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JOKER & THE IRISHMAN: quanti problemi che vi fate sull’esegetica, l’ermeneutica, la semantica dei film e della vita, imparate da Woody Allen e da Sharon Stone


26 Oct

sharon stone stardust memories

Sì, in passato odiai Woody Allen.

Perlomeno, per allietare le mie notti alterate e solitarie da lupo mannaro alla Arthur Fleck, nei miei pomeriggi opachi ubicati nell’asfittica Bologna, prendevo la macchina e mi recavo al videonoleggio Balboni. Pian piano, noleggiai tutti i film di Woody Allen.

E, spaparanzato sul divano, me li sparai uno dopo l’altro, a raffica. Dal primo all’ultimo in ordine rigorosamente cronologico.

Sebbene all’epoca giocassi ancora a Calcio, dunque se mi riflettevo allo specchio, vedevo un ragazzo con dei buoni quadricipiti e col fisico muscolosamente asciutto, debbo ammettere che già accusavo i primi sintomi delle riflessioni suicidarie di Allen in Manhattan.

Similmente alla celeberrima scena in cui Woody, sul divano, elenca le cose per cui valga la pena di vivere, io inserivo al primo posto le cosce di Sharon Stone di Basic Instinct. Sognando di ciucciarmela col mio wurstel alla Wudy sul letto nel quale, in quel momento, ero mezzo distrutto e psicologicamente a pecora.

Cioè cotto più di un salamino? No, di caldo hamburger. Ah, pur di fare all’amore con Sharon di quei tempi, avrei preso il primo aereo per Amburgo. Ma in verità ero solo nel film di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino.

Sì, alla stessa maniera de La rosa purpurea del Cairo, immaginavo la mia Sharon che, alla Videodrome di Cronenberg, mi rendesse James Spader di Crash.

Sì, con Sharon sarei anche un pervertito. Ma forse lo sono… con Sharon di Sliver. Ah ah.

Che volete farmi? Bruciarmi la casa? Posso essere o no William Baldwin di Fuoco assassino?

Sì, credo di averlo preso sempre in quel posto ed è stata dura trovare un posticino.

Grazie alle mie intime conoscenze con una persino più figa di Jennifer Jason Leigh, sono sbattuto da qualche parte. Ah ah.

Ma mi sono salvato comunque grazie a un gesto eroico da Steve McQueen.

Quando tutti non hanno avuto le palle per ribellarsi a questo mondo di bulli, io mi sono immedesimato in Clint Eastwood di Gran Torino. Non sono morto ma mi hanno semi-internato.

Vivo forse in un seminterrato? Oppure ogni rabbia repressa ho dissotterrato? Su tale dubbio amletico, vi lascio riflettere mentre salvo subito in download tutte le scene più hot della Stone da celebritymoviearchive.com.

Sito che anche voi dovreste ficcare tra i preferiti. Poiché, quando passerete la notte in bianco, vi basterà cliccare sul video in VLC e tutto si raddrizzerà.

Ah ah.

I bulli però hanno fatto la figura dei maiali. Ed è quello che più m’importava. È inutile che provino ancora a etichettarmi come si fa col prosciutto. Sono carne cruda e io li ho spellati.

Ah, rimembro quelle Stardust Memories delle mie celate, nient’affatto gelate, fantasie proibite su Sharon dei miei trascorsi Radio Days.

Quando non esisteva Instagram e potevo gustare persino Kundun di Scorsese senza incappare nelle fotografie arrapanti di modelle che, oggigiorno, hanno massacrato ogni mio buon proposito da Dalai Lama.

Sì, noi uomini non possiamo stare tranquilli. Accendi Instagram per vedere, sulla pagina ufficiale di Martin Scorsese, le foto della prima di The Irishman e ti capita di scorgere in passerella quella passerona di Juliette Lewis.

Un po’ invecchiata e liftata ma indubbiamente ancora assai bella per noi fringuelli. Ah ah. Va tutta impomatata!

Al che, per non turbarti, non accendi nemmeno più la tivù. Tanto in televisione sono tutte oramai mezze nude.

Peccato che, nel mentre di tale tua resiliente ascesi da John Rambo dei poveri, una tua conoscente ti mandi un’erotica foto mozzafiato di lei in bikini su una spiaggia esotica assieme al suo nuovo fidanzato di colore. Sostanzialmente di calore.

A Bologna è inverno, lì invece, a quanto pare, è estate torrida. E lui con lei è super solare a mezzogiorno.

E dire che ho disdetto il mio abbonamento a tutti i siti porno di sesso interraziale fra un mandingo e le figone bionde.

E dire che mi sono sorbito tutte le vostre disamine e le vostre folli elucubrazioni sui significa(n)ti reconditi, metaforici e non, perfino su un semaforo attorniato da luci al neon, in stile Taxi Driver, di Joker.

Inoltre, pochi giorni fa, al Festival di Roma, mentre ho fatto la fila per vedere The Irishman in sala Petrassi, ho dovuto sentire uno che, dietro di me, ha affermato che Scorsese ha potuto realizzare questo film solo grazie a Netflix.

Poiché Netflix ha avuto il coraggio d’investire tanti soldi su un capolavoro del genere.

Peccato che costui abbia definito The Irishman un capolavoro ancora prima d’averlo visto.

Peccato che costui era affiancato da una bellissima donna, probabilmente la sua, che preferisce i cinecomic, peccato che codesto personaggio forse, qualche ora dopo, avrebbe visto Scorsese in conferenza stampa.

Ma non saprà mai chi è Scorsese. Semplicemente perché Scorsese è Scorsese, Woody Allen è Woody Allen, Stefano Falotico è Stefano Falotico.

Vedo molte persone disperate.

Nella loro vita, non funzionò il cosiddetto piano A, al che si diedero al piano B ma risultò fallimentare pure questo. Hanno scelto l’opzione C, cioè chiedere l’assistenza sociale. Anche condominiale. Ah ah.

Quello che posso dirvi è questo, amici:

di mio, abito al quarto piano.

Basta che funzioni.

Cosa?

L’ascensore?

Eh certo, l’ascensore, no?

Che minchia avevate capito? Ah ah.

Vi lascio con una mia barzelletta alla Woody Allen.

Una donna va dallo psichiatra:

– Dottore, non ho capito un cazzo della vita. Non me la godo proprio.

– Ah, capisco. Dunque lei è una suora?

– No, sono un’insegnante di Educazione Fisica. Perché?

– Niente, per chiedere. Dobbiamo entrare in intimità di transfert.

– Siamo sicuri che lei sia uno psichiatra? Non è invece un pornoattore?

– Signora, sono la stessa cosa.

– Cioè?

– Uno psichiatra crede che ogni conflitto psicologico dei pazienti parta inconsapevolmente da un adulterato rapporto con una sessualità irrisolta a livello inconscio.

Dunque, lo psichiatra stimola le cosce per incassare la porcella. No, mi scusi, volevo dire la parcella.

Non c’era ancora arrivata?

La faccio arrivare io.

 

Ebbene, adesso vi sarà uno spoiler. In The Irishman, De Niro ammazza Al Pacino/Jimmy Hoffa. Spoiler per modo di dire.

Davanti al prete all’ospizio, prima di aspettare di morire, De Niro fa capire al prete che forse ha un solo rimpianto in vita sua.

Non rimpiange di essere stato un assassino e un criminale, non rimpiange forse neppure di aver tradito la fiducia di sua figlia.

Rimpiange di aver ammazzato il suo unico amico.

Ma è stato costretto. Perché, altrimenti, la mafia avrebbe ucciso lui.

Se non è un capolavoro questo, certamente non lo è nemmeno Io e Annie.

Ecco, la lotta per l’Oscar come miglior attore sarà fra Joaquin Phoenix e De Niro.

Come miglior film, Joker appare decisamente sfavorito rispetto a The Irishman e a C’era una volta a… Hollywood.

Comunque, tre film sul mondo.

Un mondo che non c’è più. Nel bene o nel male.

Macellato dal cinismo, dall’arrivismo, dalle solite regole di potere.

di Stefano Falotico

De gustibus non disputandum est. Anche se i miei gusti son sempre quelli giusti, soprattutto in fatto di Cinema e di donne, tu invece sei una locuzione vetusta che meriti la distruzione


05 Aug

lambert greystoke

Distruzione, ostruzione, castrazione, istruzione, evviva il battaglione!

Sì, vedo uomini e donne che s’accapigliano per avere ragione ma in verità vi dico che la ragione appartiene a me, forse un coglione ma voi dovete occuparvi soltanto di altre regioni. Non solo geografiche ma erogene.

Sì, siete malati di sessuali attrazioni, siete dei materialisti perennemente fissati su quelle zone…, dunque non possedete ciò che dalla nascita iddio m’ha dato in dono. Il gusto, il tatto, la lirica sensibilità della magnifica vacuità. Nell’apparente vuoto, divento cosmogonico, orbito lungo scoscese valli del mio amore etereo e, nell’etere, smarrito fra lo spazio d’un tempo stellare delle mie tempie sorvolanti gli eccelsi, universali miei intimi aromi, me ne frego bellamente del vostro ipocrita concetto d’amore e di dignità. Volando laddove a pochi uomini fu permesso di addentrarsi. Ovvero nel covo del proprio cuore.

Io so guardare la vita nelle sue vaste profondità immense come la miriade di galassie ove certamente abiteranno razze superiori alla nostra, quella degli uomini. Vale a dire delle scimmie che rinnegarono la propria connaturata natura brada per aderire alla promiscuità più laida.

