella sua video-recensione del film di Scorsese, è stato eccessivo per puro spirito provocatorio. Solo per attirare visualizzazioni.

The Irishman è davvero un capolavoro. Alò è stato estremamente superficiale. Perché mai ha detto, per esempio, che non ci si può affezionare a un tipo come Sheeran? Sì, non ce ne si può affezionare. È questo il bello della faccenda. Sheeran è un Forrest Gump al contrario. Attraversa cinquant’anni di storia americana e, alla pari di Tom Hanks, non fa una piega. Forrest Gump non capì però mai un cazzo mentre Sheeran, fin dapprincipio, capì tutto. Ma recitò la parte del fesso per non tornare in guerra. Non lo avevate capito? Alla fine, persino in punto di morte non vorrà tradire vigliaccamente sé stesso, non confessando neppure al prete di aver ucciso il suo unico, vero amico. Morirà con due enormi rimpianti. Quello di aver scelto l’amico sbagliato, Russ Bufalino/Joe Pesci, e quello di non essere stato in grado di aiutare sua figlia. Mentre però poté scegliere l’amico giusto e invece clamorosamente fallì, non poté invece aiutare realisticamente sua figlia.

Finiamo con Richard Jewell.

Io dico che è già capolavoro. Anche se non è ancora uscito. Clint Eastwood è un uomo molto, molto anziano. E sinceramente non ha più tempo né voglia di fare il biondo con Sondra Locke, la sua storica ex bionda. Da trent’anni a questa parte, a Clint piace svelare, con classicismo da uomo d’onore e classe immensa, le verità sepolte delle ingiustizie. Poiché, come Joker, non ha più nulla da perdere.

Termino il pazzo, no, il pezzo così. Mostro questo video a una ragazza e lei:

– Lo sai che, a tratti, assomigli sia a Johnny Depp che a Joaquin Phoenix, a Tom Cruise, a Bob De Niro e ad Eastwood da giovane?

– Sì, però da quel che vedo di te, tu non hai la faccia di quella che lo incassa.

 

 

di Stefano Falotico

HALLOWEEN: Venezia, la città del JOKER – Un racconto di Stefano Falotico e tutti a vedere THE IRISHMAN


01 Nov

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Dopo la parte divertente, ladies and gentlemen, dopo la mia brevissima esegesi su The Irishman, il pezzo forte.

Ovvero, un racconto di sublime fattura e melanconia pura.

Poiché, bambagioni, ricordate:

il Falotico sa essere battutista, grande autista e a volte nichilista, nei giorni no è un fancazzista, quando è triste diventa semi-autistico e sfodera espressioni da ebete come Ryan Gosling, ma è uomo nonostante tutto di carisma.

E scrittore trasformista. Che può servirvi una barzelletta da lui riscritta, recitata con far da poliedrico artista, ma anche un racconto gotico e al contempo barocco.

Il Falò non è un uomo ricco e, a differenza di quando fu infante, non è più riccio.

Eppure vive al di sopra di ogni squallido moralista, è un uomo iper-sensitivo che non ha bisogno di parlare come un qualsiasi deficiente logorroico e triste, sa porsi a un concettuale livello della realtà da lasciare annichiliti tutti col solo potere dei suoi denti ingialliti e del suo fascino da uomo giammai finto né ancora coi capelli tinti.

Non lo fate incazzare, pensando che sia un coglione perché, altrimenti, da apparente quasi handicappato, diventa qualcosa che nessuno aveva previsto.

Venezia, la città del Joker

Come molti di voi, cinefili appassionati e amanti della più roboante, fulgida Settima Arte smagliante, sapranno, alla 76.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, fu presentato Joker con Joaquin Phoenix.

Ecco, io fui tra i fortunati ad assistere all’anteprima stampa di tale magnifica pellicola giustamente incensata dalla critica, già amatissima dal pubblico e in vivida, squillante rampa di lancio per sbaragliare la concorrenza alla prossima edizione degli Oscar.

