Archive for December, 2019

PINOCCHIO – Cortometraggio: per il nuovo anno, regalatevi un Falò all’insegna della perpetua libertà


29 Dec

81038942_10215328982320669_3542337099862638592_o 81214617_10215329034321969_7850873219752919040_oMi sto appropinquando, amici e (a)nemici, uomini nervosi e nerboruti, uomini stupidi e uomini di YouTube, a viaggiare alla volta di Monaco di Baviera ove festeggerò l’arrivo della mezzanotte del 2020, brindando nella sera di San Silvestro e aspettando l’alba di una nuova era.

Conserverò una bella cera o sarà una serata da C’era una volta…?

Chissà se, dopo una lauta mangiata in compagnia, chissà se, dopo uno spumante lieto, sarò allegro o m’immalinconirò, ubriaco, sin al calare delle serre, no, serrande. Poiché alloggerò in albergo e, dopo i bagordi, i forti singhiozzi, i trambusti non da uomo monacale né monastico, né chiesastico né tedesco con la svastica, semmai dopo aver preso pure uno schiaffo in faccia da parte di un crucco balordo assieme alla sua valchiria spastica, mi disinfetterò in bagno la ferita con la penicillina, smacchiando il livido con la varichina. Urlando così tanto di dolore che mi sentiranno sin dall’attico.

Sono Pollicino?!

Invero, il livido rimarrà e assumerò un look da uomo trasgressivo semi-punk. Ah ah. Con venature psicofisiche, non fighe, d’apparente psicopatico in verità umanamente Falotico ma giammai meschino. Ah ah.

Sì, mi denuderò d’ogni abito casto e, prima d’immergermi sotto le lenzuola, scatterò un selfie da cui potrete evincere la mia totale simbiosi incarnata in Arthur Fleck/Joker.

Un uomo dimagrito, disintegrato, fortunatamente non cassaintegrato e, vivaddio, non comunemente inserito socialmente poiché patti sociali fa rima con ipocrisie da mentitori animali, escoriato nell’anima, il quale talvolta è ancora Antonio Rezza di Escoriandoli e ha una faccia simpatica da pagliaccio dalla carnagione poco colorita, invero molto pallida, un uomo che, a differenza di Andrea Carnevale, non scopò mai Paola Perego ma, nei momenti di tristezza e di atroce infantilismo, gioca coi Lego e, di tanto in tanto, può scapparvi una sega.

Volete che seghi Paola? Sì, è una donna che andava bocciata prima di fare l’oca. Ah ah.

E giochiamo di doppi sen(s)i, uomini senza sen(s)o. Spesso, ancora insensatamente, mi piace giocare al ruolo del demente poiché sono un Man on the Moon come Kaufman/Jim Carrey.

Le donne mi allupano, da licantropo mi alluno e bevo tutto il lupo, no, il luppolo. Poiché la bionda è gustosa ma anche una mora che mangia il mio “Belgioioso” sa rendermi un uomo giocoso e cremoso.

Ah ah.

Pochi giorni fa, uscì Pinocchio di Matteo Garrone, miei uomini da fave, no, favole della volpe e la vulva, no, l’uva. Che comunque è la stessa cosa, sì quella cosa rosa come disse Checco Zalone. Un furbacchone ma non un qualsiasi coglione. Adesso, Checco si paragona addirittura ad Alberto Sordi e chi ha orecchie per intendere, eh già, intenda. Sta costruendo pian piano il suo personaggio, sa vendere bene la propria merce. Non è mica un distributore di cine-panettoni da Christian De Sica, addirittura adesso è un fenomeno da Ladri di biciclette. Ma roba da matti. Eppur Mereghetti Paolo e Magrelli se lo tengono pure buono. Checco potrebbe tornare utile.

L’uva è viola e, appena la vedi, ti diventa rosso e lì vola. Basta che non la violi ed è amore consenziente. Non so però onestamente quante donne, in realtà, ne siano senzienti o invece fingano per rendere i loro uomini contenti. O solo cornuti. Ah ah. L’amante fa sempre più figo e trasgressione. Finta, appunto, ah ah. Anzi, due punti. Adbundatis adbundatum, come diceva Totò della Malafemmina.

Alberto Sordi, l’italiano medio, pavido, codardissimo. Capace di scrivere nefandezze lerce da leone da tastiera ma è solo Don Abbondio.

Chi s’accontenta gode, così così, cantò Ligabue, cari i miei Geppetto.

Io sono Giotto e lei dipinge tutta la mia Cappella Sistina da Michelangelo.

Lucignolo/Ceccherini lo sa. Anche sa che ogni cantante Gatto Panceri usa oggi forse la panciera poiché non ha più un fisico da bilanciere, cosicché nemmeno gli ex Gatti di Vicolo Miracoli riusciranno a miracolarlo nel far sì che possa alla Fata Turchina slacciare la cerniera.

A parte le cazzate, stamane, dopo aver visto una video-recensione, sotto di essa scrissi un commento totalmente spontaneo, tremendamente ispirato, cioè sincero. Come dicono i toscani, sicché è codesto:

lo sapevo che era uno dei titoli da te più attesi della stagione. Credo di aver compreso, scusa se pecco di superbia, un po’ la tua poetica e la tua visione del mondo. Che è molto cinica, spietata e dunque paradossalmente romantica e favolista. Poiché la realtà quotidiana, sin dapprincipio, fin da quando usciamo dall’utero, è ricattatoria e impone immediatamente parametri protervi e violenti, insindacabili da gendarmi intransigenti. Come coloro che prelevano Pinocchio e l’obbligano, giocoforza, anzi forzatamente a “crescere”. Crescere, questo verbo che risuona, anzi, detto in maniera toscana, RISONA, insiste veemente a inseguirci e perseguitarci nell’animo sin dalla più tenera età indomita. Un comandamento imposto, ineludibile e spesso inattuabile, inattingibile poiché la vita, nel suo districarsi complessa e non intelligibile, non è un percorso a tappe retorico. Teoricamente lo è ma subentrano sgambetti, interruzioni, imprevisti mutamenti. E, serpentesca, la nostra esistenza si compie invece spesso nel non essere, nell’estraniarcene, nel depistare il cammino retto o da pancia in dentro e schiena dritta, appunto, come pretende la falsa, fascista rettitudine moralistica. E da Collodi passiamo a Dante e il suo smarrire la retta via. Il precipitare nella selva oscura dei nostri patemi esistenziali più nascosti, imperscrutabili, amnesia e buio amniotico del nostro essere che quasi mai diviene un essere e un esservi in tal vita misteriosa che c’immalinconisce, ottenebra e segrega nel ballerino danzarvi agonizzanti e poi nuovamente euforici, incantevolmente disincantati. No, non vedrò Garrone. Lo guarderò in dvd. Al momento non m’interessa. Come sai, ho molti parenti che vivono in Toscana e vi son stato proprio a Natale. Certo, ricordo bene la serie-“film” di Comencini con Manfredi e la Lollobrigida. E il rimembrarla mi porta con la mente e con l’anima laddove la mia infanzia ancora c’è eppure non può più in realtà essere. Ma persiste, squilla detonante negli attimi di solitudine o proprio durante le feste quando, addolciti dall’atmosfera sognante di pace, dolciastra bontà e apparente requie, ci accasciamo nostalgici nel “memento” dei nostri ricordi o solo dei nostri vivaci, infantili cuori. Quando ci emozionammo a giocare con gli aquiloni, quando spensierati riposammo, fanciulleschi e puri, beati e incoscienti laddove mai fu, mai sarà eppure viviamo ancora. La favola di Pinocchio, invero, è questa. Un’enorme metafora della condizione umana. Ed è per questo che, come dici tu, il testo di Collodi è dark, gotico, quasi un racconto di formazione dell’orrore con molti momenti felici, pieni di colori, altri invece cupissimi, mostruosi come Manguaf(u)oco. Noi tutti siamo Pinocchio, raggirati non solo dai volponi e dalle gatte morte, ah ah, bensì dal nostro essere forse Leslie Nielsen de quando mente ai passeggeri a bordo e gli cresce spropositatamente il naso. Noi tutti, infatti, sappiamo che stiamo precipitando e schiantandoci per forse salvarci e rispiccare il volo.