Tocco sponde ancestrali di trascendenza mistica in quanto, se oggi voglio fare l’eremita e l’artista, so che il Re Mida non è uno che ama la socialità frivola.

Adoro i corridoi energici della solitudine a me più sinergica, me ne avviluppo e me la ingroppo, facendovi l’amore per ore in silenzi contemplativi la vostra emotiva aridità oramai contraffattasi nella cenere di pelli e carni volgarmente mischiatisi al porcile più lardo. Siete arrosto, miei polli.

Mi do delle arie, sì, passeggio infatti spensierato e libero in mezzo a voi, schiavi d’un sistema amaro. Che v’ha castrato in sociali maschere da ruffiani nell’anima avari.

Sì, gozzovigliate e v’ubriacate come i proci ma io non nutro intenti vendicativi nei vostri confronti alla pari di Ulisse.

Non ho bisogno di combattervi poiché voi siete innatamente imbattibili nella vostra deficienza, da voi ogni giorno peraltro resa crescente, mangiando anche le crescentine, immarcescibile.

Sì, marciate, marcendo mentre io adoro Robert Altman di M*A*S*H in quanto uomo alto che non ha la pretesa di urlarvi alt, io sono adoratore della bellezza femminile più alta come fu quella, appunto, di Carol Alt e di Jane March.

Sì, appena vidi Jane ne L’amante e ne Il colore della notte, divenni Tarzan e, combattuto, straziato nel capriccio della cupidigia da lei evocatami, non riuscii ad arrestare la voce del mio cuore erotico che sussurrò al mio membro… avanti, marsc’!

Sì, afferrai la mia liana, togliendomi la maglia di lana e accarezzai il mio sesso cotonato, immaginando di penetrare la March in quei ultimi giorni invernali di Marzo ove, alla vigilia della primavera, sentii già il calore sulla pelle, anche sulle palle, inondarmi e squamarmi di raggianti battiti ardenti e squaglianti.

Sì, non v’è niente di squallido nell’adorazione delle proprie nude intimità così dure.

Sì, il mio membro stava eretto, ritto come un militare sull’attenti e, per meglio gustare il mio onanismo da uomo sveglio e dritto, tirai pure la pancia in dentro, sollecitando il mio personale, surreale amplesso attraverso diaframmatici polmoni miei, appunto, illuminati interiormente da La canzone del sole di Battisti:

 

E l’innocenza sulle gote tue

Due arance ancor più rosse

E la cantina buia dove noi

Respiravamo piano

 

Sì, per questo iper-romantico mio atteggiamento, per questa mia soave, delicata, alienazione masturbatoria e ascendente, fui incriminato quando fui solo (im)puramente cremoso, fui tacciato di essere, a proposito di arance, Alex di A Clockwork Orange.

Sì, si scambia l’innocenza di una masturbazione densa per perversione violenta. Che società bugiarda di dementi.

Sì, gli adulti facinorosi e bigotti mi dissero che, per via di questo asociale, non compenetrante gesto mio autoerotico, ero toccato nel cervello ma in verità vi dico che toccai solo quello, miei fringuelli.

Le ragazze della mia età non potevano apprezzare il mio Infinito leopardiano. Erano troppo occupate a spassarsela, non solo in spiaggia, nell’andare con un tamarro col tatuaggio di un ghepardo, facendo con lui sesso da zotiche, anzi da zoo, sugli ermi colli…

e mi sovviene l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare…

A me invece viene sempre più vicino l’inferno,

e le more a ogni stagione dell’amore, e la presente super figa,

e il suon di tutte.

Così tra questa carnalità,

s’annega il pene mio:

e il cazzeggiare m’è dolce in questo mio amarle…

 

Sì, donne di ogni razza, età e religione fanno carte false pur di avere il mio jolly.

Fra poker e scale quaranta, mi gioco le migliori a briscola per una scopa solo con quelle più regine, meritevoli del mio bastone.

Escludo invece quelle donne senza gusto e senza tatto. Io non sono un ipocrita. Bevo al Korova Milk Bar, come Malcolm McDowell, il latte parzialmente scremato della Granarolo, non sono Fabrizio Corona e dunque, sebbene adori fisicamente la pornoattrice Mia Malkova, incarnante la splendida gatta ci cova per mille e una notte di brillanti alcove, alle donne meretrici che, solo con un paio di gioielli fanno le signore quando invero son soltanto, appunto, troie, preferisco Andie MacDowell, zoccola pure lei ma almeno un po’ più distinta rispetto a voi scimmie che ragionate solamente di Basic Instinct.

Collateral di Michael Mann è quasi un capolavoro. Ma ho solo un dubbio. Visto che sono un uomo da buco nero, come me lo spiega il signor Michael Mann il bucone narrativo concernente il personaggio di Mark Ruffalo? Sì, indaga fino a metà film ma poi sparisce dalla scena. Per caso, nel frattempo, è andato a mangiare con Robert De Niro e Al Pacino di Heat al diner?


di Stefano Falotico

La leggenda del Genius Pop sull’oceano, anche spesso sul divano


19 Jul

sandokan kabir bedi

Sì, un mio amico mi ha prospettato un viaggio da compiere, forse assieme, la prossima estate.

Questa oramai è già inoltrata e, come Sharon Stone di oggi, è sinceramente andata. Sì, siamo quasi a fine luglio, perciò totalmente immersi nella piena maturità d’una bellezza, di una solarità radiosa e calorosa che sta però tramontando nell’imminente agosto afoso. Dunque troppo caldo, poco libidinoso.

Sì, la nostra vita, così come Sharon Stone di Basic Instinct dopo che scaldò i nostri ormoni più del sole a mezzodì di quaranta gradi all’ombra, ombrosamente, nonostante l’ombretto e i trucchi facciali, dicasi anche ritocchini per apparire ancora figa come un tempo a lei solare e a noi uomini ardentemente ormonale, appunto, sta declinando nei primi battiti sopraccigliari di rughe e occhiaie cupamente rugose. Già annerita in una decadenza incombente. Spengendosi in una menopausa già cavalcante molto meno eccitante dei suoi brucianti accavallamenti epocali davvero stupefacenti, oserei dire raggianti e illuminanti i nostri lupi solitari alla Michael Douglas, figlio di puttana imbattibile e perennemente sul pezzo…

Siamo comunque lupi che perdono forse il pelo ma non il vizio e ameranno sempre, cocentemente, spalmare le creme alle donne con gambe estivamente fragranti, lisce, vellutate e piccanti.

Ecco, ma non perdiamoci in viaggi eroticamente-esoticamente sognanti, parliamo di cos(c)e serie. Sì, ah ah, di viaggi veri che scalderanno i nostri cuori, irradiandoli di speranza per cui, approdando a una meta paradisiaca, potremmo incontrare l’altra nostra idilliaca metà, dolce come una fragrante mela, soffice e leggera come un bacio a primavera.

Questo mio amico vuole visitare i maggiori parchi nazionali degli Stati Uniti.

Di mio, devo esservi franco, non è che durante la mia (non) vita abbia viaggiato tanto a livello mondiale.

Eh sì, non è che abbia avuto nemmeno molti friends ma, da piccolo, ero un ragazzo da Grandi speranze dickensiane, un infante da libro Cuore. Ah, che uomo l’Edmondo De Amicis.

Lui scrisse un gran racconto, Dagli Appennini alle Ande, io invece, nell’adolescenza mia più sovreccitata e bollente, sognando di essere già grande, peregrinai di prepuzio e glande, ammirando appunto le collinari forme montagnose e dure di Sharon, immaginando di montarmela.

Sì, valicai mari e monti con la fantasia più alata pur di avere con lei una notte da monta. Da impuro lato b estasiante. Giacqui però soventemente soltanto nella mia caverna al freddo e al gelo devastanti.

Sì, indossai anche il montone per darmi un’aria fresca come la brezza sulle Dolomiti da Bambi.

Ah, splendidi, mentali viaggi, circumnavigai l’intera sfera del fondoschiena di Sharon, donna dalla venustà extraterrestre, fantasticando con lei amplessi spaziali e al contempo granitici come la Monument Valley.

Ora, bando alle ciance.

Conosco bene la Lucania, regione natale dei miei genitori. Entroterra meridionale dallo scarso sex appeal turistico. Zona arida e brulla piena anche di pischelli di periferia, un po’ bulli ma comunque meno grulli di molti toscani onestamente né belli né brutti, soltanto insignificanti come Basic Instinct di Paul Verhoeven.

Un discreto thriller uguale in forma inversamente proporzionale, dal punto di vista esegetico, al celeberrimo ritornello della formosa Sabrina Salerno e della smorfiosa Jo Squillo, oltre alle gambe c’è di più.

Sì, forse il culo della controfigura di Jeanne Tripplehorn, donna stupenda che scioglie ogni uomo più del sole a Ferragosto che si squaglia sulle canotti(er)e polo, no, più delle calotte polari di Waterworld.

Per il resto, il film è la storia dell’autrice di Cinquanta sfumature di grigio, ambientata negli USA.

Comunque, i trulli di Alberobello, rispetto ai grulli, fanno la loro porca figura assai bella.

Napoli? Sì, ci andai. Per i miei tre giorni pernottanti in una pensione gestita da un pizzaiolo, avvistai molte magnifiche donne vesuviane ma, appena posai i miei occhi su di esse, i loro fidanzati manigoldi vollero borseggiarmi.

Io non ebbi affatto intenzione di pagarle, forse soltanto di palparle e papparmele, non erano mica delle prostitute con attorno dei papponi, desiderai solo regalare loro i miei gioielli di famiglia.