Poiché, dopo una fila interminabile, dopo un’attesa spasmodica di proporzioni disumane poiché, febbricitante ed eccitato, elettrizzato e ammantato dal sole furentemente abbacinante dell’ultimo cocente giorno d’agosto atmosfericamente assai rovente nel quale, di première mondiale molto eccitante, Joker fu proiettato, sudai accaldato e d’anima piacevolmente accalorata fra la calca degli spettatori allineati dietro le transenne ad aspettare che le maschere strappassero i nostri biglietti, fremendo nervosamente esaltato nell’essere già incoscientemente consapevole che avrei visionato un film immediatamente annettibile alla storia del cinema più emozionalmente sfolgorante e indimenticabilmente eterna, radiosamente conturbante.

Tanta mia infinita, sudata attesa non fu affatto delusa. E, a proiezione terminata, di Joker rimasi ipnoticamente estasiato.

Un capolavoro sostenuto da una superlativa prova attoriale di un Joaquin Phoenix monstre, spaventosamente bravo e, in ogni senso, paurosamente magnetico.

Capace d’infondere al suo personaggio tutte le imbattibili, malate afflizioni di cui innatamente soffrì imperituramente, capace di trasfondergli tutta l’esiziale sua dannazione tremenda, tutta la sua lancinante flagellazione atroce e la commovente disperazione di un uomo che, dopo un’immane solitudine sin troppo dolorosa, dopo tanti suoi romantici e al contempo disperati patimenti strazianti, risorse feroce, erigendosi nella gloria apoteotica d’una vendicativa rinascenza stupenda, furibonda, ambiguamente armonica e spietatamente catartica.

Finita la proiezione, dopo la standing ovation sacrosanta tributata a quest’epocale pellicola già storica, dopo il doveroso tributo riservato a questo fortissimo instant classic oramai già considerabile come un’indelebile pietra miliare meravigliosa, passeggiai in lungo e in largo per il Lido veneziano.

Dunque, ancora avvolto dall’alone del magico incanto trasmessomi nell’anima da tale pellicola straordinariamente romantica e vigorosamente stupefacente, a passo felpato, discretamente ritornai nella mia camera d’albergo.

M’assopii per molto tempo e, al mio risveglio, con mio sommo stupore m’accorsi che il tramonto già declinò nella cupezza spettrale della notte più fonda e ancestrale.

Al che, dopo essermi sciacquato il viso, dopo essermi adeguatamente pettinato e rassettato, con enorme compostezza ed energica spavalderia, uscii dalla mia camera per immergermi nuovamente tra le fioche luci intermittenti e sottili d’una notte veneziana misteriosamente tenebrosa. Che illuminò il mio cuore di nuovi, impennati, inaspettati, emozionali bagliori e onirici, esistenziali turbamenti imprevisti, accarezzandomi di soavi, tetri torpori e di delicatissimi, emotivi languori bellissimi.

La strada era assolutamente deserta. Come se fossi precipitato in un film di zombi ambientato in laguna.

Mi fermai a una fontanella e bevvi ogni goccia zampillante d’acqua limpidamente sgorgante, sorseggiandola fra le mie labbra insecchite dall’afa di quest’arida notte dai lineamenti mortiferi e poco raggianti.

Quindi, mi sedetti a una panchina. Situata nel mezzo di un parco desolato, avvolto dalle rifrangenze rarefatte dei raggi lunari mescolati alla flebile illuminazione di antichi, rustici fari.

Sprofondai nella più mistica contemplazione, rimembrando i miei inquietanti trascorsi. Rivivificandoli nel fulgore melanconico d’una sopravvenuta, mnemonica rinascenza fervida.

Poiché, nella leggera rievocazione del mio ondivago, turbinoso passato enigmatico, sentii accendersi dal profondo della mia anima fremente lo scalpitio e il potente vibrare d’ogni mio apparentemente appannato, dimenticato ricordo che credetti d’aver nel mio inconscio per sempre seppellito, d’aver sigillato e inconsapevolmente rimosso, d’aver segregato nel mio cuore inabissatosi nella più nera dimenticanza torpida. Imprigionato come fui tra gli anfratti ingannevoli dell’amnesia più criptica, obliante ogni mia addolorante ansia che però pensai d’aver definitivamente vinto nel mio spensierato presente sereno, poco rischioso e non più meschino, in verità ancora poco lindo.