Dunque, per un anno senza fascismi da Salvini, da cui si salvi chi può, propongo alle elezioni John Belushi di Animal House, ovvero il Falò. Si sa, è ovvio, acclarato, certificato e conclamato che io sia il più grande bugiardo della storia. Sono, peraltro, l’unica persona al mondo che riesce a essere Joel Edgerton, Tom Hardy e Nick Nolte di Warrior in una sola interpretazione vivente.

Insomma, si fa quel che si può se si può.

 

di Stefano Falotico

pinocchio disney

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Il ritorno del grande David Fincher con Mank e il ritorno del Falò al pub number ten


28 Dec

81269813_10215313851902418_5898562463460229120_o 81486949_10215313851102398_1965793427433979904_o

The Curious Case of Benjamin Buttonpanic roomSì, ieri sera mi recai, dopo molti anni, al rustico pub number ten di Via Emilia Ponente.

Luogo adesso assai ammodernato ove v’andai spesso in una galassia lontana della mia memoria prima che, per tempo altrettanto immemorabile, diciamo pure smemorato, sofferente d’amnesia e mia adombrazione amletica, scomparii alla vista anche di me stesso.

Sì, una delle mie pietanze immancabili e preferite, ordinate in questo locale, fu l’hot burger.

Quel che posso dirvi, amici e fratelli della congrega, è che da allora molte cose cambiarono nella mia vita. Diciamo che, come appunto appena dettovi, trascorsi momenti di gioiosa, mica tanto, immersione nel noir della mia cupezza.

Poiché, nel bel mezzo del cammino di questa mia sfiga, improvvisamente fui assillato da sospetti degni d’una indagine da Mindhunter.

Sì, per via del mio stile di vita considerato piuttosto anomalo, troppo libertino o forse, diciamocela, un po’ esageratamente appartato, intimo e discreto, indegni inquisitori della mia anima, assai meno bravi di Anna Torv della succitata serie televisiva creata e diretta in alcuni episodi da David Fincher in persona, addussero sbrigativamente che soffrissi di disturbo di personalità come Ed Norton di Fight Club.

Credettero, troppo celermente, che fossi addirittura malato d’invidia come Kevin Spacey di Seven.

Sì, nello stesso anno di Seven, Kevin Spacey vinse l’Oscar per I soliti sospetti di Bryan Singer.

Di mio, posso dirvi che subii ingiustamente e ingiustificatamente un linciaggio morale come quello tutt’ora vissuto da Kevin. Il quale, per Natale, si filmò in casa davanti al camino.

Io invece trascorsi il Natale con mio cugino a Prato.

Diciamo che, più che essere John Doe/Spacey, per molti anni non fui un dongiovanni come Brad Pitt.

Anche se la mia prima ragazza, chiamiamola così, assomigliava non poco a Gwyneth Paltrow.

Quando veniva a casa mia, sebbene non sempre venisse nel camino del suo abbrustolirsela nel mio dare fuoco al suo forno a legna, anziché sentire il frastuono provocato da treni come Morgan Freeman sempre di Seven, udì frastornata il passaggio degli aerei.

Sì, l’aeroporto Marconi di Bologna è situato piuttosto lontano da casa mia ma, in linea d’aria, non è lontano tantissimo dalla zona in cui abito.

Sì, gli aerei rompono il cazzo. Per questo, qualche volta, questa ragazza, appena io decollavo sopra di lei, avvertiva lo sturbo.

Per quanto mi concerne, dunque, chiariamoci. Non fui mai sfigato come Sean Penn di The Game né suo fratello nababbo, Michael Douglas. E ho detto tutto…

Nemmanco soffrii di fobia sociale. Ma quale Panic Room!

Ma quale senilità precoce. Anzi, quale anzianità, più passano gli anni, nonostante l’abbia preso spesso nell’ano, non sessualmente parlando, bensì metaforicamente essendo inculato da molti stronzi, più ringiovanisco sia nel fisico che nell’animo.

Il curioso caso di Benjamin Button!

Ma quale misogino! Ma quale/i Uomini che odiano le donne. Il titolo più subdolo della storia.

Ché ha poco a che vedere con la trama…

Per quanto mi riguarda, sia Noomi Rapace che Rooney Mara, eh sì, mi renderebbero molto capace.

Se poi fossero pure, oltre che girl(s) with the dragon tattoo, anche donne emancipate e senz’inibizioni del nuovo Millennium, le sposerei subito come fece Ben Affleck con Rosamund Pike di Gone Girl.

Ah, bella roba, ah ah. Uno un po’ strano come me che sposa una matta per eccellenza.

Ma sì, lasciamola stare. Questa è una pazza che legge ancora l’Oroscopo, che poco scopa ed è buona sola a stare, da mattina a sera, su qualche Social Network.

Ci stesse, io con questa non (ci) sto. Mi metterà le corna con uno Zodiac. Glielo lascio tutto.

Auguri e figli maschi. Da questa coppia, piuttosto mostruosa, nascerà Alien³.

Quell’alieno lì è un maniaco sessuale. Sì, come no?

È proprio bavoso, ah ah.

A parte gli scherzi, David Fincher è un grande. Lo adoro.

E ieri sera trascorsi una bella serata in compagnia di un mio amico, finalmente incontrato dal vivo. Sono circa sette anni che chattiamo e non c’eravamo mai visti di persona.

Ma, per le feste, lui tornò a Bologna.

“Messaggiammo” ed eccoci a parlare di Cinema e non solo.

Ecco, vi darei un consiglio.

La cameriera del number ten è molto, molto bella. Offritele da bere.

Insomma, questa mia vita è stata un mistero anche per me. Maggiore come l’ospedale omonimo vicino al number ten, luogo ove è meglio non finirvi. Soprattutto in certi reparti. O forse sì.

Poiché da ogni apparente trauma, così come insegna Fincher, può nascere un processo d’identificazione stupefacente.

Oh, voi che capite tutto di una persona, guardandola superficialmente, non è che mi farete la fine di Jim Carrey di Dark Crimes?

Non è di Fincher, infatti ne venne fuori una porcata.

Ah ah.

 

 

 

di Stefano Falotico


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Discussioni su THE IRISHMAN con un mio amico #theirishman #martinscorsese #robertdeniro #alpacino #robertdeniro #cgi #computergraphics #cinefilo #cinema

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Ridi, pagliaccio: questo mio racconto pubblicato potrebbe essere apprezzato da JOKER?


27 Dec

Mentre, in tale società in disfacimento, collassata o forse solo dal capitalismo decollata, un uomo decolla, da alcune malinconie ataviche ancora non si scolla, qualche bevanda ingolla e qualcuno non so se lo inculi, un altro anno di Cinema è oramai finito.

Siamo agli sgoccioli, come si suol dire. Non possiamo lamentarci di quest’annata cinematografica.

Che ha visto, innanzitutto, il comeback strepitoso di due miti attoriali immarcescibili, ovvero Bob De Niro e Al Pacino di The Irishman,

Parafrasando lo stesso Al Pacino di Donnie Brascoche te lo dico a fare?

Abbiamo assistito anche al clamoroso ritorno di Joe Pesci in quella che forse rimarrà l’ultima interpretazione della sua carriera. Anche probabilmente la migliore, la più rarefatta e drammatica.