Anche i loro uomini vollero, a quanto pare, donare loro quelli…

Non erano dei magnaccia ma, coi soldi rubati al mio portafogli, dopo avrebbero magnato con le loro rispettive fidanzate un babà e un pasticcino millefoglie.

Vedi Napoli e poi muori? No, poi sei solamente più povero.

Napoli comunque è una città meravigliosa, Ho tanti amici e conoscenti di Napoli. Ma nessuno di essi abita vicino all’albergo ove io non riuscii a chiudere occhio.

Eh, nelle zone malfamate e losche di Napoli, bisogna stare in campana, non solo in Campania.

Visitai anche la mia reale città natia, ovvero Assisi. Sì, San Francesco sono io.

Comunque, c’è di peggio. Conosco gente che si credette santa. Sì, dei morti di figa messi a novanta. Diciamocela.

Dovettero andare a San Francisco per trovare una spennacchiata passerina che volesse parlare col loro uccello.

Per due giorni, stazionai anche a Nizza. Località ove furono girate molte scene di Ronin.

Non me la godetti molto. Per 48 ore soffrii, più che il mar di mare della Costa Azzurra, un terribile mal di pancia. Tant’è che Robert De Niro del suddetto capolavoro di John Frankenheimer mi fece e fa tuttora un baffo. Avete presente quando Michael Lonsdale gli estrae la pallottola dalle viscere senz’anestesia, similmente a John Rambo?

Ecco, io patii molto di più. Ma non per pochi minuti. Appunto, senza suture e punti, per due giorni e notti senza respiro.

Voi comunque dovreste curarvi dai fegati amari. Fate pena. Sembrate sempre sotto i ferri corti come se vi stessero praticando l’estrazione dell’appendicite.

Siete rivoltosi, dunque rivoltanti, ributtanti, sì, vomitevoli e disgustosi. V’infoiate in odi da voltastomaco solo perché una donna di pessimo gusto vi ha dato dello stronzo indigesto. È la verità, d’altronde, siete delle merde. La Mer!

Io sono invece un favolista come lo fu Emilio Salgari. Autore della saga di Sandokan. Nato a Verona e morto a Torino.

Non visitò mai realmente quei luoghi esotici che descrisse così minuziosamente nelle sue opere. Allora, le possibilità sono due. O era come Philip K. Dick, ovvero precognitivo, e dunque aveva già visto L’isola dei famosi, oppure davvero possedeva una mente altamente immaginativa.

Un po’ come Omero. Dove l’aveva vista infatti Troia il caro Omero se non forse a letto con quella baldracca di sua moglie? M’immagino, peraltro, tanti litigi fra lui e lei, un’Odissea. Ma Omero era sposato? Chissà…

Sua moglie si chiamava Beatrice o Penelope?

Mah, che vi posso dire?

Il mondo si divide in varie categorie: fra chi parte sulla via di Amsterdam per andare, appunto, a troie, quando bastava che si recasse sui viali, in piena notte, della sua città e una scandinava l’avrebbe rimediata, risparmiando sul volo, ah ah, fra chi ama Morte a Venezia, uomo malinconico, da nave Mare Jonio, fra chi è da manicomio e vede col binocolo sia il mar ionico che l’oceano poco pacifico dei suoi disturbi psichici ove, da tempo immemorabile, affoga insalvabile, fra chi ha una vita da sabbie mobili, fra chi scrive come Salgari Le tigri di Mompracem e quelle della Malesia e fra chi, come Mina, è una cantante maledetta che non si muove da Cremona.

Tranne quando si reca allo studio di registrazione ove, assieme ad Adriano Celentano, fa la campagnola.

Tornando invece a Sandokan.

Molta gente, qui in Italia, si crede Kabir Bedi e invece ascolta, nelle periferie romane più degradate e poco idilliache, Roma-Bangkok di Giusy Ferreri e Baby K.

Insomma, appartiene alla Baby Gang del nuovo, omonimo film di Stefano Calvagna.

Di me posso dire solo questo.

Visto che fui disoccupato, mi scambiarono per molto tempo per Valerio Mastrandrea di Cresceranno i carciofi a Mimongo e Tutti giù per terra.

Poi, pure per Pinocchio, addirittura per Lucignolo.

Infine, per Renato Vallanzasca.

Un deficiente pensò di catturarmi, volle fermarmi.

Al che, mi chiese la patente di guida e i documenti, che demente.

Io, (in)soddisfatto, gli dissi come Kim Rossi Stuart del film di Michele Placido:

– Hai fatto Tredici.

 

Lui rispose:

– No, bel Falò. Mi sa che ho perso solo la serata. Pensavo che tu fossi un riccone che voleva fare il gagà come il bel René. Invece, non hai una lira.

Mi sa che sia te che io l’abbiamo preso in culo.

 

Replicai così:

– No, omosessuali non lo siamo.

– Certo, Stefano. La mia era un’iperbole metaforica.

– Lo so. Quindi, che vuoi fare? Farmi la multa perché sono passato col rosso semaforico?

– No, caricami in macchina. Andiamo a sbronzarci.

 

Sì, nella mia vita, per colpa della mia moralità alta, essendo stato io uno che non ha mai voluto sputtanarsi con gli idioti miei coetanei, mi son preso disdicevoli patenti. Non quella B, da me ottenuta regolarmente alla meccanizzazione-motorizzazione. Bensì le macchinazioni di chi, dopo che s’è fatto scorrazzare per tutta Bologna, mi ha dato e continua a darmi del pazzo, del maniaco ossessivo, del complottista, del malato di fobia sociale, dello schizofrenico, del depresso e del demente analfabeta con manie suicide, addirittura mi becco pure appellativi da Fantozzi qualunquista e da scemo fancazzista.

Ah, magari fossi stato e fossi davvero Mel Gibson d’Ipotesi di complotto.

Almeno sarei andato “a cavallo” con Julia Roberts.

Che poi… a me manco piace questa zoccola.

Pretty Woman docet.

Insomma, stronzi, mi sa che avete fatto come Sean Penn di Mystic River. Avete sparato a zero sulla persona sbagliata.

Comunque, non facciamone una tragedia.

In verità lo è.

Ma io sono o non sono JOKER?

 

 

di Stefano Falotico

 

vallanzasca placido stuart mystic river

Ho sempre amato ogni Sharon, preferisco Ludivine Sagnier a Emmanuelle Seigner, sono più bello di DiCaprio e Alain Delon in quanto più in gamba, eppur si campa


25 May

Alain+Delon+Palme+Honneur+Photocall+72nd+Annual+1_QaFo-fQ4Ll

Sì, la dovrebbe finire quel farabutto a prendervi per fessi e fesse. Racconta un sacco di balle sul mio conto perché sta morendo d’invidia. E voi poveretti abboccate alle sue maldicenze, alle sue calunnie e credete davvero che io sia un eunuco come Totò il turco napoletano.

Fumo solo più dei turchi.

Questo cacasotto che insulta solo da dietro un PC, è un piccino, un simpatico bimbino.

Ma stavolta ha incontrato uno più stronzo di lui. Può succedere, fenomeno.

Dietro i nostri esibizionismi su YouTube, io vi vedo solo slancio vitale, non vi vedo insicurezze, bisogno di conferme, depressioni, disagi, malessere, ansietà e patologie, abbasso i sociologi-psicologi

Circola voce che gli youtubers seguiti da milioni di fan o soltanto giudicati fanatici, forse come Falotico, seguito invece da una ristretta nicchia e forse, perché no, anche da qualche racchia, abbiano cercato pateticamente la via traversa dei 15 minuti di celebrità warholiana che qualche bacchettone sostiene esser addirittura deviante, un mo(n)do auto-ingannevole per trovare la luce del giorno svanita nei loro cuori pietrificatisi nella solitudine più triste.

Ma che falsità immonda, che bieca distorsione dello sguardo ipocrita di questa massa fintamente allegra e ridanciana. Festivaliera e amante dei baccan(al)i.

Io invece vedo nella finta contentezza di questa massa ruffiana e sempre apparentemente smagliante nei suoi sorrisi di plastica da manichini, da robot mercantili dell’edonismo collettivo che, ahinoi, ha preso il sopravvento e ha sopraffatto le menti più deboli, una felicità mortifera da morti viventi e, come dissi pochi giorni fa, da morti dementi.

Persone che si attorniano perennemente di compagnie coi drink in mano, fra risa sguaiate, volgarità smodate, balletti e vinelli, abbracci e osceni bacetti. Fra sorrisetti da mezze calzette e qualche cazzone al loro fianco che fa la guest star con l’occhiolino malandrino.

Donne eterosessuali ecco allora che posano non soltanto con l’uomo che hanno sposato, esibendo le loro composte pose da brave signore a modo, alternando queste images politicamente corrette a immagini raccapriccianti ove, per sentirsi trasgressive, emulano Charlotte Gainsbourg in accoppiamenti di dubbio gusto con femminone oramai scabrose solo a tua sorella, sì, donne superate come Jane Birkin e neppure in bikini, però con questi sguardi lasciavi, maliardi e un po’ da maiale assai birichine.

Delle bricconcelle, forse solo delle riccone che, parimenti ai cosiddetti ricchioni, categoria comunque rispettabilissima poiché io non sono omofobo ma stimo molto soprattutto quelli alla Greg Kinnear di Qualcosa è cambiato, al mattino recitano la parte delle brave secchione e di notte, avendo codeste una vita da frustrate, cioè ricevendo tante botte soprattutto in testa, se la montano… di amori saffici a cui non crederebbe neppure il barbone più rimbambito di Via Saffi.