Risentii, con vigore e vivissimo dolore, le emozioni persesi fra i meandri felici della mia apparente, attuale, immacolata lindezza cristallina, rivivendo immantinente, nel ricordo più a me ferente, i tempi assai bui in cui, invece, prima di evolvermi a ritrovata, sfavillante vita rigeneratasi, mi smarrii e angosciai come il personaggio di Joker, eclissandomi tristemente nel perpetuo, ectoplasmatico, mortificante tormento.

Oh sì, m’assonnai nel disincanto e nell’amarezza, trafitto da perenni, estenuanti dubbi amletici e avvinghiato da paure permanentemente preoccupanti.

Celandomi nel silenzio più terrificante, triste e agghiacciante.

Come Joker, son qui adesso a Venezia. Una Venezia deserta in cui non passa anima viva, rischiarata da un plenilunio fluorescente e luminosamente flebile, ai piedi d’una luna piena che coi suoi teneri, morbidi riflessi, ogni mia trascorsa sofferenza illanguidisce e coccola come un bambino allegro che ride, giocando col dondolo.

Infatti, alzando gli occhi al cielo, da lassù, questa luna gioconda vedo brillare e mi sembra che il suo volto ovale sia stranamente truccato dalla cosmesi decorativa dei suoi indistinguibili, luciferini, indistinti eppur profondi crateri che l’umanizzano in una parvenza da sinistro viso demoniaco simile a quello d’un pagliaccio scuramente ridente.

Qui, solo a Venezia, mi sento come il clown Joker, impallidito dall’era mia trascorsa in cui giacqui nella brace della mia insanabile ira primordiale che, dalle tenebre del mio passato a me stesso ignoto, sta forse armoniosamente corroborandosi e intonandosi alla maschera più vera del mio innato ribelle dannatamente sincero, sta dipingendomi nella svelata bellezza pindarica della mia anima colorita, pregna e intrisa di tante contradditorie, giuste emozioni variopinte, un’anima che, per troppo tempo, ingiustamente punendosi e colpevolizzandosi senz’alcuna ragione concreta, si dissipò nella tetraggine per colpa di tanti miei incontri sbagliati e a causa della viltà crudele di tanti amici infingardi e assurdamente maligni.

Qui, nello scroscio pacato della mia riagguantata acquiescenza, sulle rive della mia perennemente tormentata, mai terminata fanciullezza assai poco moderata, invero spesso molto opaca e da mille dubbi nella spensieratezza, da me dilapidata, amaramente obnubilatasi, rifletto sulla mia adolescenza oramai andata, soventemente dai bulli e dagli invidiosi scalfita e sbudellata, da me stesso bistrattata, destrutturata, oscurata, vilipesa e odiata, auto-ingannata o soltanto vigliaccamente stigmatizzata a causa solo della mia troppo verace, vivace e vorace, nevrotica ilarità smodata.

Cosicché, al tintinnare di questo primo sole di settembre, inebriato dalle mie invitte, intatte emozioni squinternate, penso che or andrò a cercare un bar ancora aperto, nonostante l’ora assai tarda.

Per bere un liscio caffè forse macchiato caldo come la mia anima nuda e cruda e la mia carnagione cangevole, oggi bianchissima, domani scura, come il mio carattere adesso fermo e deciso, in futuro ancora ballerino e poco sicuro, come la mia stramberia da uomo ex smidollato, permeato e adombrato da umori assai mutevoli e maculati.

Son un uomo fuggevole, a tratti amabile come la gustosa, estatica leggiadria d’una donna fascinosa col suo irresistibile profumo fragrante e dolcemente avviluppante.

Mi sento un commediante, un comico fallito, un uomo rinato, forse qui a Venezia il Joker reale, persino regale, sono io.

Lasciatemi dunque ammirare il mare adesso in burrasca e, ripensando alla follia inutile del mio disordinato, giullaresco, penoso passato, fate sì che pienamente comprenda che le tormente del mio essere stato naufrago della mia buffa esistenza sono solamente, ora che è finita la tempesta, sciocche inezie a cui porgere un sorriso beffardo.

Poiché la vita di noi tutti è ridicolmente farsesca e siamo tutti dei Joker che aspettano l’onda vincente d’un grande sogno spumeggiante nell’alta marea infinita dei nostri mille, umanissimi abissi.

