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Da quando faccio l’intellettuale, la mia vita ha preso slancio vitale e me ne frego delle offese bestiali in quanto sono JOKER ancestrale


24 Jan

sveglio

Partiamo con la stronzata serale che allieta l’umore prima di andare in cucina a mangiare un po’ di cioccolata fondente.

Eccola qua.

Sì, da una vita la gente mi dice di svegliarmi. Di mio, nacqui come John Creasy/Denzel Washington di Man on Fire. Quindi, cercate di non provocarmi e ascoltate, piuttosto, Nothing Man di Springsteen.

Sì, stasera attaccai benevolmente Mr. Marra. Sì, il celebre youtuber che spesso sfoggia muscoli da Beppe Maniglia giovane. Non conoscete il mitico Peppuccio?

Idolo di Piazza del Nettuno a Bologna, è il Lou Ferrigno/Incredibile Hulk della città felsinea.

Adesso, è quasi sparito dalla circolazione. Ma forse avrà incontrato, su una highway statunitense, Mickey Rourke e Don Johnson di Harley Davidson e Marlboro Man. Tutti e tre, invecchiatissimi, si credono ancora come Johnny il bello.

Beppe è un letterato, sapete?  Lui sapeva far scoppiare, con la sola forza polmonare, le borse termiche dell’acqua.

Le donne, vedendo quest’uomo così pompato, lo volevano spompinare e scopare più di come oggi quella cretina di Scarlett Johansson provi a farsi bombare da Chris Evans.

Ma torniamo a Marra.

Ci prendemmo su FB. Lui mi rispose: – Ok, boomer.

Gli risposi in chat che, se mi scambiò per Clint Eastwood di Gran Torino, cioè per uno che sembra un vecchio rincoglionito che non lo è, ci prese. Dunque, le avrebbe prese.

Sì, Mr. Marra vorrebbe essere James Franco di Spring Breakers e invece, secondo me, assomiglia francamente al Franco di City by the Sea.

E torniamo alle chitarrine del Beppe.

Al che, un mio amico mi chiese:

– Da quando sei diventato così stronzo?

– Da ieri. Quando te le suonai.

Poveri imbecilli, non aggiornati su di me, dietro profili falsi mi scrivono che dovrei curarmi dalla fobia sociale e trovare un lavoro d’impiegato.

Credo che abbiano capito poco del sottoscritto.

Questi sono solo personaggi da Sanremo.

Insomma, dei maniaci sessuali. Sì, è vero. Chi ascolta le canzonette è uno che crede agli amori. Quindi non è un maniaco auto-centrato?

150314 - Spettacolo musicista artista di strada Beppe Maniglia in piazza Nettuno - foto Nucci/Benvenuti - SPETTACOLO BEPPE MANIGLIA - fotografo: BENVENUTI

150314 – Spettacolo musicista artista di strada Beppe Maniglia in piazza Nettuno – foto Nucci/Benvenuti – SPETTACOLO BEPPE MANIGLIA – fotografo: BENVENUTI

di Stefano Falotico

The Disaster Artist od Orson Welles-Ed Wood deniriano: la mia performance in Euridice nel tempo di un attimo, vedere questo “reperto” per credere


12 Feb

Femme Publique

 

Sì, quanti anni son passati e, da allora, il mio cervello visse attimi che non raccomando a nessuno. Eppure quella purezza di allora è incontrovertibile. Vi mostro un video che ho caricato proprio oggi, non in elenco, estratto dal canale ufficiale YouTube del suo autore. Lo posto io perché, si sa, le cose altrui potrebbero cancellarsi e dunque mi piace conservarle nel mio archivio, anche dei ricordi, delle piacevoli bizzarrie personali, di quei trascorsi irrimediabilmente ingenui da lasciare comunque il segno.

Credo fosse l’anno 2005, circa, giù di lì. E sicuramente fu un anno per me miracolistico, oserei dire. Dopo un periodo immemorabile di buio, di ansietà immani, di notti scambiate per giorno, di vampiristiche depressioni allucinanti ma giammai comunque allucinatorie, eccomi a ridanzar nella vita, con esuberanza quasi cafona e spigliata armonia di superate “fissità” del mio adolescente ancor burrascoso, inquieto e talvolta inquietante, strano, lunatico ma romanticamente lindo nell’anima come potrebbe esser chi, nuovamente catapultato nella realtà giornaliera, rivede ancor il mondo nella sua fresca giovialità, disancorandosi da tante indubbie melanconie glaciali di un me, ripeto, maestro dell’atimia, ringalluzzitosi in maniera ruspante, come lo spumante tenuto in frigorifero che ribolle effervescente, schizzando… dappertutto, bagnando di euforia contagiosa anime, come la mia, empaticamente fervide di emozioni.

Ora, riguardiamo questo “film”. Vi racconterò il dietro le quinte, e di aneddoti romanzerò quel mio balenar baluginante in tanta spontaneità innocente, quasi patetica. Ah, candori irripetibili, che rimpiango nella mesta consapevolezza del mio presente così farlocco, ancor balzano, saltellante di qua e di là con far però mai da furfante ma da (ele)fantino sempre dirompente nella sua sincerità magniloquente e alle volte indisponente. Il Sole, in questo video, tramonta a levante o a ponente? Mah.

Sì, conobbi il Romano grazie ai miei scritti, pubblicati su FilmTv.it. Lui, affascinato dalla mia prosa folle ma saggia, cercò il mio contatto telefonico e m’invitò a casa sua. Presi su la macchina e c’incontrammo al casello di Padova. Poi, mi disse di seguirlo e mi ospitò nella sua magione. Sì, ricordo che indossava un maglione. O era Estate? Qui il mio rimembrar sfarfalla…

Da buoni amici, ci frequentammo puntualmente, e lui veniva a trovare me e io andavo da lui. Parlavamo dei nostri “dissenna(n)ti” progetti. Quindi, un bel giorno si comprò una videocamera e decise di girare un cortometraggio. Nelle ore precedenti, anche se forse fu prima, perdonate l’incertezza della mia labile memoria, mi fece il lavaggio del cervello col Cinema di Andrzej Żuławski e mi costrinse a rivedere, pur avendolo io già visto, Amour braque – Amore balordo. Sì, era ossessionato, alla pari della sua ammirazione maniacale per Brian De Palma, da questo regista. Tant’è vero che il suo nickname era Lucas Kesling, ben memore de La femme publique. Peraltro, rimanga fra noi, non credo si offenderà se qui gli rammento che l’idolo imbattibile e non “sbattuto” delle sue fantasie erotiche, proprio Valérie Kaprisky, lo consumava in onanismi “normalissimi”. Spesso “vulcanici” e incontenibili!

Ebbene, mi obbligò a studiare la parte, e non dormii la notte, si fa per dire… Il giorno dopo andai sul set…,
cioè il mini-ambulatorio casalingo del padre. Nelle ore antecedenti avevamo “filmato” scorci paesaggistici a base di steppa, campagna, arbusti, rovi e qualche inquadratura sghemba parimenti “distorta” come le nostri menti bislacche.

Il resto è quello che vedete. La mia recitazione, possiamo dircelo in tutta onestà, è acerba, per non dire pessima, anche se, nonostante il lungo bulbo crespo e già sfiorente, è “ravvisabile” un certo carisma alla Bob De Niro che c’è, indubitabilmente, eh eh, e sono da annotare anche alcune mie “speciali” inflessioni emiliano-meridionali fra il Totò più verace e un ragazzotto che si capisce è cresciuto con tagliatelle al ragù e la “panna montata” dei suoi neuroni intrecciati come tortellini raffinati. No, dico, riguardiamo il min 3 e 46 quando Falotico, cioè il qui presente-assente, con sfacciata sfrontatezza e faccia tostissima afferra il coltello e orgogliosamente inveisce sul “maledetto”. Cult istantaneo! Ah ah.

E perché mai la ragazza si spoglia e rimane in costume da bagno? Sì, invero il Romano morbosamente desiderava “ardentemente” un nudo integrale, ma lei si negò e la nudità fu parziale, assolutamente casta.

Quindi, il Romano, nel finale ha voluto fare qualcosa di “geniale”, giocando col tema del doppio, dell’occhio registico che guarda, “pugnala” lo spettatore, che è al contempo amante e voyeur. Demoni…

 

Insomma, perché poi nel piano sequenza a tre si vedono le mutande del mio antagonista?

Su questo dubbio, la vita va!

Cantore, villico, falso!

Eh, si capisce…

 

di Stefano Falotico

 

Sono l’uomo della pasticceria che beve il caffè solo se cremoso


26 Jan
APRILE, (aka APRIL), Silvio Orlando (center), 1998. ©Tandem Films

APRILE, (aka APRIL), Silvio Orlando (center), 1998. ©Tandem Films

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E scremo.

Sì, scemi, bisogna scremare e amare una donna Cremona, dandole un bacione al cremino. In quella cremosità, addiverrete al piacere bagnato, liquoroso di un godimento profumato di babà.

Sì, giovani angariati da dei papà oramai inariditisi, prendete la macchina e mettetevi in viaggio verso mete, dunque metà, su cui far montare… la vostra panna. Se, in autostrada, rimarrete in panne, chiedete al benzinaio dell’Autogrill come fa il “pieno” a sua moglie. Vi risponderà che son segreti “diesel”, che carburano di notte quando le mani si sporcano di “olio”. In quelle parole sagge, la macchina come per miracolo ripartirà di nuovo e vi condurrà dalla vostra bella, su cui potrete nuovamente “rombare” con accelerate di frizione, anche erezione, ben dosata, gustando il vero motore della vita.