Russ Bufalino, un viscido burattinaio incarnato da un quasi ottantenne più basso di statura di Pacino stesso e meno famoso. Poiché, per via del suo corpo tarchiato, fu quasi sempre relegato a ruoli da spalla o di macchietta, a eccezione ovviamente di alcuni indimenticabili ruoli da protagonista nei quali, però, certamente non interpretò Mel Gibson di Braveheart. Ah ah. Mi riferisco a titoli come Mio cugino Vincenzo e Occhio indiscreto.

E ho detto tutto.

In questo mio anno cinefilo, vidi perfino The Irishman d’anteprima italiana in Sala Petrassi alla Festa del Cinema di Roma.

Che io mi ricordi, mi presentai davanti alla fila, assiepata davanti alla sala suddetta, con lo stesso carisma di Henry Hill di Quei bravi ragazzi. Sì, identicamente a Ray Liotta di Goodfellas, dobbiamo e dovete ammettere che posseggo un certo fascino da uomo taciturno.

Sì, rammentate la scena della cena di De Niro, Pesci e Liotta a casa della madre del personaggio di Pesci? Madre interpretata dalla vera madre di Martin Scorsese?

Non parli molto…

Sì, va detto che Ray è più alto di me e ha gli occhi azzurri come Frank Sinatra. I miei sono castani. Molto scuri, quasi neri.

In quanto a donne e affiliate, spero non mafiose, mi comporto alla stessa maniera di Henry/Ray.

Diciamo che non sono subito un gentiluomo. Al che ogni Lorraine Bracco di turno, per via di come la snobbai e tutt’ora non cago, mi coprì e ancora mi seppellisce di offese, dandomi dello stronzo insulso. Eh, quanti insulti, cazzo.

Poi, ognuna di queste donne alla Bracco, perfino dei Sopranos, vuole studiarmi e psicanalizzarmi.

Di mio, più che assomigliare al compianto, corpulento James Gandolfini, sono come Bukowski. Voglio analizzarla…

Sì, lei era bellissima, dolcissima, elegantissima, di un’altra categoria e di un’altra carrozzeria. Delicatamente, la invitai al miglior ristorante della città, omaggiandola con delle rose e dedicandole poesie d’amore.

Durante la cena, lei mi parlò di Georg Wilhelm Friedrich Hegel, del socialismo russo e della politica del PD.

Io l’ascoltai, appunto, senza dire una parola.

Le pagai solo la cena e nient’altro. Volevo quanto prima sbottonarmi e slacciarmi la cerniera.

Ora, non avendo spiccicato io una sola frase, penserete che mi abbia mandato a fare in culo seduta stante. Anzi, dopo che terminò di mangiare e disquisire, auto-lodandosi in merito alle sue conoscenze alte da giornalista rinomata e molto in gamba.

S’accorse pure che, anziché guardarla in bocca, le osservai spesso le gambe.

Alla fine scopammo.

Sì, si vede che, grazie al mio modo di fare da uomo che apparentemente pare che non capisca un cazzo e nemmeno il suo opposto, risultai più interessante di tanti cattedratici professori universitari che, secondo me, dovrebbero soltanto lavorare alle poste.

No, non sono più interessante e intelligente di loro.

Probabilmente, più bello, sì.

Di mio, posso dirvi che racconto un sacco di cazzate poiché spesso sono triste e la butto in burla in maniera tragicomica e melodrammatica.

Insceno quasi quotidianamente la mia follia. Sì, appena sento che in me scocca l’anima di un uomo imborghesitosi nella cosiddetta normalità, avverto all’unisono la necessità di andare volentieri sopra le righe come un sublime Al Pacino meravigliosamente eccessivo.

Caricando a volontà, esagerando, epicamente attirando i riflettori solamente sulla mia scena.

Solo forse pure a cena.

Ah ah.

Comunque, un altro anno è andato a farselo dare nel culo.

E forse pure la mia lei è giusto che si sia tolta dal cazzo.

E questo è quanto…

Ah, lei non mi dia del lei, mi dia del tu e io le darò del tè. Perché si arrabbia? Voleva un caffè?

Ah ah.liotta goodfelllas

 

di Stefano Falotico

Ho dei dubbi che The Irishman, riguardando Scarface di De Palma, sia un capolavoro così come credo che DiCaprio non meriti di avere più nomination di Al Pacino


26 Dec

scarface poster

Parte goliardica da Porky’s. Non ho detto da porci, da Porky’s, il famoso film di Bob Clark che all’epoca fece scandalo ed è invece solo una sorta di Scuola di polizia senza pulizia, ah ah

Sì, The Irishman è un capolavoro? Secondo una falange di critici, irrimediabilmente perdenti o solo pendenti dalle labbra di Scorsese, lo è, indiscutibilmente.

Una panoramica e parabola malinconica, di natura proustiana, sulla caducità del tempo, filtrata attraverso la coriacea ottica, senza retorica, di un uomo apparentemente fallito.

Un Frank Sheeran incarnato da e in De Niro statuario, apoteotico simbolo gangsteristico di altri “loser” celeberrimi da lui stesso resi celebri.

La segmentazione, l’ideale prosecuzione, la rigenerazione ad libitum nella deaging granitica, robotica della sua leggendarietà attoriale, trasfusasi in una CGI opinabile, forse non del tutto perfezionata, aspramente criticata dai maniacali certosini snob da prendere onestamente a testate, non giornalistiche.

Le classiche personcine perennemente scontente, eternamente insoddisfatte alla ricerca d’una idealizzata perfezione, d’una intoccabile purezza e completezza che invece è quanto di più brutto possa esserci, non solo nel Cinema, bensì nel concetto stesso di bellezza in senso alato e anche lato b.

Una perfezione dunque illusoria, irrealizzabile, fantomatica e oscena. Inculante.

Per esempio, a mio avviso, non è bellissima una donna esteticamente, a prima vista, perfetta. È semmai un manichino palestrato adatto a facili gioie ormonali di natura prettamente eiaculatoria, masturbatoria, dunque untoria e poco romantica, sebbene abbia sortito l’eccitazione con tanto di spermatico spumante fantastico. Ah ah.

Poiché, si sa, la donna vestita in abiti attillati, dunque attizzante, scatena il capriccio schizzante d’ogni macho membro di tal mondo oramai alle strette e alle tette, cioè succhiante solamente l’istinto genetico e primigenio di tale imbuto da poppanti ingenui. Esternatosi nello sfogo estemporaneo della frustrazione quotidiana da riversare in un fazzoletto ove espellere e depositare ogni ira e ogni stress pressante dopo averlo avuto tutto in tiro per un finale che sembra brillante, invece è solo maleodorante. Ah ah.

Impazzano le donne perfette su Instagram, sfilando in una vetrina da macelleria di corpi monumentali fotografati e scanditi, distillati in regolare reiterazione anti-emotiva, anti-empatica. Sinceramente antipatica.

Sì, vedi un bel culo e sodamente qualcosa s’ingrossa indubbiamente tangibile e presto incandescente per la lavica colata da lì fuoriuscente. Ma è un tirarsela momentaneo che svanisce presto come la non durevole erezione d’un mondo oramai fottuto nella perdizione, asfissiato e spremuto, unto e bisunto nello sbraco collettivo e nei gemiti edonistici d’una società arrivista e impunita. Diciamocela, sputtanata.

Insomma, una donna è bella a cazzo mio. Non sopporto più questi corpi che non emanano vero calore dell’anima, detesto queste donne di poco cuore che vorrebbero sprigionare ardore quando invero sono soltanto poco signore. Ma per favore!

Sul sito Gli spietati, leggo recensioni, in merito a The Irishman, da farmi accapponare la pelle e incazzare, scritte alla buon’ora da parte di uomini senza palle che non meritano manco una suora. Una suola, sì, cioè una pedata per sbatterli nella topaia del loro solaio.

