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JOKER & THE IRISHMAN: quanti problemi che vi fate sull’esegetica, l’ermeneutica, la semantica dei film e della vita, imparate da Woody Allen e da Sharon Stone


26 Oct

sharon stone stardust memories

Sì, in passato odiai Woody Allen.

Perlomeno, per allietare le mie notti alterate e solitarie da lupo mannaro alla Arthur Fleck, nei miei pomeriggi opachi ubicati nell’asfittica Bologna, prendevo la macchina e mi recavo al videonoleggio Balboni. Pian piano, noleggiai tutti i film di Woody Allen.

E, spaparanzato sul divano, me li sparai uno dopo l’altro, a raffica. Dal primo all’ultimo in ordine rigorosamente cronologico.

Sebbene all’epoca giocassi ancora a Calcio, dunque se mi riflettevo allo specchio, vedevo un ragazzo con dei buoni quadricipiti e col fisico muscolosamente asciutto, debbo ammettere che già accusavo i primi sintomi delle riflessioni suicidarie di Allen in Manhattan.

Similmente alla celeberrima scena in cui Woody, sul divano, elenca le cose per cui valga la pena di vivere, io inserivo al primo posto le cosce di Sharon Stone di Basic Instinct. Sognando di ciucciarmela col mio wurstel alla Wudy sul letto nel quale, in quel momento, ero mezzo distrutto e psicologicamente a pecora.

Cioè cotto più di un salamino? No, di caldo hamburger. Ah, pur di fare all’amore con Sharon di quei tempi, avrei preso il primo aereo per Amburgo. Ma in verità ero solo nel film di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino.

Sì, alla stessa maniera de La rosa purpurea del Cairo, immaginavo la mia Sharon che, alla Videodrome di Cronenberg, mi rendesse James Spader di Crash.

Sì, con Sharon sarei anche un pervertito. Ma forse lo sono… con Sharon di Sliver. Ah ah.

Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Posso essere o no William Baldwin di Fuoco assassino?

Sì, credo di averlo preso sempre in quel posto ed è stata dura trovare un posticino.

Grazie alle mie intime conoscenze con una persino più figa di Jennifer Jason Leigh, sono sbattuto da qualche parte. Ah ah.

Ma mi sono salvato comunque grazie a un gesto eroico da Steve McQueen.

Quando tutti non hanno avuto le palle per ribellarsi a questo mondo di bulli, io mi sono immedesimato in Clint Eastwood di Gran Torino. Non sono morto ma mi hanno semi-internato.

Vivo forse in un seminterrato? Oppure ogni rabbia repressa ho dissotterrato? Su tale dubbio amletico, vi lascio riflettere mentre salvo subito in download tutte le scene più hot della Stone da celebritymoviearchive.com.

Sito che anche voi dovreste ficcare tra i preferiti. Poiché, quando passerete la notte in bianco, vi basterà cliccare sul video in VLC e tutto si raddrizzerà.

Ah ah.

I bulli però hanno fatto la figura dei maiali. Ed è quello che più m’importava. È inutile che provino ancora a etichettarmi come si fa col prosciutto. Sono carne cruda e io li ho spellati.

Ah, rimembro quelle Stardust Memories delle mie celate, nient’affatto gelate, fantasie proibite su Sharon dei miei trascorsi Radio Days.

Quando non esisteva Instagram e potevo gustare persino Kundun di Scorsese senza incappare nelle fotografie arrapanti di modelle che, oggigiorno, hanno massacrato ogni mio buon proposito da Dalai Lama.

Sì, noi uomini non possiamo stare tranquilli. Accendi Instagram per vedere, sulla pagina ufficiale di Martin Scorsese, le foto della prima di The Irishman e ti capita di scorgere in passerella quella passerona di Juliette Lewis.

Un po’ invecchiata e liftata ma indubbiamente ancora assai bella per noi fringuelli. Ah ah. Va tutta impomatata!

Al che, per non turbarti, non accendi nemmeno più la tivù. Tanto in televisione sono tutte oramai mezze nude.

Peccato che, nel mentre di tale tua resiliente ascesi da John Rambo dei poveri, una tua conoscente ti mandi un’erotica foto mozzafiato di lei in bikini su una spiaggia esotica assieme al suo nuovo fidanzato di colore. Sostanzialmente di calore.

A Bologna è inverno, lì invece, a quanto pare, è estate torrida. E lui con lei è super solare a mezzogiorno.

E dire che ho disdetto il mio abbonamento a tutti i siti porno di sesso interraziale fra un mandingo e le figone bionde.

E dire che mi sono sorbito tutte le vostre disamine e le vostre folli elucubrazioni sui significa(n)ti reconditi, metaforici e non, perfino su un semaforo attorniato da luci al neon, in stile Taxi Driver, di Joker.

Inoltre, pochi giorni fa, al Festival di Roma, mentre ho fatto la fila per vedere The Irishman in sala Petrassi, ho dovuto sentire uno che, dietro di me, ha affermato che Scorsese ha potuto realizzare questo film solo grazie a Netflix.

Poiché Netflix ha avuto il coraggio d’investire tanti soldi su un capolavoro del genere.

Peccato che costui abbia definito The Irishman un capolavoro ancora prima d’averlo visto.

Peccato che costui era affiancato da una bellissima donna, probabilmente la sua, che preferisce i cinecomic, peccato che codesto personaggio forse, qualche ora dopo, avrebbe visto Scorsese in conferenza stampa.

Ma non saprà mai chi è Scorsese. Semplicemente perché Scorsese è Scorsese, Woody Allen è Woody Allen, Stefano Falotico è Stefano Falotico.

Vedo molte persone disperate.

Nella loro vita, non funzionò il cosiddetto piano A, al che si diedero al piano B ma risultò fallimentare pure questo. Hanno scelto l’opzione C, cioè chiedere l’assistenza sociale. Anche condominiale. Ah ah.

Quello che posso dirvi è questo, amici:

di mio, abito al quarto piano.

Basta che funzioni.

Cosa?

L’ascensore?

Eh certo, l’ascensore, no?

Che minchia avevate capito? Ah ah.

Vi lascio con una mia barzelletta alla Woody Allen.

Una donna va dallo psichiatra:

– Dottore, non ho capito un cazzo della vita. Non me la godo proprio.

– Ah, capisco. Dunque lei è una suora?

– No, sono un’insegnante di Educazione Fisica. Perché?

– Niente, per chiedere. Dobbiamo entrare in intimità di transfert.

– Siamo sicuri che lei sia uno psichiatra? Non è invece un pornoattore?

– Signora, sono la stessa cosa.

– Cioè?

– Uno psichiatra crede che ogni conflitto psicologico dei pazienti parta inconsapevolmente da un adulterato rapporto con una sessualità irrisolta a livello inconscio.

Dunque, lo psichiatra stimola le cosce per incassare la porcella. No, mi scusi, volevo dire la parcella.

Non c’era ancora arrivata?

La faccio arrivare io.

 

Ebbene, adesso vi sarà uno spoiler. In The Irishman, De Niro ammazza Al Pacino/Jimmy Hoffa. Spoiler per modo di dire.

Davanti al prete all’ospizio, prima di aspettare di morire, De Niro fa capire al prete che forse ha un solo rimpianto in vita sua.

Non rimpiange di essere stato un assassino e un criminale, non rimpiange forse neppure di aver tradito la fiducia di sua figlia.