Sì, bando al moralismo. Ne sa qualcosa James Franco, colpevole di essersi affrancato in zone erogene non consentite, pensando di farla franca. Non era assicurato e pagò di franchigia, essendo stato escluso dalla nomination all’Oscar. In compenso, potrà consolarsi, rimembrando come le sue belle statuine smaltarono di “oro colato” il suo membro, non dell’Academy, ma sicuramente poco “accademico” di troppo rischioso “sbandamento”. Diciamo che andò fuori dalle righe, ma centrò molte fighe.

Sì, di mio posso dire che mi associo a persone che mi compatiscono. Sì, è una buona associazione quella della compassione. Non si va alla Caritas, la gente ti vuole bene anche se ti maltratti, non ti giudica e non urla per carità. Sono caritatevoli e le donne, curandoti le ferite da infermiere, ti rendono “ferino” in nottate indimenticabili in cui unisci l’utile, cioè il medicamento un po’ da mendicante, al dilettevole, ovvero i letti in cui guaendo, eh sì, guarisci.

A parte gli scherzi, son uomo che consuetamente si reca al bar alle quattro e mezza di pomeriggio, gustando un caffè che, di mestizia amara, si scioglie zuccheroso nelle mie papille stanche di appartenere a un uomo senza palle. In quel momento delicato, l’aroma si fa prelibato, ne giova il palato e non devi darti al parlato. Sì, tutti vogliono che tu ti evinca, che ti “estrinseca”, che ottimamente argomenti, invece in quei silenzi “bagnati” la lingua ne gode da matti. Lo sanno le donne, che amano gli uomini di poche parole, anche di poca prole, a cui offrono “schiume” piacevoli come labbra umide in cerca di “effervescenza”. Per la serie evviva i muti che sanno come farle “cantare”.

Sì, la mia vita non è il massimo, ma mal che mi andrà rimarrò me stesso. Con buona pace di chi si sveglia la mattina per far la lotta al prossimo e poi si risveglia, però in punto di morte, capendo che ha fregato solo la sua anima da puttana che si è sempre svenduta ai soldi facili e al s(ucc)esso.

Stasera, dopo la cotoletta con le patate, mangerò un bignè. Tiè!

Voi invece dovete scopare… a terra! Ah ah!

Più che pasticciere, sono un pasticcione. Meglio di te, che curi lo stress coi pasticconi!

 

 

di Stefano Falotico

Nella vita accetto la mediocrità, nel Cinema no


01 Dec

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THE DESCENDANTS, George Clooney, 2011. ph: Merie Weismiller Wallace/TM and copyright ©Fox Searchlight Pictures. All rights reserved

THE DESCENDANTS, George Clooney, 2011. ph: Merie Weismiller Wallace/TM and copyright ©Fox Searchlight Pictures. All rights reserved

James Franco

James Franco

 

Aprirei con due frasi celebri, rispettivamente di Al Pacino e di Robert De Niro che, in questo primo di Dicembre, si trovano a New York a girare The Irishman. Rendendomi grato di essere un loro estimatore.

Io credo che si reciti solo nella vita, mentre nell’arte si persegue solo la verità.
Basta una birra a colazione e le ragnatele se ne vanno, la voce ti si alza di due ottave e ti sorge un bel sole dentro.

 

Eh sì…

Poi, inizi la giornata e ti affacci allo splendido orrore dell’aurea mediocritas. Sì, la media condizione umana ove l’uomo comune si contenta di vivere alla giornata, avendo oramai soggiaciuto ai propri limiti e non pretendendo di ambire ad alcunché. Così, le persone vanno a fare colazione al bar, discutendo di Calcio e battagliando furiosamente per prevalere sull’altro da opinionisti che vogliono, esigono di avere ragione. E sragionano, sbraitando con la schiuma del cappuccino che fa la “barba” non al palo ma alle loro barbette incolte. Così, accecati dall’odio, vanno a sbattere sulla “traversa” di una cliente appena entrata le cui tette sono particolarmente sporgenti. E in questa “procacità” vivono di dolce mediocrità. Sognando notti d’amore che allevino, in ogni sen(s)o, pene… che possan “innalzare”… il loro essersi ingrigiti ed adattati a un “normale” porcile di massa ove bisogna lavorare “duro” per portar a casa la mignotta, no scusate, la pagnotta.

Ma io non mi stupisco della mediocrità, uomo medio(cre) son perfino io e mediocri lo sono tutti. Ad esempio, sempre al bar leggevo un articolo su George Clooney. Uomo liberale, fascinoso anche ora che si avvicina alla sessantina, discreto, pacato, sexy senza dar troppo nell’occhio ma “dandolo” a volontà-voluttà, elegantissimo, in una parola piacente. Ma a me non è che piaccia poi chissà quanto e non vorrei aver la sua vita. Vita che gira film classicamente apprezzabili, ma privi di quei guizzi anche rudi e istintivi che li renderebbero più veraci. Sì, Clooney non è un uomo ruspante sebbene stappi molti spumanti. Sì, è invece spumeggiante, quello sempre belloccio nonostante il passar del tempo e nonostante sia stato usurato da mille passere. E brinda sempre felicemente il suo non essere David Lynch. Contento lui, contenti quelli che lo ammirano e vorrebbero somigliargli.

Poi, leggo un altro articolo, stavolta su James Franco, uno che in vent’anni di carriera è apparso in 150 film! Insomma, questo Franco, siamo franchi, è più attivo di un pornoattore. Monta… film su film e non si tiene più il conto di quante se ne sia fatte, no scusate, di quanti ne abbia fatti. È un bravo figliuolo che sta assieme a un’ottima figliola, tale Isabel Pakzad, una che se la guardi attentamente ha eccome il suo perché. Fresca, prelibata, con faccia virginale da illibata, invero è molto dotata…

Di me, guardandomi allo specchio, posso dire che sono un uomo che alle volte crede di non essere un uomo e passeggia malinconico, borbottando con classe inaudita da poète maudit.

Ipse dixit, e se lo dico io (non) fidatevi.

Non sono un ometto ma forse son fritto come un’omelette.

Voi pensate a farvele nel lett’.!

Ah ah.

 

di Stefano Falotico

Chi è Batman?


07 Mar

Non sei m(al)e, i film della settimana da gustare nella caverna

I film della settimana si prospettano sognanti e io propenderei sull’“anormalità”-anomalia d’un Bradley Cooper ammaliante e “malato” più James Franco di Sam Raimi “magheggiando” nel supereroe

Batman vive in Transilvania


Domani, cioè domani, pigliate carta e penna, è un Giovedì coi fiocchi.
Con un doppio Franco, versione “zucchero filato” e poi Harmony Korine bastardo.
Fra i due litiganti James, Lawrence Jennifer si “gode” lo “scemo del villaggio”, e De Niro applaude, da vecchio lupo di mare. Il Bob sa che tira più un pelo di figa che un carro di buoi e, ove v’è “
il lato positivo”, c’è anche l’amarezza-“dolce” che però balla il “liscio” in quello B “sedabile” e da “rassodare”

Ah, menestrelli, me ne sto nel castello. Giardinieri, il mio fiore fu reciso, e son Batman col maggiordomo che mi “dona” una cena “gustosa” di pipistrelli. Un pochino insipidi.
Tu, “donna”, rastrella l’uccello. Tu, mentitore, ficcati la mentina in bocca. Tu, minchione, sparati un altro “segone”. Tu, favolista, usa di più la fava.

Basta, ho fame!

Servo, metti su il giradischi, ho le palle girate. Togli Lucio Battisti, “spingi” con “Big” Jim Morrison.
E tu, della gleba, fai il letto, ieri ti “sei fatta nelle mutande”… col mastino dei Baskerville. Villana!

Accendiamo la Tv. Che cazzo danno? Vediamo un po’. Ecco, su Sky, c’è ancora Lucarelli Selvaggia. Come glielo darei io, nemmeno Nanni Moretti.
Sì, Nanni è un finto “papa”, per an(n)i volle papparsi solo Morante Laura.
A me non lo “dà a bere”. Inutile che filosofeggi di brioche, tanto Laura non sarà cornetto a suo marito. Ti tolgo il cappuccio, Nanni. Altro che i tuoi cappuccini! Sei un finto monaco! Tenete calmo il caos del Moretti, e tu, poveraFerrari Isabella, ti sei lasciata sodomizzare da questo sordomuto “provetto”. Che fai come Ornella Muti col Ben Gazzara? Che cos’è stato mai quell’amplesso-“tinello”-tieni qua simil Bukowski da La messa è finita in “pappamolla?”.

E io dovrei stimare il Nanni? Sì, meglio di Castellitto Sergio, un laido da Claudia Gerini per il “girino spermatozoico”. Almeno Daniele Luttazzi è onesto col “suo”.
Non si sposa la “Strega” Mazzantini per poi “spazzolare” le famo strane.

Non ho mai capito il Castellitto. Come attore serio, vale la calza della befana. Come bonaccione, è uno stronzo, come emulo partenopeo di Totò, no! Solo da popò di sculacciate.

Comunque, maggiordomo… hai registrato Selvaggia? Sì, sì, hai ragione. Stasera, ha scosciato poco. Scoccia sempre con le sue “menate”, almeno “vedessimo qualcosa” di più “spumeggiante”.
Maggiordomo, preparami un cosciotto di pollo. Puliscimi il piumino.
Rosolalo bene, poi telefona alla megera maniaca religiosa di Via del Rosario, per catechizzarla a far Quaresima solo se prima “cresimerà” l’amante suo arzillo con delle creme di cioccolato per la “veglia(rda)”. La sachertorte sa…

Bene, bene, nulla d’interessante. Spegniamo lo “zapping”. Allora, Cristo santissimo! Quanto devo aspettare per questo pollo? Voglio il contorno di “patate!”.

5 minutes later, dinner…

– “Mettilo qui”, adesso m’è passato l’appetito. Sì, ho anche un po’ di febbre, vaneggio sul (di)vano.