 

di Stefano Falotico

Leo Gullotta doppia Joe Pesci in THE IRISHMAN: ogni volta che vado a Roma, divento Mio cugino Vincenzo


29 Oct

vincenzo pesci tomei

Sì, sarà Leo Gullotta a doppiare Joe Pesci in The Irishman.

Se possedete Netflix, potete già gustarvi il doppiaggio di Gullotta nel trailer. Su YouTube ancora non vi è!

Ora, il doppiatore storico di Joe Pesci è stato Manlio De Angelis. Peccato che Manlio sia morto nel 2017.

Negli ultimi anni, non c’è stato bisogno di doppiare Joe. Dato che s’era semi-ritirato.

Facciamo però chiarezza. Pesci è stato doppiato in Toro scatenato da Piero Tiberi, no, non da Tiberio Timperi. Questo doppia solo Francesca Fialdini. Eccome se fa la doppietta.

Lei invece fa un po’ la tr… tta e allora Tiberio con lei non va più a cenare in trattoria.

Francesco Alò invece, stroncando l’interpretazione di De Niro e il film di Scorsese, ha detto che il personaggio di Robert va avanti nel film come un trattore.

Ma torniamo a Leo. No, non DiCaprio. Sebbene Scorsese e DiCaprio, secondo me, si amano segretamente.

Gullotta doppiò Joe anche in C’era una volta in AmericaMoonwalker e Mio cugino Vincenzo.

Ecco, io ho visto The Irishman al Festival di Roma. Ma non ho voluto saperne d’imbucarmi alle feste.

Sono come Rust Cohle/Matthew McConaughey. Ove sento puzza di bruciato, cioè di porcume e troiai, divento nichilista e m’ottenebro nella malinconia. I carnai, la frivolezza, le carnascialesche dolcezze mi ripugnano, mi repellono e le odio senza malincuore.

Scorsese è sempre stato scisso fra due poli agli antipodi, ovvero i preti e i gangster. Non uso il plurale di gangsters perché voglio italianizzare. Sì, lo stesso Scorsese ha più e più volte ribadito che, se non si fosse realizzato come regista, avrebbe purtroppo optato, giocoforza, per queste due scelte. Lo “auto-biografizza” anche Jack Nicholson nell’incipit di The Departed.

Scorsese, difatti, entrò in seminario e, se non avesse avuto voglia d’incontrare una donna, semmai per inseminarla, oggi probabilmente sarebbe in un monastero alla Silence oppure dietro le sbarre. Poiché i criminali, prima o poi, la pagano.

Roma è piena di zoccole.

Per dirla alla Pesci di Casinò, ce ne sono un fottio. Ah, pensano solo a (s)fottere, tutte incipriate e, per l’appunto, in tiro. Rifatte, strafatte, a volte strafighe, non lo metto in dubbio ma spesso e volentieri sono solo delle sfigate in cerca dei flash dei paparazzi per essere immortalate come imbalsamate per quattro voyeur rimbambiti.

Gente oramai andata, fottuta completamente. Che s’illude di essere felice solo perché ha i soldi in banca. Poveretti. Gente che col Cinema non ha niente a che vedere ed è infatti meglio che ne stia lontana e non lo veda. Persone che non hanno pathos nell’anima, hanno esistenze piatte. Monotematiche, monolitiche. Fatte, per l’appunto, solamente di soldi a palate rifilati per corrompere qualcuna che non sia suora ma a loro su(p)ina di rosolata, elargita patatina.

Come no? Roma è il cul(t)o per eccellenza di questo puttanaio. Starlette perfino con brutte tette che scosciano in passerella quando non sono belle passere ma hanno solamente la tessera d’accreditate poiché l’unico credit da loro esibito è averla registrata come Belén Rodríguez.

Sì, l’unico film di successo della Belena è stato il suo porno casareccio d’impuro sesso.

Per il resto, piattume totale, encefalogramma d’ameba, cosce d’indubbia, ottima fattura ma, stringi stringi, Belena vuole solo la confettura. Eh, diciamocela, porca puttana.