Rimpiange di aver ammazzato il suo unico amico.

Ma è stato costretto. Perché, altrimenti, la mafia avrebbe ucciso lui.

Se non è un capolavoro questo, certamente non lo è nemmeno Io e Annie.

Ecco, la lotta per l’Oscar come miglior attore sarà fra Joaquin Phoenix e De Niro.

Come miglior film, Joker appare decisamente sfavorito rispetto a The Irishman e a C’era una volta a… Hollywood.

Comunque, tre film sul mondo.

Un mondo che non c’è più. Nel bene o nel male.

Macellato dal cinismo, dall’arrivismo, dalle solite regole di potere.

di Stefano Falotico

THE IRISHMAN di Martin Scorsese | Video-recensione del film con ROBERT DE NIRO, AL PACINO, JOE PESCI


24 Oct

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Lo SHINING del mio viaggio alla Festa del Cinema di Roma per vedere THE IRISHMAN


23 Oct

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THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

THE SHINING, Danny Lloyd, Lisa Burns, Louise Burns, 1980, (c) Warner Brothers

shining 3Ovviamente, tutti conoscete la tristemente celeberrima stanza 237. La stanza degli orrori ove l’orco Jack Torrance, incarnato con ghigno luciferino da un mefistofelico, grandguignolesco Jack Nicholson, celò più d’uno scheletro nell’armadio.

Molti di voi, invero, nei loro armadietti nascondono al massimo delle confezioni di profilattici che non mostrate però a vostra moglie. Poiché con lei, essendo bruttina come Shelley Duvall, da tempo immemorabile non più amoreggiate come una volta.

Quando, turbinosamente infatuati, a livello ormonale e non, della sua angelica, diafana atipicità di donna forse, per l’appunto, non bellissima ma affascinante, gustaste amplessi che partorirono Ewan McGregor di Doctor Sleep. Ah ah.

Ebbene, quel bambino oggi divenuto un uomo, eh sì, sono io. Un eterno bambino posseduto dalla luccicanza, gift donatomi da dio al momento della mia nascita in quanto cherubino precipitato in un mondo di folli e psicopatici alla Torrance.

Di mio, sono però uno scrittore esattamente come Jack. Per trovare l’ispirazione, m’isolo e mi segrego, allestendo romanzi dalla prosa barocca e dalle trame labirintiche. Poiché, assiderando nella realtà quotidiana, popolata da uomini cinici e aridi, solamente nello stellato firmamento della mia incontenibile fantasia alta e alata, solo nel turbamento della mia genetica creatività smodata, trovo me stesso.

No, non staziono nella red room, ribattezzata Red Rum. Tutt’al più, bevo fra una digitazione sulla tastiera e un’altra recensione cinematografica non del bourbon, bensì del Cuba Libre con ghiaccio.

Molta gente ipocrita mi dice che sono un barbun’ e talvolta, pur essendo un ragazzo colto, lascio crescermi la barbetta incolta.

No, non staziono in quella camera ove le due povere gemelline furono trucidate dal mostro Jack, bensì l’altro giorno andai semplicemente alla stazione. Quella di Bologna.

Per involarmi, no, non presi l’aereo, per imbarcarmi… no, non presi la nave, insomma per partire alla volta del Festival di Roma. Per visionare l’anteprima italiana d’un film da me atteso tutta la vita, ovvero The Irishman.

Giunto in tal loco, meglio in tal luogo (dai, evitiamo di essere burocraticamente aulici in questa sede), nel pomeriggio di domenica scorsa, gironzolai per Via Flaminia e bevvi molti caffè. Ma non incontrai nessun barista fuori di testa come quello di Shining. Sebbene, debba ammettere che quasi tutti i baristi di ogni città del mondo adocchiano le clienti donne più fighe con sguardo ingordo da lupi.

Sì, se entri in un bar qualsiasi e ordini, semmai, pure un cappuccino e non v’è nessuno al bar in quel momento, il barista vi servirà la bevanda in quattro e quattr’otto. Se invece penetri in un locale in contemporanea con una stangona in minigonna, a meno che tu non sia un pezzo grosso come Martin Scorsese, ammesso che un barista sappia chi sia Scorsese, il barista darà da bere prima alla gnoccona.

Sperando di sorseggiare, poi, al calar della sera qualcosa di caldissimo con lei. Per spalmarsi le labbra di rossetto…

A parte ciò, a Roma incontrai varie persone e amici. Incrociai perfino D. Stanzione di Best Movie. Col quale, tanti anni fa, scrissi un libricino intitolato Nel neo(n) delle nostre avventure, in vendita su lulu.com.

The Irishman è un capolavoro assoluto. Qualcuno scrisse che ha un unico neo, vale a dire la scialba colonna sonora.

La colonna sonora è invece molto bella. Direi che ogni film con De Niro ha almeno un neo. O no? Ah ah.

Se ha solo un neo, è per forza un masterpiece. Ah ah.

No, non alloggiai nella stanza 237 ma all’interno del numero civico 287.

Qui, conobbi perfino un cinese che, essendo stata abbandonata la reception, mi chiese gentilmente come poter accendere le luci della sua camera d’albergo.

Gli dissi che bastava infilare la scheda magnetica nell’apposita buchetta…

Peccato che, a forza di girare per Roma, smarrii la mia scheda magnetica. Probabilmente, mi scivolò inavvertitamente dalla tasca.

E dovetti pagare 50 Euro di rimborso.

Detto ciò, sono un uomo che appare e poi scompare ma non è certamente una comparsa.

Posseggo un carisma degno di Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo.

Sì, spesso vengo scambiato per pazzo.

Ma con me la gente si diverte da morire.

Poiché non indosso maschere e non pretendo che l’altro possa io modellarlo a mia immagine e somiglianza.

Io sono io e lui è lui.

Invece, questo lapidario, facilissimo messaggio non viene capito pressoché da nessuno.

Tutti obbligano gli amici a pensarla come loro, costringono le donne a cambiare nell’animo e le donne, a loro volta, credono che gli uomini le ameranno solamente perché sono donne intelligenti e perspicaci, acculturate come Shelley Duvall ma, tra un film e l’altro, non guarderanno con desiderio Anna Paquin di The Irishman.

Che forse non è una strafiga ma a cui una botta va data.

Se v’illudete che non sia così, The Irishman non è un film che fa per voi.

Stasera, ridanno Torna a casa Lassie! Registratelo.

A me piacciono gli animalisti. Non mi piacciono gli uomini animali.

Invece, siamo attorniati da stupide galline, da elefanti, da pachidermi, da cornuti, da Bambi che non amano Il cacciatore di Cimino, perfino da stronzi come Joe Gallo.

E questo è quanto…

 

di Stefano Falotico

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Robert De Niro sarà a Roma per THE IRISHMAN di Scorsese?


19 Oct

jolie maleficent

after exileChi vivrà, come si suol dire, vedrà.

Io lo vedrò?

Io già vidi il mio idolo dal vivo. Sì, quando al Festival di Venezia di molti anni or sono, presentò in Piazza San Marco, sì, non al Lido, Shark Tale. Sì, il cartone animato in cui diede la voce allo squalo Don Lino.

Avete capito la Sala Perla? No, la chicca? De Niro che fu premio Oscar per la sua interpretazione del padrino socialmente squalo Don Vito.