I quali ebbero l’ardire di scrivere certa roba:

Scorsese vira troppo all’Affresco Americano tipo Oliver Stone, rischia di sovraccaricare lo spettatore di informazioni e perde un po’ il controllo della situazione. Il film si sfilaccia, sbanda, annoia, per poi riprendersi nella parte finale (tutta l’escalation di suspense umana ed emotiva che culmina nell’uccisione di Hoffa da parte di Sheeran) che si chiude definitivamente, però, con un rischio di pietismo senile evitato per un soffio (ma comunque evitato).

Certo, si tratta di un bel film, ci sono momenti alti, indubbiamente bellissimi (la telefonata di Frank Sheeran alla moglie di Jimmy Hoffa) e De Niro trova il personaggio perfetto per dare un senso compiuto alla sua recitazione sempre più statica e rarefatta. Ma l’ultimo di Scorsese rimane un film smisurato, diseguale e forse incapace di giustificare a pieno i 210 minuti richiesti per poterne godere.

Lasciando stare le escalation e ogni “eiaculation”, aveva ragione Adriano Celentano. Questi critici della minchia sono in piena zona svalutation. Ah ah.

Sì, si fanno i pompini a vicenda in questa Pulp Fiction di troiate. Angelo Bruno/Harvey Keitel lo sa, lui è Mr. Wolf, cari volponi. Poveri cazzoni!

Suvvia, guarda quello. Crede di essere Joe Pesci, in realtà è quello che è, ovvero un pescivendolo.

Molti di questi critici s’infervorano come Al Pacino/Tony Montana di Scarface.

Sì, Al è bestiale. S’incazza di brutto quando sua sorella, la Mastrantonio, va nel bagno con l’amante semi-siculo tutto impomatato e di sé sicuro che prima le tastò il culo per poi darle il gel alla Tutti pazzi per Mary.

Sì, ah ah. MARY Elizabeth Mastrantonio, donna che piace a ogni uomo di nome Anto’, in americano Anthony. Come il Provenzano/Stephen Graham e tutta la compagnia di omonimi. Ah ah.

Sì, in questa vita da falli, no, falliti, fate i trenini come nelle catene di Sant’Antonio e pensare che, in Italia, avemmo pure Lietta Tornabuoni. Che come donna era più brutta della Mastrantonio di The Punisher, come critica abbastanza buona ma non buonissima. Cioè severa nei giudizi. Ah ah.

In entrambi i film di Brian De Palma con Al Pacino, dunque il succitato Scarface e Carlito’s Way, vi sono sequenze al cardiopalma, appunto, nei bagni sporchi e fetidi delle discoteche e stanze con dipinti di rosse palme. Ambienti per donne strafighe come Michelle Pfeiffer ma anche per uomini e donne da De Filippi. Da gente che non possiede il vivo nitore delle sessualità (im)pure del Cinema di Pedro Almodóvar.

Grande uomo, Pedro. Uomo che non è un uomo ma ama le donne e pure gli uomini. Ah ah.

Evviva Rossy de Palma con la d minuscola e la sua faccia da Picasso. Cazzo!

Bagni merdosi ove il corrotto avvocato Sean Penn tastò la mulatta, lei l’allettò, anche allattò nella latrina e non in un comodo letto. Sean spalmò quello che sapete e poi fece il botto, sudando freddo in ospedale come se fosse macchiato d’olio. Ma, dopo tutto quest’accaloramento riguardo The Irishman, sto qui a riflettere come De Niro. Nella solitudine delle mie malinconie decadenti.

Purtroppo, mi spiace per Scorsese. Scarface è un film superiore a The Irishman. Poi, con tutto il bene che posso volere a Bob De Niro e ad Al Pacino, C’era una volta in America e Scarface sono più belli. E loro erano davvero più giovani, più cazzuti, più fighi e forse anche più bravi. In Scarface si respira una forza immane. Una passione quasi cristologica di livelli abissali. Con questi colori incendiari e la stupenda fotografia cremisi di John A. Alonzo, con queste impressionanti scenografie kitsch. Quasi trash!

Pacino, rosso di rabbia e super permaloso. Pacino, sì, fuori di testa, megalomane e senza freni, ringhiante, animalesco, manesco, puttanesco, con queste scene di gelosia indimenticabili e strazianti, con questo ritmo isterico, con una colonna sonora da brividi. Ce la vogliamo dire?

Senza nulla togliere all’originale, lo Scarface con Al e Michelle Pfeiffer è una genialata derivativa, certo, ma partorita dalla fervida mente d’uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi, Brian Russell De Palma.

Allora ha ragione Mereghetti. Prima diede a Scarface due stellette e mezzo. Quindi tre. Ora è passato a quattro. Cioè capolavoro assoluto. Il Cinema di Brian De Palma è un delirio totale così come la discesa nella scalinata di Joker, così come John Rambo. Cioè, quando parte in quinta, non ce n’è più per nessuno.

Un Cinema energico e furioso, voyeuristico, anche nichilistico, senza psicologie olistiche né stronzate utopistiche. Senza riflessioni didattiche, senza panegirici e spiegazioni da inutili teorie quantistiche e scientifiche, un Cinema che spinge in maniera costruttivista. A volte è fancazzista, a volte hitcockiano, a volte ti spupazza, ti strapazza e di emozioni sanguigne t’ammazza.

Spinge nel “push”.

Ricordate: d’altronde, Brian è il regista de Il falò delle vanità. E ho detto tutto… Ah ah.

Parte seconda: Brian De Palma appartiene alla New Hollywood ma, a differenza di Scorsese, Coppola e Spielberg, mai vinse un Oscar

Una doverosa precisazione scabrosa più di Omicidio a luci rosse e Vestito per uccidere, più agghiacciante di Blow Out.

Fu colpa di Al Capone e dell’era del Proibizionismo? Sì, pure altri geni come David Lynch e Cronenberg non possono fregiarsi di un Oscar. Ma almeno furono candidati.

De Palma manco questo.

Sì, al giuria degli Academy Awards dev’essere come John Lithgow di Doppia personalità. Prima disse e dice che quasi tutti i film di De Palma sono capolavori, poi non li candida per la statuetta.

Ultimamente, Brian deluse non poco anche i suoi più accaniti ammiratori. Al suo Domino è preferibile, pensa te, il Domino di Tony Scott.

Brian De Palma può non piacere.

E ora la sparerò grossa. Non essendo mai stato premiato né nominato, a parte Mission: Impossible, a Brian non diedero molto credito, di conseguenza neanche tanti danari.

Ma è più grande di Scorsese e Coppola.

Purtroppo, sì.

 

di Stefano Falotico

Aspetto già il Keanu Reeves Day, proverò più adrenalina del compianto Patrick Swayze di Point Break


26 Dec

point break

Sparatevi quest’invettiva, questa sanissima requisitoria imprescindibile e poi digerite, se vi riesce.

Il 21 Maggio del 2021, come sapete, Keanu Reeves uscirà in contemporanea con John Wick: Chapter 4 e il quarto capitolo di Matrix.

Roba davvero più eccitante di Lori Petty di Point Break quando, in tale film di Kathryn Bigelow, Johnny Utah/Keanu Reeves la vide, per la prima volta, in bikini quasi ignuda in riva al mare. Cosicché mentre il Sole batté cocente sull’oceano della California, in quel momento, Keanu dimenticò ogni ascetico insegnamento da Piccolo Buddha. Surriscaldandosi sessualmente d’una piccante voglia assai caliente.

Per fare con lei il surfista con la vasellina da “centromediano di merda”. Come disse infatti a Gary Busey.