Alcune di cognome fanno Laffi, altre Biffi come l’ex cardinale omonimo, ex grande uomo mai baffuto. A me sempre piaciuto. E, dopo queste pose orgiastiche in (s)mascherate da Eyes Wide Shut, dopo aver dapprima pontificato sul mondo, scrivendo didascalie santificatrici dei loro peccati ven(i)ali, scritte farisee ficcate sotto ogni loro foto in costumi discinti da grottesche ebree bruciate soltanto nel cervello, diventano come Joe Pesci se, al posto di Bruce Willis, avesse interpretato Trappola di cristallo.

Cioè sono credibili e attendibili come avvocatesse e donne di classe quanto Joe Pesci, sempre lui, sì, però di Mio cugino vincenzo.

Sì, Pesci in questo film è stato fenomenale. Grazie alla sua ruspante schiettezza, alla sua ingenua e imbranata scaltrezza, alla fine ha vinto pure la causa. Salvando quei due scornacchiati dalla forca di una società ingiusta. Formata perlopiù da fighette e da foche monache.

Queste invece sono solamente delle ignorantone cafonissime molto meno sexy di Marisa Tomei.

Vinceranno mai l’Oscar? No, il premio come belle statuine sul comò e come soprammobili da (im)mobilissime, leggasi oggetti sessuali per una vita comoda, forse sì.

Alcuni, guardando i miei video, hanno voluto intravedere in essi la necessità, da parte mia, di sfuggire alla solitudine, la voglia a dir loro addirittura pericolosa di estraniarmi dal mondo reale di ogni dì per buffoneggiare in un altrove delirante e visionario fra il mistico, il mitico in senso negativo, forse solo all’interno di un’apatia creativa da vero, velleitario indubbio fallito senza più vel(l)i. Senza pelle. Soprattutto senza palle.

Ah, ma che moralismo. Suvvia, non è da come si recita un sonetto di Shakespeare che si giudica un uomo con le vostre recensioni affrettate da chi non può comprendere le rabbie all’Al Pacino de Il mercante di Venezia.

Non è da una mia smorfia alla Massimo Troisi che potrete vincere al Lotto.

Sì, voi sognate da sempre. Vi fate i film sulla gente perché a voi basta dare alle persone una cattiva occhiata per nascondere i vostri scheletri nell’armadio e parlate retoricamente soltanto di corretta, noiosa ars amandi, coi vostri populismi, i vostri buonismi, i vostri classismi, i vostri fancazzisti che inneggiano al vogliamoci bene. Ma che state dicendo? Che farneticate? Ma che fornicate?!

Sì, perché qui quelli che non fanno nulla dal primo canto del gallo all’ultimo urletto della vostra gallina, siete voi.

Io, come tutti gli youtubers più giustamente gigioni, appunto paciniani e alla Pesci, so benissimo che il mondo è di per sé una schifezza.

E le sparo grossissime con un carisma da lasciare esterrefatta pure la fotocamera digitale che vorrebbe spegnersi e invece s’illumina radiosa, multicolorata, briosa e calorosa.

Sì, non mi sono mai fidato delle persone con troppe certezze, delle persone che puntano il dito, che vorrebbero evangelizzarti, frenarti e rabbonirti, immobilizzarti nella loro esistenza prevedibile, ripetitiva, scolastica, demagogica e banalmente appunto ipocrita.

Sono i primi che fingono di essere san(t)issimi e invece poi, attraverso account fake, vigliaccamente da dietro una tastiera offendono gratuitamente nella maniera più folle e insincera.

Perché sono invidiosi, perché tromberanno pure come delle scimmie ma rimarranno anche più stupidi della scimpanzé di Tarzan.

Lo so benissimo e sto benissimo, in tutta la mia vita non sono mai stato meglio.

Perché sono ora privo di ragazzini educati appunto alla falsità, sono lontano da ogni schema, da ogni precetto e ricetta, da ogni lutulente ricotta, da ogni vostra volgare flatulenza, da ogni vostro mal di pancia, da ogni stronzetta e da ogni pugnetta.

Io celebro la bellezza nella sua forma e nelle sue forme più armoniose, più ipnotiche, più suadenti, più poetiche.

Perché, a differenza di molti di voi, so che un giorno morirò. Questo potrebbe accadere anche da un secondo all’altro. Mi potrebbe prendere un infarto così come mi può pigliare subito pure un’infatuazione per una fata. E, con mani fatate, scrivo e parlo.

Anche stando muto come un pesce. Oppure infoiandomi troppo come Pesci. Infognandomi come quello di Casinò.

Questo è tutto per ora. Domani, sarà un’altra figona o figata, forse una faticata, forse sarò sfigato o ancora sfaticato… Certamente io vivo di faloticate.

Un mio amico mi dice:

– Ah, sei misantropo. Datti di più. Non da fare, datti per farti una come Sharon Stone.

– Sì, farò la fine di Pesci e De Niro.

– E se invece incontrassi quella di Basic Instinct?

– Ah, di male in peggio…

 

Eh già, voi ora di non me non state capendo più un Tubo, vero?

Allora, siete ridotti peggio di un uomo turbato spesso titubante, intubatevi.

Si prega di non disturbare. Mai più.

Grazie, miei uomini e donne turbate.

Io spingo di brutto o forse bellissimo, di turbo e indosso perfino i più svariati turbanti.

Io sono conturbante. Esitante ma comunque (in)esistente.

Un uomo a sé stante.

 

Ricordate: più mi prendete per il culo con batoste toste e ficcanti, più ve le do ben assestate e brillanti. Lo do alla mia lei da brillantone.

In quanto oggi son grande, domani ti spezzo il glande.

E posso permettermi di mettere in copertina una più bella di Ludivine Sagnier.

Come no?

Vendimi una penna. Avanti…candoresvelato

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Il ritorno di Sharon Stone, l’ex donna più bella di tutti i tempi, attrice con 147 credits e un solo capolavoro, Casinò? No, il suo sguardo da casino


08 May

Sharon+Stone+Arrivals+amfAR+Inspiration+Gala+tKKytMxC8vjlSì, che fine ha fatto Sharon?

Ieri sera, mi è capitato di dare una sbirciata, ancora una volta, a Basic Instinct 2.

Una porcata micidiale. No, non perché sia scandaloso, bensì perché è scabrosamente orribile dal punto di vista cinematografico. Il film col quale il suo regista Michael Caton-Jones s’è sputtanato del tutto.

Ah, che spettacolo, Sharon, però. Aveva già il seno rifatto ma era ancora devastante. Possedeva uno sguardo fulminante da leonessa. Tant’è vero che quel bambagione di David Morrissey ha già una faccia da pesce lesso prima d’incontrarla nel film e poi, quando lei lo ammalia, lo seduce e lo fotte, diventa catatonico del tutto. Imprigionato dalla sua bellezza spaventosa che lo avvinghia lisciamente fra le sue gambe maestose. Una donna con una potenza sessuale eguale alla virilità di Viggo Mortensen in A History of Violence.

Sì, raffrontiamo questa donna dalla venustà titanica al maschione Viggo. Altrimenti poi voi femministe dite che siamo sessisti.

Tom Stall/Viggo, quest’uomo che sta nel suo bar e serve bomboloni con la crema, prepara caffè macchiati caldi con tanto di spruzzo di panna montata, un uomo squisito, delizioso ch’è sposato a Maria Bello ma da tempo la trascura, non la zucchera, diciamo. E, nel suo locale, mette su le canzoni di Michele Zarrillo per addolcire e dare un tocco musicale disneyanamente infantile appunto agli avventori rozzi della sua tavola troppo calda.

Fregandosene anche dei bullismi che il figlio riceve a scuola. Pedagogo in stile Gandhi che professa la non violenza anche quando è plateale che stiano mordendo i loro gioielli come Mike Tyson contro Evander Holyfield, come il pistolero Luis Suárez contro Chiellini.

Sì, a me nella vita son successe varie aggressioni sessuali. Essendo un semi-ascetico, a volte pure scemo e coglione, a un certo punto, son stato sbranato vivo come Sean Astin di Stranger Things 2.

Sì, questi demagoghi, no, demogorgoni, questi uomini cagneschi, sconvolti dalla mia purezza da hobbit, attentarono alla mia verginità, scarnificando la mia anima protesa alla metafisica trascendente e, non paghi del cannibalismo da Hannibal Lecter, m’indussero coattamente ad accoppiarmi alla prima cagna che avessi trovato per strada. Per una notte d’ululato da Joe Dante.

Da allora, come un licantropo, vago sconsolato nella brughiera della mia sessualità spelacchiata da cittadino felsineo. Un lupo mannaro molto italiano a Bologna.

Sì, mi obbligarono a un puttanesimo denudante ogni mia lindezza splendente poiché, dopo le loro analisi pediatriche della mia psiche, da loro reputata troppo fantasticante, addivennero follemente alla conclusione che andavo svezzato con qualche bagascia fattissima e arrogante. Scuoiandomi con offese molto pesanti da uomini sprezzanti. Oserei dire la mia anima spezzanti.

Figli di un’educazione arretratissima da anni trenta, vi andarono duro…

Al che, la mia indole rabbiosa e lupesca, acquietatasi in anni di letture elevate da filosofo zen, venne… abbattuta in un batter d’occhio, annientata in un nanosecondo dopo tanto cauto, lieve onanismo sognante, e fu trivellata, spolpata, macellata da questi iper-aggressivi machi deficienti.