Vito Andolini. Lini non è il plurale di Lino, diminutivo del nome del mio godfather? No, padre e basta, Pasquale. Pasquale è assonante a squalo. Ah ah.

So ch’è una battuta squallida ma mio padre amò gli Squallor.

In questo film persino Scorsese MARTINO doppiò un pesciolone nella parte di Sykes.

Alla prima veneziana, furono presenti anche Will Smith e Jolie Angelina.

Angelina è il nomignolo che i condomini del mio palazzo hanno da tempo immemorabile affibbiato alla mia vicina di casa, la signora Angela. Una donna forse non del tutto angelica che, però, da giovane, nonostante frequentò un collegio per diventare suora, si dice che fosse anche sexy come Angelina.

Mah…

Oggi come oggi, Angela è diventata la strega di Maleficent. Ah ah.

Sì, brava donna, per carità, anche troppo. Tant’è che, non avendo mai un cazzo da fare, se non rosolare le salsicce, fa la spiona, spettegolando a tutt’andare sugli altri abitanti dello stabile.

Ogni giorno allestisce fantasie da fiabe nerissime sui condomini. Di me va a dire che io sia Brad Pitt.

Sì, ha grande stima nei miei riguardi. Come? Non è un’offesa paragonarmi a Brad Pitt? Dovrei esserne lusingato?

Macché. Lei sostiene che sia Brad Pitt de L’esercito delle 12 scimmie e de Il curioso caso di Benjamin Button.

Non è proprio bellissimo… ah ah.

Ma me ne sbatto. Tanto Angela ha poca voce in capitolo a Hollywood. Il sabato sera, difatti, frequenta il circolo del cucito delle dodici sceme.

Undici babbione che cercano sempre l’ago nel pagliaio. Ho detto tutto.

Su una ragazza gnocchissima, di cui già vi accennai, ora andata ad abitare col suo compagno, disse che, anziché essere un’avvocatessa, quale è effettivamente, fosse sempre in tribunale perché i suoi clienti volevano il rimborso degli scontrini fiscali che, a detta di Angela, questa ragazza rilasciava dopo averli invitati nel suo appartamentino.

Cioè, in poche parole, andava a dire a tutti che era una baby girl. Anzi, peggio. Le diede l’appellativo di mangiatrice di uomini come Angelina Jolie de La leggenda di Beowulf.

Donna in-stabile, come si suol dire, ah ah. Che forse cucina le salsicce bolognesi poiché, da parecchio tempo, non mangia la carne cruda di suo marito. Ah ah.

Torniamo comunque a De Niro.

Sì, è un bello stronzo come il suo personaggio di Murray Franklin di Joker.

Non caga i suoi ammiratori, un po’ come fa Jerry Lewis/Langford nei confronti di De Niro stesso nei panni di Rupert Pupkin di Re per una notte.

Nella mia vita da Arthur Fleck, eh già, vidi molti attori. Pressoché tutti si fermarono a firmare gli autografi.

L’unico che non si fermò fu De Niro. Troppo intento ad ammirare la Jolie. Tant’è che, due anni dopo, Shark Tale, la ficcò… in The Good Shepherd. Ho detto tutto.

Secondo me, De Niro non sarà a Roma. Malgrado pochi giorni fa sia stato a Londra, a quanto pare lunedì inizierà le riprese di After Exile.

Be’, però se non ci sarà Don Lino/De Niro, ci sarà suo padre, ovvero Michael Corleone/Al Pacino?

Bene, su questa stronzata vi auguro la buonanotte, sperando che non incontriate a quest’ora la signora del male ma la signora del p… e, no, volevo dire del bene.

Ché è la stessa coscia, no, cosa.

Sapete qual è uno dei migliori amici di Bob De Niro?

Ma come?

Vi do un aiutino. Se De Niro fu Don Lino, quindi uno squalo ma anche Toro scatenato, ovviamente la risposta esatta è Pesci, Joe Pesci.

Ora, concluderò così.

Dovete sapere che la mia prima ragazza era bionda come Gwyneth Paltrow.

Finì quasi in tragedia per colpa di uno stalker invidioso come Kevin Spacey di Seven.
Però, a differenza di quello che sostiene Angela, sono un angelo e perdonai questo criminale mai visto.

Infatti, fu un vigliacco e agì dietro un profilo anonimo.

Un demente che, non potendosi permettere di andare al Festival di Roma, andò e va ancora a dire in giro che io soffra di schizofrenia delirante e complottista come la povera Angelina Jolie di Changeling.
Peccato però che io non sia John Malkovich di Nel centro del mirino, bensì questo:

 

malkovich changeling

Questa, amico bello, si chiama figura di merda.

Mi spiace averti deluso.

Ma, guardate, sono un uomo magnanimo. Gli manderò un video con tanto di bacino con Al Pacino.

 

WILL SMITH is the voice of Oscar; JACK BLACK is the voice of Lenny; MARTIN SCORSESE is the voice of Sykes; ROBERT DE NIRO is the voice of Don Lino; DOUG E. DOUG and ZIGGY MARLEY are the voices of Bernie and Ernie; MICHAEL IMPERIOLI is the voice of Frankie; ANGELINA JOLIE is the voice of Lola; and RENEE ZELLWEGER is the voice of Angie in DreamWorks Pictures' animated comedy SHARK TALE.  Quality: Original. Photo:Courtesy of DreamWorks Pictures. Copyright: TM & © 2003 DREAMWORKS LLC.

WILL SMITH is the voice of Oscar; JACK BLACK is the voice of Lenny; MARTIN SCORSESE is the voice of Sykes; ROBERT DE NIRO is the voice of Don Lino; DOUG E. DOUG and ZIGGY MARLEY are the voices of Bernie and Ernie; MICHAEL IMPERIOLI is the voice of Frankie; ANGELINA JOLIE is the voice of Lola; and RENEE ZELLWEGER is the voice of Angie in DreamWorks Pictures’ animated comedy SHARK TALE.
Quality: Original. Photo:Courtesy of DreamWorks Pictures. Copyright: TM & © 2003 DREAMWORKS LLC.

di Stefano Falotico

FESTIVAL DI ROMA: sono diventato un intellettuale, nel mio processo d’individuazione, da quando…


17 Oct

sfida senza regole

…ho capito che essere troppo normale significava essere trattato da pazzo, anzi, da idiota.

Non so se abbiate mai visto il film Sfida senza regole, traduzione del tutto italiota che fa riferimento al sottotitolo sempre sbrigativamente appioppato dai titolisti nostrani assai cialtroni a Heat di Michael Mann, ove assistemmo all’epico confronto-scontro fra i cinematografici titani Al Pacino e Robert De Niro, oggi rispettivamente Jimmy Hoffa e Frank Sheeran in The Irishman.

A me raramente sfugge qualcosa. Io adorai e adoro, sin dalla primissima adolescenza questi due mostri sacri, icone leggendarie che hanno illuminato d’incandescenza solare le mie interminabili notti adolescenziali molto solitarie.

Poiché, alla pari di Neil McCauley/De Niro di Heat, sono un solitario ma non sono solo come Arthur Fleck/Joker, neppure come Travis Bickle di Taxi Driver.

