Siate virtuali, “futilizzatevi”, siate immaginifici

27 Mar

READY PLAYER ONE

A noi piace virtualizzarci, non c’è niente di male, è la realtà che è spesso più virtuale del mondo “astratto”.

 

Dialogo in chat, e nel mentre indossavo un paio di vecchie ciabatte, così sciabattai delle banalità con una donna sicura della sua concretezza, anche del suo seno debordante, probabilmente irreale…

 

– Guarda, a me piace poetizzare e sublimare ma con te devo arrivare al dunque. Dunque, quando si può tangere vividamente questo nostro rapporto amichevole che io spero si propaghi poco virtualmente in qualcosa di onestamente piccante, peccante e ficcante?

– Ah ah. Non amo stare qui. Io amo la realtà, il mio lavoro, la gente che incontro in istrada tutti i giorni. E oramai ho quarant’anni, gli uomini sono soltanto oramai un triste e bel, svanito ricordo. Io però amo! Amo, amo, mio tesoro! Amo’, non sono qui per fa’ du’ chiacchiere.

– Capisco. Ma scusa… tu sbandieri il motto evviva la vita ed evviva l’amore ma mi hai detto che non desideri un uomo nella tua vita. Spiegami.

– Ah, tu limiti il concetto di amore a una relazione? Sei indietro, figlio mio.

– No, so che la parola amore ha significati molteplici ed estesi ma pensavo ti riferissi a quel tipo di amore. Intendevi l’amore per le cose belle che la vita può offrirci? La risata ingenua e disarmante di un bambino, la ricchezza di leggere un grande libro ed esplorare universi sconfinati dell’immaginazione, la bellezza della fantasia, l’amore per l’Arte, il disgusto per la volgarità, l’amore per una tazzolina di caffè alle prime luci di un’alba invernale, lo sguardo ammirante un tramonto alla Via col vento, o l’amore per la propria femminilità timorata, l’amore per gli astri celesti del cielo, etc. Spiegami.

– Guarda, ti ho detto che amo le cose reali. L’amore della vita così com’è. Senza infingimenti, maschere, falsità. Questo è amore, amore puro, amore perfino carnale, sentito, profondo. Cose che non puoi capire. Dai, figliolo, adesso vado a rasarmela…

– Ah, ora comprendo, sei una donna secca, che ama le freddure, liquidare il prossimo in maniera provocante, io invece son radente alla realtà, spesso la lambisco, a “quella” molte ambisco, talvolta se sono raffreddato starnutisco, e non riesco sempre a “esplicare” tutto quello che ho dentro. Dovrei darmi a “qualcosa” di più coinvolgente, diciamo, buttarmi nella mischia, anche nel tuo “muschio”. Vabbe’. Cara, andrai a vedere l’ultimo film di Spielberg?

– Guarda. La virtualità è bella se quella proiezione dei nostri sogni poi si materializza.

– Io non sono un materico, fui alle medie un matematico, però. Non amo neanche il materialismo eppure con te materializzerei qualcosa di davvero “solido”. Si può fare? Vorrei trasfigurarmi “liquidamente” in maniera, sì, evasiva, ma anche “invasiva”.

– Ma che dici?

– Non conosci la medicina invasiva? Credo che lei sia una donna che soffre di solitudine, invero. Io potrei curarla, con “iniezioni” tese… a diluirsi nel suo sangue per un ribollimento delle emozioni raggelate da troppa durezza di una realtà spesso tosta e deludente.

– Io non mi faccio illusioni, bello mio.

 

– Sai, per molto tempo pensavo di essere un inetto. In verità, ho scoperto che “iniettandolo” alle donne… piace.

– Sei solo uno che scappa, scopa!

– Appunto. L’altra sera ho visto un porno. Ah, un’attrice coi “fiocchi”, eccome se fioccava. Perché guardare quella roba dovrebbe incarnare una fuga? A me, se devo dirla tutta, mi parve solo un’ottima figa.

– Hai ragione. Adesso devo accendere Instagram. Devo fare la diretta.

– Diretta di che? Insomma, signorina mia, io le son stato diretto e le volevo essere anche “ritto”. Ma non si può mai essere poetici che lei mi sublima tutto. Non sublimi, guardi, credo che lei abbia perso tutte le fantasie, erotiche e non. Lei è una donna vuota. Io quel vuoto volevo riempirlo.

– Scusa, adesso ti devo salutare. Devo imbottigliare il vino.

 

di Stefano Falotico

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