A che ora danno domani il film di David O. Russell?
– Signor Bruce Wayne. Non so se è il film più indicato a Lei in questo momento “delicato”. Potrebbe scatenare brutti ricordi.
– Per questo me lo voglio sparare. Adesso, consegnami Catwoman.
– Ma sta facendo l’amore con Robin, sulla porta della stanzetta c’è la scritta “Do not disturb”.
– Ah, quel rompiballe di Robin. Allora, chiama il Pinguino.
– Anche lui è impegnato coi topi di fogna.
– Non farmi diventare Jack Nicholson. Finiamola con queste “tope!”.
– Heath Ledger non gradirebbe.
– Me ne fotto, tanto è morto.
– Abbia rispetto per i defunti.
– E il rispetto per la mia “maschera”, invece? Maggiordomo, sei licenziato!
– Non può. Poi chi la servirà e riverirà?
– Tua sorella.
– Sta delirando?
– No, dico la verità. Tua sorella non è una suora che va a letto presto.
Saprà come “rimboccarmi le coperte”.

Tua sorella ha un sorriso da restar “a bocca aperta”.

– A parte gli scherzi, maggiordomo. Torna qua. Hai scaricato da iTunes il trailer di Iron Man 3?
– Certamente. Sempre ai suoi servigi, mio marchese.
– Io sono il Conte, sono Dracula, devi solo “succhiare” i miei voleri.
Dammi qua la damigiana. Ficca la “conversione” sul lettore Blu-ray. Vediamo che “razzo” di roba ha combinato questo mio emulatore. C’è solo Batman, gli altri supereroi son delle merde.
A eccezione di Superman, che è sempre me stesso anche quando si pitta di doppia personalità da “mantello” nel tonto Kent.

10 minuti più tardi…

– Questo trailer è una stronzata!

Dice solo puttanate l’“acciaio”: Sono Tony Stark, costruisco cose eccezionali, ho una ragazza meravigliosa e, occasionalmente, salvo il Mondo. Allora, perché non riesco a dormire?

Parte così, con questa “leccata insonne”. Infatti, c’è pure Guy Pearce da MementoNolanInsomniacavalieri oscuri, scudetti, troioni, missili che volano, corazze, scoregge, tutto l’ambaradan, la banda, le esplosioni, l’artefice delle (auto)distruzioni, il bombardamento, chi incula chi, “Indovina chi è il cattivo?”, qualche chirurgo allegro, il Vinavil, il “Piglia la vita, fortificandoti”, l’emicrania, il casco, i motorini.
Con tanto di Paltrow Gwyneth palpata e slurpata. Gwyneth la conobbi quando andai in Colombia.
Lì, nella foresta amazzonica, “ammazzò” lo “stormo”.

– Cosa vorrebbe dire padrone?
– Niente, lascia perdere. Non ne vale il “pene”.
Sappi, ci tengo a ribadirlo, che sono Batman. Il resto è d’arrestare.

Poi, che significa questo Ben Kingsley “Mandarino?”.
Mah, secondo me, è meglio il cocomero.

A proposito, domani speriamo che Selvaggia mostri i meloni.

– Sì, è ora di coricarsi Wayne. Fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare. E s’è fatta Mezzanotte.
Domani, l’aspetta una giornata schifosa. Questo lo sa, vero?
– Ne sono cosciente. Sì, dopo questa cenetta da “ristorante”, un bel sonno ristoratore.

Ah, ecco, rimanendo in ambito di sogni. Tu ha studiato Psicologia prima di fare l’educatore in questa valle di lagrime, giusto?
– Sì, esatto.
– Ieri Notte, ho sognato questo:
mi catapultarono nel ruolo dell’ammaestraetore delle belve al circo ma una signora della platea mi trattò da pagliaccio. Al che, inferocito, aprii la gabbia dei leoni, che la sbranarono.
Poi, regalai al marito il babbuino di scorta che tenevo in un ripostiglio.

Come me lo interpreti?

– Che sei uno stronzo.
– Sì, credo che questa sia una vera “esegesi”.
Andiamo a dormire, va’.

Ci siam persi in chiacchiere, fra Selvaggia, cazzi, tendoni e trombate.

Sì, la Lucarelli, sexy come il “cazz’” delle guardie forestali. Tanto “la tira” quanto poco, a lungo andare, me lo allunga.
Dopo un po’, scassa le palle. Meglio la fionda. Meglio la liana.

Aggiornamento di stato, con poco “tatto”, alla borotalco

Selvaggia Lucarelli, stasera, intervisterà Rocco Siffredi, detto “Il glande”. Chiede ai suoi (pre)ascoltatori se hanno domande che leggerà mentre non saprà se saltargli addosso di sbattergliela o spaccargli il microfono.

Con “eleganza”, propongo “lei” tale “alto” quesito:

Selvaggia, forse da, appunto, “Stanza Selvaggia” di Twitter, te ne sarai accorta. Cominci a ossessionarmi. Sarà il tuo rossetto fuxia sucandido seno procace o il taglio dei tuoi capelli scodinzolanti, da intrecciar di baci e osar nel rossoche fa Malpelo. Sono Stefano Falotico, poeta e romanziere, cinefilo e artista. I miei libri troverai su ibs.it e lulu.com. Fanatico delle donne brillanti(na), argute, sagaci e anche ambiziose, porrei questa domanda all’homunculus che intervisterai in trasmissione “erotica”. Credete davvero che Marlon Brando sia così mitico come ce lo descrivono e come l’abbiamo filtrato? Ed è appaiabile a Siffredi Rocco, che ha sempre dichiarato quanto “duro” sia lavorare nel porno e più ostico quando s’è cimentato nel Cinema vero? Cos’è poi la finzione scenica? Un orgasmo simulato daMeg Ryan, Conner Ryan, o i cornetti alla crema di banfianesca memoria? Su questo dilemma arcano e amletico, vi lascio (ri)flettere.

Ponderate e “mescolatevi” bene. Il mio tram si chiama desiderio. E a tutti, da Batman, lo caccio nel seder’.

A parte le burle, pur essendo uno sfegatato a iosa di John Belushi, per immolare il Mondaccio violento a goliardia “piratesca” e pure, aggiungerei io, perché no, picaresca, mi concentrei, “deconcentrato”, accentrato e “Amo solo me stesso”, sulla depressione di Silver Linings Playbook

Voi non avete letto la “buona” novella del Quick Matthew? E avete fatto male. Non è giusta una cosa così, è sbagliata. Riparate al danno, comprate il libro suddetto, “sudditi”, e rattoppate pure le “topaie”. Cola acqua dal soffitto e le fitte si fan toste al fegato. Lo so, qui si accumulano debiti, e il saldatore dov’è finito?
Come? Non ci sono più idraulici perché son tutti laureati?
E chi ripara il Ministro del Gabinetto? I rubinetti? Ci son due pomelli, per quella bollente e per la doccia fredda. Ah, qui abbisogno, “alla bisogna”, d’esser un po’ bisonte in “vasca”.
Smettetela con Via Indipendenza, lì passeggian solo le vacche, io parlo delle “bollicine” del “manico di scopa”. Come? Tu sei solo una da scopone scientifico? Manca la briscola, siamo o no dei clandestini? Bische(ri)!

Un bicchierino e tutto va.

Comunque, io non la prenderei alla leggera questa storia della depression.

Tutti ne abusano. E dicono “Mi sento depresso”, e “roba” varia. Infatti, molti “finto depressi” si riforniscono dal pusher. Da questo “spacciatore di vista”, Mickey Rourke è un vero “lottatore”.
La sua faccia lo sa…
Mah, David O. Russell ha preso Cooper Bradley, giudicato da “People” un sex bomb. E l’ha trattato da bomboniera. Sì, un martire a cui son rimasti i bomboloni e masticarselo.

Appena poi si parla di depressione, spunta Hemingway. Questo “collegamento” non l’ho mai capito.
Hemingway se ne stava sulla barca, non era un tipo da barchette e aeroplanini da fringuelli paranoici.
Tutto il Giorno pescava, e poi sbucciava le “pesche”.

Che c’entra Hemingway? Da Francis Ford Coppola a Woody Allen, spunta sempre Ernest.
Secondo me, è più figo Borgnine.
In Fuga da New York, se ne sta, quatto quatto da tassista Travis Bickle con la pancia, a godersi la poltroncina tutta sola da Marty, vita di un timido, reminiscente Scorsese Martin. Nauseato, sartriano, non da salotto.
Il dottor Cassano non vi liberò dal Male oscuro. Il malessere, già, ha radici profonde.

Tempo fa, vollero “curarmi”. Presentandomi una stragnocca con due tette gommose.
Al fine che mi “svezzassi” come “Cristo comanda” e “Parla come te la mangi”.

Secondo voi, ha risolto il problema? No, l’ha “aumentato”.

In fondo, Franco Trentalance è uno che piglia la pastiglia.

Ho detto tutto…

Senza partyMartini George Clooney.

Perché dovrei stimare Giorgino? Meglio il vino della Georgia.
Fra quei colli, mi sento a mio agio.

Il resto mi sembra una tavola imbandita. Per di più, in campagna, l’unico bandito, che puoi incontrare, è il pastore tedesco.

Le cagne… che vadano a “zappare”. La mia “zampogna” non l’avranno.

Da anni, una famiglia di ebefrenici tormenta le mie notti batmaniane.
Come più volte, in altre vesti, v’illustrai.

Adesso, pare che il figlio, una sorta di “Enigmista” del circolo sociale degli handicap su giochi mentali “Scarabeo”, sta da sagrestano con un ex grassona che ha raccattato vicino al vicolo di Via Vendila di San Diego.