Sebbene vada fiero della mia giammai rinnegata melanconia. Dalla gente ipocrita, ridanciana, carnascialesca e ruffiana come il pappone Sport/Keitel dell’appena succitata pellicola scorsesiana, non The Irishman, bensì per l’appunto Taxi Driver, non so che farmene e probabilmente non avrei mai dovuto sfortunatamente incontrarla. Dovevo immediatamente ripudiarla, anziché incasinarmi nell’ostinarmi a fornire a essa una spiegazione dei miei mentali corridoi meandrici. Anziché svergognatamente spellare i miei pudori, svelare tutto il mio segreto e forse segregato candore, disancorandomi dalla mia innata natura primigenia assai prelibata della mia emozionale alterità fulgida, comunque ancora immacolata, fortissimamente immutata e dunque non da questa debosciata gente corrotta e traviata.

Risplendo a tutt’oggi del mio genetico, suadente nitore e non voglio più far ammenda alcuna delle mie profonde, sacre emozioni. Anche perché fui estremamente equivocato quando, impudicamente, esternai senza nessun pavore le mie intime sensazioni, le mie ritrosie e le mie sane paure. Cosicché, non in pochi addussero, quando con furore e intrepido altrui agghiacciato stupore, sbudellai le mie interiora, che fossi matto e un ragazzo malcresciuto, soltanto mantenuto, che doveva quanto prima tornare sui propri passi, riconoscere sinceramente e immantinente i suoi errori per evitare l’inevitabile orrore a cui tali impostori credettero che sarei andato incontro se non avessi subito fatto dietrofront per salvare l’onore.

Pensarono banalmente che fossi il classico ragazzo disadattato e interrotto. Perciò, in tanti evocarono, diciamo, qualche malattia non solo del fisico e del cuore, oscurandomi nella coltre delle loro tremende reprimende e seppellendomi infimamente da infami con la crudeltà più mostruosa nello spettro delle loro patetiche, oscene calunnie e supposizioni.

Ancora oggi tali ottusi, ostinatamente caparbi a proteggere l’indifendibile lor arroganza, credono che io viva murato vivo in una stanza. Perimetrato nello spaesamento d’una cameretta ermetica in cui pensano che deliri, continuando ad amare scioccamente, infantilmente Robert De Niro.

Sì, De Niro mi piace irrimediabilmente ancora, nonostante non sia più oggettivamente, anagraficamente e forse persino qualitativamente quello d’una volta.

Forse tutto questo è iniziato con un tizio di nome Charles Randall.

Sì, queste son pressappoco le testuali parole che il detective David Fisk, incarnato da un Pacino in viso scarno, recita a inizio film.

Invece, questo delirio di molte persone su di me, un delirio da maniaci quasi assassini delle dignità del prossimo loro, in tal caso il sottoscritto, quando ebbe inizio?

Forse quando, nauseato dai miei coetanei, frivoli, stupidamente gaudenti e scioccamente ricattati da genitori castratori che li volevano solo dottori, trascurando invece i loro spontanei amori, le loro vive pulsioni e le loro più vere azioni, mi dissociai da tutto questo deprimente fetore.

E fui etichettato come ragazzo malato di qualche psicopatologica afflizione.

Si tirò in ballo la fobia sociale, la timidezza clinicamente pericolosa, ah ah, la schizofrenia psicotica mascherata dall’auto-inganno più atroce.

Ma, nel mentre gli ignoranti si fissarono su di me con boria discriminatoria da orripilanti untori, addirittura da fascisti punitori, io ancora perseverai con indomita, apparente idiozia, a inseguire la mia vi(t)a con sacrosanto menefreghismo da uomo di valore. Anche se, talvolta, giustamente onanista di sobrio fervore.

Voi, per esempio, non sospettereste mai che sono un collezionista non solo dei film con De Niro e Pacino ma di tutti i film, non propriamente da Oscar, di Naughty America?

Fate molto male.

Poiché io sono grande conoscitore del Cinema più alto, poetico e altolocato ma non sono certamente un eremita nel cervello toccato. Bensì una volpe che conosce le cosce molto toccabili.

Odio i luoghi comuni. In Italia s’è campato per anni dietro le più bigotte superstizioni.

Come quella secondo la quale chi si tocca o è un coglione oppure diverrà presto cieco in quanto poco figlio di puttana e bugiardo marpione.

Come quella secondo cui chi è il male di sé stesso pianga sé stesso.

La gente si riempie la bocca della parola dignità.

Secondo la Treccani online, la dignità è:

la condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana. Ora, secondo le teorie freudiane, la struttura psichica di ogni essere umano sarebbe composta fra L’Es, l’Io e il Super-io.

E se invece uno volesse precocemente fare Hermann Hesse? Cioè volesse mandare a fare in culo praticamente ogni religione, ogni inibizione, ogni sovrastruttura data per incontrovertibile e assoluta? Cosa succederebbe?

Diverrebbe pericoloso come Charles Randall o Joker?

No, non credo proprio.

In questi anni, amici o (a)nemici, ho visto tanti ragazzi farsi fregare dalle istituzioni. Ragazzi che, crollati a pezzi, si son dati da soli la patente di pazzi. Recandosi da qualche psichiatra per ricevere l’antipatica ma soprattutto anticipata pensione. Sì, un alibi del cazzo per rinunciare alla personale rivoluzione, per non preoccuparsi più del proprio disagio e poter vivere (in)felici, facendo dolceamara colazione.

È un pessimo modo per mentire al mondo, nascondendosi dietro la mancanza di reazione.

Poiché, andando a dire al prossimo che siete malati, invero solamente ipocondriaci, avete orribilmente accettato il fatto che potreste anche avere il talento di un bravissimo sceneggiatore ma, non conoscendo nessuno a Hollywood, non vincerete mai l’Oscar.

Dunque, avete rinunciato ai vostri sogni.

Vedete, il Festival di Roma si divide in due categorie.

Fra chi è invitato come le vallette e i televisivi presentatori, coloro a cui il Cinema interessa assai poco, personaggini squallidi in cerca solo d’esibizionismo per elemosinare, in ogni sen(s)o, un po’ di approvazione e calore, e chi invece è Stefano Falotico.

Un uomo che, senz’alcuna remora, ancora profuma del suo delicato odore.

Se questo vi fa schifo, su Rai Uno c’è Carlo Conti.

– Guarda, Stefano, che Sfida senza regole è un brutto film. L’ha dichiarato lo stesso De Niro in una recente intervista.

– Sì, forse è sbagliato. Bob però non ha dichiarato che ha accettato di girarlo per soldi ma soprattutto per palpare il seno di Carla Gugino?

– Ah, quindi secondo te ha girato Manuale d’am3re solo perché De Laurentiis l’ha riempito d’oro e lui ha potuto toccare le bocce di Monica Bellucci?

– No, secondo te è perché in colonna sonora c’era Morgan?

– In effetti…

 

di Stefano Falotico

Il Cinema esiste ancora? E cos’era il Cinema prima dell’avvento di Netflix, dello streaming, di Amazon Prime e di Internet?


14 Oct

netflix irishman netflix irishman 2

Ieri pomeriggio, verso sera, su Facebook l’ho buttata lì.

Affiggendo, diciamo, la recensione del Guardian inerente The Irishman di Scorsese.

Definito da quest’importantissima testata come il film più bello di Martin degli ultimi trent’anni.

Subito, il mitico Federico Frusciante s’è lanciato e scagliato ancora una volta contro Netflix. Al che, nel giro di pochissimo tempo, s’è scatenata una faida tra cinefili incalliti. Fra guerrieri dei sogni perduti e fautori avanguardistici di Netflix, fra paladini del Cinema in sala e sostenitori a spada tratta dello streaming.