Senza peli sulla lingua. A proposito, nel suo porno non si vede se sia pelosa sull’inguine.

Sì, Belena non mangia le linguine allo scoglio poiché deve mantenersi in linea… coi canoni non della Rai ma di Mediaset.

Natale in Sudafrica! Eh sì, se l’è sudata questa sudamericana a botte di darla in maniera extralarge su body servito all’uomo accalorato-medio italiano che la deve chiedere sempre.

No, non sono un moralista. Sono pieno di porno in casa. Ma almeno sono porno veri. Non sono film con attrici che vogliono prendere da tutte le parti. Sono almeno attrici deliziose nel prenderlo dappertutto senza remissione dei peccati.

In Italia invece molte donne vogliono la vita moralmente rispettabile da Tú sí que vales per fare pure le brave bambine in Don Matteo.

Incredibile! Qui ci vorrebbe il grande Terence Hill dei bei tempi, ovvero de Lo chiamavano trinità. A queste sberle vanno dati solo calci in culo.

No, io ogni mattina, prima d’approdare all’Auditorium, andavo alla caffetteria Briò Bistrot, ubicata in Piazza Apollodoro.

Praticamente, ho stazionato più lì che in albergo. Ho scolato cinquemila caffè, osservando stomachevoli coppiette sposate intente a litigare fra un primo e l’altro disgustoso, giovani intraprendenti cinefili impegnati a scambiarsi opinioni da ignoranti, sedicenti intellettuali soltanto sedicenni e critici capaci di esegesi magnifiche ma inetti perfino a ordinare un dessert.

Sì, persone che conoscono a memoria tutti i film di Scorsese ma scambiano il ketchup per la maionese e un cappuccino schiumoso con la crème de la crème delle persone che leccano pur di guadagnare 3 Euro in più, cioè gente che a loro volta fa venire la diarrea più di un quintale di profiterole.

Approfittatori!

Sì, sono di Bologna ove le lasagne vanno forti. Ma volevo assaggiarle a Roma. Superbe, con una besciamella che non abbisogna della profilassi per saziarti.

Come dico io, l’appetito vien mangiando. Chi ha i soldi ne vuole fare di più per farsene di più.

Di mio, non ho molta fame. Ma le lasagne mi piacciono. A te invece, donna bagascia, non piace quella cosa altrettanto bianca e densa che ingoi, ti schifa ma lo fai perché lui possa pagarti la cena.

Ah ah.

Poi, durante un pomeriggio super noioso, mi son incamminato per tutta via Flaminio, fermandomi al Caffè dei Carracci.

Sì, avevo finito le sigarette e questo bar è fra l’altro l’unica tabaccheria in zona.

Proprio mentre stavo per entrare, ho avvistato una faccia che, parafrasando Totò, non m’era nuova.

– Davide?

– Sì, chi sei?

– Sono Stefano.

– Stefano Falotico, certo. Abbiamo pure scritto assieme questo libro, Nel neo(n) delle nostre avventure (per caso c’è l’allusione al neo di De Niro? No…).

– Non mi hai riconosciuto?

– All’inizio, no, sinceramente.

 

Onestamente, nonostante parliamo da anni su Facebook in chat, non ci siamo mai visti dal vivo.

Ah ah. Questa è splendida.

– Davide, che ci fai qui? Siamo lontani dall’Auditorium.

– Sono venuto qui per comprare le sigarette della Marlboro. È l’unica tabaccheria della zona. Tu, invece, come mai qua?

– Sono venuto a comprare le sigarette della Chesterfield.

 

Ah, su Roma avrei da raccontarvene tante.

Tanti anni fa, un tizio, il quale su FilmTv.it si faceva chiamare Ragiontravolta, m’invitò a una festa assieme a una di nome Cristina.

Tale Cristina all’epoca era presa da me. Credeva che fossi un grande talento letterario.

Mi propose un favore sessuale. Sì, se mi fossi accoppiato con lei, mi avrebbe raccomandato per la Guanda.

La mandai a farselo dare nel culo. Preferisco rimanere un panda. Sì, sono un essere in via d’estinzione. Lei mi rispose che dovevo crescere e io le ribadii che non doveva rompere le palle.