Lori, in un battibaleno, proprio sulla riva oceanica d’ogni purezza da Moby Dick, la bianca balena, spogliandosi poco candidamente, provocò lo squagliamento d’ogni ormonale ghiacciaio di Keanu.

Il quale, dinanzi alla sua bellezza scostumata, cioè velata solamente dal costumino, ah ah, la desiderò da birichino e fu immediatamente di lei innamorato. Che volpino. Gemendo, mugolante, il suo essere stato da lei folgorato e dunque denudato d’ogni freno inibitorio moralistico e repressivo. Ne fu infranto. Smarrendo ogni residua sua immacolatezza infant(il)e.

Ah, un bel guaglione, Keanu. Un simpatico fante. La vide e volle esserle in mezzo (stan)tuffante.

Peccato che Keanu dovette (s)battersela con Patrick. Purtroppo, da qualche anno, morto di Cancro.

Ma all’epoca lui fu il duro del Road House, il Ghost per ogni donna alla Demi Moore da modellare nell’argilla d’un tornio da mani romanticamente sporche più di Dirty Dancing.

Comunque, se fossi stato in Keanu, avrei lasciato Lori Petty a Patrick e avrei fatto del petting a Bigelow Kathryn. Una che, a quei tempi, era più figa di Charlize Theron de L’avvocato del diavolo.

Cari amici, siamo o non siamo ragazzi giusti? Giusto? Cioè Righteous Brothers?

A volte però l’Unchained Melody va a farsi friggere per colpa di amici stronzi come Al Pacino di Righteous Kill.

Ha allora ragione Alessandro Catto.

Comunque, in questo giorno di Santo Stefano, aspettando il mio San Silvestro a Monaco di Baviera, vi lascio con la clip di uno dei film più emozionanti di tutti i tempi.

Rocky rimane, a distanza di più di quarant’anni, una delle pellicole più indimenticabili di sempre.

La storia di un underground. Di un cane bastonato a cui fu offerta una possibilità per lui impensata e incredibile.

Tutti, da Apollo il primo, credoedettero che sarebbe stata una facilissima, comoda passeggiata buttarlo giù ma Rocky, contro ogni pronostico, sì, avrebbe perduto l’incontro ma al contempo avrebbe dimostrato di essere stato più forte nell’aver saputo resistere così a lungo.

Infatti, nel secondo vinse. Rocky è come Neo/Reeves e John Wick. I cattivi lo colpiscono. Lui schiva tutti i colpi e risponde con una velocità di risposte da lasciare tutti stecchiti, scioccati, abbattuti.

O forse abbacinati.

Auguri, tanti bacini a ogni borghese col cervello piccino, con qualcos’altro ancora più minuscolo ma di panzone abnorme e presunzione giustamente punita con sacra “unzione”.

 

di Stefano Falotico

Hikikomori: la sana follia eccentrica del gioviale, felice, reiterato, cosciente isolamento lontano dalla prigionia sociale, lo sostiene anche il grande Alessandro Catto


25 Dec

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SCANNERS: questa volta il cattivo trovò uno troppo forte che lo distrusse, abbattendo tutta la sua stirpe e mangiando pure un tiramisù

Racconto aderente alla contemporaneità del mondo tristemente odierno ove imperversano, a briglia sciolta, gli haters

Sì, come Stephen Lack del capolavoro per antonomasia di Cronenberg, io sapevo, essendo sensitivo, che il cattivo mi sarebbe venuto a cercare di nuovo ma l’avrei fatto nuovo, come si suol dire, io. Vilmente m’apostrofò da coniglio, ancora una volta (s)mascherato dietro una tastiera e dando a me del gran pagliaccio iellato.

Peccato che non avesse previsto, come già gli dissi, che non ebbe di fronte chi pensò di trovarsi.

Dinanzi a lui, ecco l’unica persona al mondo dimessa da tempo dai centri ove volle, vorrebbe e vuole, eppur gli duole, la sua malignità deportarmi, semplicemente perché non corrispondo al piano regolatore della sua pazza, scriteriata eugenetica da suo sciagurato incurabilmente disagiato.

Ma, con suo enorme rammarico, qualsiasi psichiatra gli potrebbe spiegare che non sono, a differenza di quel che lui ostinatamente credette e ancora crede, né pazzo né diverso. Neppure meno intelligente.

Anzi, direi esattamente il contrario. Essendo io uno psichico, disprezzo invece lui, appartenente al mondo dei sottosviluppati giammai progrediti. Ovvero, gli ilici. Persone che rimarranno (in)ferme al loro mondo angusto di gelosie, di rivalità meschine e di squallidi pettegolezzi ilari e piccini.

Sì, per cercare di destabilizzarmi, inviò missive luciferine sotto falsi profili attraverso cui cercò di provocarmi scompensi emotivi tali da indurmi a gesti sciagurati e poco cauti e fini. Ah, che carino, ah ah!

Le sue offese furono però pedanti, prevedibili, anzi da me già profetizzate da veggente sopraffino. Puntuali come un orologio svizzero arrivarono i suoi insulti immorali e detonanti tutta la sua idiozia misera, offese che denotarono la sua mancanza di evoluzione allarmante, la testardaggine proterva d’un cervello amorfo ubicato nella scatola cranica di una persona che pensò di “vedere oltre”, tanto oltre che non poté prefigurarsi che, a proposito di Cronenberg, potrebbe fare presto invece, ahia, la fine di un altro cattivo di Cronenberg, lo psicopatico de La zona morta. Quindi, sebbene ancora non lo sappia, è più che altro già un pregiudicato.

Prossimamente, infatti, un giorno la polizia busserà a casa sua, qualcuno domanderà chi è e, quando da lontano, lui udirà il perché di tale visita a lui sgradita, comprenderà che la sua vita è finita. Così sarà, così è già. Eh già.

Dunque, per salvare l’onore, non avrà molte scelte, oh mio amore.

I suoi insulti furono raccapriccianti. Basati su arretratissime demagogie spicciole riguardanti la meritocrazia lavorativa e la presunta importanza del valore umano a sua volta edificato a ragione della sua visione del mondo e delle persone assai ristretta e bacata. In una parola, infima. Ove, secondo tale discutibile sguardo piattissimo, l’anima altrui non esiste e viene calcolata l’intera esistenza sulla base, appunto, di un reddito pro capite e dell’esibita, edonistica e più squallidamente vanagloriosa potenza sessuale morbosa. Sul concetto piccolo-borghese di amore soddisfacente soltanto le logiche, potrei dire, aziendali dello status quo socialmente convenzionale e più retrivo. Scandaloso!

Gli andrebbe chiarito che io già ebbi chi m’amò ma fui sempre io poi nuovamente e progressivamente a ritornare indietro con sanissima demenzialità terrificante. Ma quale caloroso!

Lei, o meglio le lei, cazzo, rimasero sconvolte e in pieno imbarazzo dirimpetto al loro prenderlo in quel posto. Di solito, infatti, una persona normale, per meglio dire minorata e scimmiesca, trae piacere dall’amore e dal sesso ludico e impudico. Tutte, anche tutti, si accorsero che a me accadde eccezionalmente il contrario.

Più vengo difatti avvicinato alla normalità più è direttamente proporzionale la mia ricerca di solitudine annale. Da vero uomo (ir)razionale e anale, nel senso che potete mandarmi a fare in culo ma me ne fotto in maniera re(g)ale.

Sempre più spettacolare. Sì, la dovete smettere di abbaiare, di calunniare, di abbaiare, di latrare e spettegolare. Le pecorine dovete soltanto pascolare.

Bevendovi tutto il latte, poppanti. Prendetevi le vostre gattine mezze cartucce e mezze carine, facendo loro piuttosto scolare la vostra sacca scrotale affinché, pallosi uomini di questo par de palle, codeste galline possano prosciugarvele, succhiando tutta la cannuccia. Quindi, ora io vado a pisciare.