Scorsese, ospite del London Film Festival, ove il suo The Irishman è stato accolto, per l’appunto, da critiche entusiasmanti, ha vivamente e orgogliosamente dichiarato che, senza Netflix, questa pellicola già storica ed epica non avrebbe mai visto la luce. Poiché la Paramount Pictures, con la quale aveva già firmato il contratto per farselo produrre, all’ultimo momento, essendo salito vertiginosamente il budget a causa del notevole dispendio e dispiego dei massicci effetti speciali della CGI, non se l’è sentita di rischiare con un film che ha, ringiovanimento deaged a prescindere, un cast a base di anziani. Che, ovviamente, riscuote scarso appeal commerciale presso le platee più giovani. I teenager sono, si sa, i maggiori fruitori di Cinema e oramai il pallino del gioco ce l’hanno loro.

Sì, per quanto The Irishman annoveri in prima linea tre mostri sacri premi Oscar imbattibili ancora emulati e presi a modello dagli stessi ambiziosi giovani (d’altronde, chi non sogna a tutt’oggi di diventare il nuovo De Niro o la reincarnazione di Al Pacino?), la Paramount bloccò, a pre-produzione già in fase avanzata, il progetto.

Dunque, volenti o nolenti, Netflix ha vinto. Poiché è una piattaforma concettualmente variegata che guadagna soldi a non finire. E può permettersi perciò di offrire ai registi e agli attori delle loro pellicole dei cachet faraonici.

Ciò indubbiamente può infastidire, indispettire e disgustare i cinefili romanticamente agganciati a un’oramai visione del Cinema come luogo di aggregazione e di solidale passione da condividere tutti assieme appassionatamente.

Ma, come ho scritto nei commenti del mio post, siamo stati noi cinefili a disertare, pian piano, le sale. Poiché stufi del casino e della volgarità delle masse che, nel fine settimana, s’accalcano trivialmente nelle sale medesime.

Rovinando, col loro baccano, la magia dei sogni puri. Da gustare armoniosamente in silenzio religioso.

Forse, il significato di C’era una volta a… Hollywood è questo: della suadente, commovente magia, d’un tempo, eh già purtroppo, oggi è rimasto ben poco.

La poesia e l’Arte sono state scalzate e soppiantate dalle idiozie delle stories su Instagram, oggi tutti si dichiarano intenditori infallibili della Settima Arte ma non sanno neppure relazionarsi col vicino di casa.

Allora, abbiamo l’avvocatessa in carriera che, avendo studiato, peraltro malissimo, solo Giurisprudenza, non è prudente nei giudizi recensori dei film. Ed è dunque ovvio che consideri Joker un film pericoloso alla pari del pazzo che lei difende perché, per deontologia professionale, il pazzo le dà i soldi per salvarlo in tribunale. Lei ci sta!

Così, coi soldi elargitele dal maniaco, lei può difatti rifarsi la dentatura e, malgrado abbia dato alla giustizia un’orripilante fregatura, può leccarsi la bocca a Formentera con un “figo” che scambia Al Pacino per Fabrizio Corona.

È stata colpa di noi tutti se abbiamo perso, forse, le nostre anime.

Ho conosciuto, infatti, sedicenti professoresse d’Italiano e Storia che non sono mai andate a vedere un film di Ken Loach poiché considerano i film di Loach deprimenti. Film che alla povera handicappata, capito, facevano e fanno tristezza.

Ma che insegnante è costei? Dell’ilarità più meschina, frivola e manichea. Una donna che insegna ai ragazzi come diventare leader nazi-fascisti?

Ho visto psichiatri che hanno sporcamente giocato sulla dabbenaggine delle persone malate e ingenue, facendo credere loro di essere diverse. Stigmatizzandole soltanto perché, a loro avviso, anzi a loro ammonimento, non sono adatte ai canoni oscenamente competitivi di questa società di merda.

E le hanno impasticcate, hanno praticato loro lobotomie e castrazioni. Ricattandole al motto di… provi a ribellarsi e, anziché sbatterla in ospedale, chiamo la polizia e l’arresto.

Ha ragione Francesco Alò nel definire Joker un film bellissimo, ha ragione Mr. Marra a definirlo alla stessa maniera. È davvero meravigliosa quella scena quando Arthur Fleck ride e piange allo stesso tempo in mezzo alla folla che l’osanna con la bocca macchiata di sangue e l’espressione grandguignolesca.

E avevo ragione io quando, al Festival di Venezia, dissi subito che era da Leone d’oro.

Sapete qual è la verità?

Richard Jewell sarà, assieme a Joker e a The Irishman, il film più bello dell’anno.

 

di Stefano Faloticonetflix irishman 2

JOKER, ma che volete teorizzare?


10 Oct

Adesso abbiamo pure l’opinione del video-recensore Roberto Leoni.

Venerabile uomo venerando che ci rivela addirittura che Joker altri non è/sarebbe che Ruggero Leoncavallo.

E se fosse invece Ruggero Deodato, il regista di Cannibal Holocaust?

In verità, a ben pensarci, potrebbe pure essere Enrico Ruggeri, cantante-presentatore dalla voce cavernosa come quella di Phoenix, vincitore del Festival di Sanremo con Mistero. Poiché ove v’è mistero la vita acquisisce fascino notturno.

Ma per piacere!

Per anni gente imbecille pensò che io fossi una creatura della notte poiché amo Warriors di Walter Hill e After Hours di Scorsese. Ma robe da matti.

Se è per questo, amo anche tutte le lucciole belle di giorno. Ovvero le pornoattrici statunitensi più sulla bocca di tutti, tranne sulla mia. Ah ah.

Sì, sono un conoscitore non plus ultra delle maggiori attrici a luci rosse. La mia passione per loro iniziò verso il 2003. Divenni subito ammiratore delle sorelle Ashley e Angel Long. Bionde dalle gambe lunghe.

Un mio compagno delle scuole medie si chiamava Angelo Longo. Ora, forse Angelo, no, ma era precoce. Aveva già la vista lunga.

Adesso, la mia bitch preferita è Karla Kush.

Sì, ho cinquemila dvd dei film di Sokurov, Takeshi Kitano e Lav Diaz ma sono anche Jim Carrey di The Mask. Uno che, davanti alle gambe di Cameron Diaz, fa le prove generali per L’Enigmista.

Dinanzi invece al seno di Krista Allen di Bugiardo bugiardo… non tanto. E divento Yes Man.

Qualche mese fa, però, successe un avvenimento assai allarmante. La situazione non fu da invertito ma sessualmente s’invertì.

Con l’ex figlia d’una mia condomina, la quale andò a vivere da anni col suo compagno lontano dal mio pazzo, no palazzo ove, per l’appunto, abita ancora sua madre, presi l’ascensore.

– Come va, Stefano?

– Solita vita di merda.

– E come mai?

– Sono perennemente al verde.

– Non ci sono problemi. Spingo subito ALT. Sarai anche povero e in bolletta rossa ma puoi avere tutto dalla vita. Partiamo con me. Avanti. Possiedimi!

Le urlai: – Non facciamo porcate! Qualcuno chiami l’ambulanza.

 

Ecco, questa mia ex condomina è una figona incredibile. Secondo voi io non sono pazzo?

Secondo lei, sono bono e basta. Va matta per me.