Roba che, appunto, Michael Douglas, celeberrimo sciupafemmine incallito, avrebbe riso da matti. Consapevole che costoro, dinanzi a lui, donnaiolo conclamato ma anche uomo distinto quando non si piegò ai ricatti di Demi Morre di Rivelazioni, sono soltanto dei topi da topoline di fog(n)a. Delle zoccole, insomma.

Ma non perdiamoci in merde e stronze, no, stronzate.

Sharon Stone non è mai stata una grande attrice. Ha un solo capolavoro all’attivo nonostante cinquemila film da lei interpretati, ovvero Casinò. Ove recita la parte di Ginger, prostituta di classe.

Un ruolo che le calzò a pene, no, a pennello. Infatti sfiorò l’Oscar, ovvero le belle statuine che siete voi quando la vedete e l’adorate, volendola dorare.

Questo lo faccio anche io. Ma io posso, voi no. Ah ah.

Un giorno, prima di morire, vi narrerò di quando in fallo, no infatti, nel 2005 la incontrai a Beverly Hllls. Lei mi invitò a casa sua ma io rifiutai. Perché altrimenti sarei morto subito.

Una donna, sì, talmente bella che diventi omosessuale perché, se la fissi per più di tre secondi, capisci che, a lungo andare, potresti batterti il petto come King Kong. In quanto eccitato in maniera gigantescamente scimmiesca da Tarzan bestiale? No, perché t’è preso un infarto. Ah ah! Pensate alla salute!

Allora è più conveniente non guardarla proprio… ah ah.

La vedremo in The New Pope.

Paolo Sorrentino non ci ha ancora rivelato se farà la parte della suora… non credo, comunque.

E ho detto tutto.

Sì, la bellezza di Sharon, sino a qualche anno fa, ora è un po’ invecchiata, non si poteva discutere.

Ad esempio, io ho un metodo per capire se un uomo è malato di mente. Gli mostro Sharon in Basic Instinct e in Sliver.

Se costui, dopo dieci secondi abbondanti, non mostra la più minima reazione emotiva e la benché visibile erezione, bene, anzi malissimo, è subito da internare con tanto di sedazione.

Trattasi di un uomo socialmente pericoloso.

Ah ah.

Eh già, tutto si può dire di Sharon, tranne che non sia indubbiamente la donna più bella di sempre.

 

Altro che Eva Green e mignotte varie di sorca, no, di sorta. Anche di sorrata!

Qui, parliamo della super figa par excellence.

 

Sì, col tempo son diventato maestro delle freddure.

– Ah, ti piacerebbe essere stato con Sharon, vero?

– Be’, sono stato con lei e con altre donne ancora meglio di lei.

Potrebbe non essere vero ma tu sei frocio, quindi non mi interessa convincerti e sedurti.

 

Ah ah. E su questa faloticata adesso sgattaiolo.basic instinct 2

 

di Stefano Falotico

Everything You Always Wanted to Know About SHARON STONE * But Were Afraid to Ask


15 Apr

sharon basic instinct

Sì, io mi considero il più grande fan di Clint Eastwood della storia.

Sì, io ho ricevuto vari inganni da parte delle donne nel corso della mia vita. Il Clint de La notte brava del soldato Jonathan, in confronto a me, è un principiante.

Sì, la mia vita, maschilisticamente parlando, è stata L’inganno di Sofia Coppola.

Sì, mia madre a volte assomiglia a quella dell’episodio, appunto, di Woody Allen di New York Stories.

Ma anche le madri degli altri non stanno messe meglio.

La donna è sempre iper-premurosa nei riguardi del figlio. Da cui il famoso complesso di Edipo.

L’uomo, anche quando anzianotto, semmai pure ricco e realizzato come Eastwood, viene visto dalla sua genitrice come la madre, appunto, di Clint alla notte degli Oscar. Trovate la clip sul canale YouTube degli Academy Awards. Forza, non voglio più imboccarvi. Canalizzatevi da soli.

Sì, il figlio per la mamma sarà sempre un million dollar baby.

Le madri sono gelose, possessive, il cordone ombelicale mai fra loro si spezza. E il distacco non avviene manco con lo strappo.

Neppure se, appunto, diventi un uomo saggio come Frankie Dunn.

Uno che non ha bisogno di vedere il film di Bellocchio, Bella addormentata, oppure You Don’t Know Jack con Al Pacino per capire che l’eutanasia è in alcuni casi l’unica scelta giusta e possibile.

Sì, quando si soffre in maniera immonda, bisogna staccare la spina.

Quando la malattia è purtroppo terminale, una vita deve essere subito terminata.

Teologi e filosofi della morale, non solo cristiana, vorranno persuadervi del contrario.

Fidatevi. Se tali baggiani avessero un figlio o una figlia a quello stadio, la finirebbero di mortificarci con le loro folli invettive. Con le loro idiozie e le loro dottrine.

Il dolore insopprimibile e irreversibile va quanto prima frenato.

Mi pare che non si possa andare avanti così. Le condizioni sono pietose, vi è uno strazio dinanzi al quale neppure Cristo saprebbe donare un alleviante miracolo, diciamo, propedeutico e salvifico.

Ecco, nella mia vita, ho sulla mia pelle imparato che le cosiddette pillole della felicità, sono soltanto dei palliativi.

Farmacologiche inibizioni di stati depressivi spesso incurabili.

Come cantava Eros Ramazzotti in Parla con me:

Non si uccide un dolore 

anestetizzando il cuore…

 

La vera cura non è neanche l’omonima canzone di Franco Battiato, neppure I giardini di marzo di Lucio Battisti.

Sì, può succedere che, se un uomo è troppo depresso, si chiuda nel mutismo e assuma atteggiamenti da apparente minorato mentale come in Parla con lei di Pedro Almodóvar.

Le donne non stanno messe meglio. Diventano ninfomani e isteriche a compensazione di un’angoscia di vivere enorme. Da cui il celeberrimo film Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Insomma, figlioli.

La felicità eterna è una cazzata messa in giro da Scientology e da qualche amante del buddismo new age.

Una vita sana e appagante deve essere anche una vita stressante.

Altrimenti, non vi è sostanza, sacrificio, combattimento ma solo alienamento e tante utopie sognanti da Il cielo in una stanza.

È una verità ineludibile.

Come questa.

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Se volete dire che non è così, no, siete ficcati… e tamponati, impantanati e impegolati in un centro di salute mentale.

Sinceramente, siete già andati…

Oppure con una più figa di Sharon Stone siete impegnati.

 

In fede,

un uomo che ha conosciuto dal vivo Sharon Stone.

Su cosa sia successo, lo sa solo iddio.

 

Sì, per questo attualmente mi trovo fritto e impanato.
Detta come va detta, surgelato.

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

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Sogno un remake di Suspiria con Sharon Stone nei panni di una strega educatrice cattiva e Danny Trejo nella parte del monachicchio


07 Jan

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Ve ne ho già parlato del monachicchio, vero? Idolo del folclore lucano. Infatti, mio padre è della Basilicata.

E mio nonno paterno, quando d’estate andavo da lui in vacanza e facevo il bambino cattivo, tirando i capelli a mia cugina, mi diceva che non mi avrebbe punito ma a punirmi c’avrebbe pensato il monachicchio. Un essere buono e caro ma infido al momento opportuno. Che si aggira fra i vicoli paesani di notte e, da dietro i colonnati, spunta all’improvviso e ti fa il culo.

Ah ah.

Ho commentato questo bellissimo video…

Dario Argento è sopravvalutato?

Io ho l’ho ascoltato solo nelle interviste. Su molte cose ha ragione, è un teorico del Cinema ma forse si pone male e risulta antipatico. Ci sono interviste, anche disponibili qui su YouTube, in cui afferma delle cose nelle quali mi trovo d’accordo. Cose che oggi dicono tutti ma che tanti anni fa in pochi dicevano. Ad esempio, che certo Cinema era già superato all’epoca. Ovvero il Cinema basato su “storie vere”. Disse che, a parte qualche eccezione, un film col titolo based on a true story è già sbagliato in partenza. Perché spesso è una storia romanzata, agiografica, falsata rispetto agli accadimenti appunto reali a meno che non la si filtri con la propria poetica. Disse anche come dice tuttora che molto Cinema è “borghese”. Ovvero fatto per piacere, ricattatorio, ipocrita e falsamente mieloso. E che invece il Cinema vero, o almeno stimolante a livello inconscio, deve essere disturbante, spiazzare e disattendere le aspettative e non accontentarle per il facile applauso, deve incutere paura e inquietare. Perché la vita di tutti i giorni è già abbastanza monotona di per sé. E il Cinema, e la penso allo stesso modo, deve generare storie al di là del mondo tangibile. Essere metafisico, trascendente, onirico. All’inizio di carriera, in gran parte è riuscito a essere fedele alla sua visione cinematografica. Poi, sì, si è preso troppo sul serio. E non si è mai aggiornato, rimanendo vecchiotto nel modo di girare, perfino scontato e pacchiano, anzi inguardabile. Il Cinema di Argento va collocato, credo, in quel periodo storico. Noi, spettatori odierni, siam cresciuti con la violenza, la suspense e l’orrore. Dunque, anche i suoi vecchi film ci appaiono sopravvalutati. Ma all’inizio degli anni settanta non erano in effetti tanti i “coraggiosi” come Argento che giravano storie di streghe, di killer e psicopatici assassini, almeno in Italia. Infatti, mio padre ancora oggi, quando vede uno per strada con una faccia da mettere i brividi, urla: – Ah, se lo vede Dario Argento, lo scrittura subito!