Da tutti i test effettuami, non furono ravvisate delusioni né esclusioni dovute agli altri.

Emerse tuttavia una cronistoria emotiva e intellettuale da lasciare sbalorditi e senza fiato.

Poiché pare impressionante, eppure incontrovertibilmente inconfutabile, che avessi già compiuto una scelta così immutabile anni or sono quando, apparentemente, nessuno avrebbe mai immaginato che io potessi invece già immaginare chi sono oggi.

Un emarginato, un disadattato o forse in un altrove innatamente dannato e alato?

Poiché tale fuori di testa andrebbe aggiornato in merito allo sviluppo dei fatti incresciosi, a loro modo però arricchenti la mia mente e la mia anima in maniera stupefacente, che successero nel lungo intervallo di tempo nel quale lui s’illuse e ancora illude che io sia come prima. Ammesso che già prima io non fui chi pensò che io fossi. Ciò dovrebbe indurlo a riflettere.

– Dunque, vorresti dirmi che, anziché aprirti alla vita, furono proprio nuovamente i rapporti, sociali, amorosi/amorevoli, cosiddetti interpersonali, a radicare ancora di più in te l’idea di distaccarti dal comune convivere e condividere?

Purtroppo, sì.

 

In primissima adolescenza, anzi in zona esistenziale appena post-puberale, m’accorsi già del troiaio generale e del professorato al vertice dell’intellighenzia fallace, ipocrita e falsamente istituzionale d’una realtà sociale già pronta ad avviarsi al becero disfacimento odierno d’un mondo sprofondato oramai irreversibilmente nel più bieco, ingannevole porcile animale. (S)fatto di patti laidi, d’amicizie ludre, ruffiane e luride, di leccate di culo bestiali per non passare come sfigati da emarginare, vessare, ottusamente picchiare nell’animo a sangue. A cui inveire in maniera stuprante l’animo, vivaddio, delirante dell’essere permanentemente un eterno adolescente non indottrinato dalla cattiva, disumana scienza. Dunque non avvelenato, circuito, plagiato e corrotto dalla scemenza e dalla fraudolenta, collettiva semenza.

Al che, consapevolmente, assolutamente convinto della mia già irriducibile scelta perentoria e sacrosanta, con fierezza enorme dichiarai il mio precocissimo isolamento assai personale, giudicato erroneamente “pensionabile”, scagliatomi in viso da chi, forse addirittura invidioso, ritenendomi inviso per tale mia presa di posizione radicale e comunque da inferno, no, infernale, no, infermabile, ferale e irriguardosa nei riguardi dei sorrisi e degli sguardi falsi, degli apparati costituzionali d’una società da me reputata repulsiva rispetto alla mia trascendenza abissale, alla mia alterità emozionale e al mio introiettare la realtà secondo bellissimi, suadenti, oserei soavi e lucenti malinconie pindariche, dalla gente superficiale considerate anomale, ecco, senza sprezzo del pericolo, m’attirai giocoforza le antipatie un po’ di tutti, i quali subito mi schernirono e non poco velatamente mi derisero in quanto, immantinente ma ottimamente mantenuto anche se temuto, senza molte scolastiche mattinate ottuse, condussi una vita fisicamente ineccepibile e spiritualmente lodabile eppur già sganciata dalle tribali socialità falsamente amicali, cioè un’esistenza, una prematura resilienza ammirabile ma facilmente offendibile, una guerra di trincea appaiabile forse a quella di chi fu ed è tutt’ora un nerd per eccellenza imbattibile, ovvero Harry Knowles, geniale ideatore e gestore del sito Ain’t It Cool News, fucina di news impagabili, non solo di natura cinematografica e fumettistica, in cui Harry e i suoi collaboratori si dilettarono e ancora si divertono da matti a distillarci perfino perle fanzinare e gossipare, trivellando il dietro le quinte della Hollywood di cartapesta e dintorni con classe e provocazioni ineguagliabili.

Sì, un sito alla Maps to the Stars di Cronenberg in cui, come detto, in mezzo a tante notizie serie, fra esclusive degne del Pulitzer e post da premio Nobel, può apparire, fra le virgole o di punto in bianco, anche il resoconto, inventato e/o no, di Julianne Moore, la lentigginosa dal seno voluttuoso e dalle cosce sinuose, la quale tradì semmai il marito con un enfant prodige raccattato fra una cena con Paul Thomas Anderson e un bacio alla scaloppina con Matthew McConaughey. Detto il piacione un po’ ombroso e non sempre immediatamente (a)moroso. Un uomo certamente non schizzinoso, prodigo di amori calorosi (Sandra Bullock lo sa…), ma anche un bastardo malmostoso.

Col quale Julianne pare che ebbe una tresca sospetta, dolce e cremosa. Non so se dietro una frasca o dopo aver bevuto troppe fiaschette di vino rosso.

Sì, la mia scelta fu fraintesa. Fui scambiato per Liv Tyler di Io ballo da sola, fui poco giudiziosamente, sbrigativamente schedato come malato di fobia sociale, fui tacciato come alienato o, peggio, come un ragazzo sbagliato, antiquato, noioso o solo antipatico.

Mi dissero che fossi superbo e un cacasotto, un fantozziano, merdoso essere ignominioso, un appestato, sì, un patetico, odiabilissimo lebbroso. Un essere solo, senza Sole, anzi solissimo. Un uomo talmente lunatico da essere diventato quasi un licantropo. Un uomo assopitosi, ah ah, che idiozia detta da gente invero, questa sì, facinorosa, vecchia e noiosa.

Per molto tempo, devo esservi sincero, malgrado io fossi sicuro della mia scelta eppur anche così tanto giovane da non possedere consolidati, etico-estetici gusti e i giusti antibiotici per poter cementare il mio stile di vita falotico, essendo anch’io adolescente e non del tutto formato culturalmente, emotivamente e sessualmente, nonostante già opponessi, dinanzi ai suddetti, tormentosi ricatti più capziosamente adulti, il mio spirito battagliero, orgogliosamente, con sfacciata sicumera baldanzosa, scaraventato addosso da forte permaloso in faccia a questa gentaglia poco vera e invero abietta e schifosa, fui persuaso davvero di soffrire di qualche strana patologia pericolosa…

Dapprima, mi si disse banalmente che dovevo crescere, che fossi solo un coglione ipocondriaco o, peggio, un ritardato dormiglione da prendere a ceffoni. Sì, mi urlarono di essere un brutto ceffo, sì, così si permisero di dire questi fascisti sceriffi assai arditi ma falliti, ignorantissimi e scarsamente eruditi. Mi puntarono contro solo il dito!

Mi urlarono: – Ma chi pensi di essere? Il Califfo?

Famiglie della cosiddetta borghesia bene, si fa per dire, non comprendendo la mia taciturna vita ermetica, non capirono che fui già come Carmelo Bene.

Al che vollero spedirmi in cura, assillandomi ed estenuandomi con richieste pressanti, mortificanti, avvilenti e, queste sì, deprimenti.

Assaggiai ogni psicofarmaco possibile e immaginabile poiché incolpato di essere solamente un pazzo immaginario.

Questa è bella, è bellissima, ah ah. Sì, secondo la loro ottica distorta da persone indubbiamente disturbate da torte in faccia e colpevoli di esecrabili, mille torti, fui schizofrenico, ripugnante bergmaniano, amante del più inguardabile Woody Allen, scorsesiano traviato, cioè incarnazione della trilogia notturna di zio Marty, vale a dire Taxi Driver, Fuori orario e Al di là della vita, fanatico de I guerrieri della notte, ah ah, fui Farinelli il castrato, il film personificato Così ridevano di Gianni Amelio, l’unica prostituta vivente che al massimo poteva masturbarsi, ah ah, Don Chisciotte, Will Hunting – Genio ribelle, di conseguenza quasi tutta la filmografia incorporata di Gus Van Sant, fui il Cinema metafisico di Terrence Malick e poi, a seconda di come tirò il vento dei miei calunniatori e spregevoli diffamatori, Moana Pozzi ma pure Rocco Siffredi, insomma, oggi un santo, domani uno per niente sano, dopodomani un maiale, anzi il male.