Ha affisso la sua foto da “tenerone”, col padre manesco recidivo a spettegolare della moglie, ex insegnante “Tu mi stufi” sulle croniche mestruazioni non appagate, nel dar la “mossa” al sangue suo venereo, non lo venera tanto, perché si sposi e metta la testa a posto.

Come diceva Totòa prescindere… la testa dove deve stare? Al solito posto, cioè sul collo.

I cretini s’innamorassero delle cricetine, di mio voglio essere un genio.

Sopra tutti e da ribaltare nel caso rompessero ancora. Con tanto di teste da dar in pasto alle zebre che vedono la vita grigia da fascisti.

Con questo vi lascio. Trascorso domani, tale famiglia riceverà altre querele.

Ora, per concludere questa Notte, tornerei su Rocco Siffredi, davvero identico allo stilista “Rocco Barocco”.

Sì, una cuoce, l’altro cuce. Uno le mette, “mettendolo”, a cuccia, l’altro veste gli abiti della casalinghe in cucina.

Siffredi è la vergogna dell’Italia. Tutti a “celebrarlo”, sì, ci mancano i candelabri e abbiamo completato l’anal orgy.

Di mio, al “digitale”, ho sempre preferito l’anal-ogico.

Oggi leggo “Senilità” di Svevo Italo, ieri lessi una scemenza. Probabilmente, non leggerò più. Di più.

Ho già letto tutto. Quindi vanno riletti. Allettiamoci nel lettone.

Sono l’eccelso per antonomasia. Rinomato e “mobile”.

Ricorda: ama il prossimo tuo e porgi la guancia. Devi essere amico del giaguaro.

Non è stata colta?
Infatti, va cotta a vapore.

Vivo fra le nuvole.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Spring Breakers (2012)
     Korine non è per chi ama il Cinema “carino”. A questo piaccion le ocarine…, dette più volgarmente mignottelle.
    La Sevigny sa il suo brown bunny.

    Il suo “cinemino” ricorda poco quello di Cimino. Tanto epico è Michael, quanto “profilattico”, malsano è Harmony.

    Ne vedremo delle “belle”, sì, delle zoccole.

  2. Il lato positivo (2012)
    Oggi, una scema ha postato questo su Facebook: “Il piagnisteo spegne i neuroni. Allontanarsi subito dai negativi…”.

    Sì, pressappoco così.

    Ora, una supposta alla donzella. Una bella r(e)azione ricostituente.

    Comunque, “concordo”. Mai scherzare sul depresso bipolare, buttandola poi nel balletto.

    Non è che meglio il bulletto Franco James?

    Sì, James se ne fotte.

    Franco, pane al pane e vino al vino, senza Avril Lavigne, ma “vendemmia” fra le vigne.
    Egli pesta, batte il chiodo del giubbotto quando è “calda”, è Tarzan anche in Jane… Fonda.

    Spacca il culo.

    Infatti, non è esperto di algebre relative.

  3. Il Grande e Potente Oz (2013)
    Mah, parto prevenuto. I primi film del Raimi mi facevan “venire”. Storie horror cazzute, di boschi, fragolette, orchi, occhiataccia, nottataccia, Bruce Campbell che tirava a campare nel reparto ferramenta, le campane dei campanili gotici, l’oscurantismo, le gambe aperte, il filo spinato, il porcospino nella figa dei nani bisessuali, gli scheletri nell’armadio, le soggettive, la suspense.

    Da anni s’è “fumettizzato”. Una versione Tim Burton edulcorata con un retrogusto “tagliente”.

    I presupposti per il capolavoro ci stanno. Quelli per la porcata, di più.

L’Italia è Selvaggia Lucarelli


06 Mar

 

L’urlo lancinante, insopprimibile, quasi “insopportabile” degli idioti!


“La prenderò larga”, come avviene con le mie donzelle, che io “orlo” a “suffragio universale”:
taluni biechi personaggi, che (conta)miranono la mia libertina indole “
untouchable”, raccontando frottole per cavarsi da impacci del tribunale, mi “tributeranno” delle grida come Billy Drago gettato in pasto al vuoto da un Kevin Costner intransigente e “rigidamente morale”

“Capitolo 1”, col grassetto, col rossetto di loro che “la vendono”, col neretto a bruciarle

Orsù, son Brancaleone per le giraffe: in marcia, miei “prodi”, “erti” da (e)rettili, marciamo da marci e “ovuliamole” queste marce, ingravidiamo ogni “cos(ci)a” a bollarle di marchi!

Che vestito indossi? Che taglia è? Un Armani di marca? Te la “fai” col Marcantonio?
Bene, sgozzate quest’incravattato coi taglierini, afferrate la 
“(g)riffa e “graffiatela” da uomini-armadio. Raffaella Carrà faceva cagar’!

Ecco i “sogni nel cassetto!”. Ve “li diamo” noi!

Puttana, levati la sottana! Puttaniere, beccati il “cannone!”.
Stronzo, ti smerdo!
Fancazzista, ti sfanculo!

Renato Zero
! Venditi! Basta con Antonello Venditti, buono solo a “incipriarsi” la bonazza Ferillona Sabrina di “cappella” al “coppolone”. Evviva la “pummarola!”. “Sughino” nelle poltrone “sofà” coi “fusilli”.

Quanto sei bella Roma quand’è sera (che Antonello “canta” da quann’ è seer’ mentre “la insedera”)
quando la luna se specchia
dentro ar fontanone 
(sotto la Luna, Venditti “schizza”)
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bella Roma quando piove

Quanto sei bella Roma quannè er tramonto (aho, stronzo, er pupon’)
quando l’arancio rosseggia
ancora sui sette colli
e le finestre so’ tanti occhi,
che te sembrano dì 
(alba chiara Vasco Rossi…) quanto sei bella (come il cazzo…)

Oggi me sembra che
er tempo se sia fermato qui,
vedo la maestà der Colosseo
vedo la santità der cupolone (
e di Francis Ford Coppola, no?)
e so’ più vivo e so’ più bbono
 (eh, come no…)
no nun te lasso mai
Roma capoccia der mondo infame,
na carrozzella va co’ du’ stranieri
un robivecchi te chiede un po’ de stracci (
eh sì, Venditti straccia tutti, certo…)
li passeracci so’ usignoli;
io ce so’ nato Roma,
io t’ho scoperta stamattina

Te e quella buzzicona della Ferilli “scudettata”-sculettante-tettona-surrogante, rimanendo “in tema” di “cinepanettoni”, vedete d’andarlo a prender’ Inter… cul’ (infatti, tifo Manchester United…).

E tu, Carlo Verdone, finiscila di ascoltare Eric Clapton. Basta, non meriti il mio clap clap, oramai non più.
Sei “lento” più di Eric, dammi “retto”, spingi “forte” come Erik Everhard, “spacca” la “mula” del “suono”. Sei un italiano medio, di biancorosso e “verdognolo” di rabbia.

Io sono Hulk!

Sì, Alberta Chiappini, mostrami le chiappe! Sotto il “balcone!” Vai “rifatta”. Fat(t)ela “santa”, c’è il conclave, “eleggetela” infilzandola da “lanzichenecchi”, anche voi, checche! E tu, Rita Rusic, l’Elizabeth Hurley “nostrana” con amante Mastro Lindo, ama invece Banfi Lino, egli è medico in famiglia, mia “figa”. “Terrone” da “superfiche” non delicate come la tua.

Più che la Madonna dell’Incoronata, sì, le tue gambe son da coronarie ma, una volta che (ci) “entri”, ca(pri)cci poi, ammalato “sessualmente” (causa marmittoni di tuo “esercito” ed “esercizio ginnico” da “manovre” alla Edwige Fenech, la vacca degli anni settanta “a novanta” su Jerry Calà “abbronzatissimo” nella Parietti), degli “accidenti”: “Cazz’ ameri!”, pronunciato meridionalmente, “a mezzogiorno”, come Zagaria Pasquale! Come, appunto, “a puntino-a punta” di De Sica Christian, uno non tanto “cristiano” con l’ex di Troisi Massimo (non quel “burino” di Decimo Meridio da fossa dei leoni…), nella doppia parte di Cesare Proietti (un po’ Gigi, anche Sammarchi di voglie “Samarcanda” da Roberto Vecchioni) e Lando Marcelli (un po’ Buzzanca di panza…, sotto la panca, la capra crepa, sopra la panca, la capra campa…).

Sì, Rita mostri la “rucola” tua al mare e, onda su “unta”, la “cremina” ti “sbrodola”. La pioggia dorata, la “doccia” rinfrescante sapore di “noci di cocco”, per musica “estiva” ad “ambient” col “pino silvestre” che tu “addobbi” di “palle” come l’abete di Natale.
Eh sì, vai in vacanza all’Abetone, ove Alberto Tomba “slalomava”, gustandoti di “discesa libera” con tanto di Colombari Martina. Lo so, Cecchi Gori piangeva a di-rotto nervoso, rosicando per la tua “neve”.

Sì, il tuo “habitat” è la “giungla” della tua “foresta”, e ogni maschietto “Yeti”, poco cheta, tu allupi, tra le fronde del pineto.

Iettatrice! Meretrice! “Meritatela tutta!”.
Come te “lo inietta” lui, mia inetta, neanche Davoli NinettoUccellaccio e “uccellino”.

Sì, credete nell’Annunciazione dell’“arcangelo” ma è da D’Annunzio Gabriele che dovete “attingere” se volete che l’usignolo non sia estinto. D’Annunzio non era uno stinco, infatti era autoerotico anche di rotte “costolette”. “Erto!”. Ercole!

Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree 
cicale (la “famosa”, affamata Heather Parisi nell’Hilton Paris)
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall’umida ombra remota


Umidità, Sole “salato”, arsa e “deserta” ecco il (mi)raggio del mio “bacio”.