Ah ah. Sì, mio padre spesso di Cinema non capisce moltissimo ma se ne salta con trovate geniali. Tipo che Danny Trejo di Machete è uno scartellato. Scartellato, nel suo dialetto, significa uomo impresentabile, brutto forte, un cesso. Ma non un uomo ripugnante, anzi, amabile e perfino tenero e affabile ma buffo e ridicolo. Uno che, se non avesse i soldi, non si scoperebbe neanche una di novant’anni. Sì, secondo mio padre, Danny Trejo è uno scartellato.

Detto ciò, chi è invece il Falotico, ovvero il sottoscritto? Non lo so e non ne posso parlare con obiettività, in maniera oggettiva, diciamo, poiché il giudizio di me stesso è inficiato da come vedo io il mondo. E perciò, essendo noi tutti esseri diversi gli uni dagli altri, anche dagli Unni, non avremo della mia persona mai e poi mai una versione corretta. Perfino dei fatti. E dei miei falli.

Sì, a dodici anni avevo già visto quasi tutti i film di Scorsese. Be’, forse ne avevo quattordici. Fatto sta che la gente era impressionata dal sottoscritto. E mi dicevano tutti che ero un genio. Già molto in là. Tanto in là che infatti ora mi sembra stare nei Viaggi di Gulliver. Reputato un gigante anzitempo, sì, come Stallone di Rocky III, gigioneggiai da coglione per un tempo siderale, basandomi solo sul mio campione già acclarato che non aveva bisogno di dimostrare nulla e infatti si ammalò di adorabile misantropia e di DOC come Jack Nicholson di Qualcosa è cambiato, annoiato a morte, decaduto in stati di atarassia emotiva da far impallidire gli zombi di Romero. Roba che Dostoevskij de Le notti bianche mi avrebbe portato in trionfo per come incarnavo ogni suo disagio simile a Le memorie de sottosuolo trasfuso nell’inquietudine esistenziale da Travis Bickle di Taxi Driver. E Paul Schrader conosce molto bene questo Dosto…

Sì, un enorme dormiveglia di notti fosche fu quella mia adolescenza cupa da solitario lupo, ero anche Nicolas Cage di Stress da vampiro, fidatevi. In quel periodo e patibolo, non mangiai mai uno scarafaggio vivo ma lo “scarface” ero io, e sognavo di leccarla a Jennifer Beals, distrutto da non riuscire a ballare con lei una flashdance.

Notti insonni, di dolori devastanti, di desideri inappagati, di bulimie incredibili per soddisfare la fame mai saziata del mio nevrotico essere-non essere pazzesco.

Così, un bel giorno mi risvegliai e fu un bel bordello. Sì, divenni un invasato, un posseduto, anche Glenn Close mi sembrava una figa sesquipedale. E dilapidai un patrimonio sui siti porno, diciamocelo.

Mi sverginai pure ma non servì a un cazzo. Ebbi crisi ciclopiche, persi la bussola e sbattei… una donna? Sì, un’altra, sì. Ma non godetti moltissimo, tutt’altro. Soffrii immondamente di maggiore testa di minchia.

Ora, sono tornato abbastanza in forma.

E voglio reinventare il mio Suspiria.

Sì, non so se l’avete notato. Sharon Stone, dopo essere stata fiera paladina del sex appeal più altolocato e piccante, dopo esser assurta a vetta pressoché irraggiungibile della sensualità angelica mista a uno sguardo atrocemente diabolico, con l’invecchiamento ha assunto una fisionomia da fattucchiera porca. Raggrinzita in volto, nonostante i tanti lifting, smagrita in maniera innaturale per via della menopausa galoppante che sta alterando il suo metabolismo non più voracemente potente, oggi appare fottutamente ossuta, cerea in viso, macilenta e dai tratti sempre più spigolosi. Si abbiglia da signora di classe, elargendo a tutti il suo sorriso tumefatto eppur ancora smagliante, con doppie punte d’una capigliatura intirizzita, addomesticata nell’amarezza più inaudita, foriera delle tristi rimembranze dei tanti maschili membri che aizzava con la sua figa calda di attizzante permanente inchiodare gli ormoni virili in quella strategica sua zona erogena, poco santa. Come si evince nell’epocale accavallamento platinato della sua fenomenale scosciata in Basic Instinct. Una che, come si suol dire, metaforicamente e non, ti faceva pelo contro pelo e ti bruciava vivo. Deflorando, di suoi fori essiccanti, ogni pudico resisterle con tutte le nostre forze asceticamente calme. Sì, una predatrice sessuale (ig)nobile, di alta scuola sopraffina, specializzata nella seduzione più peperina da imbattibile provocatrice a cui bastava inarcare le sopracciglia per alzare le temperature bollenti degli uomini ardenti già prostrati e inchinati dinanzi alla sua dea tanto scalpitante, succhiante e a(l)itante sospiri roventi in amplessi morbidamente pompanti.

Sì, dopo Alida Valli, Joan Bennett e Tilda Swinton, è lei che designerei per un altro remake di Suspiria, da me sceneggiato, un horror demenziale dai toni grotteschi, un incubo a luci rosse, nel senso di atmosfere torbide, eroticamente purpuree e proibite, molto cazzuto e schizzato su gore truculento e succulento.

Trama…

Siamo in una cittadina dell’Umbria, regione ove svettanti si ergono castelli medioevali e in cui la natura selvaggia è ancora incontaminata. Terra di stregoni e maghi, di zoccole e puttanieri che però credono a San Francesco d’Assisi, ove Sharon, mangiando i baci Perugina, oramai in pensione, alloggia in una ricca magione gotica alle pendici del Gran Sasso. Qui, nel Corno Grande, dopo aver reso vedove molte donne col suo enorme sesso cornificante, inducendo i loro fraudolenti mariti a tradirle, anche solo virtualmente, su onanismi alla Sliver, Sharon passa le giornate a ricordare i tempi d’oro in cui Michael Douglas la cavalcava. E, fra una nostalgia e l’altra, prepara il brodino e cucina degli ottimi pasticcini cremosi.

Nel pomeriggio, dà ripetizioni ai bambini delle elementari. Lei, maestra insuperabile e donna (s)fatta, che educa i bambini a crescere in fretta…, invogliandoli e imboccandoli prematuramente a scoperte sessuali degne di Henry Miller.

Al che, i genitori dei bambini, capendo che gli sguardi dei loro figli son ora divenuti perversi come in Villaggio dei dannati, credono che siano stati posseduti dal diavolo e chiamano un esorcista. Attraverso una seduta spiritica, evocano Gabriele Amorth. Ma Amorth è bello che morto e vuole essere lasciato in pace. Così, grida a costoro: – Perché avete turbato il mio sonno? Ero lì che sognavo Sharon Stone ignuda nella valle del Signore e stavo per esserle buon pastore nella sua pecorina.

Al che, sconvolto, dall’aldilà grida assatanato con tanto d’imprecazione dialettale: – Vaffanculo a voi e Chi v’è muort!

I genitori, scomunicati e demonizzati da Amorth, decidono di rivolgersi a Matthew McConaughey di True Detective. Perché credono che in città si aggiri un mostro attentatore delle giovanissime verginità violate.

McConaughey, invece, risponde loro che la parte è andata ora a Mahershala Ali e non ha più voglia di farsi il culo come un negro.

Disperati, non assistiti, se non dal reddito di dignità di Di Maio, non contenti degli ottanta Euro del decaduto Renzi, ché non serviranno a nessun altro zainetto, i genitori e le ziette optano per una vendetta punitiva.

E, in piena notte, si recano mascherati sotto la casa stregata abitata da Sharon.

La quale, dopo aver assunto delle pastiglie contro le vene varicose e alcune pesanti per il diabete, impaurita da tutto quel casino, chiama la polizia.

Ma la polizia non fa in tempo a soccorrerla che i genitori di quei bambini traviati sfondano la porta e la trivellano a colpi d’ascia e all’urlo di Christian De Sica… beccati questa, ah buzzicona d’una zoccolona!

Aiutati da Danny Trejo, ora sagrestano pagano della parrocchia locale, che la divelle in due.

Insomma, una tragedia.

I genitori assassini e cannibali vengono spediti in manicomio, nel peggiore e più duro ospedale psichiatrico giudiziario.

E i bambini, liberi e felici, senza più rotture di palle, guardano IT alla tv.

Godendosela da matti.

E finalmente capiscono che Sharon Stone è stata furbissima a stregare non solo loro ma Hollywood. Perché, nonostante cinquemila film da lei girati e malgrado tanti uomini raggirati e coglionati, ficcati e poi sfanculati, l’unica pellicola in cui ha recitato come Dio comanda è stata Casinò.

Il resto è una puttana, no, puttanata.

Capolavoro!

Oscar alla Migliore Sceneggiatura originalissima eppure non Originale perché ispirata alle due precedenti opere dell’Argento e del Guadagnino.

Di mio, ora devo prepararmi il tè e ficcare il prosciutto crudo nel panino.

Sono la “schizofrenica” Susie Bannon?

Ma che state a di’?

Voi vi giocaste il cervello, fidatevi.

Cosa ne penso di Dakota Johnson?

Sì, una buona passerona ma, essendo io erede del santo già succitato, nato a Giovanni di Pietro di Bernardone, non credo che Dakota parlerà col mio uccello.

E ho detto tutto.

Ma comunque è ancora presto per esalare l’ultimo Suspiria, anche se la mia vita è un De profundis.