Non capisco allora perché mi voglia dare quella ma, essendo lei ben sistemata sotto ogni punto di vista, non voglia darmi da lavorare.

Questa si chiama disparità sociale. Sfruttamento! E io non mi prostituisco a un cazzo di niente. Ah ah.

JOKER è stato paragonato a Taxi Driver e Re per una notte. A Cape Fear, no? Di mio, sono Dante Alighieri reincarnato, sebbene in viso scarno

Sì, il mondo è un tragico Inferno. Soltanto le timorate di dio e chi, come cantava Vasco Rossi, spera ingenuamente che comportandosi rettamente sarà amato, rispettato e stimato, semmai ascendendo pure in Paradiso alla fine della sua dolorosissima Via Crucis, è un povero idiota.

Un illuso. Un tonto.

Il mondo è sempre stato una fiera delle atrocità. Un posto abitato da persone adatte, tutt’al più, alla teoria di Charles Darwin secondo cui resiste chi è più forte, tramandando i propri geni alle generazioni a venire.

Sì, peccato che più forti spesso significhi solamente più stronzi e ignoranti. Quindi, saranno ereditati i geni di gente non tanto geniale, bensì più animale.

Vi faccio un esempio. Questa si chiama inconfutabile verità.

Un vecchio detto recitava così:

conoscete una donna giovane che non andrebbe con quel matusalemme di Gianni Agnelli?

No, non esistette nessuna che, neppure di scarse tette, pur di andare a letto con uno che poteva comprarle una casa col tetto e non la Fiat ma la Ferrari, gli avrebbe detto no. Anche se mal sopportava la sua r moscia. Solo la r era moscia, però, ah ah.

Conoscete invece un ragazzo giovane, semmai pure sfigato come Arthur Fleck, che sarebbe andato con Rita Levi Montalcini?

Eh già.

Il mondo vive di morali create dal potere. E di deboli mortali generati dalla fame di carne. Sì, senza soldi non mangi. Se hai invece tanti soldi, hai sempre più fame anche sessuale.

Vi faccio un altro esempio calzante. Non oserei dire incazzato, bensì adotterei l’espressione più pertinente di sacrosanto, invero strafottente eppur irriverente giustamente.

Bene. Se un ragazzo squattrinato va da una donna e le dice pubblicamente che vorrebbe ingropparsela, si becca una sberla oppure addirittura una denuncia.

E viene apertamente deriso, sbeffeggiato, umiliato a sangue, condannato pure alla pena capitale. Pene!, urla il popolo inferocito. Infoiato nel dissanguarlo.

Nel pietrificarlo nel senso dello scagliargli appuntite, contundenti pietre durissime. Lo stesso popolino che crede di capire Lynch ma io credo che sia demente, no, di mente poco lince, insomma, gente lentissima che io, essendo elevato, (im)moralmente lincio.

Un tempo mio padre ebbe una Lancia Delta. Adesso ha una Musa.

Io guido la Punto ma ho puntualmente un imbronciato muso.

Sì, non me ne va bene una.

È vero. Una vuole uscire con me ma io voglio uscire solo con la mia macchina. Ah ah.

La mia ex condomina volle che usassi il Condom ma io la mandai a fare in culo.

Sì, incrociai anche donne che vollero uscire con uno con una Uno? No, con la Mercedes solo per farsi il viaggio con un burino.

Sì, il viaggio col ras del quartiere. Un po’ come fa Bruce Dern nel finale di Nebraska. Ah ah.

Credo, in totale sincerità, che mio nonno fosse un genio.

Oramai era distrutto in ospedale. Le metastasi del Cancro l’avevano massacrato. Ed era dunque in fin di vita.

Il suo compagno di stanza, poco prima che mio nonno morisse, gli domandò:

– Ma lei che lavoro faceva?

– Fui il più grande commerciante d’olio della Basilicata.

 

Mio nonno aveva solo una piccola campagna con pochi alberi di ulivo ma in fatto di palle, le olive, avrebbe fatto invidia a Popeye. Mia nonna però non era magra come Olivia. Divorava tutti i polli arrosto che mio nonno sgozzava affinché lei glieli cucinasse. Finito che avevano di mangiare assieme, mio nonno tornava a dar il cibo ai maiali mentre mia nonna perdeva tempo, nel cortile, a parlare con le galline. Donne che discutevano da mattina a sera delle brasiliane telenovele pure argentine.

Sì, quando sai che stai morendo, che ti frega se le spari grosse?

Sì, mio nonno morì ma il suo compagno di stanza, se costui è ancora in vita, credette e tuttora crede di aver assistito dal vivo alla morte del più grande commerciante d’olio della Lucania.

Mio nonno era un Joker mai visto.

Ma anche io non scherzo. Più che Joker, sono come Rambo.

I bambagioni credono d’avermi trucidato, seppellendomi vivo. Mi considerano un ratto del serraglio e cantano, come si suol dire, vittoria quando ancora il gatto non ce l’hanno nel sacco.

Poi, esco dal tunnel ancora intonso e più forte di prima. Al che, loro si sparano in testa.

Ecco, mi contatta una tizia alla Carey Mulligan di Drive.

Dice che dei balordi le stanno facendo stalking e hanno preso di mira pure suo marito. Che è mio amico. Definendolo un fallito. Anzi, l’hanno perfino, per filo e per segno, pestato a sangue. Già, per molto tempo pensai di essere Al Pacino de Lo spaventapasseri. Invece sono Gene Hackman. Non quello de La conversazione ma, appunto, di Scarecrow. Mentre tanti ritardati ipocriti assomigliano ad Al Pacino di Heat. Quando finalmente esclama: cosa guardavano? NOICi hanno scoperti.

Piaciuta la (s)mascherata? Con estremo cordoglio, posso asserire in totale schiettezza, in disarmante franchezza, che sono un diverso. Un diverso però più dotato di un uomo cosiddetto normale. Ora, se nella vita incontri un diversamente abile, cioè un demente, hai gioco facile. Essendo scemo, puoi prenderlo per il culo a raffica. Più lui s’arrabbia e si ribella, più peggiora la sua situazione. E rimane a vita in un centro di salute mentale, strillando da mattina a sera.

Disperatamente commovente, anche se patetico.

Se invece incroci me, avviene qualcosa di devastante.

Tornando a Sylvester Stallone. Avete presente quando, ne La vendetta di Carter, Mickey Rourke gli spacca la faccia?  Ecco, Mickey continua a ridere e ballare, sicurissimo d’aver macellato Sly.

Ora, in questo tipo di società, la parola genio deve far rima con soldi e sesso.

Conoscete Nikola Tesla? Eh già. Inventò una lavatrice rivoluzionaria. Quindi, aveva la villa a Beverly Hills? No, non aveva neanche i soldi per comprare la sua stessa invenzione.

Sono calate colate le tenebre e ora Joker fa davvero molta, molta paura. Solo ai pagliacci come voi. E come me.

Siamo tutti clown.

Di mio, vado ora a indossare il pigiama.

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JOKER: lo Youtuber MATIOSKI, critico distinto, in tal CASO si fa prendere dai peggiori istinti e le spara grosse da “villain”


09 Oct

joker phoenixQuasi sempre impeccabile e critico, ripeto, egregio e distinto, stavolta di troppo istinto ha cannato tutto sul film di Phillips, perdendo la testa, apparendomi leggermente arrugginito, cioè stanco.