In poche parole, “detta” come va “data”, come dico io anche quando non lo “do”, l’Italia è un “paesello” di zoccole!

E da riceveranno solo un “Viva Topolin’! da Full Metal Jacket!

Rinunci a Satana? Rinunzio! Meglio Nunzio!

Rinunci a Sara? Rinuncio e “lo annuncio” ad Annunziata senza fedi nuziali!

Rinunci alla dichiarazione dei redditi? No, denuncio i miei “reni”. Non c’è nessun reddito!
Hanno confiscato anche il mio “roditore!”.

Capitolo 2

Se in America va forte il porno, in Italia c’è un Uomo masochista nel suo “snuff movie”… a me frust(r)ante

Uomini elefantiaci, infanti e nonnetti, dementi e saccenti, insipienti e saponi, evviva l’adolescenza “indolente” e protratta. Perché puoi “tirartelo” e “allungare il brodo”

Sì, l’altra sera discussi con un mio amico poeta, Raimondo, in merito a un meruitevole futuro altro libro sul Cinema.

Pignolo e “scrutatore”, volle appurare se davvero son scrittore o millantatore:

– Stefano, si dice “Gli hai visti” o “Li hai visti?”.
– No, tu mi vedi?
– Come si dice?
– Cosa? Il visto? Non lo so, tu mangi le ostie o prendi il nulla… osta? Insomma, sei uno da oche o da ostriche?
– Insisto…, non girare la fritta-ta. Come si dice?
– “Li hai visti”, vedi?
– No, che dovrei vedere?
– Non saprei. Ma è il Tempo di “mandarti” nell’avverbio più lungo “perifrasi-frastagliata” della “lingua” italiana alla Boccaccio sboccato. “Aiutino”: se vado precipitosamente, potrei rallentarlo d’altre lettere?
– Sei un filosofo?
– No, suono la fisarmonica.
– Sei un suonato, quindi?
– Meglio dell’insalata.
– Sei acido?
– No, “acetone”, eufemismo dell’uccellone.
– Insomma, un “maccheronico”.
– No, un agonico.
– Ciao.
– Può darsi.
– Sei titubante nei saluti?
– No, è tutta salute? Io saltello.
– T’è saltato il cervello?
– No, qualcos’altro…
– Oddio mio! No! Te l’hanno amputato?
– Non mi piacciono le puttane.
– Allora, cercatene una “brava”.
– Infatti, non ce n’è…

Ora, vi chiederete: e lo snuff movie dov’è?

Come dov’è?

“Li avete visti” voi?

Sì, infatti sono l’unico che è rimasto all’asciutto.

Ho detto tutto…

Capitolo 3

Se tu ami Sam Raimi, allora sei uno zombi. Meglio dei morti viventi

Fine e inizio.
Tutto qui.

– Come? Tutto qui? Ma non c’è svolgimento.
– Infatti, ci saran solo capovolgimenti di fronte.
– Cioè?
– Sei da cimitero. Ribaltatelo. Forza, “ficcatelo”.


Capitolo finale “dedicato” a imbecilli la cui vita è finita

Mio padre, come il sottoscritto, è identico a Tom Stall

Sì, un povero pazzo, di natura immonda ebefrenica, tentò, con pedissequo sghignazzare, di perseguitar a “fini perseguibili” il mio “bislacco” e giocondissimo modo di star al Mondo.
Essendo colui che vivrà e visse a collo e “a culo”, rispettando il benessere della mia anima, d’allevare con l’ipocondria tipica di chi è al di sopra delle quotidiane rivalse e dei poco valorosi “validi”.

Io rappresento la totale “invalidità” a codesti che non mi rappresentano niente, e non intendo, proprio per nulla, ammutinarmi per ammutolirmi alla loro ipocrisia muta. Io son alato e alleato agli angeli, che guarnisco e a cui fornisco il carburante del “lievito”. Gli altri son d’evitare. E, se me “lo” permettete, anche da evirare, seduta stante. Stessero seduti. Non si muovessero. Alla prossima mossa e moina falsa, altre monetine dovran sborsare se ancor non ammetteranno quanto son noiose “borsette”.
Che effeminati, bravi a “redarguire” e far i dirigenti. Io, invece, esigo il “mio dritto” che non sta buono e non si calmerà mai.

Sì, di mio padre, costoro devono aver equivocato un po’ tutto.

Solo perché svolse lavoro impiegatizio, pensarono di trovarsi di fronte a Peter Sellers. Primo, sciaguratissimo “granchio”. Ché “sgranchirà” molto “perbene” le loro bugie a gambe corte.
Sì, spezzerà quelle ossa da quaglie, per sedie a rotelle “allineate” al “picchiatello” delle picconate ai “testoni”.

E dire che eran di “testicoli”. Quanto testoline…
Mio padre, prima di fermarsi a contemplare la Bellezza dolce, era uno “scapestrato”. Ascoltava la musica del Cuore, su teschio ambulante del crocifisso nel pettorale, e non rispettava i caporali.
Bensì “fruiva” delle “vulve”, da lupacchiotto.

Molti ritardati s’accanirono da cagnacci per “scacciarmi” via i “demoni”.

Ma il demone è come mio padre, come me.

E, presto, saranno “palate”.

Uomo avvertito, mezzo salvato?

No, tanti “saluti e baci”.

– “Meglio porco che fascista!”.
– Chi l’ha detta questa? T’interrogo Stefano.
– Guglielmo Tell.
– Sei un ignorantone.
– Sì, scusi, è di Guglielmina mentre preparava i tortellini.
– Mi vuole provocare?
– No, la voglio scopare.
– Come ti permetti?
– No, te lo metto e basta. Silenzio, troietta.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Il Grande e Potente Oz (2013)
  2. Moby Dick. La balena bianca (1956)
  3. The Untouchables – Gli intoccabili (1987)

 

“The Iceman”, Trailer ufficiale


16 Jan

 

L’ho molto apprezzato a Venezia. Un film che, se fosse uscito prima, credo sicuramente avrebbe garantito a Michael Shannon qualche premio per la sua notevole interpretazione.

Un attore strepitoso, anche qui forse relegato al ruolo da Tempo assegnatogli da più registi, quello dello “psicopatico”. Ma di questo killer fornisce, anche solo di “dettagli” visivi delle sue iridi increspate, un ritratto sfaccettatissimo, doppio, trino, quadruplo, deformato nelle sue mille personalità d’una vita obbligata al crimine, divenuto quindi vizio, usanza per circostanze d’un destino erroneo che non poteva andare diversamente né si può invertire. Un padre amorevole, che mai tradisce la sua sposa eterna, m’anche un sicario “leggendario” che mette(rà) i brividi. Secco, brusco, un mostro.

 

Un puro, un segnato, un immigrato, un clandestino perfino della “trama” alla sua vita andata. Un fantasma, un non c’è, un enigma a lui.

 

La “vera” storia dell’assassino di ghiaccio.

 

 

 

“Oz…”, il nuovo fantasmagorico Trailer


15 Nov

A dar lustro al mito del Mago di Oz, stavolta ci pensa Sam Raimi, guidato dall’Arte recitativa dello “strambo” UFO di nome James Franco.

 

Sono Oz, il Mago…

Fratelli cari di questa congrega, accoglietevi nelle preghiere.

Sono grande, immani e “putent’”. A volte, quando m’ingozzo, cresce poi il gozzo.
Ma miei “bimbozzi” co’ u’ maritoz’ di panna di cervello da montati, io vi sgozzerò se, d’altri ozi, vi vizierete.

Il lupo perde il vizio ma non il “cazzo”.

E ora, cambiando aspetto in Al Pacino, elargisco voi miei tanti bacini!

Applauso!

Fui viziato e mi “aizzarono” le zie, ora son tornato nell’Oz da mago “potente” d’occhio “pendulo” ma non dipendente
Il “Grande”

Sì, sparii. Capitò. Meglio che essere decapitati. Anche se, a lungo non andare, si corse il rischio del capitombolo totale.
Crollai e a malapena riuscivo a “scrollarmelo”.
Varie diarree “pervasero” il mio fegato arrabbiato, e mi sfogai, evacuando di vana voce inascoltatissima che fraintesero per “scontata”. Ah, mi scottai, davvero.

(A) tutt’oggi la gente è rimasta “scioccata dalla marcatura d’Ibrahimovic, in rovesciata sforbiciante con palombella in dialogonale sui difensori capitati lì per caso a pigliar mosche.

Non mi sembra una gran rete. Un giornalista, dietro lauto stipendio, invece l’osannò sbattendosene invero un cazzo, definendolo il più grande.
Grande di che^ Si pigliasse Maradona, non questo svedese, il cui goal dicesi classico” colpo de’ cul'”.

Sì, (non) fui come Diego. Diego non s’allenava mai, tanto sapeva ch’era già oltre e poteva passare il Tempo a “menarselo”.

Ora, romanzi all’attivo, non mi son mai fatto di coca, a differenza di tal argentino, e sono molto più colto dei professori universitari.
Sono indubbiamente più bello di Gabriel Garko, e vi propongo questo video, ch’è una perla che non potete perdervi.
Fra l’altro, per inciso, recita come tua sorella l’analfabeta.

Se non credete che io sia il Mago, presentatevi agli studi di Albatros. Data da ficcar in agenda è il 7 Dicembre.

E vedrete un Genius sfavillante che mandò a monte tutta l’umanità con le sue teorie grazie a un calibrato mignolo sinistro.
Quando uso l’uccello, invece, non ce n’è per “nessuna”.

Un deficiente urla “Porco Z…io!”.

Lasci stare le sue porcate, lei ozia e io la sevizio.

Vi sarò Franco, non sono affatto morto. Fisso la mia bambolina, e divento di nuovo Fonzie. Il pollice su sta per “Ehiii“. 