Al che, partirono pettegolezzi, notti d’imbrogli e sotterfugi. Lei in combutta col Ragion a farmi scherzetti, a telefonare a una tipa, dicendo che c’eravamo incontrati e che io ero stato a letto con lei.

– Non è vero.

– Le dico che è vero. Come fai a smentirmi? Ho la foto di noi assieme.

– Non dimostra nulla quella foto. A chi la mandi?

– A lei.

– Non ci provare.

– Non sei venuto con me e ora ti rovino la vita.

 

Sta qui era pure in confidenza virtuale con un pazzo purtroppo di mia conoscenza. Che la invogliava a deridermi. Della serie scema e più scemo.

Quello che Alò non ha capito è questo. Afferma che non ci si possa affezionare a Frank Sheeran.

Perché è un uomo inutile… Però la scena in cui ammazza Joe Gallo è terrificante.

Di mio, l’altra sera son stato al Gallo Garage. Ho anche il ciuffo di banana.

di Stefano Falotico

gallo garage

JOKER & THE IRISHMAN sono i due capolavori dell’anno, i film che valgono davvero tutta una vita


27 Oct

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Serata pallida, tendente al falotico e al fantasmatico, allineata al mio essere lunatico. Una serata contorta, arabesca come un racconto grottesco di Edgar Allan Poe.

Camminando per le strade di Castel San Pietro Terme, ho riflettuto sugli Oscar. Allupandomi nel prendere maggiormente coscienza che due dei miei attori preferiti in assoluto, ovvero i camaleontici e polivalenti Bob De Niro e Joaquin Phoenix, si contenderanno lo scettro di Best Actor. Rispettivamente per The Irishman Joker.

V’è però un terzo, inaspettato incomodo che, a detta degli allibratori statunitensi, potrebbe essere l’outsider numero uno, ovvero Adam Driver.

Secondo me, uno degli attori più insulsi della storia. Uno con le orecchie da Dumbo opportunamente dissimulate sotto una coltre di capelli lunghissimi, uno con la faccia anonima da ferrotranviere e autista di autobus. Paterson docet.

Invece, ci sarà Pattinson nel sequel di Joker? Mentre Zazie Beetz si riciclerà come emula di Halle Berry nei panni di Catwoman?

A proposito di De Niro/Murray Franklin, Todd Phillips lo resusciterà nel seguito, assegnandogli la parte del maggiordomo di Batman?

Sì, lo vedrei bene. Imbalsamato. A servire e riverire Robert Pattinson. Uno che, dopo Twilight, non avresti mai creduto che un giorno avrebbe lavorato con David Cronenberg e col regista della trilogia del Cavaliere oscuro, Christopher Nolan. Un regista che comunque è più sopravvalutato di Jennifer Lopez.

La Lopez, indubbiamente, è una bella donna. Ma, secondo me, le puzzano i piedi. È un mio sentore, scusate.

Poi, ve lo vedete uno come me con una tamarra di origini portoricane a ballare la salsa della maionese da lei gettatami addosso in un orgasmo allo zabaione?

Sì, J. Lo mi ha sempre dato l’impressione di essere una che fa all’amore in maniera gastronomica. Una donna dai buoni polpacci che, mentre amoreggi con lei, ti chiede di pazientare un attimo perché deve magnare, fra un bacio e l’altro, una polpetta al sugo.

Insomma, sono un esteta, un uomo di gusto che disgusta una così.

Assomiglio a Clint Eastwood di Debito di sangue. Un uomo col cuore di una donna.

Dunque, non mi vedo proprio assieme a una come la Lopez. Oltre al suo culo, che puoi avere? Le serate delle movide con gente che sbraita in un discopub con le patate in mano e sguardi arrapati da uomini sanguigni dai coloriti al ketchup poiché, tutti accalorati, ballano una danza latinoamericana con una fruttivendola raccattata al mercato delle sguattere? Il cui massimo interesse è cucinare saporitamente una pizza capricciosa c’a pummarola ’ncoppa? La cui più approfondita lettura sono i prezzi dei fagioli Borlotti sui volantini della Coop?

Ma per piacere.

Mi spiace dirlo. Più ritorno nella realtà, più divento apatico. È quando me ne estraneo che vivo al top.