Mi gridarono: – Redimiti!

E intanto fumarono le canne, marinando gli studi e fottendosene bellamente.

L’indifferenza e la cattiveria furono davvero tante. E ancora purtroppo continua indefessamente, impunito e non terminato, quest’assurdo gioco dei cretini. Cioè gente col cervello piccolo e molto limitato. Ma, così come sostiene Alessandro Catto, è stupendo vivere a modo proprio da grande Lebowski. Ti piace una e puoi scoparla. Semmai è proprio Julianne Moore, artista solo del cazzo. Non devi sposartela e fingere di esserne innamorato per festeggiare assieme a lei il Natale e ogni festa comandata pur di fare bella figura con gli amici, sposati con la super zoccola insegnante… Sì, della solita materia… grigia della sua mente demente ripetitiva e dunque nelle trite e ritrite certezze stagnanti.

Se non vi piaccio, i mondo è formato da miliardi di persone brillanti. Forse doppiogiochiste come voi, cari lestofanti e ignobili bugiardi.

Quindi, morale della fav(ol)a: non rompetemi i coglioni. Fatevi una sega o una mezzasega.

Sì, mentecatti sarete voi. Ha ragione il Catto. E attaccatevi al cazzo.

 

Quando cammino per strada, alcuni rabbrividiscono, altri piangono, fingendo di disconoscere la verità, altri ridono sotto i baffi, non sapendo che sono io, nel mio animo, a ridere di loro sguaiatamente.

Come nel finale di Scanners, il cattivò provò a massacrare il personaggio di Stephen Lang.

Quando Stephen sembrava morto, resuscitò e lo macellò.

O forse no.

Forse morirono entrambi di compenetrazione fra bene e male indissociabile.francesco bottone

di Stefano Falotico

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Auguri di buon Natale nel recitarvi L’infinito di Giacomo Leopardi


24 Dec

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Ecco a voi i miei auguri parrocchiali, no, particolari, oh, miei parrucconi, da uomo ermetico che divenne eremitico e poi, mitico, s’insinuò ancora nel giorno con far baldanzoso da sapido pagliaccio ammiratore dell’immenso suo imperturbabile e imperscrutabile come il suo profondo sguardo che scruta le interiorità sue e del mondo con prospettive abissali senza pari.

Lo sguardo di un Joker che non abbisogna di scolastici scrutini e di lezioni di vita cretine poiché, al di sopra della media degli stolti e dei babbei, è forse Kurt Russell di Qualcuno salvi il Natale. Ovvero un giocoso Babbo Natale delizioso.

Il Joker visse notti infinite e inesauste da Jena Plissken e si bendò un occhio per non spalancare la vista all’orrore del mondo così infausto e immondo. Un mondo ove chiunque, pur di avere un soldo in più, venderebbe l’anima al demonio, eh sì, Faust!

Il Joker invece, vivendo da semi-cieco, d’apparente scemo e in uno stato di strafottente dormiveglia da principe nel suo castello di vetro, cioè il suo bellissimo eremo, sa ancora guardare lucidamente il cielo e non è giunto quindi il tempo di accendergli un cero.

Nella Fog della sua anima obnubilata, il Joker si corrose nella melanconia tetra e poco giovialmente rise con spontaneità sincera. Anzi, fu apertamente deriso e scambiato per una strega. Ma ora, con far arridente, non si può ancora dire che sia un uomo sorridente ma certamente è, rispetto alla maggior parte della gente, vale a dire i deficienti, un uomo sapiente che, anche nel dolce far niente, sa ammaliare, mai più di tristezza ammalandosi.

Il Joker fluttua candido anche se non fa affatto caldo o forse sì. Poiché, nella durezza di tal rigido inverno, sullo sfondo di tale società oramai irredimibile e bruciata all’inferno, il Joker riprende (in)fermo donne con le gambe accavallate che coprono le loro grazie sotto provocanti, oserei dire piccanti e anche fragranti jeans attillati e caviglie sensualmente basculanti che stimolano ardori sopiti eppur segretamente incandescenti. Che s’innevarono, sepolti sotto una coltre di soave pudore e letiziosa purezza non fremente il piacere più bollente, ma finì il tempo nevoso, no, nervoso e nebbioso e la vita, in tutti i sensi, è nuovamente armoniosa, solare e cremosa.

Come disse Jack Burton, basta adesso.

Il Joker non è né pazzo né triste.

Diciamocela, è solamente un grande.

Il Joker, in quanto jolly, viene corteggiato dai signori di corte più importanti e concupito, spesso anche non capito, dalle donne più sexy, conturbanti e seducenti.

Poiché non sono tanti coloro che possono giustamente vantarsi di aver scritto, a soli quarant’anni, circa cento romanzi e un importante saggio monografico su John Carpenter.

E questo è quanto.

Auguri e figli maschi. Auguri per un felice Natale ed evviva la notte di San Silvetro.

La notte interminabile in cui Silvestro cercò di fottere Titti, donna che mai lesse una sola poesia del Leopardi di Recanati in quanto modella soltanto da Isole Canarie.

E, in quella sterminata notte fonda, Joker/Silvestro non vide la sua bionda, bensì bevve solo una birra, suonando l’ocarina alle donne carine ma oche e suonandole a tutti i somarini poiché invincibile Joker Marino.

 

di Stefano Falotico

Dovevo lasciar perdere il mio ex amico la prima volta che mi disse che Marisa Tomei è brutta coi denti da castoro


23 Dec

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Mah, per molto tempo fui scambiato per Castor Troy, cioè Nicolas Cage di Face/Off.

Davvero, la mia vita fu un equivoco mai visto. Cage, in questo film di John Woo, interpreta la parte, detta come va detta, del troione.

La prima volta che sentii la sua celeberrima battuta lercissima quando sale in aereo e fa un’avance volgarissima alla hostess, ovvero… mi dà gusto mangiare la patata, ero come suo fratello nel film, Alessandro Nivola. Uno che in quella zona non prendeva molto il volo.

Nivola è il re degli sfigati per antonomasia. In Wizard of Lies, per tutta la vita credette che suo padre fosse un eroe ma alla fine scoprì che fu soltanto uno dei più grandi truffatori di tutti i tempi.

Un mostro che rovinò un sacco di persone.

Sì, prima che suo padre, Bernie Madoff, fosse scoperto dall’FBI, il personaggio di Nivola pensò:

cazzo, mio padre è uno cazzuto, è più ricco di Donald Trump e sono il sangue del sangue di una delle donne più belle del mondo, Michelle Pfeiffer.

Poi, si accorse che De Niro odiò e odia a morte Trump e fu, in pratica, un mafioso peggiore di quello da lui interpretato in Malavita.

Prima di suicidarsi, Nivola guardò Capodanno a New York e Stardust. Per sognare un po’ e al contempo riflettere amaramente:

nel primo film, Michelle scopa Zac Efron e non ha nessuna scena con De Niro, nel secondo, De Niro interpreta un gay.

Purtroppo, mi sa che sono suo figlio e sono cazzi amari.

 

Tornando invece al Nivola di Face/Off, il suo personaggio in tale film si chiama Pollux.

Gemello di Castor, secondo la mitologia greco-romana.

Scusate, la mitologia greca non è quella delle cinquanta fighe di Ercole? No, scusate, le cinquanta fatiche.