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. La casa (1982)
  2. Il mago di Oz (1939)
  3. Il Grande e Potente Oz (2013)
  4. Over the Top (1987)

 

“The Iceman” – Recensione


09 Sep

 

L'”asmatica” maschera del ghiaccio divampante

Richard Kuklinski, colosso impassibile, immutabilmente tetro come un film che danza acquatico in un’anima dallo spettro già morto, come un Babbo Natale irredento nelle funeree onde già stuprate d’una dolenza remota, walking mai ridente, polacco di “macigno” grezzo del Cuore, nascondiglio dai furtivi scatti, che giace dietro una morbida città dai peccati infausti, celati in una coltre “ovattata” di monocorde monotonia, nel sangue già terso di prigioni cimiteriali, di panchine “sdrucite” in uno slavato Sole arrugginito, ove a ruggire, proprio “scongelandosi, è forse la coscienza d’inter(n)e solitudini dimenticate da un Dio ceruleo nelle ceneri dei “vinti”.

Sprigionati rintocchi d’un dondolio vulcanico inacchetabile, inarrestata “litania” dal serpeggiarvi denso, allucinato, scomparso, “estraneo”, marmoree membra squagliate come lama autodistruttiva del suo dolore più “cutaneo” e piangente.

 

Kuklinski, martire, dalla pelle “a scaglie” dentro fluttuanti espressioni mortifere, ove anche il guizzo è un lampante istinto omicida, come il tunnel “cieco” che intravede gli spiragli di luci bianche a “innervar” iridi nerissime ma di cangianti umori pericolosi dal tortuoso incurvar i muscoli flebili di labbra “pittate” in un azzurro d’illagrimato rosso “squillante” nell’abissale discesa negli inferi delle pulsioni incontrollabili, quasi aldilà mistico che respira fra echi e “picchi” di sieste e paradisiaco illanguidimento di svenevolezza romantica per poi, implacabile, spietatamente sicario ad “agghindar” solo il dark d’un orrido fantasma, vicario forse delle “fantasie” pazze dei burattinai assassini in cui “trasmigra” da emissario satanico negli anfratti di fiamma “ossidrica” dal lancinante urlo che si “dimena” ammutolito proprio “digrignando” gli occhi di “vetro” nelle smorfie della vittima designata, “anonimo”, ignoto, fuggitivo incarnato in possenza muscolare dai tremolii glaciali nella vigoria “orca” d’istinti a domar solo gli spasmi della follia.

 

Boati e poesie come strade illuminate a sprazzi, incendiate dall’ice fulmineo di spari.

 

Kuklinski, incenerito fra vagabondanti illusioni, già spente, riaccese dal sorriso d’una famiglia, l’unico pentimento di cui si discolpa, nella “flemma” ieratica di commoventi dissolvenze, “fermoimmaginate” anche nell’imperdonabile confessione agli spettatori, terrificati, che (non) possono giudicarlo con “obiettività”.

La vita è un incrocio d’errori, errando sbagliamo, come Richard dichiara, esausto, finito, affranto solo per i suoi cari.

Fra il suo specchio che non ha paura del buio della condanna eterna, lapidaria, “divina”, un Cristo disegnato nei suoi zigomi di cuoio e nella titanica sua statura appassita come foglie solo sognanti di un autunnale “obitorio” per la sua stessa micidiale autopsia.

 

Sul banco degli imputati, a fissarci, a guardarsi (in noi) dentro, nel ventre visceral, “acustico” d’agonica “pioggia” nel viso, in una penombra che spaventa, distrutta come un flash magnifico che ha divelto le tutto.

 

Forse, “Richie” più che the iceman è il nothing (e “morphing“) crepuscolare della sua opalescenza nelle note, notti malinconiche d’uno Springsteen laconicamente “irrequieto” di sua chetezza “tramontante”, rabbia nel lacero incanto contemplativo su macerie incarnate, apparenza svanita in evasioni estemporanee, (de)frammentate del suo “non c’è” che vocifera “lucifereggiando”, lampeggia d’ardori che gli brucian dentro, schizzando nelle sue vene d’uno psichedelico inturgidirsi dalle acute, anche “rimpiante” fragilità che si scorporano da un Cuore suo tensivo, fantasmaticamente “cristallo” spezzato nel baluginar “morso” delle interiora, di martoriate stesse estasi che lubrifica e smalta nelle tempeste improvvise degli imponderabili turbinii.

Squartante, si ricoagula per ferire, ferirsi, feralmente mostruoso ancora nell’infinito dolore.

Grido spaventoso, distruzioni, reset che cancella e poi (s’)offusca. Arde, (s’)annienta. S’annerisce e s’illumina di nuovo, “ammodernato” negli abiti eleganti d’ una “personalità” dell'”alta finanza”.

 

La sua famiglia, pearl argentata della violenza, della sua umanità, profonda, che spacca le “mura domestiche” quando dichiara il suo straziante, struggente darling nel suo kiss “tatuatole” per sempre…

Perché ama ed è Uomo solo quando adorato dagli amplessi romantici nello Sguardo della moglie, nella creaturale innocenza dei figli, forse ad accudire e uccidere il sé che non ha mai coccolato.

 

Il cui unico abominio è stato averli traditi, averli fatti soffrire.

 

Michael Shannon, in un ruolo “cucito” nell’Oscar, una Winona Ryder dolcissima, ringiovanità in un’ancor più bella maturità, un Ray Liotta “riesumato” dal goodfella “fallito” d’una criminalità davvero triste, un cameo lugubre di James Franco, uno Stephen Dorff finalmente “brutto”, un Chris Evans che, del Capitan America, è solo lo spaventapasseri della sua “arietta” sbruffoncella da laido truffatore delle sue idiozie.

 

E, solitario, l’iceman si congeda, voltandosi da un’altra parte, aspettando il patibolo.

“Punitore” d’un Mondo sbagliato, “(as)sol(d)ato” alla deriva che ha trovato, nella sua traviata “ingenuità”, il capro espiatorio di tutta la merda.

 

La prima… di chi è senza Peccato…“.

 

 

(Stefano Falotico)

Dizionario dei film 2012 – I migliori film dell’anno (“L’alba del pianeta delle scimmie”), parte prima


01 Aug

Prefazione di Stefano Falotico, il Genius, Travis Bickle 1979, nato per essere Lui.

Un altro magico journey nelle favole incantatorie del Cinema, nostro diletto supremo e convergenza delle più alte emozioni nel tenue sospirarle e vagabondo adorarle.

 

Un’immersione dentro la celluloide ad abisso dei suoi punti focali, nevralgici, fra tramonti di color alabastro “arrossito” nell’intingerci sui nostri pudori svelati romanticamente, sfocato spalmarcene come febbre divorante per attraccare focosi ai suoi polmonari respiri infatuati dell’immenso, fluttuante arcobaleno, “inghiottirli”, “incenerire” le angosce che ci turbano, veleggiar armonici nel sobrio “assopire” la realtà e mutarla a specchio dell’infinità mastodontica. Come artisti, “sofferenti” gioiosamente nei cunicoli del meandro esplorato, come ricercatori d’oro in questo tripudio di triste, spesso, cinica società che non crede più nei sogni, nella traspirazione onirica a “proiezioni” del grande schermo ottico, o forse finge di non vedere all’interno di tal stupenda, fotografica, dunque immortal profondità con quell’illusorio ma riprovevole senso pragmatico che a noi mai si accor(d)a.

 

Siamo noi i guerrieri dell’amore per l’Arte, e il Cinema rappresenta la montagna più sacra di coloro che protendon alla vetta della Passione.

Dei cieli a limpidezza estrema, a scarnire le nostre combattive anime nel “blob” esplosivo e stordente delle pellicole più suadenti.

N’afferriamo la “disomogenea” miscel(lane)a e inanelliamo prose a venerazione del suo ipnotizzante lirismo.

Come creature di un’altra epoca, “assoldati” al Dio Cuore, piacevolissimevolmente attanagliati dalle sue “morse”, e morsi, appunto divinatori d’eccelso.

D’estrema “unzione” che ci bacia, con delicatezza, d’angelico rinascerci a ogni nuova prodigiosa immagine, a innovarci col nobile fine d’arcuare i nostri lineamenti visi-vi nel “supplicare” altro goderne delle visioni, e innamorati, per sempre, del flusso madido d’intrecci sfavillanti.

 

Mercoledì 1 agosto 2012, 10:54

Ebbene, scoccan le ore a noi più intraprendenti, di palpitazioni emotive affilate come sempre di sogni “errabondi”, corroborati e dunque coloratissimi, talvolta, d’intrepida furia a noi più incarnata, scatenata e dalle “catene” slegata. Come scorribande nel “nitrato” di cavalli pazzi, irti in magnificenze nostre, dorate e ancestrali d’“ammaestrarci” solo a briglie sciolte, pittando le nuvole, anche gli umori “ombrosi” d’annuvolate tempeste caratteriali, mai di “cattedra” pomposa o “s(c)ibilante” (pres)untuosamente, ma forbitamente “crateriche”, in tenue “acquerello” che, pennellando “guasconissimo” d’una irriverenza solo nelle reverenze a noi più congeniali d’innata indagine delle nostre variopinte, pindaricissime, fiammeggianti anime, s’“arzigogola” come un dondolarci mesti e poi “mareggianti” nelle lagune veneziane da gondolieri contemplativi nell’ascetico nostro effonder la purezza acquosa d’una foschia via via più rallegrata ed erta, a cangiar i mutamenti oscillanti dei nostri cuori “arsi” dalle piogge o dai gocciolii d’appassionate immersioni stupende ove i raggi della solarità ancorata all’“accorarci”, appunto, di cavalleresco veleggiarci, ci svela in vortici mnemonici d’immagini già (sovra)impresse nei nostri cutanei bagliori di folgori fulminee, dunque profondi sotto l’appariscenza meno visibile ma di visibilio visivo, nel fulminarci di Bellezza.