La gente è noiosa e prevedibile. Se non hai un lavoro, ti tratta da nano, se invece hai un lavoro da diecimila Euro al mese, ti tratta da stronzo.

Se stai con una come Jennifer Lopez, ti tratta da burino, se stai con Robert Pattinson, pensa che tu sia suo fratello di Good Time. Vale a dire Benny Safdie. Che in questo film, per l’appunto, recita la parte del ragazzo disturbato e tonto, nella vita reale è assieme al fratello non solo il regista del bellissimo suddetto film ma anche di Uncut Gems. Una delle pellicole meglio recensite della stagione. Con protagonista un altro che recita la parte dello scemo ma è in verità un mezzo genio.

Cioè il sottoscritto, ovvero Adam Sandler. Ah ah.

Sì, da tempo immemorabile sulla mia persona è stato allestito un delirio da parte di gente certamente poco dotata.

Appena abbandonai il Liceo Scientifico, tutti pensarono che fossi affetto da qualche patologia mentale.

Semplicemente perché cominciai a innamorarmi del Cinema di Martin Scorsese. E, mentre i miei coetanei giocavano agli “sparatutto”, ascoltando gli Oasis e sognando di fare sesso con Stella Martina, io me ne stavo in casa a registrare tutti i film con Maruschka Detmers, Sophie Marceau ed Erika Anderson di Zandalee.

Ora ho fatto passi in avanti, non vi preoccupate.

Sono cresciuto. Ho la casa invasa dai dvd dei film con Kendra Lust, Brandi Love, Lena Paul, Karla Kush.

Le mie preferite comunque rimangono le quasi pensionate e stagionate sorelle Ashley e Angel Long, Sammie Rhodes e Kaylynn.

Sì, passeggiando per Castel San Pietro Terme, m’è scesa una profonda tristezza. Ho visto tante coppie sposate, mano nella mano, uscire dal cinema Jolly ove proiettavano Joker.

E mi sono chiesto: domani che sarà domenica, faranno un picnic alle pendici di un’altra città medioevale?

Con lui che, fra un toast e un panino con la “mortazza”, si ecciterà nell’ascoltare alla radiolina il campionato di serie A e lei che, annoiata dal suo comportamento menefreghista, tentando di scacciare la frustrazione nel sapere che, il mattino dopo, dovrà ricevere il mobbing dei suoi colleghi di lavoro, si “sintonizzerà” su Instagram per inserire commenti sgarbati alle attrici di Hollywood?

Del tipo: sono più bella io, troia!

 

Poi, nella lunga camminata, ho avvistato una coppietta di fidanzatini. Lui pareva un castrato da genitori che lo vogliono avvocato, lei sembrava uscita da Westworld.

Dinanzi a tale umanità agghiacciante, ho recitato ad alta voce tutti i pezzi migliori dei miei libri.

Consapevole che, di fronte a un mondo di cerebrolesi e lobotomizzati, neanche la psichiatria potrà salvarli dalla mediocrità. Anzi, peggioreranno pure.

Assumeranno farmaci portatori di “benessere”. E passeranno la vita a urlare che Martin Scorsese è un genio quando di Scorsese hanno visto solo The Wolf of Wall Street. Che è il suo film più brutto.

Ma non perdiamoci dietro agli stupidi.

Sono sempre più convinto di essere Jude Law di The Young e The New Pope.

Anche chi sta imparando a conoscermi n’è sempre più convinto.

So che può apparire irrazionale tutto ciò e mi darete del matto.

Ma come vi spiegate che, due giorni prima della morte di Ayrton Senna al circuito di Imola, io profetizzai la sua morte?

Così come vaticinai che Joker avrebbe vinto il Leone d’oro un anno prima di vincerlo quando tutti sostenevano che sarebbe stato una stronzata, scegliendo invece come nome del mio canale YouTube proprio JOKER Marino?

Non esistono spiegazioni razionali per tutto questo.

Esistono, va ammesso, persone diverse, sensitive, forse figlie di un altro mondo.

Ciò può turbare, scioccare, scandalizzare ma non ci sono spiegazioni scientifiche che tengano.

 

di Stefano Falotico

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