Ma non quello del sottotitolo del Guadagnino e nemmeno l’opera omonima di Oscar Wilde. Perché non sono omosessuale.

Sono solo un uomo profondo, tanto profondo che, a forza di pensare e sognare, non ho più fondi.

Andrò a scommettere sui cavalli, ricordando quei momenti irripetibili in cui adorai quelle cosce immani di Sharon, che cavallona.

 

 

 

di Stefano Falotico

Le riprese del Joker con Phoenix sono terminate: ecco l’ultima foto dal set di effetto blu notte


04 Dec

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Sì, le riprese di Joker sono finite così come sono finite, per fortuna, molte delle vostre vite. Finalmente, dopo un’intera vostra esistenza passata a lamentarvi, avete compreso in un attimo di lucidità imbarazzante che siete giunti al capolinea.

Giunti che siete a tale conclusione, per un attimo pensaste di non suicidarvi. Semmai noleggiandovi un film scacciapensieri con un’ottima passerona che, per trenta secondi, sì, tanto non durate di più, vi ha rallegrato di una masturbazione lievissima. Tale che, in quel mezzo minuto da uomini minutissimi, credeste davvero che la vita è bella e la vostra condizione umana fosse migliorabile. No, è stato solo uno zampillo, un’esplosione… momentanea, un istante abbastanza breve di gioia e fazzoletto sporcato.

Invero, dopo esservi puliti in bagno, vi siete specchiati, ancor più consapevoli della vostra pochezza.

Al che, accendeste Facebook in cerca di quelle frasi consolatorie che vanno tanto di moda, del tipo: se pensi di essere stato sminuito, tirati su, tira fuori le palle, fottitene, è il momento di essere Mel Gibson di Braveheart.

Oppure, sì, nella vita hai subito batoste devastanti ma ricorda che a fine del prossimo anno uscirà nei cinema Rambo 5. No, non è ancora arrivato il tempo di morire. Venderemo cara la pelle e le palle.

O frasi da donnette del circolo del cucito: ricorda che lui tornerà da te perché solo tu sapevi farlo ridere e gli preparavi un buon risotto con le patate…

Sì, tutti sanno che Babbo Natale viene solo una volta all’anno. Cazzo, per gli altri 364 giorni, con l’eccezione del bisestile, manco si tira una sega. Roba che il Dalai Lama, in confronto, è un pervertito.

Sì, nella mia vita, fratelli e sorelle, ne ho viste tante… ragazzi che studiavano al Classico e resero ricco Valerio Massimo Manfredi. Perché erano convinti che sarebbero passati alla Storia.

Oggi, coscienti che non saranno mai Alessandro Magno, sono depressi e bulimici. Magnano come dei porci di Roma con tanto di macedonia!

Mezz’ora fa, son stato al bar. Sono entrati una nonna tanto simpatica e suo nipote di forse dodici anni.

E ho pensato: beati loro, questa ha già un piede nella fossa, il ragazzino invece ha ancora cinque sei anni per poter essere spensierato. Poi capirà che dovrà andare dal gastroenterologo.

Eh sì, il mio condominio è pieno di fegati amari.

Oggi, hanno recapitato a ogni singolo condomino le tasse appunto condominiali. È stato un delirio. Il signor Lucchi, uno dei miei vicini di casa, quello che nel mio video su Basic Instinct bussa contro il muro, chiedendomi di abbassare il “volume” della registrazione, ha avuto un mezzo infarto quando, aprendo la ricevuta, ha letto la cifra da pagare.

Ora, vi racconto questa. Sì, non sono un grande appassionato della Serie A. Ma non ho bisogno di essere abbonato a Sky per sapere quando il Bologna ha fatto goal. Se il sabato, in caso dell’anticipo, o la domenica il signor Lucchi urla come un dannato, significa che il Bologna sta vincendo. Se poi l’urlo diventa come quello di Tarzan, capisco che la partita è finita e il Bologna ha vinto.

Sì, sua figlia non stava messa molto meglio. Mi ricordo che, moltissimi anni fa, saranno state le tre di notte… ero lì che mi stavo dolcemente masturbando su Patricia Arquette di Strade perdute. Quando, al culmine della mia eccitazione, nella scena in cui Patriciona, di tette abnormi nel deserto, si mostra totalmente ignuda con tanto di effetto lynchiano, sono tremate le pareti. No, non fu il terremoto ma il peto ciclopico della figlia del Lucchi. Che, durante la dormita, l’aveva mollata di brutto.

Sì, non riuscii a reprimere l’eiaculazione galoppante e, per lo smottamento dovuto alla flatulenza frastornante, mi tagliai la cappella con l’unghia del pollice tutta spappolante. Ah, che orgasmo. Da film horror demenziale.

Nonostante il dolore tremendo, roba da Ben Stiller di Tutti pazzi per Mary, tutto tornò al suo posto. E il mio glande si riparò in un paio di giorni con tanto di pene alla penicillina.

Invece la figlia del Lucchi è passata dalle scoregge alle lavande gastriche. Eh sì, fa le seratine…

Insomma, la faccia di culo è questa: o l’accettate com’è o son cazzi vostri.

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di Stefano Falotico

Jennifer Connelly, diciamocelo, mi ha rovinato la reputazione, ha deturpato completamente la mia indole da Dalai Lama


11 Nov

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Sì, una mia amica su Facebook scrive oggi quel che segue:

Ho sognato di essere l’amante di David Bowie.

I nostri incontri clandestini avvenivano, di base, in treno. Il suo treno privato, per la precisione. Tutto alla chetichella, ovvio, giacché ero fidanzata con Franzisk…, il quale ostentava degli agghiaccianti calzoni pied de poule bianchi e neri. (Ti tradivo per quello, Franzisk, non ho dubbi!) E si viveva in un appartamento al piano terra, tipo negozio, pieno di ingranaggi arrugginiti che nessuno mai puliva.

Voi tutto bene?

 

La mia risposta è stata questa. No, per me è stata una nottata insonne, come sempre. Anziché sognare David Bowie, ho sognato che alle quattro di notte fosse aperto il Conad sotto casa mia perché ho svuotato il frigorifero e ho ingurgitato tutti i wafer scaduti.

Comunque, sì, te ne do atto. Hai avuto un culo pazzesco a fare un sogno in cui eri l’amante di Bowie. Sai, devo confidarti che, sebbene David sia morto, io più volte, ascoltando la sua voce, son stato poi costretto a fare mente locale, per accertare a me stesso la mia eterosessualità. Infatti, ho sempre pensato che China Girl l’avesse cantata per il sottoscritto.

L’altra sera, ho visto il film La giuria. Pochi mesi fa, ho definito John Cusack un attore bollito, dedicandogli anche un pezzo distruttivo. Insomma, l’ho massacrato. Povero John.

Ho visto il suddetto film con mio padre. Che, al termine della visione, mi ha guardato dritto nelle palle degli occhi e mi ha detto: – Sai Stefano che assomigli a Cusack?

Una delle offese peggiori che un figlio possa ricevere da un padre.

Sì, perché io ho sempre associato John Cusack al tipo un po’ coglioncello. Bravo ragazzo, per carità, ma sessualmente poco appetibile. Imbranato e timidissimo.

Al che, due minuti fa ho svolto delle ricerche. E ho scoperto che, invece, John Cusack è un mezzo puttanone.

È stato con alcune delle fighe più eclatanti di Hollywood e non. Volete qualche nome? Claire Forlani che, dopo averla data per finzione a Nicolas Cage in The Rock, ha mandato a fanculo Cage e assieme al suo co-protagonista di Con Air, appunto John, è andata al galoppo.

John è stato anche con Uma Thurman, con quella zoccolona di Gina Gershon, con quella bella passerottina di Minnie Driver, con la figlia gnocchetta di Clint Eastwood, Alison, per una vera, impura Mezzanotte nel giardino del bene e del male, con quell’altro pezzo di gnoccolona di Neve Campbell, con Meg Ryan, che come attrice mi fa cagare ma una bottarella gliela darei molto volentieri, con quella stangona di Jennifer Love Hewitt, con quella patonza stratosferica di Rebecca Romijn e, per finire in bellezza, come si suol dire, con quella fregna esagerata di Brooke Burns.

Insomma, di primo acchito, questo John sembra un mezzo frocio. Ma a quanto pare spinge…

Filmografia alla mano, correggetemi se sbaglio, non credo che John Cusack abbia mai recitato assieme a Jennifer Connelly. Ma, secondo me, conoscendo il marpione, John ci avrebbe provato.

Perché tu non ci avresti provato a costo di finire provatissimo?

Sì, secondo me, come già scritto e detto, Jennifer ora è troppo magra.

Ma questa è stata una Phenomena abissale. Roba che, con una così, non duri più di sette minuti. Esplodi prima. Ma sono stati Sette minuti in paradiso.

Ah, il suo seno era qualcosa di disumano. Altro che Eva Green.

Come ballonzola delicatamente poetico, oserei dire, in Tutto può accadere, com’è turgido, burroso e magnificamente latteo in Scomodi omicidi, in Waking the Dead poi è davvero da infarto.

Ma il top della sua super figa-topona immane, Jennifer l’ha esibito in The Hot Spot – Il posto caldo.

Sì, la prima volta, moltissimi anni fa, quando vidi la scena di questo film in cui esce semi-ignuda dal lago e porge quel suo culo enorme al Sole, sono diventato cocente come fossi stato trafitto dal buco dell’ozono totalmente dilaniato.