Sì, questo è il video “incriminato” ove Mattia Pozzoli, classe ‘88, in arte Matioski, ha affermato con boria, sì, signorile ma un po’ indubbiamente fanfarona, che una puntata di Criminal Minds vale più delle due ore del Leone d’oro di quest’anno, ovvero Joker.

La sua ottimamente argomentata, soventemente pacata eppur al contempo agguerrita e feroce invettiva superba, inizia, dopo un preambolo superfluo e didascalico, tedioso e inascoltabile, dopo le sue stronzate su Scorsese (30:50), al min.1:02:02 quando Mattia, alla maniera di Joaquin Phoenix di Her, cioè aggiustandosi gli occhiali ogni 30 secondi, similmente a Vittorio Sgarbi dei bei tempi quando si tirava su il ciuffo ogni tre parole, definisce la pellicola di Phillips estremamente banale.

Asserendo, ripetutamente, che il film non solo è quasi totalmente difettoso, bensì è un filmico problema toutcourt e soffre di problematiche irrisolvibili più dell’irrisolta psicopatologia non ben definita di Arthur Fleck.

Secondo Mattia, Arthur è caratterizzato di troppi cliché e manca solo il padre violento e alcolizzato per completare il quadro di sfighe e insuperati traumi insuperabili.

Come si suol dire, la ciliegina sulla torta per completare la distruzione psicologica di Fleck, dopo troppe ricevute torte in faccia, metaforicamente parlando, e troppi imperdonabili, subiti torti da parte di stronzi che, solo in branco, si fanno forti.

La cosiddetta goccia che fa traboccare il vaso. Cosicché Fleck, dopo aver oramai da una vita recitato la parte di Pinocchio, facendosi dunque crescere il naso nel mentire a sé stesso pur di rimanere innocuo, si fa crescere esageratamente le palle e diventa Mangiafuoco, vale a dire un orco.

Chiariamoci, quando sento dire che certe delicatissime tematiche andrebbero approfondite, rispondo sempre: guardate che l’Alma Mater Studiorum della facoltà di Psichiatria è aperta a tutti, basta versare la tassa universitaria e applicarsi con metodo.

I film offrono una panoramica, non pretendono di essere i progenitori di nuove teorie freudiane.

Una volta laureativi con tanto di Master, eh già, potrete praticare la professione di curatori dell’anima. Se v’assumono al pubblico, dovrete dar retta però alle direttive dei superiori. Soggiacendo a ordini istruttori non so quanto istruttivi, credo invero solamente distruttivi.

Perciò, anche se un vostro paziente, con gli psicofarmaci da voi prescrittigli, sta malissimo e umanamente v’azzarderete a sperimentare nuove posologie e dosi miracolose come fa Robin Williams di Risvegli, il direttore preferirà continuare tradizionalmente a imbottire i malati. Obbligando i suoi dipendenti a perseverare nello psicofisico massacro.

Mel Brooks di Alta tensione docet.

Sì, la psichiatria è sostanzialmente inutile. La percentuale delle persone ammalatesi di psichiche patologie, eh già, purtroppo non si riprende più. Se ne salva solo una ogni morte di papa…

Infatti, chi si salva, avendo però nel frattempo perso tutto, ha tre possibilità che gli si parano dinanzi: si ammazza, per troppa rabbia qualcuno ammazza oppure si dà a Radio Maria e, d’estate, anziché asciugarlo alle bagnanti di Riccione, va a Lourdes, intingendo soltanto la marina, no, la manina.

Verrà considerata una persona speciale e le belle fighe gli diranno: che Dio ti benedica…

Perché mai il direttore psichiatrico compie queste oscene castrazioni?

Poiché è spaventato dagli esperimenti. Meglio, secondo lui, che i pazienti, semplicemente impazienti di vita loro perennemente castigata, restino dementi.

Sì, pur di non correre il rischio che diventino Joker, li reprime, togliendolo loro pure la pazzia (in)felice e la purezza esistenzialista alla Fleck. Ah, complimenti…

Al che, ridestatisi dal torpore neuro-letargico, indotto dalle violenti, compressive sedazioni, questi (im)pazienti, anziché incazzarsi a morte, propenderanno intellettualmente per la sublimazione, elevandosi spiritualmente da saggi come Gandhi.

Almeno sulla montagna, un porno lo puoi vedere, c’è l’ADSL anche sull’Everest.

Se invece stai a San Pietro, non lo vedo molto duro ma molto dura come la roccia de La pietà di Michelangelo. Ah ah. Anche se qualcuno la scappellò, no, di scalpello e martellino riuscì a scalfirla…

Ah, non hanno scelta. Fra l’altro, non hanno nemmeno soldi.

Che cazzo possono fare? Davvero i Joker? Sì, così se furono dimessi una volta dal manicomio, la seconda volta finiranno all’ergastolo.

Come no? Ah ah.

Insomma, MATIOSKI è un grande forse come Charles Bukowski ma ultimamente sta sparando parecchie stronzate quasi losche.

Passi quindi la sua critica a Scorsese, lo perdono, passi anche la sua stroncatura a Joker, è il suo punto di vista, condivisibile o meno, ma ci sta.

Ma se Scorsese vincerà il suo secondo Oscar come Miglior Regista per The Irishman, come assai probabilmente accadrà, e se invece Joker vincerà per la Sceneggiatura, non è che in un possibile sequel della pellicola di Phillips, vedremo lui nella parte di Catwoman?

Ah, secondo me, sì. Della serie, non televisiva: cane che abbaia non morde ma, se abbaia senza motivo, un giorno miagolerà come una micina tanto carina…

Ovviamente, caro Mattia, si scherza.

Guarda che se non stai allo scherzo, Arthur Fleck sei tu. Eh eh.

Ma so che tu, anche se ci sei andato giù pesante, sai scherzare.

Dunque, ora ti propongo un balletto come quello di Joker.

Non sparare altre cazzate altrimenti scenderai le scale ma non vi sarà nessuna musica rock assai figa che ti salverà dalla figura di merda pazzesca.

Poi, perché chiami gli spettatori giovani dei giovinastri?

A parte gli scherzi, sei del 1988 ma a sentirti parlare, cazzo, sembri molto più vecchio di zio Marty.

Non te la prendere ma pari uno da Circolo ARCI.

Forza, mancano tre giorni a sabato sera.

Matioski, voglio vederti ballare come John Travolta. Dai, dai.

 

di Stefano Falotico

La svilente natura del giornalista fake e sensazionalistico: adesso Scorsese odia i cinecomic e De Niro è accusato di violenza sessuale, che falsità!


04 Oct

scorsese

 

Mentre fervono i preparativi per il Festival di Roma, mentre trepidantemente attendo la conferma dalla Festa del Cinema per ottenere l’accredito, da me sudato grazie alle mie sempre più frequenti, puntuali e competentissime collaborazioni giornalistiche, sul web impazzano i titoli a mo’ di specchietto per le allodole.

Vi “allego” qui il video del canale YouTube L’Impero del Cinema. Sintetico, molto conciso nella sua brevità estremamente esaustiva in merito all’argomento. Oserei dire scottante, di pura attualità più delle sempre superbe gambe della telegiornalista più bella d’Italia, ovvero Tiziana Panella.