Atrocemente vivi e fieri.

 

Passeggiai, di motivetto “serenetto”, stamane lungo questa città, tetra d’Inverno e desertica d’Estate, oggi ch’è vigilia d’Agosto, anzi no, è proprio l’1 del mese più rovente dell’anno, mese di spiagge “bikinizzate” per esibizioni “costumistiche” ove una bionda impiegata impiegherà mezz’ora solo per infilarsi nel “bagno”, “estatico” appunto degli occhi allupati di bagnanti già essiccati dal brivido di desideri furibondi, castrati da docili mani “ammogliate” per vol(t)ar la vista verso l’orizzonte tramontato dell’o(r)mone, al fin “taumaturgico” dell’ipocrisia “conciliante” con le nuziali “fedi” d’un anello al dito che ha promesso giuramento e ne ha irreggimentato la lussuria, nel caldo rifiorita, ma da sfiorir ché non riaffiori il maschio che eri, prima che t’evirò.

Sì, immagino la giornalista Elvira, stanca di discorsi “balistici” d’un Calcio che odia ma le mantiene il privilegio d’essere amata dalle videocamere “spioncine” delle sue maestose gambe di minigonna attizzantissima fra un goal e un’esultanza del “volpon” che ferma la cardiaca “serenità” d’un “tifo” molto “afoso”, (s)lanciato, slacciatissimo, “investigativo” a spogliar le sue calze, lì lì, indecisa se mostrar impudica il seno, pezzo forte, o “spezzettartelo” in due, tranciata in “monodose” di pareo “detergente”.

 

Al che, “violentato” dal desiderio riscaturito di gola bruciata dalla temperatura bollente, impazzisco, e decido, come il mio amico di (s)ventura Ismaele, il “mozzo” delle balene bianche, di sguazzar nell’Oceano spirituale d’elevazioni filmiche, forse per “tramarmi” d’intrecci “aggrovigliati” a un casto “cinturar” l’onor valoroso da coltissimo cinefilo, per dimenticare (per un po’, solo “istantanee”) le rive troppo “asciutte”, e navigar di perpetui, “abissali” tuffi, quasi quanto le nostre olimpioniche, “greche”, statuarissime campionesse dei “trampolini carpiati” e da me carpiti in stardust golosità più metafisiche.

Sì, Elvira ha un fisico che ti fa “tribolare” peggio del fisco, è una che se la vedi poi “fischietti”.

E, se ti deluderà d’un “No(do) reciso”, la fiaschetta sarà di consolazione per non esserti “assolato” con Lei. Non confidatelo, amo quella Donna, i suoi tacchi “depredaron” la mia virilità da “macho man” alla Kevin Kline, e mortificarono, “pietrificandomi”, il mio In & Out(ing) in zona “Onoff”, incerta e titubante se corteggiarla o esser avaria, “torpediniera”, del mio “modellino” da nautico in miniatura.

Sì, non merito la sua statura, e Lei non merita il mio cervello e il mio amor visceralissimo per il Cinema.

Perché il chiodo tu batterai, ma non ti schiodi dalla prima, più vera e vivifica infatuazione fastosissima, la Settima Arte, la più grande di tutte, poiché in essa convergono tutte le altre d’amplessi (s)fumatissimi.

Virtualità o realtà più nuda delle maschere carnevalesche di Elvira? Bugiarda della sua sensualità?

Sì, il Cinema mi salverà dalle sue grinfie, e “smalterò” le unghie del mio erotismo in un onirismo catartico.

L’importante, comunque, “ricordatelo” sempre, è unire appunto al “piccante” i neuroni plananti.

Mai platinati, semmai ci pattiniamo sopra, di gusto zuccheroso, poi malinconico, un po’ sal(t)ato. E molto saettante.

Tutto questo preambolo, un po’ “embolo”, per presentarvi il nostro nuovo “Dizionario dei film”, stavolta della stagione appena trascorsa.

 

Come ben sapete, l’anno scorso, io e Valerio Vannini, cioè Travis Bickle 1979 e Spopola, che io scrivo sempre con la “S” di Superman maiuscola, abbiamo allestito un vademecum di recensioni e “bizzarrie” che, oggi, ha trovato sovran diritto di cittadinanza alla Feltrinelli ed è acquistabile sul sito “Ilmiolibro.it”.

 

Tutto partì per affinità elettive, una raccolta entusiastica che “copia-incollò” le nostre opinioni su “FilmTv.it” proprio qui, su “Cinerepublic”.

 

Le potete trovare tutte in tal luogo, già, “guarnite” di clip, curiosità, filmati, locandine, poster trailer.

 

Perché dunque non ripetere la straordinaria, unicissima esperienza e imbastirne un altro, semmai ancor più grande, più completo, più articolato e anche più “ermetico?”.

 

Come sempre, c’avvarremo di “guest star”, le firme più autorevoli del nostro sito per dar voce un po’ a tutti, indiscriminatamente, come già avvenuto per il primo…

 

Ma esagereremo, eccome se remeremo.

 

L’imprescindibile, illuminato nostro M Valdemar  ha dato il suo assenso e la sua magia di “assenzio” per un “Non c’è due senza tre”. A cui, come detto, se ne aggiungeranno altri.

 

Anche il magnifico, titanico ROTOTOM fa parte dei nostri, i quattro moschettieri, quindi. Arditi e “arsissimi” nella celluloide, di spade incalzanti.

 

Sì, dunque vol(t)eremo su incantatori sprazzi e spaziali orbite filmiche, “mirati” nel vento e nelle memorie.

Capitani coraggiosi, cavalieri romantici e romanzeschi, Excalibur nostra per un Sacro Graal perduto, forse dalle inique “modernità” d’un progresso che sta schiacciando progressivamente, appunto, il magma favolistico delle eruzioni più intimamente “evolutive”.

 

Cristo, coi suoi fedeli, apostoli d’un terzetto via via ad allargarsi e prender forma e sembianze.

 

Recensioni quindi personalissime, perle come Atlantide sommersa da “dissotterrare” dall’Oceano, forse (ig)noto, e rifulgerle in tutta eroticissima, erculea, forzuta, energica, adrenalica robustezza.

 

Stoici combattenti.

 

E allora, come Gerard Depardieu/Cristoforo Colombo del capolavoro di Ridley Scott, 1492… La conquista del paradiso, eccoci qua, Io, e le irrefrenabili tre caravelle a imbarcarci per lidi di scoperte magnifiche e immaginifiche, col timon d’un Peter Weir che ci sprona soffiandoci nelle iridi d’ incontaminato idillio visivo e in noi fulgido.

 

Chi è M Valdemar? “Misterico” personaggio d’ascendenza lynchiana, il cui nome, forse, riveleremo più avanti, forse in una Notte tempestosa e solitaria, “nudissima” a confidarci chi (non) siamo, nell’autentico guardarci dentro e negli occhi.

 

Chi è ROTO? Questo genio cinefilo che, dal vivo, è più bello e sexy di Javier Bardem?

Avrete modo d’ appurarlo, forza, salite sulle nostre navi.

 

Miei prodi, noi lodiamo il Cinema!

 

E mi sembra, quantomeno doveroso, iniziare il viaggio con Valerio, mio mentore e raffinatissimo chef che ci fa gustare i film come pietanze prelibate quando apriamo la bocca, anzi no, il boccaporto e pranziamo assieme.

 

 

In una data indeterminata…

 

L’alba del pianeta delle scimmie di Rupert Wyatt

 

Will (James Franco), giovane scienziato, sta cercando di sviluppare una cura per l’Alzheimer attraverso la creazione di un virus benigno capace di riparare i danni provocati dal morbo. Quando la ricerca viene chiusa, Will decide di tenere con sé il figlio di una delle sue migliori cavie, lo scimpanzé Caesar. Ben presto, Caesar comincia a mutare a causa degli effetti del virus fino a divenire il capostipite di una nuova stirpe che dichiarerà guerra agli umani.

 

 

Il pianeta delle scimmievero e proprio cult non solo fantascientifico della seconda metà del secolo scorso girato da Franklin J. Schaffner nel 1968 e sceneggiato da Michael Wilson e Rod Serling a partire dal romanzo di Pierre Boulle, con il suo rovesciamento radicale della gerarchia uomo/animale e il bellissimo e inquietante finale pieno di apocalittiche premonizioni sulla stupidità del genere umano e le disastrose conseguenze che ne potrebbero derivare per troppa presunzione e sete di potere, è entrato a buon diritto nell’immaginario collettivo di intere generazioni di spettatori diventando un classico del genere per quel suo essere un thriller sociologico futuribile, ma allo stesso tempo anche una favola filosofica e politica che, ambientata in un domani ancora lontanissimo, parla però di un presente non tanto immaginario pieno di incertezze e di azzardi come quello in cui viviamo.

Il successo del film fu davvero planetario, ed era inevitabile che invogliasse gli studi hollywoodiani a sfruttare le ardite tematiche implicitamente suggerite fino a spolparne l’osso, inventandosi altri episodi intorno e creando di conseguenza una saga organizzata in ulteriori quattro capitoli fra sequel (L’altra faccia del pianeta delle scimmie, 1970) e prequel (nell’ordine, Fuga dal pianeta delle scimmie del 1971, vero e proprio anello di congiunzione fra presente e passato, 1999: Conquista della terra del 1972 e Anno 2670 ultimo atto del 1973) sempre più stanchi e ingarbugliati (nessuno dei quali davvero all’altezza dell’originale), finalizzati soprattutto a raccontare in quale modo si era potuti giungere a quel punto di “non ritorno” messo in scena con appassionato vigore anche visionario (magnifica la fotografia di Leon Shamroy) dalla pellicola di Schaffner.