Ecco, sono un uomo che non ha nulla da nascondere. Avete presente la scena in cui Sharon Stone accavalla le gambe senza mutandine in Basic Instinct e il grassone, paonazzo in viso, suda freddo? E Michael Douglas lo guarda, sogghignando?

Ecco, è meglio vedere quella scena di The Hot Spot senza amici…

Il tuo amico, all’apparire di Jennifer dinanzi ai tuoi occhi allucinati da tanta bellezza, potrebbe darti del pervertito.

Comunque, questo non succederebbe mai. Perché il tuo amico sverrebbe ancor prima di poter osservare la tua reazione.

Sì, io me la son sempre tirata da buddista asceta.

Jennifer Connelly è colei che ha mandato completamente a puttane ogni pace dei miei sensi grazie ai suoi immensi seni incandescenti.

Vogliamo dirci la verità? Jennifer Connelly faceva veramente schifo da quanto era figa.

Se fossi stata in lei, mi sarei vergognata ad andare in giro.

Sì, quando Jennifer Connelly frequentava il college, tutti i suoi studenti di corso hanno fatto la fine di Russell Crowe di A Beautiful Mind.

Ho detto tutto…

Come diceva Pozzetto: eh la Madonna!

THE HOT SPOT, Jennifer Connelly, 1990, (c) Orion

THE HOT SPOT, Jennifer Connelly, 1990, (c) Orion

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di Stefano Falotico

Gli sprezzanti ma veri pensieri falotici sulla vita, la morte e su Sharon Stone


29 Sep

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Con tutti i soldi che ho speso per l’intera filmografia in Blu-ray di Sharon Stone, potevo produrle un buon film

– Guarda, Stefano, che Sharon ha girato degli ottimi film.

– Sì, uno e mezzo, Casinò e Pronti a morire. Un film irrisolto.

Basic Instinct non è un grande film?

– No, l’ho pure recentemente recensito. Un film che, se hai vergogna e provi sensi di colpa a guardarti un porno come si deve, in caso di notte in bianco può aiutare a eiaculare la cosina bianca.

– Ma no! È un grande thriller! Con una bellissima suspense.

– Sì, certamente. Devi aspettare un’ora prima che Mike Douglas glielo metta in culo.

– Ma allora perché hai comprato tutta la filmografia di Sharon?

– Perché mi piace la sua faccia di bronzo. E ha delle belle cosce.

 

Sì, non me ne voglia la signora Sharon. La sua filmografia, qualitativamente parlando, non è proprio un bijou. Roba buona ne vedo assai pochina, però Sharon, con la sua bocchina, sapeva come far soldi dando ai ricconi di Hollywood ogni suo buchino. E ora è “donna di classe”. Sì, praticamente quello che ha fatto la Gregoraci con Briatore. Soltanto che la Gregoraci l’ha preso in quel posto… sì, non è mai stata candidata all’Oscar, ma è sulla bocca di tutti che, giustamente, le danno della poco di buono. Insomma, non tutte le donne bone riescono a donarci qualcosa in senso lato, che non sia quello B. Rimangono delle belle statuine, ma non sono l’Academy Award.

Prendiamo questa foto di qualche anno fa di Sharon. Il mio discorso non fa una piega. Un corpo smagrito a forza di spompinarli, no, volevo dire… spomparli.

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Ma, si sa, la vita è come la morte. Prima non c’eri, poi nasci, cresci e la dai per non morire di fame, quindi crepi e ti elevano a mito.

Ad esempio, io non ho mai capito la mitologia su Moana Pozzi. Secondo me, la cameriera del Bar Renè, vicino a casa mia, è molto più sexy della Moana che fu. Forse, anche più puttana ma, non avendola data alle persone “giuste”, lavorerà tutta la vita da schiava negra. E dovrà accontentarsi del seminterrato coi ragni e le zoccole, appunto.

Sì, credo sia così. Però un cappuccino bollente con tanto di schiuma (det)ergente, da questa qui me lo farei servire con tanto di bavaglino…

Già, le donne sono abbastanza ipocrite.

Ad esempio, oggi pomeriggio una su Facebook ha scritto:

la cucina è la mia vita, dopo la minchia e i viaggi.

Al che, la contatto:

– Scusa, giusto per curiosità. La minchia è solo quella di tuo marito?

– Sì, solo quella. È lui che mi mette a pecora.

– Sai, ti sei involgarita. Non eri così. Devi aver scopato male, ultimamente. Riempi la tua bacheca di porcate. Io vi leggo un’enorme frustrazione.

– Senti, segaiolo, impotente, maniaco sessuale, rompicoglioni, che non ho, io ti spacco il culo!

– La mia era una domanda benefica, atta ad aiutarti. Sai, mi hai confidato, tempo fa, ricordi, che ami molto tuo marito. Allora non capisco perché ogni sera caghi il tuo stupidario sugli uomini. Scrivendo che sono dei maiali e che li vorresti vedere bruciare tutti. Sì, mi ricordi Donald Sutherland di Fuoco assassino. Versione in gonnella di Nikita.

– Sì, mio marito è un grande uomo. Ma gli altri sono dei porci schifosi, dei repellenti bavosi. Uno di questi giorni li ardo tutti. Tutti!!! Ma anche le donne non scherzano, sai? Anche loro. A differenza di me, donna virtuosa, sono tutte delle troie. Assolutamente.

– Tu e tuo marito avete figli?

– No, ma ne stiamo aspettando uno.

– Perché lo volete mettere al mondo?

– Per vederlo crescere. E gioire.

– Per egoismo, dunque. Vuoi farlo crescere in un mondo che tu reputi così orribile?

– Senti, che vuoi? Io ti ammazzo!

 

Eh sì, questa è davvero una con le palle. È cazzuta, Dio mio.

 

Poi, invece abbiamo la “santa”.

Nel suo profilo, scrive che è sociologa-pedagoga-psicologa, forse solo psicotica. Praticamente Sally Field di Maniac. Una che dice ai fessi come si sta al mondo e si fa il giro col gigolò latinoamericano che paga perché la sbatta coi soldi che frega a quelli che tratta da “malati di mente”.

Mi prendo cura del tuo bambino interiore ferito, recita il suo biglietto da visita…

Costei, dovrebbe prendersi “cura” di curarsi, va’.

Ah, sono insopportabili queste qui. Si scattano i selfie nella casa con la biblioteca piena di libri. Tutti libri inutili del tipo: Leggi che ti passa, Se sei una ninfomane vai a fare shopping, Cercare la felicità in un Bonsai, Siamo tutti figli di un Dio maggiore, credeteci, minorati.

 

Gli uomini sono pure peggio. Pensate che c’è chi, a sessant’anni, compra le biografie dell’esaltato genio precoce del figlio, che ha appena scritto le memorie Sono più grande di mio padre: però lui ha i soldi e mi dà la paghetta dopo che la sua vita è andata a mignotte.

In Italia, c’è ancora la mafia. Un tempo, i ragazzi disoccupati delle zone degradate e sottosviluppate, pur di non crepare di stenti, accettavano “lavoretti” per i malavitosi. Che ne so, caricavano nel baule della loro macchina dei quantitativi di droga e facevano le consegne. Venivano ben pagati e, allora, una volta corrotti, non tornavano indietro. Prestando giuramento. Divenuti mafiosi con tanto di “benedizione”, erano fottuti del tutto. Sì, non potevano più pentirsi. E se mai si fossero azzardati a tradire i patti d’“onore”, qualche sicario li avrebbe fatti fuori.

Ma è un discorso estendibile a gran parte della società.

Mettiamo ad esempio che uno viene ingiustamente licenziato da una grande azienda. Se fa causa, è ancora più fottuto. Il datore di lavoro è ammanicato ai giudici. Cenano assieme e, come si suol dire, cane non mangia cane.

Questo datore di lavoro è uno potente, con le mani in pasta dappertutto. Sgancia i quattrini ai giudici, e l’uomo licenziato ha pure rimediato una figura di merda, oltre ad aver dilapidato ogni suo risparmio per pagarsi l’avvocato.

Come dice Joe Pesci di Quei bravi ragazzi, cornuto e mazziato.

Sì. Dovete sapere che spesso la gente mi ha dato del vigliacco. Così, dopo i vent’anni, coprendomi delle calunnie più infamanti, aveva arbitrariamente deciso che dovevo dimostrare di essere un “uomo”. E andavo svezzato.

Da ingenuo, abboccai a queste richieste poco in linea con la mia natura masturbatorio-ascetica, e al primo colpo trovai una ragazza. Scopammo quasi subito.

Al che, questa gente mi disse che ero solamente un porco perché scopavo senza lavorare. E via di bullismi e troiate.

Io impazzii, successe un finimondo, e oggi probabilmente sono Johnny Depp de Il coraggioso.

 

Io perdono perché sono io.

La maggior parte delle persone non sono come me.

Si credono grandi uomini e grandi donne e hanno girato da amatori… invece soltanto il film Sliver ove, come William Baldwin, spiano i cazzi altrui e fanno i giochetti.

E scopriranno, un bel giorno, di essere dei matti. Che inculata.

Comunque, io appunto non sono un’ipocrita. In Sliver la nostra Stone è bella, ovvio, ma io le preferisco Polly Walker.

Oggi, la mia Polly è un po’ invecchiata.

Eppure in Otto donne e 1/2 aveva un culo da infarto. Un culo che ti prendeva un colpo.

Infatti…

Parliamo di una super figa eclatante.

Di mio, non sono né figo né sfigato. So che mi piace Broken Flowers.

 

di Stefano Falotico

Genius-Pop

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