Che poi è la stessa cosa, ah ah. Di mio, se fossi stato in Ercole, avrei preferito infatti cinquanta fatiche. Fidatevi, è più facile sostenere cinquanta fatiche che sostenerlo, per tutta la notte, a cinquanta fighe.

È vero, non c’è nulla da ridere. Conosco un sacco di uomini che lavorano duro tutto il santo giorno. Cioè, come si dice in meridione, hanno la fatica. Però sono anni che non scopano la moglie.

Sì, sono dei brav’uomini. Preferiscono mettere su mattoni piuttosto che ammattire nella fatica di riuscire a dare il calcestruzzo alla consorte. Con quella racchia, non gliela fa neanche Nic Cage di Cuore selvaggio. Sì, solo un pazzo poteva sposarsi una così, ah ah. Voi ora direte… Cage scopa Laura Dern. Infatti, Laura è brutta. Ah ah. Voi pensavate che fosse e sia bella?

Non è che mi farete la fine del Nivola? Ah ah.

Voi invece lo conoscete Le 12 fatiche di Asterix? Il magnifico mediometraggio, spesso programmato per Natale, tratto dalla famosissima serie a fumetti di René Goscinny e Albert Uderzo?

Ecco, io fui Asterix in carne e ossa.

La burocrazia del mondo volle fottermi, obbligandomi a sostenere delle prove, appunto, disumane.

Sì, tutti pensarono… ma guarda questo qui. Vuol fare il Gallo. Adesso lo sistemiamo per le feste. Diamo, noi da baccanali, botte a questo baccalà.

Rimediarono tutti una figura di merda incredibile.

Adesso, questi Giulio Cesare da Congiura di Catilina, finalmente, hanno capito la battuta di Castor Troy. Ah ah.

Tornando a Marisa Laurito, no, la Tomei.

È vero, ha dei denti da castoro. Il resto no, però.

Insomma, è una bella coniglietta.

Stasera, le offrirò un po’ di linguetta e quel che, nella patata bollita, forse cinguetta.

Ah ah.
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di Stefano Falotico

Il Falò, alias Joker Marino, d’ugola come quella di Jim Morrison, augura a tutti buon Natale in quanto da poche ore iscrittosi a Voci FM ed evviva il Cinema della sua musica del cuore!


23 Dec

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Cliccate a questo link e v’incarnerete, incanalerete nella spasmodica vocalità di un uomo ai confini dell’irrealtà. Se siete incancreniti, oh, fratelli della congrega, grazie al Falò voi v’incanterete.

Il Falò possiede una voce melodiosa che, grazie alle sue morbide, carezzevoli, fluenti tonalità sfumatamente vertiginose e avvolgenti, leggerà squisitamente per voi i testi scritti dalle migliori teste più coraggiose e ardimentose, poetiche e deliziose.

Testé, tosto e con ottimo gusto, cioè taste, inspirando e ispirato, di diaframma respirante ritmi poliedrici del suo vivente diapason, il Falò si presenta al grande pubblico con la sua cangevole voce ora candida ora romantica, quindi aromatica, dunque frenetica e nuovamente pacata.

Egli sfiora il plettro della sua anima come il grande Elvis Presley, modulando poi cambi di frequenza anche rochi oppure rock da Jim Morrison reincarnatosi nella bellezza stoica del suo essere già storico.

Lontano dai canti e dai cani, soprattutto, remoto da chi non canta mai fuori dal coro ed è oramai immoto o burino con la moto, traendo spirito dalle ancestrali e oscure profondità del suo corpo fluorescente in tal mondo decadente e perso nel cosmico vuoto, di gran cuore il Falotico illumina la migliore musica delle vostre più sognanti, tonitruanti, splendidamente suonanti notti, miei suonati e rintronati.

Il Falò è come Joker, alias Joaquin Phoenix o semplicemente un’araba fenice.

Se sarete infelici, lui caldamente animerà il vostro esservi della vita disamorati grazie ai virtuosismi del suo aver ribaltato ogni certezza, data per assodata, per merito del suo volteggiare alato in mezzo agli sconsolati e alle donne che oramai mangiano solo l’insalata, da cigno nero svoltatosi, anzi svelatosi in tutta la sua potenza incontrastata.

Sentite per credere, oh, miscredenti.

Un’altra vita da noi è ora qui amata.

Il Falò è come il mitico Jean-Claude Van Damme di Lionheart.

Quando oramai tutti persero la speranza, scommettendogli contro, ecco che arrivò una mirabolante spaccata imprevista, un cambio di rotta allucinante come un calcio devastante di Jean-Claude servito in faccia a chi sbagliò, scagliato a chi lo volle già vinto e vigliaccamente lo invise, dandogli dello scalognato, senza però avere la forza di affrontarlo ad aperto viso.

Signore e signori, THE VOICE.

 

di Stefano Falotico

A Natale, l’umanità buonista guarda Innamorarsi con De Niro e la Streep per redimersi dal non aver mai letto un libro della Rizzoli


23 Dec

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Sì, sono il più grande ammiratore di De Niro del mondo. Ma il film Innamorarsi mai vidi interamente. I film sono belli a seconda del nostro stato d’animo. Per esempio, è logico che se abbiate i soldi di Flavio Briatore, Joker non può piacervi. L’altra sera, contattai la nuova Barbie di Flavio su Instagram, scrivendole:

– – C’è Fabio in casa?

– Scusi, lei chi è?

– Sono Arthur Fleck. Dalla nascita sono infelice. Insomma, era meglio se non fossi nato.

Sa che le dico, bella bimba? A Natale, giorno della nascita di Gesù, io mi sento morire. Sì, a Natale sono tutti felici, almeno così sembra. Dunque, m’intristisco di più in quanto vengo attorniato da sorrisi più falsi rispetto a tutti gli altri giorni dell’anno. Quando invece arriva Pasqua, m’illudo di essere risorto ma poi prendo subito coscienza che la gente aspetterà il Natale per recitare, in questo dì letizioso e festante, ecumenico o forse solo da lestofanti e bugiardi brindanti, un finto buonismo fugace poiché il giorno dopo sarà Santo Stefano, dì della celebrazione del più grande martire. Insomma, cara donnetta di Flavio, c’è Flavio in casa, sì o no? Lo chiami.

– Guardi che invece chiamerò la polizia. Sa che le dico? Visto che è Natale, vada a comprarsi un giocattolo e una bambolina.

– Ah sì? Cara bambola, lei a quanto viene? In effetti, mi pareva d’averla vista, ieri sera alla vigilia, in vendita nella vetrina di Giochi Preziosi. Mi tolga una curiosità. Lei è per caso Leelee Sobieski di Eyes Wide Shut?

 

Al che, arriva Flavio.

– Amore, chi è in chat? Ora gli faccio una video-chiamata.

– Non so. Dice di essere un certo Fleck. Passami la cornetta. No, la tastiera. Scusi, chi parla? Lei è un cornuto, lo sa?

Ma qualcuno la ama? Si sente solo e ha bisogno di affetto?

– No, le avevo telefonato per chiederle la stessa cosa.

– Che cosa? Io sono amatissimo, anzi, sono beneamato e beniamino.

– Di questo n’è così sicuro? Comunque, è Natale. Che dice se assieme a lei e alla sua compagna guardiamo, in tv, A Christmas Carol?

– Che cosa? Carol Alt?

– Flavio, lei conosce Charles Dickens?

– Dickens? Ma che dice?

 

Sì, a Bologna la gente ricca confonde la Rizzoli col Rizzoli. Il Rizzoli è il traumatologico.

Dunque, se non sei uno di loro, cioè uno che dubito abbia in casa più di dieci libri della libreria Rizzoli, vogliono spaccarti il culo. Certo, come no.De Niro Innamorarsi

di Stefano Falotico

 

Genius-Pop

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