Quando in America si è a corto di idee, si cerca poi sempre di ripercorrere sentieri conosciuti sperando di rinverdire gli allori correndo pochi rischi, e anche in questo caso ci si è provati a farlo (un po’ maldestramente per la verità) già nel 2001, Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie (diretto da Tim Burton), che si conferma un remake tutt’altro che memorabile e poco necessario, se non per un finale ugualmente inquietante e particolarmente indovinato, comunque insufficiente per riscattarlo interamente e dare un senso compiuto all’operazione di rivisitazione.

La crisi sempre più profonda degli studios, e il progredire delle possibilità offerte dall’evoluzione della tecnica computerizzata degli effetti speciali, ha poi determinato una nuova attenzione “commerciale” sul soggetto che ha generato nel 2011 questo L’alba del pianeta delle scimmie diretto da Rupert Wyatt, con il quale si è cercato di ritornare di nuovo sull’argomento in modo più personale e “realistico”, proprio mettendo in scena il prologo di quella tragedia con una sceneggiatura molto liberamente ispirata al libro di Pierre Boulle (o meglio a quello che tale romanzo poteva suggerire fra le pieghe), ma ben strutturata e credibile, scritta a quattro mani e con intelligenza narrativa da Rick Jaffa e Amanda Silver.

Pur rimanendo nel segmento minato dei blockbuster, il risultato possiamo definirlo un gradevolissimo ibrido fra divertimento e impegno che è riuscito a centrare pienamente entrambi gli obiettivi, fornendo per altro davvero nuova linfa a una impresa che io personalmente avevo immaginato (evidentemente sbagliando) persa in partenza.

Intendiamoci: niente di eclatante, ma l’intelligenza che il regista ha messo nel narrare per immagini questo “rifacimento inventivo” della Genesi della Storia, lo rende particolarmente interessante proprio perché, nonostante la contiguità tematica e di riferimento, Wyatt è riuscito a lasciarsi definitivamente alle spalle la sudditanza psicologica verso la serie originale, realizzando così un kolossal stimolante per più di un motivo (e soprattutto meno ovvio) che, proprio partendo dalle vestigia un poco arrugginite delle ultime precedenti puntate, ripropone spettacolarmente e narrativamente temi ormai in larga parte sfruttati e forse anche un poco usurati, ma rigenerandoli “a suo modo” e senza troppi timori reverenziali, non perdendo però mai di vista il “timone” che consente comunque di restare inequivocabilmente “dentro” la storia, anche se letta da un’altra prospettiva (anche temporale), un procedimento questo che finisce per rendere il film un prodotto certamente “commerciale”, ma di gran lunga più valido e interessante di quasi tutte le altre pellicole in circolazione e ormai tanto di moda a Hollywood, che hanno organizzato il proprio percorso narrativo come prequel, o reboot proprio per andare sul sicuro.

L’azione è infatti ambientata ai giorni nostri o giù di lì, e parla di uno scienziato, Will Rodman, che ha appena scoperto un farmaco che cura l’Alzheimer attraverso la rigenerazione delle cellule cerebrali. Ma quando uno degli scimpanzé da lui utilizzati come cavia riesce a fuggire, seminando il panico, il progetto va a monte e l’animale viene abbattuto. Il figlio dello scimpanzé, che ha ereditato un’innaturale attività cerebrale, viene adottato quasi come atto riparatorio da Will, ma l’intelligenza dell’animale aumenterà esponenzialmente con la crescita, fino a eguagliare (ed anche superare) quella umana, creando qualche grosso problema di contenimento.

Grande spazio è infatti lasciato proprio al mondo animale, il che potrebbe far pensare persino a un blando tentativo di provare a rinunciare – grazie alle nuove frontiere della teconologia – al ruolo una volta preponderante degli attori in carne e ossa, a favore delle sorprendenti “creazioni” digitalizzate delle scimmie (creature ibride, quasi “realizzate in serie” a opera di Andy Serkis e della Weta, che per la verità sono così perfettamente e realisticamente “(in)naturali” da far ampiamente rimpiangere – per lo meno a me – i più artigianali trucchi scimmieschi su attori in carne e ossa inventati da John Chambers per il film di Schaffner).

Il meccanismo del ribaltamento che punta alla collocazione dell’uomo in un contesto animalesco (e viceversa), vero elemento scioccante (e anche disturbante) di tutti i vari tasselli della serie, rimane evidentemente invariato anche in questo caso, ma rimodellato e vivificato da una ingegnosa riscrittura interna che prova (e ci riesce) a capovolgere ogni “certezza” precedentemente acquisita dagli spettatori (intendo riferirmi soprattutto a coloro che già sanno come nel prosieguo andranno a finire le cose), una condizione di sospensione incredula che crea una costante tensione che si propaga per tutto l’arco di un racconto che altrimenti potrebbe essere considerato persino risaputo, scontato e poco coinvolgente.

Come ci fa giustamente osservare Mauro Antonini su “Segnocinema” n. 172, nel vero e proprio gioco di ribaltamento interno del racconto fatto dagli sceneggiatori e dal regista, i ruoli dei due scimpanzé della saga originale (Cornelius e Zira) vengono questa volta volutamente assegnati a due “umani” (Will e Caroline) che sono però chiamati a svolgere le stesse funzioni narratologiche delle due scimmie (il riferimento è soprattutto al terzo titolo delle pellicole realizzate negli anni ’70) e nel fare esercitare loro persino gli stessi mestieri (scienziato e dottoressa). Nell’incipit per altro viene citato in maniera abbastanza esplicita proprio 1999: Conquista della terraanche se poi l’ombra sinistra della bomba si trasforma qui in una mutazione dei geni (lo sfruttamento di cavie animali per fare esperimenti in laboratorio alla ricerca di nuovi orizzonti per la medicina, un mondo di prigionieri vessati e “torturati” che, trovato in Cesare il loro capo, si ribellano in massa con il furore distruttivo dell’intelligenza acquisita, per sovvertire l’ordine delle cose e “capovolgere” le regole del gioco).

L’alba del pianeta delle scimmie si conferma quindi anche come un’opera che, grazie alla densità tematica e alla forza affabulatrice del racconto, è in grado di compattare e di fonderli insieme i tanti registri e i numerosi riferimenti evidenti, mai banali o superflui, usando come reagenti e catalizzatori, ingredienti tipici dei blockbuster come la suspense, l’azione e la spettacolarità ma con una capacità invero inconsueta, che è poi quella di utilizzarli nel pieno rispetto delle regole del settore, ma dominandoli e addomesticandoli in maniera creativa, senza però renderli una antitesi sostitutiva del cuore pulsante del progetto che forse fra le righe vuole essere anche politico.

E proprio grazie a questo insolito modo di organizzarsi e di sostenersi, il regista riesce a evitare gli errori dei suoi protagonisti umani, non perde il controllo della sua stessa creatura, non ne dimentica la specificità e la differenza ma, anzi, le coltiva (Federico Gironi, “Filmcritica” n. 508). Tematiche che spesso si muovono in sottotraccia comunque (è un po’ il destino delle opere realizzate per fare grandi incassi) e supportate da una espressività ridotta delle scimmie che, a parte gli occhi (severi, colmi di odio e di furore), non presenta poi molte altre differenze di “riconoscibilità” differenziata, ma che riesce a diventare una miscela esplosiva quando Cesare, il primate “emancipato”, evade dalla struttura che li imprigionava, portandosi dietro tutti i suoi compagni, e il gruppo, il branco diventa una inarrestabile marea che invade le strade di San Francisco, prima alla ricerca di altre scimmie da liberare, e poi di un luogo in cui esiliarsi momentaneamente per “crescere”, mutarsi definitivamente e passare finalmente al contrattacco. Una vera e propria tattica da guerriglia urbana insomma quella portata avanti con indignata consapevolezza e frustrazione dagli scimpanzé in cerca di riscatto e di “potere” dove, invece e per contro, i tentativi di repressione della rivolta incontrollata della specie da parte delle autorità cittadine, sembrano avvicinarsi con inquietanti analogie comportamentali a quelli messi in atto con analoga virulenza per contrastare e “domare” gli scontri di manifestazioni “libertarie” di ogni tipo in giro per il mondo, quasi che Wyatt intendesse lasciare spazio, fra le regole codificate dei blockbuster dedicati ai supereroi di turno, a qualcosa di più nobile e importante che tende a trasformare Cesare nella metafora evidente di uno Spartaco o un Che Guevara delle scimmie (ognuno con tutta la retorica che si porta dietro, ma con una novità importante e non secondaria: il “potere” che si trasforma da fatto politico in una questione di evoluzione mentale, oltre che di genetica modificata).

Ottima la tecnica complessiva del regista ed eccellenti gli avvolgenti piani sequenza che , soprattutto nelle parti più concitate, si alternano ad acrobatiche carrellate aeree che rendono dinamiche le scene: buona soprattutto la prova di James Franco che, nonostante le premesse fatte sopra (la probabile marginalizzazione degli attori prevista dal progetto), riesce a imporsi con la bravura del consumato interprete portando in primo piano la figura del personaggio a lui affidato, per altro ben coadiuvato nell’impresa da tutte le altre caratterizzazioni “umane” di contorno.

Come conclude proprio Gironi la sua recensione, a questo punto allora resta solo da sperare che l’apocalisse politica e sociale che la pellicola preannuncia inequivocabilmente, possa essere contraddetta in extremis da una nuova consapevolezza: quella che il personaggio interpretato dai James Franco riesce a intravedere, ma solo nelle ultime scene, e che non si tratti invece di uno zuccherino messo a bella posta per mandare a casa lo spettatore con meno nuvolosi presagi sul futuro.

 

 

(Valerio Vannini)

 

 

Un post di Stefano Falotico

 

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