Donna dalla voce forse un po’ sgraziata, donna arrogante, faziosa e sin troppo elegante da risultare a tratti disturbante, ma eroticamente inarrivabile, sensualmente super affascinante e piccante, una donna perturbante, assai conturbante per cui mi taglierei un braccio seduta stante pur di baciarla potentemente quando la luna vien celata dalle nubi addensatesi nel vostro cervello non tanto brillante che, da tempo oramai immemorabile, ha smarrito la beltà calorosa dei piaceri più autentici e gustosamente smaniosi, cremosi e avvolgenti. O, dietro le avvolgibili, ficcanti. Permeanti.

Quei piaceri d’una volta, genuini come le gambe sfrontatamente sincere di Tiziana. Dio mio…

Questa cattiva tendenza di scrivere il titolo sensazionalistico per avere più visualizzazioni, eh già, impera da parecchio tempo.

Io stesso vi cascai e, a volte, per esigenze redazionali fui indotto a scrivere il titolo “acchiappante”.

Per esempio, il 90% dei titoli di libero.it sono esagerati, distorsivi, semi-bufale tremende.

Del tipo:

Scandalosa Susanna Messaggio! A 55 anni esibisce a Formentera un fisico da pinup e i maschi non vanno in down!

Al che, ovviamene incuriosito, non v’è niente di male nel voler ammirare subito il fisico mozzafiato d’una bella donna, non è voyeurismo malsano, neppure perversione da guardone masturbatore o da volpone coglione, apri il link e vedi soltanto la bellissima Susanna, figa immensa, sì, indubbiamente sexy, ma assieme ai figli e al marito mentre allegramente tutti assieme, in riva al mare, con paletta e secchiello son intenti ad allestire con scrupolo maniacale un castello di sabbia rigido e perfettamente allineato ai canoni geometrici della perfezione edile più esteticamente rinascimentale.

Sì, i mariti e i figli sono impegnati ad allestire il castello. Io, con la sabbia, dopo averla svestita anche dei due pezzi, sarei con lei follemente umido di calore bruciante come i raggi del sole alto a mezzogiorno su una spiaggia illuminata dal cocente ardore del mio maschio oramai senza più alcun pudore.

Ecco, questa società è un castello di sabbia. Sta crollando. Alla prima folata d’un leggero venticello, andrà a pezzi.

Già adesso, infatti, la gente sta impazzendo. Nuovi Joker spopolano per le strade e se la tirano pure da altolocati latin lover, credendosi Marlon Brando di Un tram che si chiama desiderio oppure Richard Gere dei tempi d’oro. Stanno freschi, anzi, li vedremo presto al fresco. Anche se, lo so, rimarranno impuniti e dietro le frasche combineranno irredenti altre porcate ardenti o “al dente”.

Prendiamo quello lì, sì, quel burino che fa tanto lo stronzino a briglia sciolta. Non paga le tasse, non sa chi sia Torquato Tasso ed è un tappo, non partecipa alle riunioni di condominio, non versa un solo Euro per la bolletta del gas ma, ogni sera, chiama la macchina blu per farsi portare a spasso per le zone più infime e losche di Bologna ove, con estrema probabilità, gestisce un sordido traffico di donne di malaffare. Donne bollite da cui riceve mensilmente il rendiconto delle loro “bollette”. Ah ah.

Eppure lui spavaldamente cammina con aria da ganzo, è un fraudolento, non fa un cazzo ma gode di brutto come un matto, fischiettando pure un motivetto musicale allegro-andante.

Non avrai altro dio all’infuori di me…

Ecco che diventa, per Rolling Stone Italia, così.

 

 

Insomma, ragazzi o pazzi, sceme o idioti, non date più retta ai bulli e a Bull Harley.

Vi diranno faccia di porco per demoralizzarvi, intristirvi, immalinconirvi e in viso scoreggiarvi.

Perché, in cuor loro, hanno paura di perdere.

Infatti hanno perso e hanno rimediato una figura di merda/e.

Morale, forse immorale, ma comunque fa davvero male.

È un mondo di animali assai amorali, ognuno fa quel che cazzo che gli pare.

Non fatevi dunque più fregare e sfregiare.

Incominciate a dare meno e più a darne.

Siete senza danari?

Ma sì, che vi frega?

Non è da un dio De Niro, no, dal dio denaro o da Murray Franklin che possiamo farci prendere per il culo.

Molte persone sono ciniche e sentimentalmente avare.

Vogliono che tu vada solo ad arare. Che ti spacchi il culo a lavorare.

Sennò, ti mandano a cagare.

Ebbene, da me, pusillanimi e cretini ottusi, avrete d’ora in poi non braccia rubate all’agricoltura ma un po’ di cultura e un braccino spezzato se nuovamente arderete ad ardermi nell’animo.

In fede,

Falco?

No, il Falò.

 

P.S.: se non ti sta bene, chiama la neuro. Non per me, però.

di Stefano Faloticofalotico giornalista 2 falotico giornalista

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THE IRISHMAN, la Critica approva entusiasta ma io, da Principe Antonio de Curtis, in arte Totò, stronco gli uomini senza spirito… critico


28 Sep

The Irishman scorsese cast

E nel loro popò, ohibò, gliele suono, sentenzio e li stigmatizzo. Puntando loro il dito e assegnando alla loro esistenza un voto assolutamente insufficiente.

Posso permettermelo, in quanto so ironizzare su me stesso. Io sono un recensore che scrive anche romanzi erotici senza censura, io dinanzi ai loro pregiudizi non abiuro e li aborro.

Da loro già troppe fregature presi ma ora, con eloquio e mimica facciale degna d’un attore teatrale che recita monologhi ficcanti da David Mamet, corrosivi, taglienti, abrasivi e un po’ cattivi, da drammaturgo di me stesso, butto in commedia una mia vita che, indubbiamente, meritava l’Oscar ma comunque non finirà come quella di Ray Liotta di Quei bravi ragazzi.

Sì, vedo molta gente che delinque, poi si redime. Chiedendo perfino la protezione dei testimoni del loro matrimonio.

Sì, qual è il passato remoto della terza persona singolare del verbo delinquere di LEI che si fa dare del voi come esigono i Don?

Lei delinqué, delinquette, nel presente ancora delinque. Insomma è e sarà impunemente un delinquente eternamente. Inutile che provi a coniugare nel potrei, poveretto, lei è un criminale senza tempo. Senza tempie.

La finisca di darmi del deficiente.

Io invece le donne illanguidisco poiché so giocar di lingua. Da cui il gerundio illanguidendo. Di forma transitiva in lei attivo e lei con me passiva. Io illanguidisco, tu m’illanguidisci e, condividendo, compenetrando i nostri mali, assieme venendo la vita va guarendo, forse anche guaendo in quanto tu mula e io mugolo.

Eh sì, miei mongoli.

Dunque, do il voto in pagella e questi impostori che ebbero l’ardire di giudicare le scene della mia vita con troppa fretta poiché loro girano solo con le sceme.

Eh sì, ficco nel dizionario dei film delle pellicole trash da non vedere mai più.

No, non sono rivedibili. Li riformiamo subito. Anzi, questo dizionario formattiamo e li cancelliamo.

La seduta è tolta.

Adesso, andiamo a berci un altro caffè. Ovviamente macchiato caldo.

Perché ricordate…

Se date retta a chi si crede Marlon Brando ma in verità è Silvio Orlando, non avrete né Jolanda né un viso da Gioconda.

E su questa stronzata vi lascio, ammiccando.

di Stefano Falotico

 

Genius-Pop

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